Art. 45 – Codice di procedura civile – Conflitto di competenza
Quando, in seguito alla ordinanza che dichiara l'incompetenza del giudice adito per ragione di materia o per territorio nei casi di cui all'articolo 28, la causa nei termini di cui all'articolo 50 è riassunta davanti ad altro giudice, questi, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede di ufficio il regolamento di competenza.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 17894/2025
In tema di misure cautelari reali, i limiti di impignorabilità di cui all'art. 545, comma 3, cod. proc. civ., applicabili in ogni fase del procedimento anche alla confisca per equivalente e al sequestro ad essa finalizzato, riguardano il solo indagato cui siano state sequestrate le somme di denaro, che delle stesse è l'effettivo "dominus", non valendo, invece, nei confronti dei terzi estranei al reato, che, ove dimostrino la titolarità delle somme ablate, possono vantare il diritto alla loro integrale restituzione.
Cass. civ. n. 14684/2025
In materia di accertamento tecnico preventivo obbligatorio ex art. 445-bis c.p.c., non è ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost. l'ordinanza di inammissibilità del ricorso per difetto dei relativi presupposti, trattandosi di provvedimento che non incide con effetto di giudicato sulla situazione soggettiva sostanziale - attesa la possibilità per l'interessato di promuovere il giudizio di merito - ed è comunque idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità di cui al secondo comma del menzionato art. 445-bis, essendo il procedimento sommario già giunto a conclusione. (Fattispecie relativa a ricorso proposto ex art. 445-bis c.p.c. per l'accertamento del requisito sanitario per il godimento dell'indennità di accompagnamento, a seguito di revoca della prestazione, dichiarato inammissibile per la mancanza di preventiva nuova domanda amministrativa).
Cass. civ. n. 13237/2025
In tema di accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis c.p.c., la diversità delle conclusioni rassegnate dal CTU nel giudizio per la mancata conferma dell'assegno ordinario di invalidità, rispetto a quelle del CTU nominato in altro procedimento che aveva dato luogo al riconoscimento di tale assegno, non consente di ravvisare alcuna violazione di giudicato se prospettata in relazione a stati patologici la cui valutazione è ex se variabile nel tempo, e per i quali può dunque escludersi la sovrapponibilità del quadro clinico accertato dai due consulenti.
Cass. civ. n. 13234/2025
In tema di accertamento tecnico preventivo di cui all'art. 445-bis c.p.c., le contestazioni - anche parziali - alla CTU precludono l'emissione del decreto di omologa, con la conseguenza che al giudice adito a seguito di ricorso ai sensi del comma 6 della citata disposizione è rimesso l'accertamento su tutte le condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere e non solo sui motivi di opposizione.
Cass. civ. n. 13103/2025
Nel giudizio di divisione, le contestazioni alla stima del valore del bene da dividere, formulate per la prima volta in appello, non integrano domande o eccezioni nuove, precluse ex art. 345 c.p.c., atteso che la contestazione mira semplicemente a verificare la legittimità dello svolgimento delle operazioni divisionali e, precisamente, l'esattezza della stima del bene comune, ma sempre in vista del perseguimento del risultato cui mirava la proposizione della domanda originaria.
Cass. civ. n. 13063/2025
Nel giudizio avente ad oggetto l'accertamento della responsabilità del danno da fatto illecito imputabile a più persone, il giudice di merito adito dal danneggiato può e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei condebitori ha esercitato l'azione di regresso verso gli altri oppure se ha chiesto l'accertamento di tale ripartizione interna in vista del regresso; ne consegue che, quando il presunto autore dell'illecito si limita a negare la propria responsabilità senza chiedere espressamente, neppure in via gradata, l'accertamento della percentuale di responsabilità propria e altrui in ordine al verificarsi del fatto dannoso, non formula alcuna domanda nei confronti degli altri convenuti e tale istanza, se proposta per la prima volta in appello, è inammissibile in quanto nuova.
Cass. civ. n. 12791/2025
Nel caso in cui il giudice di primo grado non accolga alcune richieste istruttorie, la parte che le ha formulate ha l'onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, in modo specifico, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, devono ritenersi abbandonate e non più riproponibili in sede di impugnazione; tale presunzione può essere ritenuta, tuttavia, superata dal giudice di merito, qualora, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa, attraverso l'esame degli scritti difensivi. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva ritenuto come implicitamente rinunciata la prova testimoniale, inizialmente ammessa e poi revocata dal giudice istruttore, non espressamente riproposta all'udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado, nel corso della quale la parte si era limitata ad un generico richiamo agli atti difensivi).
Cass. civ. n. 11138/2025
Il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227, comma 1, c.c. integra un'eccezione in senso lato ed è, pertanto, rilevabile d'ufficio anche in appello (così come in sede di rinvio), fermo restando il limite del giudicato interno, sicché, qualora sulla questione vi sia stata una statuizione di primo grado, il giudice di secondo grado può pronunciarsi solo se la decisione gli sia stata devoluta mediante l'impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha escluso la possibilità di ravvisare l'avvenuta eventuale formazione del giudicato interno sulle questioni concernenti l'esistenza dell'illecito commesso dall'ente locale e l'entità delle relative conseguenze dannose, in relazione alla compromissione delle capacità edificatorie del terreno di proprietà degli originari attori, atteso che tali questioni erano state costantemente devolute, dapprima al giudice d'appello, e poi al giudice di legittimità, e quindi al giudice del rinvio, mediante le impugnazioni proposte dalle parti).
Cass. civ. n. 11130/2025
Nel giudizio di opposizione promosso avverso le risultanze conclusive della consulenza tecnica d'ufficio svolta in sede di accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis c.p.c., la soccombenza, quale criterio determinativo della statuizione sulle spese, deve essere valutata con riferimento al complesso dell'attività processuale svolta, comprensiva sia della fase di istruzione preventiva che di quella contenziosa di merito. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che, nell'accogliere due delle tre domande originariamente proposte dal ricorrente, aveva condannato l'INPS al pagamento della metà delle spese di lite della fase di istruzione preventiva, compensandole per la restante metà, e posto, invece, a carico del ricorrente quelle del giudizio di opposizione, sulla scorta di una valutazione della soccombenza parcellizzata in rapporto alle due fasi suddette).
Cass. civ. n. 10858/2025
In tema di appello, ciò che rileva, ai fini della decadenza dal diritto di produrre, entro la prima occasione processuale utile, i documenti nuovi, non è la mera conoscenza presuntiva dell'atto, ma la sua conoscenza effettiva ovvero la presunzione di conoscenza assoluta, potendo solo da essa e dalla successiva inerzia dell'interessato discendere la conseguenza della tardività della produzione. (Nella fattispecie in esame, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello, che aveva ritenuto tardiva la produzione in giudizio di una delibera della giunta comunale, sulla base dell'erronea premessa che la conoscenza dell'atto dovesse essere fatta risalire al momento della pubblicazione nell'albo pretorio e non a quello della comunicazione agli interessati).
Cass. civ. n. 9471/2025
Costituisce errore di fatto deducibile come motivo di revocazione della sentenza ex art. 395, n. 4, c.p.c. quello che si verifica in presenza non già di sviste di giudizio ma della percezione, in contrasto con gli atti e le risultanze di causa, di una falsa realtà documentale, in conseguenza della quale il giudice sia stato indotto ad affermare l'esistenza o l'inesistenza di un fatto o di una dichiarazione che, invece, incontrastabilmente non risulta o risulta dai documenti di causa. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso volto a censurare l'erroneità della condanna alle spese di lite in presenza di dichiarazione di esonero ex art. 152 disp. att. c.p.c. in calce alla procura, siccome proposto ai sensi dell'art. 360 c.p.c. anziché secondo lo schema della revocazione ex art. 395 c.p.c.).
Cass. civ. n. 654/2025
La notifica al debitore ceduto del ritrasferimento del credito dal cessionario al cedente (cd. retrocessione) è, come per l'originaria cessione, atto a forma libera, purché idoneo a rendere il debitore consapevole della mutata titolarità del credito, cosicché essa può essere effettuata sia mediante il ricorso per decreto ingiuntivo, sia mediante comunicazione in corso di causa nel giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c..
Cass. civ. n. 614/2025
In tema di riconoscimento dell'assegno ordinario di invalidità, l'art. 11 della l. n. 222 del 1984 preclude la presentazione di un'ulteriore domanda amministrativa per la stessa prestazione finché non si è esaurito l'iter della precedente o, in caso di ricorso giudiziario, fino al passaggio in giudicato della sentenza, con la conseguenza che va esclusa l'improponibilità del ricorso per ATP ex art. 445-bis c.p.c. depositato avverso l'esito di una prima istanza amministrativa e dopo la presentazione di una nuova domanda all'Inps per la medesima prestazione, in quanto la norma non impedisce iniziative giudiziarie a tutela dell'assistito ed è volta unicamente a soddisfare esigenze di efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa.
Cass. civ. n. 416/2025
In tema di intese restrittive della concorrenza, la nullità parziale del contratto di fideiussione "a valle" dipendente da intesa restrittiva "a monte", in quanto eccezione "in senso lato", è deducibile e rilevabile d'ufficio in grado di appello a prescindere dalla relativa allegazione di parte, ma non è consentita, in deroga all'art. 345, comma 3, c.p.c., nel testo introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012, la produzione di nuovi documenti, come anche l'ammissione di nuove prove, diretti a dare dimostrazione della nullità stessa.
Cass. civ. n. 141/2025
In tema di pubblico impiego privatizzato, la P.A. datrice di lavoro, che opera ritenute sulla retribuzione del proprio dipendente al fine di recuperare le somme allo stesso corrisposte in esecuzione di sentenza poi cassata, può operare una compensazione c.d. impropria, senza essere tenuta ad applicare le disposizioni di cui agli artt. 2 del d.P.R. n. 80 del 1950 e 545 c.p.c., che, invece, disciplinano la materia se il prelievo è eseguito, in compensazione cd. impropria, dall'INPS, dietro incarico della P.A., sui ratei di pensione corrisposti ai dipendenti in quiescenza.
Cass. civ. n. 35868/2024
I limiti di impignorabilità previsti dall'art. 545, comma 3, cod. proc. civ. operano, in ragione del proprio fondamento costituzionale, in ogni fase del procedimento cautelare reale, anche quella dell'adozione del sequestro preventivo a fini di confisca, e la verifica della loro osservanza non può essere differita alle fasi successive del processo, tanto meno alla fase esecutiva.
Cass. civ. n. 25876/2024
In tema di impugnazioni, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, comma 2, c.p.c. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell'art. 329, comma 2, c.p.c.), né sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della Corte d'appello che, in mancanza di impugnazione incidentale, aveva rilevato il giudicato interno sulla sussistenza del fatto illecito di diffamazione attribuito al convenuto appellato, questione decisa separatamente dal giudice di primo grado e del tutto distinta dall'accertamento della sussistenza dell'esimente di cui all'art. 32 bis della l. n. 195 del 1958, oggetto dell'appello principale dell'attore).
Cass. civ. n. 24677/2024
La rinuncia alla prescrizione, integrando un'eccezione in senso lato, non è soggetta all'onere di riproposizione ex art. 346 c.p.c. e può essere rilevata d'ufficio, anche in appello, purché i fatti su cui essa si fonda, benché non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo, sempre che la stessa non sia stata respinta in primo grado con pronuncia espressa o implicita, essendo in tal caso necessario proporre appello, eventualmente in via incidentale, onde evitare la formazione del giudicato interno che ne preclude ogni riesame, anche officioso.
Cass. civ. n. 24347/2024
Il procedimento di accertamento tecnico preventivo obbligatorio, di cui all'art. 445-bis c.p.c., si distingue dagli atti di istruzione preventiva, che si esauriscono con il deposito della relazione tecnica e con la fase istruttoria, concludendosi con l'emissione di un provvedimento dichiarativo che rende incontestabile le risultanze del mezzo acquisito e che resta limitatamente impugnabile. Ciò comporta che le prestazioni del difensore non si limitano a quelle relative alla fase istruttoria ma comprendono, anche, quelle in tutto corrispondenti a quelle della fase decisoria, con la conseguente spettanza del relativo compenso professionale in analogia ai parametri previsti per gli altri procedimenti.
Cass. civ. n. 23880/2024
La domanda di annullamento di un atto tributario, sottoposto ad impugnazione giudiziale mediante sul presupposto della sua illegittimità, mira ad una pronuncia costitutiva, essendo diretta all'eliminazione dell'atto stesso, sicché l'Amministrazione finanziaria, anche in caso di omessa costituzione in primo grado, è legittimata ed ha interesse a sostenere, in appello, la sua legittimità per paralizzare e resistere alla domanda avversaria, senza che ciò determini la violazione degli artt. 57 e ss. del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell'art. 345 c.p.c., trattandosi di esercizio di mere difese e non della proposizione di una domanda o eccezione in senso proprio.
Cass. civ. n. 22874/2024
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l'estinzione del giudizio di rinvio, conseguente alla cassazione della sentenza di accoglimento dell'opposizione, comporta, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione dell'intero procedimento e l'inefficacia del decreto ingiuntivo opposto, anche ove esso sia stato erroneamente dichiarato esecutivo, trattandosi di un provvedimento meramente dichiarativo privo di carattere decisorio, che, seppur non impugnabile, neanche con il ricorso ex art. 111 Cost., non è sottratto al sindacato del giudice, che può verificarne la legittimità, sia in sede di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., ove l'esecutorietà sia dichiarata per mancata proposizione dell'opposizione o mancata costituzione dell'opponente, sia in sede di opposizione all'esecuzione, ove il decreto ingiuntivo costituisca il titolo dell'azione esecutiva, sia infine in altro giudizio, nel quale se ne faccia valere l'efficacia.
Cass. civ. n. 21905/2024
La notifica dell'avviso di accertamento eseguita nei confronti degli eredi dell'ex socio accomandatario e liquidatore di una s.a.s., cancellata dal registro delle imprese, è nulla, in quanto il differimento quinquennale degli effetti dell'estinzione, previsto dall'art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014, comporta che il liquidatore conserva tutti i poteri di rappresentanza della società sul piano sostanziale e processuale, con la conseguenza che egli è legittimato a ricevere le notificazioni degli atti impositivi, per cui la morte del socio ex accomandatario e liquidatore di una s.a.s. non implica alcun automatismo traslativo in capo agli eredi della rappresentanza dell'ente societario, né alcuna loro capacità processuale a ricevere in supplenza gli atti indirizzati ad una società di persone ancora in vita a seguito di detto differimento, che, quindi, rimane destinataria della notifica degli atti impositivi, da eseguirsi presso il suo domicilio fiscale ex art. 60, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 600 del 1973 o, in alternativa, direttamente alla persona fisica che la rappresenta, ai sensi dell'art. 145 c.p.c.
Cass. civ. n. 21829/2024
Il regolamento di competenza d'ufficio è inammissibile quando il primo giudice si sia dichiarato incompetente per valore o per territorio derogabile, dal momento che la maturazione della preclusione fissata, anche per il rilievo dell'incompetenza per materia o territorio inderogabile, dal nuovo testo dell'art. 38 c.p.c., non consente di interpretare la suddetta declaratoria quale implicita negazione anche dei profili di competenza appena evocati, diversamente da quanto accadeva nel regime antecedente alla riforma di cui alla l. n. 353 del 1990, nel quale l'incompetenza per materia (e per territorio inderogabile) era rilevabile in ogni stato e grado del processo.
Cass. civ. n. 21080/2024
Nel giudizio di appello non è ammissibile, ai sensi dell'art. 345 c.p.c., la produzione di documenti (nella specie, referti medici) che, ancorché formati successivamente, rappresentano fatti già esistenti all'epoca del giudizio di primo grado e che avrebbero potuto essere formati in precedenza e tempestivamente prodotti.
Cass. civ. n. 20392/2024
Nell'ipotesi in cui il giudice d'appello rigetti il gravame proponendo una interpretazione della sentenza diversa da quella dell'appellante, ma conforme a diritto, non si ha violazione dei principi di cui agli artt. 112, 342 e 345 c.p.c. ed il soccombente, se intende ricorrere per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, ha l'onere di proporre specifica e valida impugnazione della lettura della sentenza di primo grado adottata dal giudice di appello, a pena di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso una sentenza d'appello che aveva interpretato la sentenza di primo grado come accertamento, ex art. 615 c.p.c., dell'estinzione dei crediti erariali per prescrizione quinquennale, in quanto il ricorrente non aveva censurato la lettura data dal giudice d'appello).
Cass. civ. n. 19829/2024
Nel rito del lavoro, il giudice di appello deve vagliare l'ammissibilità dei documenti prodotti dall'appellante, già contumace in primo grado, ex art. 437 c.p.c. in base alla loro rilevanza e, cioè, all'indispensabilità ai fini della decisione, valutandone la potenziale idoneità dimostrativa in rapporto al thema probandum, avuto riguardo allo sviluppo assunto dall'intero processo.
Cass. civ. n. 18881/2024
Il giudice avanti al quale la causa viene riassunta a seguito di un provvedimento declinatorio della competenza, quantunque per ragioni di materia o per territorio inderogabile, non impugnato con regolamento necessario di competenza, non può sollevare conflitto di competenza d'ufficio per far valere la violazione delle regole sulla tempestività dell'eccezione o del rilievo d'ufficio, giacché, in conseguenza della mancata proposizione del regolamento necessario di competenza ad istanza della parte interessata, la questione della tardività del rilievo dell'incompetenza avanti al giudice remittente è ormai preclusa e resta estranea al potere di elevazione del conflitto come individuato dall'art. 45 c.p.c.
Cass. civ. n. 18222/2024
L'occupazione appropriativa e l'occupazione usurpativa sono caratterizzate l'una dall'irreversibile trasformazione del fondo in assenza del decreto di esproprio, e l'altra dalla trasformazione in mancanza, originaria o sopravvenuta, della dichiarazione di pubblica utilità. Tuttavia, nel caso di proposizione dell'azione di risarcimento del danno in conseguenza di occupazione usurpativa è ammissibile la riqualificazione della domanda, anche da parte del giudice, come relativa ad una occupazione appropriativa, in quanto entrambe fonte di responsabilità risarcitoria della P.A. secondo i principi di cui all'art. 2043 c.c.
Cass. civ. n. 18018/2024
In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel "thema decidendum" del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio.
Cass. civ. n. 17090/2024
Non è configurabile un'omologa parziale dell'accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis c.p.c., preclusa dalle contestazioni anche solo parziali mosse alla CTU, e pertanto, una volta introdotto il giudizio di opposizione di cui al comma 6, è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso per cassazione avverso la regolazione delle spese di lite della fase di accertamento preventivo disposta in un decreto di omologa parziale, emesso nonostante detta preclusione, poiché le doglianze concernenti l'irrituale statuizione sulle spese vanno proposte nei confronti della liquidazione eseguita in esito all'opposizione.
Cass. civ. n. 21606/2021
La nuova formulazione dell'art. 345, comma 3, c.p.c., introdotta dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, che prevede il divieto di ammissione, in appello, di nuovi mezzi di prova e documenti, salvo che la parte dimostri di non avere potuto proporli o produrre per causa non imputabile, trova applicazione, in difetto di un'espressa disciplina transitoria ed in base al generale principio processuale "tempus regit actum", quando la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dopo l'11 settembre 2012. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 10/11/2015).
Cass. civ. n. 2163/2021
In tema di accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis c.p.c., è improponibile il ricorso, di cui al comma 6 dello stesso articolo, presentato avverso il decreto di omologa dell'accertamento sanitario, che sia stato emesso dal giudice in assenza di contestazioni ai sensi del comma 5, non potendo essere equiparate al dissenso le semplici osservazioni alla relazione tecnica del c.t.u. formulate dal consulente di parte. (Cassa e decide nel merito, TRIBUNALE VICENZA, 20/01/2015).
Cass. civ. n. 36382/2021
L'accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis c.p.c., espletato ai fini del conseguimento di una determinata prestazione, non può essere utilizzato, in caso di rigetto della domanda per insussistenza del relativo requisito sanitario, quale presupposto per l'ottenimento di una prestazione diversa, dal momento che l'indicazione, nel ricorso, della specifica prestazione invocata è essenziale sul piano dell'interesse ad agire, ai sensi dell'art. 100 c.p.c., non potendo ritenersi ammissibile la richiesta di un accertamento sanitario genericamente individuato. (Rigetta, TRIBUNALE FOGGIA, 02/07/2019).
Cass. civ. n. 3981/2021
I limiti alla pignorabilità dei beni di cui all'art. 545 cod. proc. civ. non operano con riguardo al sequestro preventivo ex art. 321, comma 1, cod. proc. pen., spettando tuttavia al giudice, in conformità al principio di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost. e al criterio di proporzionalità, valutare se, nel caso concreto, la misura si presenti eccessivamente afflittiva non garantendo all'indagato il c.d. minimo vitale. (Annulla con rinvio, TRIB. LIBERTA' GORIZIA, 02/07/2020).
Cass. civ. n. 1926/2021
In ipotesi di assunzione frazionata della prova testimoniale, la decadenza per mancata comparizione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 104 disp. att. c.p.c. e 208 c.p.c., non si estende a tutta la prova già ammessa ma opera unicamente in relazione all'udienza nella quale in concreto la prova stessa doveva essere assunta e limitatamente alle attività ivi previste. (Nella specie, è stata ritenuta illegittima la pronuncia con cui la parte non comparente all'udienza fissata per l'escussione di un teste per parte era stata dichiarata decaduta da tutta la prova richiesta ed ammessa, non avendo il giudice ridotto la lista testimoniale bensì solo limitato e disciplinato l'assunzione). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 18/02/2016).
Cass. civ. n. 14629/2021
L'ammissibilità dell'accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c. presuppone, come proiezione dell'interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 c.p.c., che l'accertamento medico-legale, richiesto in vista di una prestazione previdenziale o assistenziale, risponda ad una concreta utilità per il ricorrente - la quale potrebbe difettare ove siano manifestamente carenti, con valutazione "prima facie", altri presupposti della predetta prestazione -, al fine di evitare il rischio della proliferazione smodata del contenzioso sull'accertamento del requisito sanitario. (Nella specie, la S.C. ha negato la sussistenza dell'interesse ad agire del soggetto carente del requisito anagrafico per fruire dell'assegno mensile di invalidità). (Cassa e decide nel merito, TRIBUNALE LAMEZIA TERME, 17/04/2019).
Cass. civ. n. 41230/2021
In seguito alla declaratoria di incompetenza del giudice adìto in sede monitoria, la riassunzione della causa, ex art. 50 c.p.c., opera con riferimento non al giudizio di opposizione (definito dal giudice funzionalmente competente ex art. 645 c.p.c.), ma al giudizio di cognizione sul merito della controversia, sebbene introdotto con l'opposizione, il quale, dopo la caducazione del decreto ingiuntivo implicitamente contenuta nella sentenza dichiarativa di incompetenza, è destinato a "proseguire" nelle forme ordinarie; ne consegue che, ove il processo debba essere riassunto nei confronti di una amministrazione dello Stato, l'atto di riassunzione, non potendo considerarsi atto "istitutivo" di giudizio "ex novo", ai sensi dell'art. 11, comma 1, del r.d. n. 1611 del 1933, deve essere notificato presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria presso cui pende la causa o che ha pronunciato la sentenza, ai sensi del comma 2 del citato art. 11. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 10/05/2019).
Cass. civ. n. 10694/2020
La notificazione a persona giuridica eseguita presso la sede legale, poi trasferita in luogo diverso, è idonea a produrre gli effetti che le sono propri nei confronti dell'ente medesimo a condizione che sussista un collegamento fattuale tra il luogo presso cui la notifica è stata effettuata e le sedi in cui, nel tempo, l'attività della società si è svolta e che il consegnatario dichiari di essere incaricato della ricezione degli atti, consentendo tali elementi di ritenere che detto luogo costituisca ancora una sede operativa dell'ente e di escludere che il ricevente sia estraneo all'ente medesimo. (Rigetta, COMM.TRIB.REG. ROMA, 28/05/2012).
Cass. civ. n. 157/2020
Il divieto di proporre domande nuove in appello, previsto dall'art. 345, comma 1, c.p.c., è posto a tutela di un interesse di natura pubblicistica, sicchè la relativa violazione è rilevabile in sede di legittimità anche d'ufficio, senza che possa spiegare alcuna influenza l'accettazione del contraddittorio. (Cassa senza rinvio, TRIB.SUP. DELLE ACQUE PUBBLICH ROMA, 04/05/2017).
Cass. civ. n. 2587/2020
L'ammissibilità dell'accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c. presuppone, come proiezione dell'interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 c.p.c., che l'accertamento medico-legale, richiesto in vista di una prestazione previdenziale o assistenziale, risponda ad una concreta utilità per il ricorrente - la quale potrebbe difettare ove siano manifestamente carenti, con valutazione "prima facie", altri presupposti della predetta prestazione -, al fine di evitare il rischio della proliferazione smodata del contenzioso sull'accertamento del requisito sanitario. (Cassa e decide nel merito, TRIBUNALE FOGGIA, 16/03/2017).
Cass. civ. n. 24134/2020
Qualora sia proposta una domanda volta a ottenere una delle prestazioni indicate dall'art. 445-bis, comma 1, c.p.c., senza che sia stato espletato l'accertamento tecnico preventivo obbligatorio, il giudice, davanti al quale sia tempestivamente sollevata l'eccezione di improcedibilità, è tenuto ad assegnare alle parti il termine di quindici giorni per la sua presentazione, previsto dal comma 2 dello stesso art. 445-bis; è invece nulla, poiché determina un concreto impedimento all'accesso alla tutela giurisdizionale della parte istante, l'ordinanza con cui il giudice dichiari il ricorso immediatamente improcedibile, ed al giudice d'appello, in ossequio al principio di cui all'art. 162 c.p.c., si impone di rinnovare l'atto procedendo esso stesso all'assegnazione del termine, non potendo né limitarsi a una pronuncia di mero rito dichiarativa della nullità, né rimettere la causa al primo giudice. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 20/01/2014).
Cass. civ. n. 190/2020
L'ammissione della prova testimoniale oltre i limiti di valore stabiliti dall'art. 2721 c.c. costituisce un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, o mancato esercizio, è insindacabile in sede di legittimità ove sia correttamente motivato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 25/02/2014).
Cass. civ. n. 346/2020
Il giudice di pace davanti al quale la causa è stata riassunta, dopo che la decisione di altro giudice di pace sulla competenza sia stata riformata in seguito a specifico appello sul punto, non può richiedere d'ufficio il regolamento di competenza ex art. 45 c.p.c. perché la pronuncia di appello sulla competenza può essere contestata solo dalle parti con il regolamento necessario previsto dall'art. 42 c.p.c. (Dichiara inammissibile, GIUDICE DI PACE BUSTO ARSIZIO, 18/09/2018).
Cass. civ. n. 31077/2019
In tema di prova testimoniale, i limiti di cui all'art. 2721 c.c. trovano applicazione anche alle testimonianze rese (in merito al medesimo contratto) in altro giudizio e documentate attraverso il verbale in quanto la fonte di conoscenza del fatto, cui si riferiscono le cautele di legge, deriva pur sempre dalla narrazione del testimone, ancorché acquisita mediante il verbale di assunzione di prova in altro processo. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 30/05/2018).
Cass. civ. n. 8929/2019
L'assunzione di testi che non siano stati preventivamente e specificamente indicati può essere consentita solamente nei casi previsti dall'art. 257 c.p.c., con una enunciazione che deve ritenersi tassativa, dal momento che l'obbligo della rituale indicazione è inderogabile e la preclusione ex art. 244 c.p.c. ha il suo fondamento nel sistema del vigente codice e si inquadra nel principio, espresso dal successivo art. 245 c.p.c., secondo il quale il giudice provvede sull'ammissibilità delle prove proposte e sui testi da escutere con una valutazione sincrona e complessiva delle istanze che tutte le parti hanno sottoposto al suo esame. Di conseguenza, la parte non può pretendere di sostituire i testi deceduti prima dell'assunzione con altri che non siano stati da essa stessa indicati nei modi e nei termini di cui all'art. 244 c.p.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 29/10/2013).
Cass. civ. n. 6281/2019
In tema di giurisdizione, la parte convenuta che abbia proposto domanda riconvenzionale (o, nel processo amministrativo, ricorso incidentale), rimasta non esaminata in quanto assorbita dal pieno rigetto nel merito della domanda principale, non è legittimata a proporre appello incidentale, eventualmente in via condizionata, contro il capo implicito della sentenza con cui il giudice adito ha affermato la propria giurisdizione, in quanto tale parte, avendo a sua volta implicitamente invocato la giurisdizione del medesimo giudice spiegando domanda riconvenzionale, sul punto è risultata pienamente vittoriosa.
Cass. civ. n. 26495/2019
Il giudice innanzi al quale sia proposta una domanda di nullità contrattuale deve rilevare d'ufficio l'esistenza di una causa di nullità diversa da quella prospettata, che sia desumibile dai fatti dedotti in giudizio ed abbia carattere assorbente, con l'unico limite di dovere instaurare il contraddittorio prima di statuire sul punto. Tale rilievo è doveroso anche in grado di appello, perché si tratta di una questione che attiene ai fatti costitutivi della pretesa azionata ed integra un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio ex art. 345 c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di appello, che non aveva rilevato d'ufficio la nullità del contratto di vitalizio alimentare per difetto di causa, in particolare per difetto di alea, in ragione della grave patologia che affliggeva il vitaliziato e che lasciava presumere l'imminente suo decesso, in un giudizio in cui il medesimo contratto era stato impugnato per altre ragioni).
Cass. civ. n. 26880/2019
L'eccezione riconvenzionale, pur ampliando il tema della controversia, tendendo a paralizzare il diritto della controparte, rimane nell'ambito della difesa e del "petitum" e, quindi, si differenzia dalla domanda riconvenzionale che, invece, è diretta ad ottenere l'accertamento di un diritto con autonomo provvedimento avente forza di giudicato; ne consegue che tale ultima domanda non può essere proposta in appello se in primo grado la relativa questione sia stata sollevata con eccezione riconvenzionale.
Cass. civ. n. 23565/2019
La proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cd. diritti "autodeterminati", individuati, cioè, sulla base della sola indicazione del relativo contenuto sì come rappresentato dal bene che ne forma l'oggetto, con la conseguenza che la "causa petendi" delle relative azioni giudiziarie si identifica con i diritti stessi e non con il relativo titolo - contratto, successione ereditaria, usucapione, ecc. - che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non ha, per l'effetto, alcuna funzione di specificazione della domanda, essendo, viceversa, necessario ai soli fini della prova. Non viola, pertanto, il divieto dello "ius novorum" in appello la deduzione da parte dell'attore - ovvero il rilievo "ex officio iudicis" - di un fatto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda introduttiva del giudizio. (Nella specie, è stata ritenuta ininfluente, sotto il profilo della novità della domanda, la circostanza che il convenuto, nell'esperire in via riconvenzionale un'"actio confessoria servitutis", in primo grado avesse dedotto l'esistenza di una servitù volontaria e, in grado di appello, di una servitù per destinazione del padre di famiglia).
Cass. civ. n. 20322/2019
Ove in primo grado, a fronte di domanda di adempimento, sia opposta dal convenuto soltanto eccezione d'inadempimento, in sede di appello non può essere introdotta dallo stesso convenuto azione di risoluzione per inadempimento, trattandosi di domanda nuova e, quindi, inammissibile (art. 345 c.p.c.), ancorché risulti formulata in primo grado una riserva (nel futuro) di tale azione, la quale costituisce una manifestazione di intenti processualmente irrilevante.
Cass. civ. n. 2037/2019
In tema d'appalto, la domanda di riduzione del prezzo in presenza di difetti dell'opera può essere proposta, in luogo di quella originaria di risoluzione per inadempimento, sia nel giudizio di primo grado sia in quello d'appello, giacché, essendo fondata sulla medesima "causa petendi" e caratterizzata da un "petitum" più limitato, non costituisce domanda nuova. Infatti, all'appalto non può essere esteso il principio, dettato per la vendita dall'art. 1492, comma 2, c.c., dell'irrevocabilità della scelta, operata mediante domanda giudiziale, tra risoluzione del contratto e riduzione del prezzo; inoltre, nel caso di inadempimento dell'appaltatore, il divieto di cui all'art. 1453, comma 2, c.c. impedisce al committente, che abbia proposto domanda di risoluzione, di mutare tale domanda in quella di adempimento, ma non anche di chiedere la riduzione del prezzo.
Cass. civ. n. 24597/2019
È consentito al creditore, anche in grado di appello, modificare la domanda originaria di condanna solidale dei convenuti in una domanda che, sulla base del medesimo titolo, sia diretta a conseguire la condanna "pro quota", perché mediante tale modifica il creditore delimita solo, sul piano quantitativo, il "petitum" fatto valere nei confronti dei singoli condebitori, che resta però, nel complesso, immutato.
Cass. civ. n. 25434/2019
Il rilievo d'ufficio delle eccezioni in senso lato, attesa la distinzione rispetto a quelle in senso stretto, non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, purchè i fatti risultino documentati "ex actis"; ne consegue che in presenza di una eccezione in senso lato il giudice può esercitare anche i propri poteri officiosi al fine di ammettere le prove indispensabili, cioè quelle idonee ad elidere ogni incertezza nella ricostruzione degli eventi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva qualificato il rifiuto di ricevere la lettera di licenziamento, annotato in calce alla lettera prodotta in giudizio dal datore di lavoro, come eccezione in senso lato dunque non soggetta a preclusioni, con conseguente legittimità degli esercitati poteri istruttori).
Cass. civ. n. 15931/2019
Il convenuto in un'azione negatoria di servitù di passaggio, che eccepisca il proprio diritto di passare sul fondo dell'attore per avere usucapito la servitù o per l'esistenza di una servitù di uso pubblico ovvero, ancora, sostenendo la demanialita dell'area su cui intende esercitare il passaggio, dà luogo ad una semplice eccezione (a meno che non tenda ad ottenere, sul suo preteso diritto, non già una semplice pronuncia incidentale, intesa solo a paralizzare la pretesa attrice, ma una pronuncia principale con valore di giudicato), come tale proponibile per la prima volta in appello ai sensi dell'art. 345, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 28439/2019
Il giudice, fin dal primo grado e dunque anche in appello, deve esercitare il proprio potere-dovere di integrazione probatoria "ex officio", con l'acquisizione della documentazione offerta contestualmente all'atto di impugnazione, sulla base di allegazione effettuata già nella memoria di primo grado, laddove tale documentazione sia indispensabile per provare il carattere provvisorio della liquidazione del trattamento pensionistico ritenuto in parte indebito.
Cass. civ. n. 21956/2019
Il deposito di documenti nuovi in appello non è ammissibile, ove la loro mancata produzione in primo grado debba essere attribuita ad una scelta volontaria della parte. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva escluso l'ammissibilità della produzione, in sede di gravame, del titolo di proprietà di un fondo, trattandosi di documento non depositato agli atti del processo di primo grado, nonostante l'invito in tal senso rivolto dal giudice alla parte in prime cure).
Cass. civ. n. 17062/2019
Il divieto di produzione di nuovi documenti in appello di cui all'art. 345 c.p.c. si riferisce soltanto ai documenti relativi al merito della causa e non a quelli utili a dimostrare la legittimazione processuale, la cui produzione è soggetta a decadenza nel solo caso in cui non venga effettuata entro il termine assegnato dal giudice ai sensi dell'art. 182, comma 2, c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione con la quale il giudice d'appello aveva confermato la sentenza dichiarativa del difetto di legittimazione processuale di una società per azioni che aveva agito in giudizio quale rappresentante dell'INPS, dopo aver respinto la richiesta di produzione di documenti ai sensi dell'art. 345 c.p.c. dalla stessa avanzata al fine di dimostrare la legittimazione contestata).
Cass. civ. n. 12574/2019
La produzione di nuovi documenti in appello è ammissibile, ai sensi dell'art. 345, comma 3, c.p.c. nella formulazione successiva alla novella attuata mediante la l. n. 69 del 2009, a condizione che la parte dimostri di non avere potuto produrli prima per causa a sé non imputabile ovvero che essi, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado, siano indispensabili per la decisione, purché tali documenti siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione nell'atto introduttivo del secondo grado di giudizio, salvo che la loro formazione sia successiva e la loro produzione si renda necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo; tale produzione è, però, comunque preclusa una volta che la causa sia stata rimessa in decisione e non può essere pertanto effettuata in comparsa conclusionale.
Cass. civ. n. 30738/2019
Il principio di immanenza della prova, per il quale una prova documentale, una volta entrata nel processo, vi permane e può essere utilizzata anche da una parte diversa da quella che l'ha introdotta, va riferito non al documento materialmente incorporante tale prova, bensì all'efficacia spiegata dal mezzo istruttorio virtualmente a disposizione di ciascuna delle parti; ne consegue che le prove documentali, non riesaminate in appello perché non più materialmente presenti in atti per l'inerzia della parte che ne invochi una diversa valutazione, continuano, tuttavia, a spiegare efficacia nel senso loro attribuito nella sentenza emessa dal primo giudice, la cui presunzione di legittimità non risulta superata per fatto ascrivibile all'appellante.
Cass. civ. n. 29096/2019
In tema di accertamento tecnico preventivo di cui all'art. 445 bis c.p.c., il decreto di omologa che, in assenza di contestazione delle parti, si discosti dalle conclusioni del consulente tecnico di ufficio, risulta viziato da una difformità che costituisce mero errore materiale emendabile con la procedura di correzione, a condizione, però, che la predetta difformità non sia frutto di consapevole attività valutativa del giudice, nel qual caso - assumendo il provvedimento giudiziale, esorbitante dallo schema delineato per il procedimento a cognizione sommaria, natura decisoria e, quindi, di sentenza - è ammissibile il rimedio generale del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., a garanzia dell'esercizio del diritto di difesa - altrimenti precluso per mancanza di rimedi endoprocedimentali - della parte pregiudicata dalle conclusioni imprevedibilmente adottate dal giudice all'atto dell'emissione del decreto.