Art. 66 – Codice di procedura civile – Sostituzione del custode
Il giudice, d'ufficio o su istanza di parte, può disporre in ogni tempo la sostituzione del custode.
Il custode che non ha diritto a compenso può chiedere in ogni tempo di essere sostituito; altrimenti può chiederlo soltanto per giusti motivi.
Il provvedimento di sostituzione è dato, con ordinanza non impugnabile, dal giudice di cui all'articolo 65, secondo comma.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14709/2025
In tema di revocazione avverso la decisione della Corte di cassazione che abbia dichiarato l'improcedibilità del ricorso originario per mancato deposito della copia notificata del provvedimento impugnato (completa, cioè, del provvedimento munito dei suoi dati identificativi e della relata di notifica), il ricorrente è tenuto a precisare ex art. 366, n. 4) e n. 6), c.p.c., di aver fornito, nel ricorso originario, puntuale indicazione circa la collocazione dei documenti rilevanti all'interno del fascicolo.
Cass. civ. n. 13662/2025
Il ricorso per cassazione, con il quale si deduce la violazione dell'art. 2909 c.c., deve contenere, a pena di inammissibilità, per il principio dell'autosufficienza ex art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., la specifica indicazione della parte del provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, contenente il precetto sostanziale di cui si denuncia l'errata interpretazione.
Cass. civ. n. 13358/2025
In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall'art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale, sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell'avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l'esame del ricorso.
Cass. civ. n. 10858/2025
In tema di appello, ciò che rileva, ai fini della decadenza dal diritto di produrre, entro la prima occasione processuale utile, i documenti nuovi, non è la mera conoscenza presuntiva dell'atto, ma la sua conoscenza effettiva ovvero la presunzione di conoscenza assoluta, potendo solo da essa e dalla successiva inerzia dell'interessato discendere la conseguenza della tardività della produzione. (Nella fattispecie in esame, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello, che aveva ritenuto tardiva la produzione in giudizio di una delibera della giunta comunale, sulla base dell'erronea premessa che la conoscenza dell'atto dovesse essere fatta risalire al momento della pubblicazione nell'albo pretorio e non a quello della comunicazione agli interessati).
Cass. civ. n. 10435/2025
La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto. (Nella specie, la S.C., in un giudizio di risarcimento del danno derivante da evento alluvionale, ha escluso, cassando sul punto la sentenza impugnata, che l'attore avesse l'onere di provare la titolarità del diritto di proprietà sull'immobile e sul veicolo danneggiati, stante la tardività della contestazione svolta dal Comune convenuto solo con la comparsa conclusionale ed a fronte di difese, contenute nella comparsa di costituzione, costituenti riconoscimento implicito della suddetta titolarità).
Cass. civ. n. 9774/2025
Qualora pendano contemporaneamente, proposti dalla stessa parte, sia ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, impugnata anche per revocazione, sia ricorso avverso la sentenza che ha deciso, rigettandola, sulla revocazione, è sufficiente trattare i ricorsi nella stessa udienza o camera di consiglio. (Nella specie, la Corte ha dato priorità all'esame del ricorso avverso la sentenza di appello, sul rilievo che il suo accoglimento era suscettibile di riconoscere la giurisdizione italiana anche sulla domanda concernente l'entità del contributo, da parte del genitore, del mantenimento della figlia minore, giurisdizione invece esclusa dalla sentenza di appello, e di incidere, così, sulla sentenza resa in sede di impugnazione per revocazione, il cui ricorso sarebbe divenuto privo di oggetto).
Cass. civ. n. 9059/2025
Il motivo d'impugnazione è costituito dall'enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un "non motivo" del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l'inammissibilità, ai sensi dell'art. 366, n. 4, c.p.c.. (In applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui il ricorrente, nell'invocare l'ammissibilità dell'opposizione avverso una cartella esattoriale, fondata su ingiunzione di pagamento ex r.d. n. 639 del 1910, perché proponibile senza limiti di tempo, quando volta a contestare il difetto del titolo esecutivo, non si era confrontato con la ratio decidendi della sentenza impugnata nella quale l'inammissibilità dell'opposizione all'esecuzione era stata pronunciata in forza del principio per cui il debitore opponente non può far valere vizi antecedenti alla formazione del titolo).
Cass. civ. n. 1041/2025
In tema di ricorso per cassazione, pur costituendo il giudicato la regola del caso concreto e conseguentemente una questione di diritto da accertare direttamente, la sua interpretazione, da parte del giudice di legittimità, è possibile solo se la sentenza da esaminare venga messa a disposizione mediante trascrizione nel corpo del ricorso, derivandone in mancanza l'inammissibilità del motivo, con cui si denuncia la violazione dell'art. 2909 c.c., restando precluse ogni tipo di attività nomofilattica. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso nel quale la sentenza di primo grado - dalla quale desumere la violazione del giudicato interno in ordine alla sussistenza dell'interesse ad agire e la conseguente inapplicabilità nei giudizi pendenti dell'art. 12, comma 4-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, introdotto con l'art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, convertito dalla l. n. 215 del 2021 - era stata riportata solo nel frontespizio).
Cass. civ. n. 317/2025
Il ricorso per cassazione in cui mancano del tutto - o sono erroneamente indicati - il nome o il cognome dell'intimato non è inammissibile per violazione dell'art. 366, comma 1, n. 1), c.p.c., se dal contenuto complessivo dell'atto introduttivo o dal suo riferimento agli atti dei precedenti gradi di giudizio è agevole identificare con certezza la parte.
Cass. civ. n. 25700/2024
Nel giudizio di legittimità, la parte ricorrente che deduca l'inesistenza del giudicato esterno invece affermato dalla Corte di appello deve, per il principio di autosufficienza del ricorso ed a pena d'inammissibilità dello stesso, riprodurre in quest'ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione.
Cass. civ. n. 25593/2024
Il ricorso per cassazione è un atto unico, che deve possedere tutti i requisiti di forma e contenuto richiesti dalla legge; in caso di vizi o lacune, non è possibile integrarlo con un successivo atto, ma si può soltanto sostituirlo con un nuovo ricorso, sempre che non siano decorsi i termini di impugnazione.
Cass. civ. n. 20870/2024
Nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., giusta il disposto dell'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., dev'essere dedotto, a pena d'inammissibilità, non solo con l'indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione.
Cass. civ. n. 18018/2024
In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel "thema decidendum" del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio.
Cass. civ. n. 15058/2024
Ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione con cui viene dedotta la violazione del principio di non contestazione deve indicare sia la sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese, inserendo nell'atto la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi, sia, specificamente, il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori scritti difensivi, in modo da consentire alla Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell'art. 115 c.p.c.
Cass. civ. n. 14569/2024
In tema di contratto di appalto, la decadenza del committente dall'azione di garanzia per i vizi e difformità dell'opera, prevista dall'art. 1667 c.c., non è rilevabile d'ufficio, pertanto la relativa eccezione deve essere proposta dal convenuto ai sensi dell'art. 167 c.p.c., a pena di decadenza, nella comparsa di risposta da depositarsi almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione.
Cass. civ. n. 11961/2024
L'opposizione di terzo ordinaria, ex art. 404, comma 1, c.p.c., oltre che al litisconsorte necessario pretermesso, è offerta anche al terzo che si affermi titolare di un diritto autonomo ed incompatibile con quelli delle parti destinatarie del provvedimento opposto, dalla cui esecuzione subirebbe un inevitabile pregiudizio giuridico. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva escluso la legittimazione attiva, in un caso di opposizione avverso un'ordinanza di convalida di sfratto per morosità proposta da soggetto che affermava di essere proprietario dell'immobile per averlo ricevuto in donazione dai genitori i quali, a loro volta, lo avevano usucapito).
Cass. civ. n. 9450/2024
La proposizione, mediante ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata, comporta l'inammissibilità del ricorso, risolvendosi in un non motivo.
Cass. civ. n. 8513/2024
In tema di procedimento cautelare uniforme, l'inefficacia del provvedimento cautelare ante causam non anticipatorio, verificatasi in conseguenza del mancato inizio del giudizio di merito entro il termine perentorio di cui all'art. 669-octies, secondo comma, c.p.c., non determina alcuna conseguenza processuale sul giudizio di merito comunque intrapreso, che dunque prosegue naturalmente senza maturazione di decadenze di sorta.
Cass. civ. n. 5303/2024
L'omessa indicazione, nel ricorso per cassazione o nella relativa procura speciale, del codice fiscale o della partita IVA del ricorrente non ne determina la nullità, non essendo essa prescritta dall'art. 366, comma 1, n. 1, c.p.c. e potendosi, in ogni caso, risalire all'identità della parte attraverso la menzione dei dati anagrafici (o della sede, se si tratti di società).
Cass. civ. n. 4290/2024
Al sequestro conservativo disposto ex art. 316 comma 2 c.p.p., con la sentenza penale definitiva di condanna generica al risarcimento del danno, sui beni dell'imputato ad istanza della parte civile, si applicano gli artt. 669 octies e 669 novies c.p.c., in ragione del carattere di piena strumentalità della misura cautelare patrimoniale rispetto al giudizio civile di merito e del sopravvenuto venir meno dei suoi presupposti, reso palese dallo stesso comportamento del creditore, il quale ritardi l'introduzione della causa di merito in misura non compatibile con la funzione della tutela cautelare, con la conseguenza che il sequestro perde efficacia qualora l'azione risarcitoria, già esercitata in sede penale, non venga tempestivamente introdotta in sede civile nel termine perentorio di sessanta giorni dall'irrevocabilità della sentenza penale.
Cass. civ. n. 1341/2024
Il motivo d'impugnazione è costituito dall'enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un "non motivo" del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l'inammissibilità, ai sensi dell'art. 366, n. 4, c.p.c.
Cass. civ. n. 34713/2023
Il procedimento locatizio costituisce un giudizio unitario, sicché i compensi dovuti all'avvocato che abbia prestato la propria opera in relazione alle due articolazioni del procedimento (sommaria e a cognizione piena) vanno liquidati in base alle specifiche attività effettivamente espletate dal professionista in ciascuna di esse, evitando la duplicazione della liquidazione di attività svolte nell'ambito di un procedimento sostanzialmente unitario.
Cass. civ. n. 34687/2023
In tema di interpretazione del contratto, il comportamento complessivo delle parti non costituisce un canone sussidiario, ma un parametro necessario e indefettibile, essendo le disposizioni degli artt. 1362, comma 1, 1363 e 1362, comma 2, c.c., fondate sulla stessa logica che, esprimendo l'intrinseca insufficienza della singola parola (e del suo formale significato: come, in diverso campo ed in diversa misura, segnala l'art. 12, comma 1, delle preleggi), prescrive la più ampia dilatazione degli elementi di interpretazione, sebbene la censura in sede di legittimità dell'interpretazione di una clausola contrattuale offerta dal giudice di merito imponga al ricorrente l'onere di fornire, con formale autosufficienza, gli elementi alla complessiva unitarietà del testo e del comportamento non adeguatamente considerati dal giudice di merito, nella loro materiale consistenza e nella loro processuale rilevanza.
Cass. civ. n. 33353/2023
Il ricorso per cassazione redatto mediante la giustapposizione di una serie di documenti integralmente riprodotti è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, il quale postula che l'enunciazione dei motivi e delle relative argomentazioni sia espressa mediante un discorso linguistico organizzato in virtù di una concatenazione sintattica di parole, frasi e periodi, sicché, senza escludere radicalmente che nel contesto dell'atto siano inseriti documenti finalizzati alla migliore comprensione del testo, non può essere demandato all'interprete di ricercare gli elementi rilevanti all'interno dei menzionati documenti, se del caso ricostruendo una connessione logica tra gli stessi, non esplicitamente affermata dalla parte. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso nei confronti del provvedimento di rigetto del reclamo proposto ex art. 18 l.fall. nei confronti di una sentenza di fallimento conseguente alla declaratoria di inammissibilità di una proposta di concordato, che prevedeva la falcidia del debito tributario in assenza di transazione fiscale).
Cass. civ. n. 30774/2023
Il precedente giurisprudenziale, pur se proveniente dalla Corte di legittimità e finanche dalle Sezioni Unite, e quindi anche se diretta espressione di nomofilachia, non rientra tra le fonti del diritto, sicché è inammissibile il ricorso per cassazione che si limiti a denunciare un contrasto tra la sentenza impugnata e il precedente, dovendo la censura in ogni caso identificare una norma di diritto e dedurre come essa, eventualmente nell'interpretazione propostane dai precedenti, risulti essere stata violata o falsamente applicata.
Cass. civ. n. 28725/2023
L'iscrizione a ruolo della convalida di sfratto, se eseguita in via telematica senza produrre la relata di notifica, non impedisce all'intimante di completare la propria costituzion nella successiva udienza, attraverso il deposito in quella sede dell'originale cartaceo dell'atto di citazione con le relate di notifica, potendo comunque beneficiare del disposto dell'art. 660, comma 5, c.p.c. e non ostandovi l'art. 16-bis, comma 1-bis, del d.l. n. 179 del 2012, ratione temporis vigente.
Cass. civ. n. 28251/2023
L'art. 182, comma 2, c.p.c., nella formulazione anteriore alla c.d. riforma Cartabia, non consente di "sanare" l'inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite giacché in tale testo espressamente si fa riferimento ad "un vizio che determina la nullità della procura", a differenza di quanto accade nel testo come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, ove si è espressamente esteso il fenomeno giuridico della sanatoria anche alla fattispecie di inesistenza. (Nella specie, la S.C. ha escluso, in ragione della previsione di cui all'art. 182, comma 2, c.p.c., ratione temporis vigente, la sanatoria di una procura inesistente, in quanto sottoscritta da un soggetto estraneo alla società che l'avrebbe conferita).
Cass. civ. n. 26619/2023
Alla regola secondo cui nel giudizio di legittimità l'elenco dei documenti relativi all'ammissibilità del ricorso, che siano stati prodotti successivamente al deposito di questo, debba essere notificato alle altre parti (art. 372, secondo comma, c.p.c.) si può derogare quando, nonostante
Cass. civ. n. 26562/2023
In materia di opposizioni esecutive, il ricorso per cassazione carente dell'esatta indicazione dei litisconsorti necessari è inammissibile, ai sensi dell'art. 366, comma 1, n. 1, c.p.c.: non è possibile, nonostante la violazione dell'art. 102 c.p.c., rimettere l'intera causa al giudice di primo grado al fine di procedere a contraddittorio integro a causa dell'assoluta incertezza dell'identità dei litisconsorti stessi, trattandosi di requisito di contenuto-forma che deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato "aliunde". (In applicazione del principio la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal creditore procedente avverso la sentenza di accoglimento dell'opposizione proposta dal debitore esecutato in un'esecuzione mobiliare presso terzi, in ragione della totale omissione di identificazione dei terzi pignorati, litisconsorti necessari).
Cass. civ. n. 24819/2023
A seguito della conversione del giudizio di convalida di sfratto per morosità in un ordinario giudizio di risoluzione per inadempimento, è ammissibile la condanna del conduttore al pagamento (anche) dei canoni a scadere sino alla riconsegna dell'immobile locato, non essendo necessario che la relativa domanda sia stata proposta "ab origine" né che lo sfratto sia stato convalidato, giacché essa determina una modificazione soltanto quantitativa della medesima domanda originaria che, pur non derivando dall'applicazione diretta dell'art. 664, comma 1, c.p.c., in tale norma trova la sua "ratio" ove prevede una ipotesi particolare di c.d. condanna in futuro.
Cass. civ. n. 12662/2021
Nel processo civile conseguente alla novella di cui alla l. n. 353 del 1990, caratterizzato da un sistema di decadenze e preclusioni, un convenuto può proporre una domanda nei confronti di un altro, convenuto in giudizio dallo stesso attore, in caso di comunanza di causa o per essere da costui garantito, dovendo a tal fine avanzare l'istanza di differimento della prima udienza, ex art. 269 c.p.c., con la comparsa di risposta tempestivamente depositata, procedendo quindi alla notifica della citazione nell'osservanza dei termini di rito. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 05/02/2015).
Cass. civ. n. 21831/2021
Il protocollo d'intesa fra la Corte di cassazione e il Consiglio nazionale forense non può radicare, di per sè, sanzioni processuali di nullità, improcedibilità o inammissibilità che non trovino anche idonea giustificazione nelle regole del codice di rito. Ne consegue che non può essere considerato improcedibile il ricorso ove il ricorrente non abbia provveduto alla formazione di apposito fascicoletto contenente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda, atteso che l'onere del ricorrente di cui all'art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., come modificato dall'art. 7 del d. lgs. n. 40 del 2006 è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, anche mediante la produzione del fascicolo di parte del giudizio di merito, mentre per gli atti e i documenti del fascicolo d'ufficio, è sufficiente il deposito della richiesta di trasmissione del fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, ferma in ogni caso, l'esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6 c.p.c., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi.
Cass. civ. n. 19989/2021
In tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che lamenti l'acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l'operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l'apprezzamento dell'incidenza causale del difetto di motivazione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 26/06/2018).
Cass. civ. n. 5067/2021
In tema di ricorso per cassazione, l'errata indicazione del codice fiscale del ricorrente nella procura speciale rilasciata al difensore non ne provoca la nullità, restando esclusa una insuperabile incertezza sull'identità di colui che abbia conferito il mandato, comunque deducibile dai dati anagrafici riportati nell'atto difensivo e nella stessa procura speciale. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 29/09/2016).
Cass. civ. n. 5980/2020
La parte decaduta dalla facoltà di proporre un'eccezione di incompetenza territoriale non è legittimata ad impugnare il rigetto di analoga eccezione di incompetenza tempestivamente formulata da altra parte processuale, in quanto la perdita di una facoltà non può essere recuperata per fatto altrui, poiché ciò equivarrebbe a vanificare il termine di decadenza previsto dalla legge. (Rigetta, TRIBUNALE PALERMO, 14/05/2018).
Cass. civ. n. 27/2020
Non contrasta con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la disciplina del ricorso per cassazione, nella parte in cui prevede - all'art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. - requisiti di ammissibilità di contenuto-forma, giacché essi sono individuati in modo chiaro (tanto da doversi escludere che il ricorrente in cassazione, tramite la difesa tecnica, non sia in grado di percepirne il significato e le implicazioni) ed in armonia con il principio della idoneità dell'atto processuale al raggiungimento dello scopo, sicchè risultano coerenti con la natura di impugnazione a critica limitata propria del ricorso per cassazione e con la strutturazione del giudizio di legittimità quale processo sostanzialmente privo di momenti di istruzione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 24/05/2018).
Cass. civ. n. 1278/2020
È inammissibile per inosservanza del requisito di cui al n. 3 del comma 1 dell'art. 366 c.p.c. il ricorso per regolamento di competenza che pretenda di assolvere a tale requisito - applicabile anche a detto mezzo di impugnazione - mediante l'assemblaggio in sequenza cronologica degli atti della causa, riprodotti in copia fotostatica, senza che ad esso faccia seguire una parte espositiva in via sommaria del fatto sostanziale e processuale, né in via autonoma prima dell'articolazione dei motivi né nell'ambito della loro illustrazione. (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE MILANO, 07/12/2018).
Cass. civ. n. 15333/2020
Sussiste la responsabilità aggravata del ricorrente, ex art. 96, comma 3, c.p.c., per la redazione da parte del suo difensore di un ricorso per cassazione contenente motivi del tutto generici ed indeterminati, in violazione dell'art. 366 c.p.c., rispondendo il cliente delle condotte del proprio avvocato, ex art. 2049 c.c., ove questi agisca senza la diligenza esigibile in relazione ad una prestazione professionale particolarmente qualificata, quale è quella dell'avvocato cassazionista. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile un ricorso per cassazione, che si limitava a ripetere l'atto di citazione in appello, a sua volta riproducente la comparsa conclusionale del primo grado). (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO TRENTO, 19/05/2016).
Cass. civ. n. 26837/2020
Il ricorso per cassazione redatto mediante la giustapposizione di una serie di documenti integralmente riprodotti è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, il quale postula che l'enunciazione dei motivi e delle relative argomentazioni sia espressa mediante un discorso linguistico organizzato in virtù di un concatenazione sintattica di parole, frasi e periodi, sicché, senza escludere radicalmente che nel contesto dell'atto siano inseriti documenti finalizzati alla migliore comprensione del testo, non può essere demandato all'interprete di ricercarne gli elementi rilevanti all'interno dei menzionati documenti, se del caso ricostruendo una connessione logica tra gli stessi, non esplicitamente affermata dalla parte. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui era stato impugnato il rigetto di un'opposizione agli atti esecutivi proposta avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che aveva respinto, per indebita parcellizzazione del credito, un'istanza di assegnazione preceduta da una pluralità di precetti, in quanto dal contenuto argomentativo dell'atto non era possibile trarre la puntuale indicazione delle date di notificazione dei diversi precetti, non potendosi richiedere al giudice di ricostruirle attraverso l'esame del contenuto dei documenti interpolati nel ricorso medesimo). (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE ROMA, 17/09/2014).
Cass. civ. n. 28004/2020
Nel giudizio per cassazione la parte che indica un documento, deve anche allegare che lo stesso sia stato prodotto nel procedimento di merito, essendo consentita alla S.C. la ricerca nel fascicolo di merito di parte dei documenti cui essa abbia fatto riferimento e, ove non rinvenuti, la produzione dei medesimi ai sensi dell'art. 369 c.p.c., deve essere dichiarata inammissibile. (La S.C. ha espresso il principio in giudizio, avente ad oggetto una domanda di protezione internazionale, in cui l'istante aveva lamentato il mancato esame da parte del giudice di merito di fonti successive a quelle poste a fondamento della decisione impugnata, non rinvenute poi dalla Corte nel fascicolo di merito). (Cassa con rinvio, TRIBUNALE NAPOLI, 14/02/2019).
Cass. civ. n. 28197/2020
Poiché il giudizio di merito è autonomo rispetto a quello cautelare, non solo nel primo possono essere formulate domande nuove rispetto a quanto dedotto nella fase cautelare, ma nemmeno vi è necessaria coincidenza soggettiva tra le parti del primo e quelle del secondo, con la conseguenza che nella fase di merito ben possono partecipare ulteriori soggetti, sia volontariamente in via adesiva o autonoma, sia a seguito di chiamata in causa, a condizione che le loro pretese siano collegate al rapporto dedotto in giudizio. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO GENOVA, 07/01/2016).
Cass. civ. n. 13879/2020
In tema di procedimento sommario di cognizione, le preclusioni maturate nel corso dello stesso non si applicano al giudizio ordinario a cognizione piena che si instaura all'esito della conversione del rito, poiché l'art. 702 bis c.p.c. non dispone nulla al riguardo mentre l'art. 702 ter c.p.c. prevede espressamente che il giudice, in seguito alla detta conversione, fissi l'udienza di cui all'art. 183 c.p.c., con conseguente necessità di osservare i termini ex artt. 163 bis, comma 1, c.p.c. e 166 c.p.c. a tutela del diritto di difesa del convenuto. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 05/12/2017).
Cass. civ. n. 8009/2019
In tema di ricorso per cassazione, il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali che, fissato dall'art. 3, comma 2, del c.p.a., esprime tuttavia un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile, espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione, non già per l'irragionevole estensione del ricorso (la quale non è normativamente sanzionata), ma in quanto rischia di pregiudicare l'intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l'esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 366 c.p.c., assistite - queste sì - da una sanzione testuale di inammissibilità. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile un ricorso che si limitava a riprodurre stralci degli atti difensivi depositati dal ricorrente nei precedenti gradi del giudizio senza formulare alcuna specifica censura nei confronti della decisione impugnata).
Cass. civ. n. 2912/2019
Il ricorso per cassazione deve essere corredato, a pena di inammissibilità, dall'indicazione dei "motivi per i quali si chiede la cassazione" (art. 366, comma 1, c.p.c.), sicché l'esplicita enunciazione delle conclusioni non è un requisito essenziale di forma-contenuto dell'atto, ove si desuma con certezza, dal contenuto del ricorso, la volontà dell'impugnante di ottenere l'annullamento della decisione.
Cass. civ. n. 13603/2019
Il ricorrente in cassazione il quale deduca che l'interpretazione di un contratto è avvenuta in violazione degli artt. 1366 e 1369 c.c. ha l'onere di indicare, a pena di inammissibilità del gravame, l'elemento semantico di tale contratto che, essendo oggettivamente incerto nel suo significato, rende non sufficiente, per la ricerca della volontà comune delle parti, l'utilizzo del criterio cd. letterale e necessaria, invece, l'applicazione di quelli della buona fede o della funzione del contratto.
Cass. civ. n. 6735/2019
Qualora, con il ricorso per cassazione, venga fatta valere la inesatta interpretazione di una norma contrattuale, il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio dell'autosufficienza del ricorso, a riportare nello stesso il testo della fonte pattizia invocata, al fine di consentirne il controllo al giudice di legittimità, che non può sopperire alle lacune dell'atto di impugnazione con indagini integrative.
Cass. civ. n. 2038/2019
Ove una determinata questione giuridica - che implichi un accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l'onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l'avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa.
Cass. civ. n. 22628/2019
Nel rito del lavoro, il ricorrente che denunci in cassazione il mancato esercizio dei poteri istruttori di ufficio nel giudizio di merito, deve riportare in ricorso gli atti processuali dai quali emerge l'esistenza di una "pista probatoria" qualificata, ossia l'esistenza di fatti o mezzi di prova, idonei a sorreggere le sue ragioni con carattere di decisività, rispetto ai quali avrebbe potuto e dovuto esplicarsi l'officiosa attività di integrazione istruttoria demandata al giudice di merito, ed allegare, altresì, di avere espressamente e specificamente richiesto tale intervento nel predetto giudizio.
Cass. civ. n. 21953/2019
Qualora venga dedotto il vizio della sentenza di primo grado per avere il tribunale deciso la causa nel merito prima ancora che le parti avessero definito il "thema decidendum" e il "thema probandum", l'appellante che faccia valere tale nullità non può limitarsi a dedurre detta violazione, ma deve specificare quale sarebbe stato il "thema decidendum" sul quale il giudice di primo grado si sarebbe dovuto pronunciare, ove fosse stata consentita la richiesta appendice di cui all'art. 183 c.p.c., e quali prove sarebbero state dedotte, con l'evidenziazione del concreto pregiudizio derivato dalla loro mancata ammissione.
Cass. civ. n. 19434/2019
È ammissibile il ricorso per cassazione confezionato in formato .pdf e sottoscritto con firma digitale e non con sottoscrizione autografa allorché l'originario ricorso, in formato analogico, e la procura che ad esso accede (quest'ultima sottoscritta in forma autografa), entrambi scansionati e firmati digitalmente, siano stati notificati a mezzo posta elettronica certificata e copia cartacea degli stessi, della relata di notifica, del messaggio di posta elettronica certificata e delle ricevute di accettazione e consegna risultino depositati in cancelleria, unitamente all'attestazione di conformità sottoscritta con firma autografa. Le dette formalità conferiscono difatti al ricorso depositato in cancelleria prova della sua autenticità e provenienza, essendo irrilevante l'assenza di sottoscrizione autografa dell'originario cartaceo e risultando la provenienza dal difensore munito di procura comunque attestata sia dalla procura che ad esso accede sia dalla firma digitale apposta al documento notificato per via telematica.
Cass. civ. n. 24939/2019
La tutela cautelare dei diritti fatti valere, in un giudizio di condanna o di accertamento costitutivo, si può concretare in una misura di salvaguardia dell'effetto esecutivo che ne può derivare, volto a rendere possibile la soggezione del debitore alla sanzione esecutiva, ma tale tutela cautelare non può generare l'effetto dichiarativo o la costituzione giudiziale di un diritto - effetto che certamente può derivare solo dalla sentenza - potendo risolversi nell'autorizzazione giudiziale a compiere atti di salvaguardia del diritto costituendo, che possono derivare da condanne accessorie alla statuizione di mero accertamento, o a quella costitutiva d'un determinato effetto giuridico. (Nella specie la S.C. ha statuito che la pronuncia cautelare, nel caso della delibera di esclusione del socio, se considerata come avente natura anticipatoria, anticiperebbe proprio l'effetto inscindibilmente collegato con la pronuncia costitutiva di annullamento, consistente nel ripristino della posizione di socio, che rimarrebbe definitiva in caso di mancata instaurazione del giudizio di merito o di sua estinzione, laddove tale effetto può essere prodotto solo ed esclusivamente dal passaggio in giudicato della sentenza costitutiva di annullamento della delibera di esclusione, potendo piuttosto la decisione cautelare assicurare soltanto un ripristino provvisorio del rapporto societario).
Cass. civ. n. 10758/2019
Il provvedimento emesso dal giudice monocratico, ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c., per regolare l'attuazione delle misure cautelari è impugnabile mediante reclamo al collegio anche relativamente alla pronuncia sulle spese. Contro tale provvedimento, invece, è inammissibile il ricorso per cassazione, essendo esso privo del carattere della decisorietà e, quindi, non idoneo al giudicato.
Cass. civ. n. 6180/2019
L'ordinanza di rigetto del reclamo cautelare non è ricorribile per cassazione, neppure in ordine alle sole spese, perché è un provvedimento inidoneo a divenire cosa giudicata, formale e sostanziale, conservando i caratteri della provvisorietà e non decisorietà. Pertanto, dopo la novella dell'art. 669 septies c.p.c. da parte della l. n. 69 del 2009, la contestazione delle spese - ove il soccombente abbia agito "ante causam" e non intenda iniziare il giudizio di merito - va effettuata in sede di opposizione al precetto ovvero all'esecuzione, se iniziata, trattandosi di giudizio a cognizione piena in cui la condanna alle spese può essere ridiscussa senza limiti, come se l'ordinanza sul reclamo fosse, sul punto, titolo esecutivo stragiudiziale; qualora, invece, il giudizio di merito sia instaurato, resta, comunque, sempre impregiudicato il potere del giudice di rivalutare, all'esito, la pronuncia sulle spese adottata nella fase cautelare, in conseguenza della strumentalità, mantenuta dalla l. n. 80 del 2005, tra tutela cautelare e merito. (Nella specie, era stato impugnato per cassazione un provvedimento che aveva respinto il reclamo contro un'ordinanza di rigetto di una richiesta di sequestro giudiziario in corso di causa, condannando, altresì, il soccombente a rifondere le spese).
Cass. civ. n. 6039/2019
Nel sistema processuale delineatosi, in tema di procedimenti cautelari, a seguito delle modifiche di cui all'art. 2, comma 3, lett. e bis, del d.l. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella l. n. 80 del 2005, (così come nel precedente) contro i provvedimenti urgenti anticipatori degli effetti della sentenza di merito, emessi "ante causam" ai sensi dell'art. 700 c.p.c., non è proponibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., in quanto tali provvedimenti sono privi di stabilità e inidonei al giudicato, ancorché nessuna delle parti del procedimento cautelare abbia interesse ad iniziare l'azione di merito. peraltro il ricorso proposto non può essere esaminato, benché il ricorrente lo richieda, neppure come ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione ai sensi dell'art. 41 c.p.c., essendo anch'esso inammissibile finché l'istante non abbia iniziato il giudizio di merito.
Cass. civ. n. 19889/2019
Il provvedimento con il quale il giudice dell'opposizione all'esecuzione, proposta prima che questa sia iniziata ed ai sensi del primo comma dell'art. 615 c.p.c., decide sull'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo è impugnabile col rimedio del reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. al Collegio del tribunale cui appartiene il giudice monocratico - o nel cui circondario ha sede il giudice di pace - che ha emesso il provvedimento. (Principio enunciato ai sensi dell'art. 363, comma 1, c.p.c.).
Cass. civ. n. 4771/2019
Nel procedimento per convalida di (licenza o) sfratto, l'opposizione dell'intimato dà luogo alla trasformazione dello stesso in un processo di cognizione, destinato a svolgersi nelle forme di cui all'art. 447 bis c.p.c., con la conseguenza che, essendo previsti specifici contenuti degli atti introduttivi del giudizio, il "thema decidendum" risulta cristallizzato solo in virtù della combinazione degli atti della fase sommaria e delle memorie integrative di cui all'art. 426 c.p.c., potendo, pertanto, l'originario intimante, in occasione di tale incombente, non solo emendare le sue domande, ma anche modificarle, soprattutto se in evidente dipendenza dalle difese svolte da controparte.
Cass. civ. n. 34469/2019
In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l'esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità. (Rigetta, TRIB.SUP. DELLE ACQUE PUBBLICH ROMA, 17/11/2017).
Cass. civ. n. 16861/2018
L'erronea indicazione delle generalità del ricorrente nell'epigrafe del ricorso per cassazione non ne comporta l'inammissibilità, qualora l'effettiva identità del suo autore sia individuabile in maniera non equivoca attraverso altre indicazioni, pur non risultanti dalla parte dell'atto destinata a contenerle e, segnatamente, mediante elementi desumibili dalla sentenza impugnata. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che la parte ricorrente, indicata nell'epigrafe del ricorso con un cognome diverso dal suo, fosse inequivocabilmente individuata in base all'intestazione, al dispositivo e al contenuto della pronuncia d'appello).
Cass. civ. n. 13312/2018
Per soddisfare il requisito imposto dall'articolo 366, primo comma, n. 3), c.p.c. il ricorso per cassazione deve contenere la chiara esposizione dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le posizioni processuali delle parti con l'indicazione degli atti con cui sono stati formulati "causa petendi" e "petitum", nonché degli argomenti dei giudici dei singoli gradi, non potendo tutto questo ricavarsi da una faticosa o complessa opera di distillazione del successivo coacervo espositivo dei singoli motivi, perché tanto equivarrebbe a devolvere alla S.C. un'attività di estrapolazione della materia del contendere, che e riservata invece al ricorrente. Il requisito non è adempiuto, pertanto, laddove i motivi di censura si articolino in un'inestricabile commistione di elementi di fatto, riscontri di risultanze istruttorie, riproduzione di atti e documenti incorporati nel ricorso, argomentazioni delle parti e frammenti di motivazione della sentenza di primo grado.
Cass. civ. n. 24340/2018
In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza - prescritto, a pena di inammissibilità, dall'art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. - è volto ad agevolare la comprensione dell'oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell'impugnazione: ne deriva che il ricorrente ha l'onere di operare una chiara funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto.