Art. 23 – Codice di procedura civile – Foro per le cause tra soci e tra condomini
Per le cause tra soci [2247 c.c.] è competente il giudice del luogo dove ha sede la società [19; 46 c.c.] ; per le cause tra condomini ovvero tra condomini e condominio, il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi. Tale norma si applica anche dopo lo scioglimento della società o del condominio, purché la domanda sia proposta entro un biennio dalla divisione.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 14422/2025
Il provvedimento di liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato, ancorché erroneamente pronunciato all'interno della sentenza o dell'ordinanza che definisce il giudizio sulla domanda di merito, anziché con separato decreto come previsto dall'art. 168 del d.P.R. n. 115 del 2002, è autonomo rispetto al provvedimento conclusivo del giudizio e pertanto soggetto al peculiare regime di impugnazione di cui all'art. 170 del d.P.R. innanzi citato, esclusa l'esperibilità dei rimedi di cui all'art. 323 c.p.c..
Cass. civ. n. 25286/2024
La sentenza della sezione specializzata agraria che accoglie la domanda di accertamento negativo della natura agraria del rapporto e declina, conseguentemente, la propria competenza per materia sulle altre domande proposte dall'attore, in quanto relative alla cessazione di efficacia di un contratto di locazione, non è impugnabile col regolamento necessario di competenza, ma solo con l'appello, non trattandosi di statuizione sulla competenza, bensì di pronuncia nel merito.
Cass. civ. n. 24799/2024
Le dichiarazioni a sé favorevoli, rese dall'interpellato in sede di interrogatorio formale, sono soggette al libero apprezzamento del giudice, il quale può trarne argomenti di prova nell'ambito della complessiva valutazione delle risultanze istruttorie.
Cass. civ. n. 23253/2024
La sentenza che ha pronunciato soltanto sulla competenza e sulle spese processuali deve essere impugnata con il mezzo ordinario di impugnazione previsto avverso le sentenze del giudice dichiaratosi incompetente, sia nel caso in cui la parte soccombente sulla questione di competenza intenda censurare esclusivamente il capo concernente le spese processuali - essendo l'impugnazione proponibile in quanto, benché l'art. 42 c.p.c. sembri escludere un'impugnazione diversa dal regolamento di competenza, in siffatta ipotesi manca il presupposto per la esperibilità di questo mezzo -, sia nel caso in cui la parte vittoriosa su detta questione lamenti l'erroneità della statuizione sulle spese.
Cass. civ. n. 20392/2024
Nell'ipotesi in cui il giudice d'appello rigetti il gravame proponendo una interpretazione della sentenza diversa da quella dell'appellante, ma conforme a diritto, non si ha violazione dei principi di cui agli artt. 112, 342 e 345 c.p.c. ed il soccombente, se intende ricorrere per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, ha l'onere di proporre specifica e valida impugnazione della lettura della sentenza di primo grado adottata dal giudice di appello, a pena di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso una sentenza d'appello che aveva interpretato la sentenza di primo grado come accertamento, ex art. 615 c.p.c., dell'estinzione dei crediti erariali per prescrizione quinquennale, in quanto il ricorrente non aveva censurato la lettura data dal giudice d'appello).
Cass. civ. n. 19718/2024
L'interrogatorio formale non può essere reso a mezzo di procuratore speciale atteso che il soggetto cui è deferito deve rispondere ad esso personalmente ed oralmente in base all'art. 231 c.p.c.
Cass. civ. n. 16526/2024
Il potere del giudice d'appello di procedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, poiché gli oneri della lite devono essere ripartiti in ragione del suo esito complessivo, mentre in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata dal giudice del gravame soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d'impugnazione.
Cass. civ. n. 15563/2024
L'attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia del giudice da lui adito, ancorché sfavorevole nel merito, poiché il riconoscimento della competenza, desumibile dalla proposizione della domanda, esclude la sua soccombenza sul punto.
Cass. civ. n. 5253/2024
L'oggetto e i limiti del giudizio di rinvio impongono di escludere che il giudice, al quale la causa sia rimessa dopo la pronuncia cassatoria, possa sindacare la correttezza in iure del principio stabilito dalla sentenza pronunciata in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il giudice del rinvio potesse rimettere in discussione l'applicabilità del principio di non contestazione affermata in sede cassatoria, così come la ritualità della notifica dell'atto di deferimento dell'interrogatorio formale, pure affermata in sede di legittimità, essendogli unicamente consentito di valutare le conseguenze probatorie derivanti dalla mancata risposta all'interpello ex art. 232 c.p.c.).
Cass. civ. n. 2424/2024
Non é impugnabile nei modi ordinari, ai fini della esclusiva riforma del capo sulle spese, un provvedimento giurisdizionale che abbia pronunciato soltanto sulla competenza e sulle spese di lite, se il motivo di censura si basi sulla illegittimità della statuizione sulla competenza e non sul mancato rispetto della disciplina sulle spese processuali.
Cass. civ. n. 1520/2024
Il giuramento decisorio non può essere deferito o riferito nei confronti del soggetto che ricopre una pubblica funzione o un pubblico incarico, in relazione a diritti della pubblica amministrazione da lui organicamente rappresentata, poiché egli non ne ha la libera e autonoma disponibilità.
Cass. civ. n. 47673/2023
Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 371 cod. pen., non assume rilievo l'ammissibilità del giuramento secondo i parametri della legge civile, essendo demandato al giudice penale accertare esclusivamente la falsità della dichiarazione giurata, di talché la parte non può invocare eventuali lacune o improprietà della formula di giuramento, ferma restando la facoltà della parte medesima di addurre, ove occorra, precisazioni e chiarimenti, allo scopo di evitare la parziale falsità della risposta.
Cass. civ. n. 29614/2023
Il giuramento decisorio non può vertere sull'esistenza o inesistenza di rapporti, di situazioni, o di qualità giuridiche, né può deferirsi per provocare apprezzamenti, opinioni ovvero valutazioni di carattere giuridico, dovendo la sua formula avere ad oggetto circostanze determinate, che, quali fatti storici, siano stati percepiti dal giurante con i sensi o con l'intelligenza; pertanto, non può formare oggetto di giuramento decisorio la qualità di amministratore societario, poiché essa implica l'accettazione della nomina, che è atto negoziale e non fatto storico.
Cass. civ. n. 25594/2023
Il divieto del cd. patto leonino, di cui all'art. 2265 c.c., è estensibile a tutti i tipi sociali e presuppone l'esistenza di una clausola statutaria, frutto della volontà dei soci, che escluda in modo totale e costante uno o alcuni di essi dalla partecipazione al rischio d'impresa e agli utili, sicché non può porsi in conflitto con esso un lodo arbitrale che, regolando gli effetti economici dell'annullamento di delibere consortili, abbia escluso un'impresa consorziata dai risultati della gestione del consorzio solo in relazione a un determinato periodo temporale.
Cass. civ. n. 22715/2023
I rapporti tra giudice dell'esecuzione individuale e giudice del sovraindebitamento ex l. n. 3 del 2012 (applicabile "ratione temporis"), per l'ipotesi di contemporanea pendenza di procedure a carico del medesimo debitore, sono improntati a piena equiordinazione, per quanto i rispettivi poteri debbano necessariamente coordinarsi, nel rispetto delle specifiche disposizioni normative e delle corrispondenti funzioni e prerogative di ciascun giudice; pertanto, qualora a carico del debitore - proponente un accordo di composizione della crisi, ai sensi degli artt. 6 e ss. della citata legge - siano pendenti una o più procedure esecutive individuali, il giudice delegato alla procedura concorsuale, ove ne ricorrano i presupposti, col decreto di apertura della stessa ex art. 10, comma 2, lett. c), l. cit., può solo pronunciare il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive, fino alla definitiva omologazione dell'accordo, ma non anche adottare provvedimenti direttamente incidenti sulle procedure stesse, riservati esclusivamente al giudice delle singole esecuzioni (oppure al giudice delle eventuali opposizioni esecutive proposte). Conseguentemente, se il giudice delegato ha pronunciato il divieto di proseguire le azioni esecutive, il giudice dell'esecuzione, se debitamente informato, è tenuto a sospendere il procedimento, previa verifica dei presupposti di cui all'art. 623 c.p.c.; nel caso di ritenuta insussistenza di questi ultimi, costituisce onere della parte interessata contestare la decisione con l'opposizione al provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione abbia disposto la prosecuzione della procedura, pena l'irretrattabilità degli effetti dell'espropriazione forzata.
Cass. civ. n. 21232/2023
La partecipazione del P.M. al giudizio di falso è richiesta solo in relazione alla fase relativa all'accertamento della falsificazione del documento, siccome involgente l'interesse generale all'intangibilità della pubblica fede dell'atto (che l'organo requirente è chiamato a tutelare), con la conseguenza che non è necessario comunicargli l'avvenuta proposizione della querela ove il suddetto giudizio si sia concluso con la declaratoria di inammissibilità all'esito della fase preliminare, preordinata alla delibazione dell'ammissibilità dell'azione e della rilevanza del documento.
Cass. civ. n. 19900/2023
In materia di atti prodromici al processo (quali in particolare gli atti di conferimento di poteri a soggetti processuali: procura alle liti, nomina di rappresentanti processuali, autorizzazioni a stare in giudizio e correlative certificazioni), redatti in lingua diversa dall'italiano, discende dal principio della facoltatività della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto (art. 123 c.p.c.) che la contestuale produzione di traduzione in lingua italiana non integra requisito di validità dell'atto, laddove il giudice sia in grado di compiere da sé la traduzione.
Cass. civ. n. 14228/2023
Il giuramento (decisorio o suppletorio) non può essere deferito in ordine alla sussistenza di un rapporto di custodia, integrando quest'ultima non già un fatto suscettibile di formare oggetto di confessione (sfavorevole al giurante e favorevole all'altra parte), bensì una situazione giuridica suscettibile di valutazione, siccome qualificante il contenuto del rapporto instauratosi tra il soggetto e la "res".
Cass. civ. n. 14091/2023
È inammissibile il regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c. avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di sospensione del processo esecutivo, trattandosi di provvedimento negativo e riferendosi, in ogni caso, l'art. 295 c.p.c. alla sospensione del processo di cognizione e non di quello di esecuzione, cui fanno, invece, riferimento gli artt. 618 e 623 e segg. c.p.c..
Cass. civ. n. 12086/2023
La persistenza dell'interesse ad impugnare postula una soccombenza, anche parziale, della parte (intesa in senso sostanziale e non formale), la cui legittimazione all'impugnazione non viene meno per effetto dell'accoglimento della sua domanda di manleva nei confronti di un terzo - chiamato in causa proprio per tenere indenne il soccombente dalle conseguenze della condanna - in quanto si tratta di una domanda diversa, che non incide sulla soccombenza nel rapporto principale.
Cass. civ. n. 8799/2023
La sospensione "esterna" dell'esecuzione di cui all'art. 623 c.p.c. non ha la medesima funzione cautelare, provvisoria e strumentale tipica della sospensione "interna" ex art. 624, comma 1, c.p.c., ma ha l'effetto, meramente conservativo, di impedire la progressione del procedimento esecutivo e, quindi, di precludere il compimento degli atti strumentali alla liquidazione del bene pignorato; pertanto, è senz'altro consentita al giudice dell'esecuzione l'adozione del provvedimento di riduzione del pignoramento ex art. 496 c.p.c., il quale colpisce l'eccesso nell'espropriazione, vizio dell'azione esecutiva che prescinde dalla ragione di sospensione ex art. 623 c.p.c..
Cass. civ. n. 7448/2023
La notificazione di un'impugnazione equivale (sia per la parte notificante, sia per la parte destinataria) alla notificazione della sentenza stessa, ai fini della decorrenza del termine breve di cui all'art. 325 c.p.c. per proporre altro tipo di impugnazione, soltanto quando l'impugnazione sia stata proposta da una delle parti della causa, con esclusione dell'impugnazione proposta dal terzo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato inammissibile il gravame, per tardiva sua proposizione, sull'errata assimilazione della notifica dell'atto di opposizione di terzo ex art 404 c.p.c. alla notifica della sentenza di primo grado).
Cass. civ. n. 3812/2023
Se la sentenza di accoglimento dell'opposizione ad una cartella di pagamento invalidamente notificata e conosciuta dall'opponente solo attraverso un estratto di ruolo è impugnata soltanto per la statuizione sulle spese, lo "ius superveniens" di cui all'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 - in forza del quale l'azione e l'impugnazione sarebbero state inammissibili - non può incidere sulle statuizioni coperte dal giudicato, ma può rilevare ai fini della decisione di compensazione dei costi della lite.
Cass. civ. n. 18792/2022
Le dichiarazioni rese al curatore fallimentare, in quanto acquisite al di fuori del procedimento, non sono soggette alle norme del codice di procedura penale in tema di traduzione degli atti, né può, in relazione ad esse, trovare applicazione quanto prescritto dagli artt. 122 e 123 cod. proc. civ. in tema di nomina dell'interprete e del traduttore, poiché dette norme riguardano gli atti processuali in senso proprio e anche i documenti esibiti dalle parti. (In applicazione del principio, la Corte ha rigettato l'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese al curatore, senza l'ausilio di un interprete, dall'amministratrice della fallita, soggetto di nazionalità straniera che, pur comprendendo la lingua italiana, si esprimeva con difficoltà e si era fatta assistere, nel corso dell'ascolto, dal proprio legale di fiducia).
Cass. civ. n. 38587/2021
Ai fini dell'individuazione del mezzo di impugnazione di un provvedimento, deve contemperarsi il principio secondo il quale il giudice non ha il potere di sottrarlo al gravame rivestendolo di una forma diversa da quella prevista dalla legge con quello che impone di non consentire alla parte di esperire un mezzo vietato, sicché il principio dell'apparenza deve prevalere sul contrario principio cd. "sostanzialistico" nelle ipotesi in cui la forma e la qualificazione del provvedimento, sebbene non corrette, risultino determinate da consapevole scelta del giudice, ancorché non esplicitata con motivazione espressa, così ingenerando un affidamento incolpevole della parte in ordine al regime di impugnazione. (Fattispecie relativa a declaratoria di inammissibilità di regolamento di competenza proposto avverso un provvedimento attinente alla questione di rito concernente la ripartizione degli affari tra sezione ordinaria e sezione fallimentare del medesimo tribunale, il quale, al di là dell'atecnico ed erroneo riferimento all' "incompetenza", non conteneva indici che inducessero, in maniera univoca, a ritenere che il giudice avesse qualificato, sia pure non correttamente, la questione sottopostagli in termini di "questione di competenza"). (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE SIRACUSA, 03/09/2020).
Cass. civ. n. 16077/2021
In tema di arbitrato, l'obbligo di esposizione sommaria dei motivi della decisione imposto agli arbitri dall'art. 823, n. 5, c.p.c., il cui mancato adempimento determina la possibilità di impugnare il lodo ai sensi dell'art. 829, comma 1, nn. 4 e 5, c.p.c., può ritenersi non soddisfatto solo quando la motivazione manchi del tutto o sia talmente carente da non consentire di comprendere l'"iter" logico che ha determinato la decisione arbitrale o contenga contraddizioni inconciliabili nel corpo della motivazione o del dispositivo tali da rendere incomprensibile la "ratio" della decisione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 07/03/2016).
Cass. civ. n. 17718/2020
È inammissibile il giuramento decisorio deferito con atto di appello non sottoscritto dalla parte personalmente, né dal suo difensore munito di mandato speciale, come richiesto dall'art. 233 c.p.c., bensì dal difensore dotato soltanto dell'ordinaria procura "ad litem", anche se questa comprenda la facoltà di "deferire i giuramenti di rito" e nonostante il giuramento sia stato comunque ritualmente deferito in primo grado; l'inammissibilità per tale causa è insanabile, rimanendo irrilevante che non sia eccepita dalla controparte nella prima difesa successiva, in quanto il giuramento decisorio è un mezzo istruttorio per il quale la legge pone condizioni di ammissibilità non derogabili dalle parti e, dunque, non rimesse alla loro disponibilità. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANIA, 29/09/2015).
Cass. civ. n. 5712/2020
Qualora l'appello (nella specie, avanzato avverso una sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 617 c.p.c.) sia inammissibile in quanto strumento processuale radicalmente diverso da quello corretto, non può operare la "translatio iudicii" perché l'impugnazione proposta è inidonea, anche solo in astratto, a configurare l'instaurazione di un regolare rapporto processuale, né l'appello può convertirsi in ricorso per cassazione, giacché difetta dei requisiti di validità dell'atto nel quale dev'essere convertito, essendo il ricorso di legittimità, mezzo di impugnazione a critica vincolata (a maggior ragione, se proposto in via straordinaria ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost.), strutturalmente diverso. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO MILANO, 12/06/2017).
Cass. civ. n. 15395/2020
Il principio secondo il quale la proposizione del gravame ad un giudice incompetente impedisce la decadenza dall'impugnazione non trova applicazione quando sia stato esperito un rimedio diverso da quello concesso dalla legge, quale il ricorso per Cassazione invece dell'appello. (Nella specie la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto direttamente avverso la decisione del tribunale di diniego della protezione internazionale, trattandosi di domanda "ratione temporis" regolata dal d.lgs. n. 150 del 2011 e dunque ancora soggetta ad appello). (conforme Cass. n. 1666 del 1984). (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE ROMA, 15/12/2018).
Cass. civ. n. 27471/2019
Al fine di superare la prescrizione presuntiva, il giuramento decisorio da deferirsi al debitore deve essere formulato in modo chiaro e specifico e deve includere la tesi difensiva sostenuta dal debitore stesso, in modo che, a seguito della prestazione del giuramento, il giudice - con valutazione rimessa al suo apprezzamento, sindacabile solo in presenza di vizi logici o giuridici della motivazione - possa limitarsi a verificare l'"an iuratum sit", onde accogliere o respingere la domanda sul punto che ne ha formato oggetto. Ne consegue che, se il debitore si sia limitato ad eccepire in via generica l'estinzione, senza circostanziare le modalità del pagamento, la formula deve essere, a sua volta generica, mentre solo se sia stato precisamente indicato il modo in cui l'estinzione è avvenuta, detta formula deve aver riguardo alle circostanze del pagamento a pena di inammissibilità del giuramento.
Cass. civ. n. 32345/2019
L'impugnazione con un unico atto di una pluralità di decisioni è ammissibile, a condizione che le decisioni stesse siano state pronunciate tra le stesse parti ed abbiano risolto le medesime questioni.
Cass. civ. n. 11292/2019
La parte che, dopo la sentenza di secondo grado e prima della notificazione del ricorso per cassazione, sia stata dichiarata interdetta, difetta di legittimazione processuale a proporre il ricorso medesimo, spettando detta legittimazione al tutore, a pena di inammissibilita dell'impugnazione.
Cass. civ. n. 13049/2019
In materia di competenza territoriale, la previsione per le cause societarie (comprese quelle tra ex soci o tra soci ed ex soci) del foro speciale esclusivo del luogo in cui ha sede la società, stabilita nell'art. 23 c.p.c. esime la parte eccipiente dall'onere di contestazione di tutti i fori alternativamente concorrenti ex art. 19 c.p.c., tanto più che, nel caso di una società priva di personalità giuridica, come nella specie, si presume la coincidenza tra sede legale e luogo di svolgimento continuativo dell'attività sociale.
Cass. civ. n. 33422/2019
Il terzo chiamato in garanzia impropria, come è legittimato a svolgere le sue difese per contrastare non solo la domanda di manleva, ma anche quella proposta dall'attore principale, così può autonomamente impugnare le statuizioni della sentenza di primo grado relative al rapporto principale, sia pure al solo fine di sottrarsi agli effetti riflessi che la decisione spiega sul rapporto di garanzia.
Cass. civ. n. 16590/2019
Il terzo chiamato in garanzia impropria può proporre appello avverso la sentenza di primo grado che non sia stata impugnata dal chiamante, a condizione che non si limiti a contestare le statuizioni relative alla domanda di manleva, ma censuri anche quelle riguardanti l'esistenza, la validità e l'efficacia del rapporto principale, quale antefatto e presupposto della garanzia azionata, ricorrendo in tal caso una situazione di pregiudizialità-dipendenza tra cause che dà luogo a litisconsorzio processuale in fase di impugnazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza dichiarativa dell'inammissibilità dell'appello proposto da una compagnia di assicurazione chiamata in manleva in un giudizio risarcitorio avverso la sentenza di primo grado non impugnata dalla chiamante, ancorché il gravame avesse ad oggetto tanto le statuizioni relative al rapporto di garanzia, quanto quelle riguardanti l'esistenza del danno lamentato dalla parte attrice).
Cass. civ. n. 8804/2018
In tema di prova della simulazione di contratti di compravendita di immobili, che esigono la forma scritta "ad substantiam", è ammissibile l'interrogatorio formale tra le parti, in quanto sia diretto a provocare la confessione del soggetto cui è deferito e a dimostrare la simulazione assoluta del contratto, poiché, in tal caso, oggetto del mezzo di prova è l'inesistenza della compravendita. (Rigetta, CORTE D'APPELLO GENOVA, 21/11/2012).
Cass. civ. n. 9436/2018
In tema di prove, con riferimento all'interrogatorio formale, la disposizione dell'articolo 232 c.p.c. non ricollega automaticamente alla mancata risposta all'interrogatorio, per quanto ingiustificata, l'effetto della confessione, ma dà solo la facoltà al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, però, nel contempo, di valutare ogni altro elemento di prova. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO BARI, 19/03/2015).
Cass. civ. n. 10157/2018
Il principio secondo cui il provvedimento di rinvio d'ufficio di un'udienza istruttoria non deve essere notificato alla parte contumace, non prevedendolo l'art. 292 c.p.c. né l'art. 82, comma 3, disp. att. c.p.c., trova applicazione anche quando oggetto di tale rinvio sia l'udienza fissata per l'espletamento dell'interrogatorio formale dello stesso contumace; pertanto, qualora la controparte abbia ritualmente provveduto alla notificazione dell'ordinanza ammissiva dell'interrogatorio, il giudice può valutare, ai sensi dell'art. 232 c.p.c., la mancata presentazione alla nuova udienza del contumace il quale ha gli elementi per venire a conoscere la relativa data. (Rigetta, TRIBUNALE GROSSETO, 18/02/2014).
Cass. civ. n. 27086/2018
Il giuramento, decisorio o suppletorio, non può vertere sull'esistenza o meno di rapporti o di situazioni giuridiche, né può deferirsi per provocare l'espressione di apprezzamenti od opinioni né, tantomeno, di valutazioni giuridiche, dovendo la sua formula avere ad oggetto circostanze determinate che, quali fatti storici, siano stati percepiti dal giurante con i sensi o con l'intelligenza. Non può pertanto costituirne oggetto la qualità di amministratore di condominio, implicando l'accettazione della nomina, che è un atto negoziale e non un fatto storico.
Cass. civ. n. 19264/2018
In tema di giuramento decisorio, non comportano nullità la mancata verbalizzazione della formula e l'omessa pronuncia della parola "giuro", atteso che detta nullità, ipotizzabile solo nei casi tipizzati dalla legge a norma dell'art. 156 c.p.c., non è prevista dagli artt. 238 e 239 c.p.c., sempre che l'atto presenti tutti i requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo per il quale è stato introdotto, a norma dell'art. 156, comma 3, c.p.c. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha condiviso la decisione della corte d'appello secondo cui, al di là della differente formula usata - «è vero», in luogo di «giuro» - il giuramento era stato correttamente svolto). (Rigetta, CORTE D'APPELLO TORINO, 26/03/2013).
Cass. civ. n. 18857/2018
Nell'ambito dei rapporti tra coeredi, la resa dei conti di cui all'art. 723 c.c., oltre che operazione inserita nel procedimento divisorio, può anche costituire un obbligo a sé stante, fondato - così come avviene in qualsiasi situazione di comunione - sul presupposto della gestione di affari altrui condotta da uno dei partecipanti; ne consegue che l'azione di rendiconto può presentarsi anche distinta ed autonoma rispetto alla domanda di scioglimento della comunione pur se le due domande abbiano dato luogo ad un unico giudizio, sicché le medesime possono essere scisse e decise senza reciproci condizionamenti.
Cass. civ. n. 30529/2017
In assenza di confessione l'efficacia probatoria delle dichiarazioni rese dalla parte in sede di interrogatorio formale è soggetta al libero apprezzamento del giudice, il quale ben può ponderarne la consistenza alla luce e nel necessario coordinamento con altri elementi del complesso probatorio.
Cass. civ. n. 11328/2017
Alla mancata prestazione del giuramento decisorio di cui all'art. 239 c.p.c. è legittimamente assimilabile l'ipotesi in cui il deferito presti il giuramento apportando modifiche alla formula ammessa dal giudice, tali da alterarne l'originaria sostanza; la relativa valutazione rientra nell'apprezzamento di fatto del giudice di merito e, ove congruamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che, con riguardo ad un giuramento deferito relativamente alla mancata soddisfazione di un credito, aveva ritenuto come ammessa la mancata estinzione dell'obbligazione, per avere il giurante reso una dichiarazione non conforme alla formula deferitagli, non avendo saputo indicare l'entità della somma asseritamente corrisposta al creditore a saldo del debito).
Cass. civ. n. 13584/2017
La legittimazione a proporre l’impugnazione, o a resistere ad essa, spetta solo a chi abbia assunto la veste di parte nel giudizio di merito, secondo quanto risulta dalla decisione impugnata, tenendo conto sia della motivazione che del dispositivo, a prescindere dalla sua correttezza e corrispondenza alle risultanze processuali nonché alla titolarità del rapporto sostanziale, purché sia quella ritenuta dal giudice nella sentenza della cui impugnazione si tratta. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il corrispondente motivo di ricorso ritenendo che l’Agenzia delle entrate, pur non avendo partecipato al giudizio di primo grado, era comunque legittimata a proporre appello in ragione della sua qualificazione come parte desumibile dalla sentenza impugnata e che, peraltro, dato l’oggetto della controversia - riguardante non soltanto vizi della procedura di riscossione ma anche la pretesa tributaria considerata nella sua sussistenza e fondatezza sostanziale - la stessa era anche litisconsorte necessario).
Cass. civ. n. 13516/2017
In sede di gravame, il difensore distrattario delle spese processuali assume la qualità di parte, sia attivamente che passivamente, solo quando l’impugnazione riguarda la pronuncia di distrazione in sé considerata, con esclusione delle contestazioni relative al loro ammontare, giacchè l’erroneità della liquidazione non pregiudica i diritti del difensore, che può rivalersi nei confronti del proprio cliente in virtù del rapporto di prestazione d’opera professionale, bensì quelli della parte vittoriosa, che, a sua volta, è tenuta al pagamento della differenza al proprio difensore e che è legittimata, pertanto, ad impugnare il capo della sentenza di primo grado relativo alle spese, pur in presenza di un provvedimento di distrazione, in caso di loro insufficiente quantificazione, avendo interesse a che la liquidazione giudiziale sia il più possibile esaustiva delle legittime pretese del professionista.
Cass. civ. n. 24984/2017
È ammissibile l'impugnazione proposta nei confronti dell'Ente Ferrovie dello Stato dopo la sua trasformazione in società per azioni, con atto notificato presso l'Avvocatura dello Stato, quale procuratore costituito presso il giudice "a quo", atteso che detta trasformazione ha determinato non l'estinzione di un ente e la successione ad esso di un nuovo soggetto, ma solo una modificazione della forma e dell'organizzazione dello stesso soggetto giuridico che ha mantenuto la sua identità.
Cass. civ. n. 18833/2016
È inammissibile, per tardività, la dichiarazione di deferimento del giuramento decisorio formulata per la prima volta con atto allegato alla comparsa conclusionale, poiché gli scritti difensivi successivi alla rimessione della causa al collegio possono contenere solo le conclusioni già fissate davanti al giudice istruttore.
Cass. civ. n. 16177/2016
In tema d'impugnazione, la legittimazione spetta solo alle parti tra le quali la sentenza è stata pronunciata e non anche a colui che è rimasto estraneo al relativo giudizio, il quale, anche se effettivo titolare del rapporto sostanziale dedotto nel processo, è solo terzo rispetto alla pronuncia resa "inter alios", sicché, mentre può far valere il suo diritto o con l'intervento in appello, ai sensi dell'art. 344 c.p.c., o con l'opposizione di cui all'art. 404 c.p.c., l'impugnazione della sentenza va dichiarata inammissibile.
Cass. civ. n. 13857/2016
L'impossibilità morale di procurarsi la prova scritta che, ai sensi dell'art. 2724, comma 1, n. 2, c.c., rende ammissibile il ricorso alla prova testimoniale, non è configurabile a fronte della mera astratta posizione di preminenza della persona dalla quale la dichiarazione scritta doveva essere pretesa, o di un vincolo affettivo con la persona stessa, ma non è comunque esigibile l'allegazione di circostanze ostative assolute, sicché tale situazione non può essere negata in presenza di circostanze, anche di dettaglio, particolari o speciali, concorrenti a specificare la situazione di oggettivo impedimento psicologico, dovendosi volgere l'operato del giudice, con specifica sensibilità, alla valutazione delle circostanze allegate, sia in relazione al tipo di rapporto dedotto "inter partes", sia alla possibile incidenza di eventi o situazioni particolari.
Cass. civ. n. 24640/2015
Il terzo chiamato in garanzia impropria può autonomamente impugnare anche le statuizioni della sentenza di primo grado relative al rapporto principale, sia pure al solo fine di sottrarsi agli effetti riflessi che la decisione spiega sul rapporto di garanzia, ma l'efficacia della contestazione su tali statuizioni presuppone che il garante abbia preliminarmente impugnato la propria condanna in garanzia.
Cass. civ. n. 21073/2015
È inammissibile il giuramento decisorio deferito in sede di gravame allorché verta su una circostanza non dedotta in primo grado, in quanto l'introduzione di un "quid novum" nella fase di appello verrebbe a modificare il principio devolutivo e quello della disponibilità delle prove nei limiti delle regole processuali.
Cass. civ. n. 20476/2015
L'interrogatorio formale reso in un processo con pluralità di parti, essendo volto a provocare la confessione giudiziale di fatti sfavorevoli alla parte confitente e favorevoli al soggetto che si trova, rispetto ad essa, in posizione antitetica e contrastante, non può essere deferito, su un punto dibattuto in quello stesso processo, tra il soggetto deferente ed un terzo diverso dall'interrogando, non avendo valore confessorio le risposte, eventualmente affermative, fornite dell'interrogato. Invero, la confessione giudiziale produce effetti nei confronti della parte che la fa e della parte che la provoca, ma non può acquisire il valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente, in quanto costui non ha alcun potere di disposizione relativamente a situazioni giuridiche facenti capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale e, se anche il giudice ha il potere di apprezzare liberamente la dichiarazione e trarne elementi indiziari di giudizio nei confronti delle altre parti, tali elementi non possono prevalere rispetto alle risultanze di prove dirette.
Cass. civ. n. 19572/2015
In caso di opposizione all'esecuzione forzata di obblighi di fare, l'accoglimento dell'istanza di sospensione del processo esecutivo non consente al giudice dell'esecuzione di ordinare la rimessione in pristino di ciò che sia stato eseguito, ai sensi dell'art. 612 c.p.c., prima della sospensione, in quanto il potere del giudice di revoca o modifica dei propri provvedimenti è soggetto al limite dell'intervenuta esecuzione del provvedimento di cui all'art. 487 c.p.c., che ha carattere generale ed opera anche in caso di proposizione dei rimedi oppositivi da parte dell'esecutato, sicché il provvedimento sospensivo può soltanto impedire che l'esecuzione prosegua e non anche disfare ciò che è stato fatto quando il processo esecutivo era ancora in corso.
Cass. civ. n. 17130/2015
In materia di competenza territoriale, l'art. 23 cod. proc. civ., che prevede per le cause condominiali il foro esclusivo del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, è derogabile poiché non rientra nelle ipotesi di cui all'art. 28 cod. proc. civ., né il carattere esclusivo del foro stesso implica una diversa soluzione, sicché è valida ed efficace la clausola del regolamento condominiale che stabilisca un foro convenzionale per ogni controversia relativa al regolamento medesimo.