Art. 24 – Codice di procedura civile – Foro per le cause relative alle gestioni tutelari e patrimoniali
Per le cause relative alla gestione di una tutela o di una amministrazione patrimoniale conferita per legge o per provvedimento dell'autorità è competente il giudice del luogo d'esercizio della tutela o dell'amministrazione.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 13662/2025
Il ricorso per cassazione, con il quale si deduce la violazione dell'art. 2909 c.c., deve contenere, a pena di inammissibilità, per il principio dell'autosufficienza ex art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., la specifica indicazione della parte del provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, contenente il precetto sostanziale di cui si denuncia l'errata interpretazione.
Cass. civ. n. 13169/2025
Il giudicato esterno opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell'azione, presupponendo che soggetti, petitum e causa petendi siano comuni alla causa anteriore e a quella successivamente intrapresa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza gravata che aveva escluso la sussistenza del giudicato esterno in ordine all'estinzione delle obbligazioni di una compagnia assicuratrice per intervenuto esaurimento del massimale aggregato, accertata in altro giudizio tra le medesime parti e in relazione al medesimo periodo di vigenza del contratto, ma avente diverso petitum e diversa causa petendi, in quanto relativa ad altro sinistro).
Cass. civ. n. 11887/2025
L'individuazione dei limiti (soggettivi ed oggettivi) del giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c. presuppone l'identificazione degli elementi costitutivi (soggettivi ed oggettivi) della domanda (personae, petitum e causa petendi), sicché può dirsi che su una azione si è formato il giudicato solo se essa coincide, in tutti i suoi elementi costitutivi, con altra azione già esercitata in passato. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato il provvedimento impugnato che aveva accolto l'eccezione di giudicato, in quanto non vi era identità tra le domande di garanzia proposte nei giudizi conclusi con le sentenze richiamate dalle parti e la domanda di garanzia formulata nella fattispecie in esame, essendo diverse le parti della domanda principale risarcitoria e, dunque, diversi il petitum e la causa petendi della domanda accessoria, con cui era stato azionato, in forza di una clausola on claims made basis, il diritto di manleva dell'ente ospedaliero verso la compagnia assicuratrice).
Cass. civ. n. 11657/2025
In tema di espropriazione per pubblica utilità, la formazione di un giudicato sull'avvenuta acquisizione (ad altro titolo) dell'immobile ad opera dell'amministrazione espropriante impedisce di esercitare il potere attribuitole dall'art. 42-bis del TUE e il provvedimento eventualmente emesso, risultando adottato in palese carenza di potere, va disapplicato dal giudice ordinario, poiché il limite di operatività dell'istituto presuppone l'intervento tempestivo dell'amministrazione, per ripristinare la legalità violata in seguito all'occupazione illegittima di beni appartenenti a privati.
Cass. civ. n. 11138/2025
Il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227, comma 1, c.c. integra un'eccezione in senso lato ed è, pertanto, rilevabile d'ufficio anche in appello (così come in sede di rinvio), fermo restando il limite del giudicato interno, sicché, qualora sulla questione vi sia stata una statuizione di primo grado, il giudice di secondo grado può pronunciarsi solo se la decisione gli sia stata devoluta mediante l'impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha escluso la possibilità di ravvisare l'avvenuta eventuale formazione del giudicato interno sulle questioni concernenti l'esistenza dell'illecito commesso dall'ente locale e l'entità delle relative conseguenze dannose, in relazione alla compromissione delle capacità edificatorie del terreno di proprietà degli originari attori, atteso che tali questioni erano state costantemente devolute, dapprima al giudice d'appello, e poi al giudice di legittimità, e quindi al giudice del rinvio, mediante le impugnazioni proposte dalle parti).
Cass. civ. n. 10964/2025
L'istanza di cancellazione delle espressioni sconvenienti od offensive e l'eventuale correlata domanda di condanna al risarcimento del danno ex art. 89 c.p.c. sono caratterizzate da una propria specificità rispetto all'oggetto del contendere e danno luogo, pertanto, a una decisione del tutto indipendente rispetto a quella afferente alla domanda originariamente formulata, che può essere autonomamente impugnata e sulla quale, in mancanza di apposita impugnazione, si forma il giudicato interno.
Cass. civ. n. 10829/2025
In tema di formazione del giudicato, se una sentenza contiene due statuizioni, una di cessazione della materia del contendere (nella specie, in relazione alla domanda di esecuzione dell'obbligo di concludere il contratto definitivo ex art. 2932 c.c.) e l'altra contenente un accertamento (nella specie, di responsabilità del promissario acquirente che non aveva dato esecuzione al preliminare, ai fini della soccombenza virtuale), detta seconda statuizione va impugnata onde evitare che la decisione diventi definitiva, a differenza della prima che è inidonea al giudicato, salvo quanto alla statuizione del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del giudizio.
Cass. civ. n. 2365/2025
In tema di giudizio di rinvio, la rilevabilità del giudicato, interno ed esterno, in ogni stato e grado del processo, va coordinata con i principi che disciplinano quel giudizio, e, segnatamente, con la prospettata efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio, che riguarda non solo le questioni dedotte dalle parti o rilevate d'ufficio nel procedimento di legittimità, ma, anche, quelle che costituiscono il necessario presupposto della sentenza stessa, ancorché ivi non dedotte o rilevate, sicché il giudice di rinvio non può prendere in esame la questione concernente l'esistenza di un giudicato, esterno o interno, ove tale esistenza, pur potendo essere allegata o rilevata, risulti tuttavia esclusa, quantomeno implicitamente, dalla statuizione di cassazione con rinvio.
Cass. civ. n. 25700/2024
Nel giudizio di legittimità, la parte ricorrente che deduca l'inesistenza del giudicato esterno invece affermato dalla Corte di appello deve, per il principio di autosufficienza del ricorso ed a pena d'inammissibilità dello stesso, riprodurre in quest'ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione.
Cass. civ. n. 24416/2024
Nel processo tributario, l'efficacia espansiva del giudicato esterno non ricorre quando i separati giudizi riguardano tributi diversi, trattandosi di imposte strutturalmente differenti, anche se la pretesa impositiva è fondata sui medesimi presupposti di fatto.
Cass. civ. n. 21025/2024
In tema di sinistro stradale, se la sentenza che stabilisce la misura delle responsabilità dei conducenti coinvolti è impugnata soltanto da uno di questi, non si forma il giudicato interno sulla misura della responsabilità dell'altro conducente, perché il relativo accertamento deve svolgersi in maniera unitaria.
Cass. civ. n. 20636/2024
La pronuncia "in rito" di inammissibilità della domanda dà luogo ad un giudicato meramente formale, con effetti circoscritti al solo rapporto processuale nel cui ambito è emanata, talché non è idonea a produrre, né sul piano oggettivo né sul piano soggettivo, gli effetti del giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c. e non preclude, pertanto, la riproposizione della domanda in altro giudizio. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza gravata che, decidendo nel merito di una domanda risarcitoria dichiarata inammissibile per tardività in un precedente giudizio tra le stesse parti, ne aveva ritenuto precluso l'esame sulla base di una non consentita interpretazione estensiva del dictum della sentenza di condanna emessa ad altro titolo nel precedente giudizio e passata in giudicato, operando un indebito allargamento della liquidazione con essa operata anche ai danni oggetto della diversa domanda dichiarata in quella sede inammissibile).
Cass. civ. n. 15270/2024
In tema di valutazione della prova, il contrasto tra le dichiarazioni rese dai testimoni escussi impone al giudice di confrontare le deposizioni raccolte e di apprezzarne la credibilità in base ad elementi soggettivi ed oggettivi, tenendo conto del rapporto di vicinanza alle parti, dell'intrinseca congruenza delle dichiarazioni e della loro convergenza con gli eventuali elementi di prova acquisiti, esponendo poi le ragioni che lo hanno portato a ritenere più attendibile una testimonianza rispetto all'altra o ad escludere la credibilità di entrambe.
Cass. civ. n. 14620/2024
In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il dies a quo del termine semestrale di proponibilità della relativa domanda, previsto dall'art. 4 della legge n. 89 del 2001, decorre dalla data in cui è divenuta definitiva la decisione che conclude il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero dalla scadenza del termine previsto per la sua impugnazione. Ne consegue che quando la decisione sia stata emessa all'esito del giudizio di revocazione c.d. ordinaria, ai sensi dei nn. 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c., essa diviene "definitiva", nel senso richiesto dalla disposizione, non nel giorno della sua pubblicazione ma in quello in cui è divenuta irrevocabile e passata, quindi, in giudicato.
Cass. civ. n. 11698/2024
In caso di pignoramento presso terzi delle somme dovute al debitore a titolo di canone di locazione di un immobile già pignorato da altro creditore, dovendosi considerare dette somme già pignorate, ai sensi dell'art. 2912 c.c., quali frutti civili dell'immobile, il giudice dell'espropriazione presso terzi, a cui il terzo dichiari che i canoni sono stati già pignorati nell'ambito dell'esecuzione immobiliare, deve trasmettere il fascicolo al giudice di quest'ultima affinché questi proceda alla parziale riunione, trattandosi di plurime azioni esecutive avviate da creditori diversi su beni parzialmente coincidenti.
Cass. civ. n. 8260/2024
L'opponibilità al fallimento del decreto ingiuntivo non opposto decorre dalla data di emissione del provvedimento di esecutorietà di cui all'art. 647 c.p.c., atteso che con esso il giudice compie un'attività di natura giurisdizionale avente ad oggetto la verifica del contraddittorio e la regolarità della notificazione del decreto ingiuntivo, con conseguente passaggio in cosa giudicata formale e sostanziale del decreto medesimo, restando privi di rilievo disfunzioni dell'ufficio o ritardi nell'emissione del relativo provvedimento.
Cass. civ. n. 5370/2024
L'eccezione di giudicato esterno non può essere dedotta per la prima volta in cassazione se il giudicato si é formato nel corso del giudizio di merito, attesa la non deducibilità, in tale sede, di questioni nuove; se, invece, il giudicato esterno si é formato dopo la conclusione del giudizio di merito (e, cioè, dopo il termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello), la relativa eccezione é opponibile nel giudizio di legittimità.
Cass. civ. n. 3752/2024
Le decisioni della Corte di cassazione passano in giudicato al momento della loro pubblicazione, anche quando la formula decisoria sia di cassazione con decisione di merito, senza che rilevi ai fini dell'immediatezza del giudicato la astratta suscettibilità della revocazione per errore di fatto, poiché il rimedio revocatorio non incide sulla formazione della cosa giudicata formale delle pronunce di legittimità, né la funzione nomofilattica può indurre a superare la applicazione del criterio temporale in caso di contrasto di giudicati.
Cass. civ. n. 3352/2024
In tema di giudizio di cassazione, la questione processuale concernente l'ammissibilità dell'appello non valutata dal giudice di secondo grado non può essere rilevata d'ufficio dalla cassazione potendo essere esaminata soltanto a fronte di uno specifico motivo di ricorso che censuri l'error in procedendo.
Cass. civ. n. 1259/2024
Il principio in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile concerne i limiti oggettivi del giudicato, il cui ambito di operatività è correlato all'oggetto del processo e riguarda, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, estendendosi non soltanto alle ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche a tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia; i limiti oggettivi del giudicato, pertanto, anche con riguardo al deducibile, non si estendono a domande diverse per petitum e causa petendi, rispetto alle quali può porsi soltanto il problema di una eventuale preclusione che, tuttavia, non può ritenersi sussistente in ragione del mero rapporto di connessione intercorrente con una domanda già proposta in un giudizio precedente, in quanto la connessione incide normalmente sulla competenza del giudice, ma non postula il necessario cumulo delle domande connesse. (Affermando tale principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto preclusa una domanda risarcitoria che in un precedente giudizio si era accertato, con statuizione passata in giudicato, come non proposta, conseguendone la dichiarazione di nullità per extrapetizione della pronuncia che l'aveva accolta).
Cass. civ. n. 36272/2023
Il giudice d'appello ha il potere di interpretare e qualificare la domanda in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti o ritenuto dal giudice di primo grado, salvo il caso in cui sulla qualificazione accolta da quest'ultimo si sia formato il giudicato interno e a condizione che i fatti costitutivi della diversa fattispecie giuridica oggetto di riqualificazione coincidano (o si pongano, comunque, in relazione di continenza) con quelli allegati nell'atto introduttivo. (Nella specie, in cui la domanda volta al recupero delle somme versate quali premi assicurativi di polizze rivelatesi false era stata qualificata dal giudice di primo grado alla stregua di azione di ripetizione dell'indebito, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello che l'aveva riqualificata come domanda di risarcimento del danno extracontrattuale, basandosi sui medesimi fatti oggetto dell'originaria prospettazione dell'attore, che faceva espresso riferimento alla condotta colposa delle promotrici finanziarie).
Cass. civ. n. 33273/2023
In tema d'imposta di registro sugli atti dell'autorità giudiziaria ex art. 37 TUR, un provvedimento è imponibile anche ove sia ancora suscettibile di impugnazione o sia stato impugnato, ma non anche nel caso in cui sia stato già riformato o annullato con conseguente venir meno del presupposto impositivo.
Cass. civ. n. 32370/2023
Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause (o costituente indispensabile premessa logica della statuizione in giudicato) preclude il riesame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto che il giudicato formatosi sull'inefficacia di un contratto di locazione e, conseguentemente, del collegato contratto di sublocazione, spiegasse i propri effetti nel diverso giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla sublocatrice per il pagamento dei canoni, nel senso di escluderne la debenza).
Cass. civ. n. 32229/2023
Il socio accomandante, nel giudizio promosso da una società in accomandita semplice, è capace di testimoniare, purché non abbia, di fatto, l'amministrazione della società.
Cass. civ. n. 31330/2023
Il giudicato si forma anche sulla qualificazione giuridica data dal giudice alla domanda se la parte interessata non ha proposto specifica impugnazione, salvo i casi in cui tale qualificazione o non ha condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito, o è incompatibile con le censure formulate dall'appellante, o non ha formato oggetto di contestazione tra le parti, o quando si tratti soltanto di stabilire, fermi i fatti accertati, quale norma debba applicarsi ad una determinata fattispecie concreta.
Cass. civ. n. 29714/2023
Nel caso in cui, a fronte di un'eccezione di incapacità a testimoniare, il giudice abbia ammesso la prova con riserva di provvedere sulla stessa, la successiva assunzione della testimonianza - non preceduta dallo scioglimento della riserva - presuppone un giudizio di piena ammissibilità della prova, che vizia l'atto processuale di nullità relativa, con conseguente necessità, per la parte interessata, di sollevare tempestivamente la relativa eccezione ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 29301/2023
Può essere ravvisata l'efficacia riflessa del giudicato nei soli casi in cui si configuri una relazione di pregiudizialità-dipendenza, in senso giuridico, tra la situazione che forma oggetto del processo e quella facente capo a un terzo estraneo al giudizio e, dunque, anche quando solo alcuni dei fatti costitutivi della fattispecie del rapporto pregiudiziale-condizionante integrino gli elementi del rapporto pregiudicato-condizionato.
Cass. civ. n. 27401/2023
In materia di equa riparazione per l'irragionevole durata del processo, l'espressione "decisione definitiva" di cui all'art. 4 della l. n. 89 del 2001 è rivolta a comprendere tutte le tipologie di processo e si intende riferita a qualsiasi provvedimento in conseguenza del quale il processo deve ritenersi concluso e non più pendente, sicché, ove si tratti di una sentenza di merito in grado di appello resa in un processo con pluralità di parti, la definitività della decisione si identifica con il suo passaggio in giudicato formale, per essere la sentenza non più impugnabile coi rimedi ordinari elencati nell'art. 324 c.p.c. da nessuna delle parti, senza che perciò rilevi, ai fini del decorso del termine di sei mesi per proporre la domanda di equa riparazione, la data in cui una delle parti sia decaduta dall'impugnazione per effetto della notifica della sentenza eseguita ad uno solo dei contraddittori.
Cass. civ. n. 26970/2023
La mancata riassunzione del giudizio di rinvio determina, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione dell'intero processo, con conseguente caducazione di tutte le sentenze emesse nel corso dello stesso, eccettuate quelle già passate in giudicato in quanto non impugnate, non essendo applicabile al giudizio di rinvio l'art. 338 dello stesso codice, che regola gli effetti dell'estinzione del procedimento di impugnazione.
Cass. civ. n. 26916/2023
La questione della violazione del giudicato esterno, derivante dalla mancata proposizione dell'appello incidentale in un diverso giudizio, non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità ove tale fatto, già verificatosi nel momento in cui è andato in decisione il giudizio di merito la cui pronuncia è oggetto del ricorso per cassazione, non sia stato tempestivamente sottoposto all'esame del giudice di merito.
Cass. civ. n. 2149/2021
In tema di prova testimoniale, l'apprezzamento circa la specificità dei capitoli di prova dedotti dalla parte istante deve essere compiuto dal giudice del merito, con adeguata motivazione, non solo alla stregua della loro formulazione letterale, ma ponendo il loro contenuto in relazione agli altri atti di causa e alle deduzioni delle altre parti. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 17/04/2018).
Cass. civ. n. 9823/2021
Nel rito del lavoro, è corretto l'operato del giudice che, nell'ambito di una controversia promossa per accertare la natura subordinata di un rapporto di lavoro, chieda al testimone di precisare, al di fuori delle circostanze capitolate, se venisse rispettato un orario di lavoro, quali fossero le mansioni svolte dal prestatore nonché in quale posizione materiale la prestazione fosse effettuata, dovendosi ritenere che la possibilità di porre tali domande sia consentita, se non anche imposta, dall'art. 421 c.p.c., e ciò tanto più ove al ricorso siano stati allegati conteggi elaborati sul presupposto dello svolgimento di determinate mansioni e orari e la controparte abbia contestato, oltre alla natura subordinata del rapporto, anche lo svolgimento di un orario a tempo pieno. (Rigetta, CORTE D'APPELLO GENOVA, 26/02/2018).
Cass. civ. n. 22254/2021
L'onere di allegazione concerne unicamente i fatti, non le prove (documentali e non), delle quali basta la specifica indicazione prevista, nel rito speciale, dagli artt. 414 e 416 c.p.c., senza che le parti siano gravate dall'onere ulteriore di spiegarne la rilevanza e idoneità dimostrativa, che invece vanno valutate d'ufficio dal giudice. Pertanto, la specificazione dei fatti oggetto di richiesta di prova testimoniale è soddisfatta quando, sebbene non definiti in tutti i loro minuti dettagli, essi vengono esposti nei loro elementi essenziali per consentire al giudice di controllarne l'influenza e la pertinenza e all'altra parte di chiedere prova contraria, giacché la verifica della specificità e della rilevanza dei capitoli di prova va condotta non soltanto alla stregua della loro letterale formulazione, ma anche in relazione agli altri atti di causa e a tutte le deduzioni delle parti, nonché tenendo conto della facoltà del giudice di domandare ex art. 253, comma 1, c.p.c. chiarimenti e precisazioni ai testi. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 16/05/2014).
Cass. civ. n. 18121/2021
In tema di intermediazione mobiliare, non importa incapacità a testimoniare ex art. 246 c.p.c. per i dipendenti dell'intermediario la circostanza che quest'ultimo, evocato in giudizio da un risparmiatore, potrebbe convenirli in garanzia nello stesso giudizio per essere responsabili dell'operazione che ha dato origine alla controversia, poiché le due cause, anche se proposte nello stesso giudizio, si fondano su rapporti diversi ed i dipendenti hanno un interesse solo riflesso ad una determinata soluzione della causa principale, che non li legittima a partecipare al giudizio promosso dal risparmiatore, in quanto l'esito di questo, di per sé, non è idoneo ad arrecare ad essi pregiudizio. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 09/09/2015).
Cass. civ. n. 1926/2021
In ipotesi di assunzione frazionata della prova testimoniale, la decadenza per mancata comparizione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 104 disp. att. c.p.c. e 208 c.p.c., non si estende a tutta la prova già ammessa ma opera unicamente in relazione all'udienza nella quale in concreto la prova stessa doveva essere assunta e limitatamente alle attività ivi previste. (Nella specie, è stata ritenuta illegittima la pronuncia con cui la parte non comparente all'udienza fissata per l'escussione di un teste per parte era stata dichiarata decaduta da tutta la prova richiesta ed ammessa, non avendo il giudice ridotto la lista testimoniale bensì solo limitato e disciplinato l'assunzione). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 18/02/2016).
Cass. civ. n. 190/2020
L'ammissione della prova testimoniale oltre i limiti di valore stabiliti dall'art. 2721 c.c. costituisce un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, o mancato esercizio, è insindacabile in sede di legittimità ove sia correttamente motivato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 25/02/2014).
Cass. civ. n. 12573/2020
Nel rito del lavoro, qualora nell'atto introduttivo del giudizio la parte abbia richiesto una prova testimoniale, articolando i relativi capitoli senza indicare le generalità dei testi, l'omissione non determina decadenza dalla relativa istanza istruttoria, ma concreta mera irregolarità, che, ai sensi dell'art. 421, comma 1, c.p.c., consente al giudice ad assegnare alla parte un termine perentorio per porre rimedio alla riscontrata irregolarità, nell'esercizio dei poteri officiosi riconosciutigli dalla disposizione citata, in funzione dell'esigenza di contemperamento del principio dispositivo con la ricerca della verità, cui è ispirato il rito del lavoro per il carattere costituzionale delle situazioni soggettive implicate. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 12/02/2018).
Cass. civ. n. 8528/2020
In tema di deposizione testimoniale, l'eccezione di incapacità a deporre, sollevata - nel rispetto della previsione di cui all'art. 157, comma 2, c.p.c. - all'esito dell'escussione del testimone, deve intendersi come idonea proposizione di un'eccezione di nullità della prova assunta. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 16/01/2018).
Cass. civ. n. 1874/2019
L'art. 244 c.p.c., nell'esigere l'indicazione specifica dei fatti sui quali è dedotta la prova testimoniale, pur non imponendo alla parte l'onere di precisare in ogni dettaglio le circostanze articolate nei relativi capitoli, richiede che la specificazione ponga il giudice in grado di stabilire se la prova sia influente e pertinente, consentendo altresì alla controparte di esercitare il diritto alla prova contraria.
Cass. civ. n. 11765/2019
L'esigenza di specificazione dei fatti sui quali i testimoni devono deporre è soddisfatta se, ancorché non precisati in tutti i loro minuti dettagli, tali fatti siano esposti nei loro elementi essenziali, per consentire al giudice di controllarne l'influenza e la pertinenza e mettere in grado la parte, contro la quale essa è diretta, di formulare un'adeguata prova contraria, giacché la verifica della specificità e della rilevanza dei capitoli formulati va condotta non soltanto alla stregua della loro letterale formulazione, ma anche in relazione agli altri atti di causa ed alle deduzioni delle parti, nonché tenendo conto della facoltà di chiedere chiarimenti e precisazioni ai testi da parte del giudice e dei difensori.
Cass. civ. n. 3708/2019
L'inosservanza delle prescrizioni di cui all'art. 244 c.p.c. con riferimento sia alla genericità delle circostanze dedotte nei capitoli di prova sia alla indicazione delle persone indicate come testimoni, determina l'inammissibilità del mezzo istruttorio che, ove erroneamente ammesso ed espletato, non può essere tenuto in considerazione dal giudice.
Cass. civ. n. 21239/2019
La capacità a testimoniare differisce dalla valutazione sull'attendibilità del teste, operando le stesse su piani diversi, atteso che l'una, ai sensi dell'art. 246 c. p. c., dipende dalla presenza di un interesse giuridico (non di mero fatto) che potrebbe legittimare la partecipazione del teste al giudizio, mentre la seconda afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all'eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità.
Cass. civ. n. 19121/2019
Nei giudizi sulla responsabilità civile derivante da circolazione stradale, il terzo trasportato è incapace a deporre, ai sensi dell'art. 246 c.p.c., quando abbia riportato danni in conseguenza del sinistro.
Cass. civ. n. 10641/2019
La statuizione su una questione di rito dà luogo soltanto al giudicato formale ed ha effetto limitato al rapporto processuale nel cui ambito è emanata; essa, pertanto, non essendo idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale, non preclude la riproposizione della domanda in altro giudizio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto che la statuizione di improponibilità della domanda per il conseguimento della rivalutazione contributiva ex art. 13, comma 8, della l. n. 257 del 1992, resa nel precedente giudizio per assenza del presupposto processuale costituito dalla previa istanza amministrativa, precludesse la riproposizione dell'azione).
Cass. civ. n. 9680/2019
Nel caso di questione di giurisdizione prospettata sotto il profilo del c.d.eccesso di potere giurisdizionale, la possibile formazione, e la conseguente rilevazione da parte della Corte di cassazione, di un giudicato interno sulla giurisdizione per effetto della sentenza di primo grado, è configurabile solo quando l'eccesso sia stato commesso dal giudice speciale di primo grado, la sentenza non sia stata impugnata in appello sul punto ed il giudice speciale di secondo grado abbia a sua volta giudicato, confermando la decisione; qualora, invece, l'eccesso di potere giurisdizionale sia contestato in riferimento alla sentenza di secondo grado, assumendosi che vi sia incorso direttamente il giudice d'appello oppure, qualora l'eccesso sia stato commesso dal primo giudice, il vizio sia stato fatto valere mediante l'appello ma il giudice di secondo grado abbia disatteso il relativo motivo di impugnazione, così avallando a sua volta l'eccesso, la formazione di un giudicato interno si verifica se la sentenza di appello non venga impugnata sul punto in Cassazione.
Cass. civ. n. 7499/2019
In tema di giudicato interno, ai fini della verifica dell'avvenuta impugnazione, o meno, di una statuizione contenuta nella sentenza di primo grado, la S.C. non è vincolata all'interpretazione compiuta dal giudice di appello, ma ha il potere-dovere di valutare direttamente gli atti processuali per stabilire se, rispetto alla questione su cui si sarebbe formato il giudicato, la funzione giurisdizionale si sia esaurita per effetto della mancata devoluzione della questione nel giudizio di appello, con conseguente preclusione di ogni esame della stessa, purché il ricorrente non solo deduca di aver ritualmente impugnato la statuizione, ma - per il principio di autosufficienza - indichi elementi e riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il contenuto dell'atto di appello a questo preciso proposito, non essendo tale vizio rilevabile "ex officio". (Nella specie, riguardante l'appello avverso sentenza ex art. 99 l. fall. fondata su due autonome "rationes decidendi", l'una relativa all'inammissibilità della domanda perché nuova rispetto a quella svolta in sede di insinuazione al passivo, l'altra al merito del credito vantato, il ricorrente, assumendo che la corte d'appello avesse erroneamente ritenuto la decisione del tribunale fondata anche sulla prima "ratio", ha inammissibilmente sostenuto di averla indirettamente censurata lamentando l'omessa valutazione di risultanze probatorie documentali).
Cass. civ. n. 7925/2019
La decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad agire ove tale "quaestio iuris", pur avendo costituito la premessa logica della statuizione di merito, non sia stata sollevata dalle parti, posto che una questione può ritenersi decisa dal giudice di merito soltanto ove abbia formato oggetto di discussione in contraddittorio.
Cass. civ. n. 11161/2019
Per il principio del "ne bis in idem", secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, ossia anche ciò che poteva essere dedotto in quanto afferente all'identica "causa petendi", l'efficacia panprocessuale delle pronunce della S.C. sulla giurisdizione non si realizza soltanto qualora la nuova domanda sia proposta in termini identici sotto tutti i profili della struttura dell'azione ("personae", "causa petendi" e "petitum"), atteso che non conta tanto il modo in cui essa è presentata, ma l'esatta qualificazione della domanda e dei fatti posti a base della stessa ("petitum" sostanziale), sicché, ove la S.C. abbia già statuito sulla giurisdizione in altro e precedente giudizio, è inammissibile il regolamento preventivo ex art. 41 c.p.c. proposto in un successivo giudizio, instaurato dallo stesso attore sulla base degli identici fatti narrati nel primo, quand'anche l'atto introduttivo del secondo giudizio abbia evocato solo il convenuto principale nel primo (ma sia poi risultato legittimamente estensibile a tutte le altre parti, chiamate in causa dal convenuto principale), con il medesimo "petitum" (sebbene parzialmente ridotto solo nel "quantum") e sostanzialmente la medesima "causa petendi" (per quanto diversamente qualificata rispetto alla domanda del primo giudizio).
Cass. civ. n. 8766/2019
Il giudicato, oltre ad avere una sua efficacia diretta nei confronti delle parti, loro eredi e aventi causa, è dotato anche di un'efficacia riflessa, nel senso che la sentenza, come affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata emessa, allorquando questi siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo o comunque di un diritto subordinato a tale situazione, con la conseguenza reciproca che l'efficacia del giudicato non si estende a quanti siano titolari di un diritto autonomo rispetto al rapporto giuridico definito con la prima sentenza. (Nella specie, la S.C., in relazione alla pronunzia di accoglimento della domanda di restituzione del prezzo del biglietto pagato da alcuni spettatori per assistere ad uno spettacolo lirico in teatro all'aperto, interrotto da gravi avverse condizioni atmosferiche, ha confermato l'efficacia riflessa della sentenza, passata in giudicato, con la quale era stata accolta analoga domanda, proposta da altri spettatori e per identici motivi a fronte dell'automatico operare dell'effetto risolutivo ex art. 1463 c.c.).
Cass. civ. n. 30744/2019
In tema di opposizioni concernenti la medesima procedura esecutiva ed introdotte davanti ad uffici giudiziari diversi, ove fra due cause sussista una relazione di continenza o di connessione per pregiudizialità e per il titolo, va disposta, essendosi in presenza di competenze inderogabili, la sospensione della lite pregiudicata in attesa della decisione di quella pregiudicante. (Nella specie, la S.C. ha precisato che il principio di cui in massima trova applicazione sia se nelle due controversie sono denunciati profili attinenti all'opposizione all'esecuzione sia se i giudizi sono proposti ex art. 617 c.p.c.).
Cass. civ. n. 25411/2019
E' inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso l'ordinanza pronunciata in sede di reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. avverso il provvedimento che decide sulla istanza di sospensione dell'esecuzione ex art. 624 c.p.c., trattandosi di ordinanza priva del carattere della decisorietà per essere sempre in facoltà delle parti l'introduzione del giudizio di merito sull'opposizione esecutiva.
Cass. civ. n. 31077/2019
In tema di prova testimoniale, i limiti di cui all'art. 2721 c.c. trovano applicazione anche alle testimonianze rese (in merito al medesimo contratto) in altro giudizio e documentate attraverso il verbale in quanto la fonte di conoscenza del fatto, cui si riferiscono le cautele di legge, deriva pur sempre dalla narrazione del testimone, ancorché acquisita mediante il verbale di assunzione di prova in altro processo. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 30/05/2018).
Cass. civ. n. 8929/2019
L'assunzione di testi che non siano stati preventivamente e specificamente indicati può essere consentita solamente nei casi previsti dall'art. 257 c.p.c., con una enunciazione che deve ritenersi tassativa, dal momento che l'obbligo della rituale indicazione è inderogabile e la preclusione ex art. 244 c.p.c. ha il suo fondamento nel sistema del vigente codice e si inquadra nel principio, espresso dal successivo art. 245 c.p.c., secondo il quale il giudice provvede sull'ammissibilità delle prove proposte e sui testi da escutere con una valutazione sincrona e complessiva delle istanze che tutte le parti hanno sottoposto al suo esame. Di conseguenza, la parte non può pretendere di sostituire i testi deceduti prima dell'assunzione con altri che non siano stati da essa stessa indicati nei modi e nei termini di cui all'art. 244 c.p.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 29/10/2013).
Cass. civ. n. 13750/2019
Il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo, sicché non può validamente prospettarsi l'insorgenza sopravvenuta di una questione di giurisdizione all'esito del giudizio di secondo grado, perché tale questione non dipende dall'esito della lite, ma da due invarianti primigenie, costituite dal "petitum" sostanziale della domanda e dal tipo di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso, in quanto non erano stati trascritti i motivi di appello con i quali era stata contestata la decisione di primo grado sotto il profilo della giurisdizione e non risultando, peraltro, dalla pronuncia impugnata le doglianze sollevate con il gravame).
Cass. civ. n. 15339/2018
Il giudicato va assimilato agli elementi normativi, sicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell'esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, e gli eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge; ne consegue che l'accertamento del giudicato può essere effettuato dal giudice anche d'ufficio e pure in grado di appello.
Cass. civ. n. 16847/2018
L'esistenza del giudicato esterno è, a prescindere dalla posizione assunta in giudizio dalle parti, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo anche nell'ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, trattandosi di un elemento che può essere assimilato agli elementi normativi astratti, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto; sicché, il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del "ne bis in idem", corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo e consistente nell'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. (Nella specie, la S.C., in virtù di sentenze "inter partes" acquisite in sede di memoria ex art. 380 bis1 c.p.c., ha rigettato l'impugnazione del secondo licenziamento, intimato a seguito di ripristino giudiziale del rapporto lavorativo, per effetto del giudicato sopravvenuto sulla legittimità del primo licenziamento disciplinare).
Cass. civ. n. 22465/2018
Il principio secondo cui l'autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono sia pure implicitamente il presupposto logico-giuridico, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, in mancanza di opposizione o quando quest'ultimo giudizio sia stato dichiarato estinto, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio. (Nella specie la S.C. ha ritenuto preclusa dal giudicato, formatosi a seguito dell'estinzione della causa di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da un banca in relazione al saldo passivo di un conto corrente, la successiva domanda, proposta dal correntista, tesa ad ottenere la ripetizione delle somme indebitamente trattenute dall'istituto di credito in forza di clausole negoziali invalide).
Cass. civ. n. 24358/2018
Il giudicato interno può formarsi solo su capi di sentenza autonomi, che cioè risolvano una questione controversa avente una propria individualità ed autonomia, così da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente; sono privi del carattere dell'autonomia i meri passaggi motivazionali, ossia le premesse logico-giuridiche della statuizione adottata, come pure le valutazioni di meri presupposti di fatto che, unitamente ad altri, concorrono a formare un capo unico della decisione. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso che vi fosse stata violazione del giudicato interno, per la mancata impugnazione della sentenza di prime cure, nella parte in cui aveva ritenuto insussistente il requisito della eterodirezione, quale indice rilevante, ma non esaustivo, della natura subordinata del rapporto di lavoro, per il cui riconoscimento era stato intentato il giudizio).
Cass. civ. n. 27161/2018
Il giudicato esterno, al pari di quello interno, risponde alla finalità d'interesse pubblico di eliminare l'incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni, sicché il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti e non è subordinato ai limiti fissati dall'art. 345 c.p.c. per le prove nuove in appello, di tal che il giudice, al quale ne risulti l'esistenza, non è vincolato dalla posizione assunta dalle parti in giudizio, dovendo procedere al suo rilievo e valutazione anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, nell'ambito di un giudizio per querela di falso, non aveva preso in esame la sentenza penale divenuta definitiva nel corso del giudizio di secondo grado ed eccepita dalla parte interessata, con cui la convenuta, imputata del reato di cui all'art. 481 c.p., era stata assolta perché il fatto non sussiste).
Cass. civ. n. 19498/2018
Il principio di inconciliabilità della veste di testimone con quella di parte, enunciato con riferimento alle persone fisiche, ha un portata minore per quel che concerne le persone giuridiche; conseguentemente, ferma restando l'incapacità a testimoniare della persona fisica che per statuto abbia la rappresentanza legale della società, la relativa eccezione di nullità della testimonianza deve essere proposta al più tardi dopo la sua assunzione o all'udienza successiva, in caso di mancata presenza del procuratore della parte interessata. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza perché il giudice del merito aveva dedotto d'ufficio l'incapacità a testimoniare del rappresentante legale della società senza la necessaria e tempestiva eccezione della controparte).