Art. 74 – Codice di procedura civile – Responsabilità del pubblico ministero
[Le norme sulla responsabilità del giudice e sull'esercizio dell'azione relativa si applicano anche ai magistrati del pubblico ministero che intervengono nel processo civile, quando nell'esercizio delle loro funzioni sono imputabili di dolo, frode o concussione.]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 11944/2025
Nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell'esistenza e del contenuto dell'atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: 1) identità oggettiva quanto a "causa petendi" dei ricorsi; 2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; 3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; 4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell'unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall'art. 111, comma 2, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l'osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio.
Cass. civ. n. 9063/2025
Nell'esecuzione forzata di obblighi di fare, il "fatto sopravvenuto impediente", che comporta l'ineseguibilità del titolo esecutivo, non è integrato né dalla condotta ostativa o renitente di colui che è stato parte del giudizio in cui si è formato il titolo giudiziale e che avrebbe dovuto sottoporre al in quel giudizio eventuali ostacoli alla realizzazione, né dalla condotta ostativa o renitente di soggetti sottoposti a poteri di direzione dell'esecutato o, comunque, all'obbligo di conformarsi alle indicazioni di quest'ultimo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, secondo cui l'obbligo di realizzare le opere necessarie per eliminare la fuoriuscita di liquami, contenuto nel titolo esecutivo giudiziale emesso nei confronti di un Comune, non poteva essere eluso dall'ente pubblico obbligato, adducendo l'affidamento del servizio idrico integrato a terzi concessionari e il rifiuto di questi ultimi).
Cass. civ. n. 2211/2025
Tra la causa di opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali e la causa di impugnazione della delibera di approvazione e ripartizione della spesa su cui il medesimo decreto ingiuntivo è fondato può ravvisarsi la relazione di continenza, ai sensi dell'art. 39, comma 2, c.p.c., stante l'identità di soggetti e il collegamento di interdipendenza tra le domande contrapposte con riferimento ad un unico rapporto, essendo la validità e l'efficacia della delibera il necessario presupposto logico-giuridico per la definizione del giudizio sulla pretesa monitoria. Ne consegue che, laddove non possa farsi luogo alla riunione del procedimenti o alla declaratoria di continenza per ragioni di ordine processuale, il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo può sospendere la causa, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. o dell'art. 337, comma 2, c.p.c., in relazione alla pendenza del giudizio pregiudiziale in cui sia stata impugnata la relativa delibera condominiale.
Cass. civ. n. 25918/2024
In tema di sequestro conservativo, l'automatica conversione in pignoramento, ex art. 320 cod. proc. pen., del vincolo reale disposto a garanzia del pagamento delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all'Erario, opera nel solo caso in cui l'Amministrazione abbia determinato l'importo del credito, rendendolo certo, liquido ed esigibile.
Cass. civ. n. 24942/2024
L'intervenuta risoluzione del mutuo fondiario, ex art. 1456 c.c., non incide sull'obbligo contrattuale del mutuatario di restituzione della somma mutuata, né rende totalmente inefficaci le pattuizioni contrattuali, con la conseguenza che l'atto pubblico che le contiene mantiene i propri requisiti di titolo esecutivo, ai sensi dell'art. 474 c.p.c.
Cass. civ. n. 21264/2024
La sentenza che, all'esito del giudizio di appello, dichiara la nullità per vizio formale o per error in procedendo della sentenza di primo grado (munita di provvisoria efficacia esecutiva), anche se è contestualmente adottata una statuizione di merito di contenuto identico a quella della pronuncia annullata, determina la caducazione del titolo esecutivo (rilevabile ex officio sia dal giudice dell'esecuzione, sia da quello dell'opposizione esecutiva) e non solo la sua trasformazione, connotata dalla conservazione degli effetti degli atti esecutivi già compiuti.
Cass. civ. n. 19015/2024
In tema di esecuzione forzata fondata su titolo esecutivo giudiziale, il diritto del creditore di procedere per l'importo di interessi a un tasso superiore a quello previsto dall'art. 1284, comma 1, c.c., nel caso in cui il titolo contenga semplicemente il riferimento alla debenza degli "interessi legali", resta escluso non solo nel caso in cui in sede di cognizione è stata (esplicitamente o implicitamente) negata l'applicabilità della norma di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. (o di altra norma di legge che preveda interessi ad un tasso maggiore di quello previsto dall'art. 1284, comma 1, c.c.), ma anche nel caso in cui sia stato semplicemente omesso ogni accertamento sul punto per mancanza di domanda e/o anche in conseguenza di una eventuale omessa pronuncia del giudice della cognizione.
Cass. civ. n. 18559/2024
Il sindacato della S.C. sulle decisioni del Consiglio di Stato per motivi inerenti alla giurisdizione si estende al diniego di giurisdizione, il quale si fonda sull'erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale o che la stessa appartenga ad altro giudice, ma non può riguardare i casi e le valutazioni in tema di mancata ammissione di prove.
Cass. civ. n. 18502/2024
La condanna provvisionale ai sensi dell'art. 539 c.p.p., una volta riformata in appello, perde efficacia di titolo esecutivo, sia in ordine alle statuizioni di merito che a quelle relative alle spese in essa contenute, in applicazione dell'art. 336 c.p.c., dovendosi, peraltro, escludere che, in esito alla cassazione della pronuncia d'appello con rinvio al giudice civile ex art. 622 c.p.p., il nuovo accoglimento dell'originaria domanda risarcitoria comporti la reviviscenza dell'efficacia esecutiva del titolo definitivamente caducato, potendo soltanto fondare il diritto ad una nuova esecuzione forzata. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto dell'opposizione al decreto ingiuntivo, avente ad oggetto la restituzione di somme versate in conseguenza di condanna provvisionale riformata in appello, ritenendo ininfluente la sopravvenuta cassazione, ai soli effetti civili, della sentenza penale d'appello assolutoria degli imputati).
Cass. civ. n. 16664/2024
In tema di titolo esecutivo, la riforma in appello del solo quantum debeatur stabilito dalla sentenza di primo grado, in forza della quale è stata promossa l'esecuzione forzata, determina, nell'ambito della procedura esecutiva, conseguenze differenti a seconda che la modifica intervenga in aumento o in diminuzione: nel primo caso, per ampliare l'oggetto della procedura esecutiva già intrapresa, il creditore deve intervenire, per la parte residuale, in base al nuovo titolo esecutivo costituito dalla sentenza di appello; nel secondo caso, in virtù dell'effetto sostitutivo (con efficacia ex tunc) del titolo, il processo esecutivo prosegue senza soluzione di continuità, nei limiti fissati dalla sentenza di appello, con persistente efficacia, entro tali limiti, anche degli atti anteriormente compiuti.
Cass. civ. n. 14478/2024
La S.C. ha confermato la decisione del giudice di merito, che aveva affermato la responsabilità risarcitoria di un ufficiale giudiziario, il quale, pur avendo verificato l'esistenza di un provvedimento giudiziale e l'apposizione della formula esecutiva, aveva rifiutato il compimento del pignoramento, perché l'ordinanza ex art. 510 c.p.c. emessa dal giudice dell'esecuzione non poteva essere considerata un valido titolo esecutivo).
Cass. civ. n. 13606/2024
In sede esecutiva configura abusivo frazionamento del credito il contegno del creditore che - senza alcun vantaggio o interesse - notifichi plurimi atti di precetto in forza di diversi titoli esecutivi nei confronti del medesimo debitore; in tal caso il giudice dell'esecuzione è tenuto a liquidare al creditore procedente le sole spese e compensi professionali corrispondenti a quelli strettamente necessari per la notifica d'un solo precetto in relazione ad un valore pari alla somma dei titoli esecutivi separatamente azionati, il cui numero può assumere rilievo esclusivamente nella determinazione del compenso tra i valori minimi e massimi della forbice tariffaria prevista, escluso ogni automatismo.
Cass. civ. n. 8129/2024
Il provvedimento giurisdizionale firmato con un segno grafico indecifrabile e privo di capacità identificativa della persona fisica del giudice va equiparato a quello mancante di sottoscrizione, a meno che il segno non sia riconducibile ad un autore determinato tramite l'esame di altre parti dello stesso atto, e, conseguentemente, è da considerare inesistente ed inidoneo a fondare l'esecuzione forzata.
Cass. civ. n. 7311/2024
Il provvedimento di reclamo avverso il decreto del tribunale dei minorenni avente ad oggetto la limitazione della responsabilità genitoriale, anche nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 149 del 2022 (c.d. riforma Cartabia), ha carattere decisorio e definitivo, in quanto incide su diritti di natura personalissima e di primario rango costituzionale ed è modificabile e revocabile soltanto per la sopravvenienza di nuove circostanze di fatto, risultando perciò impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, della Costituzione.
Cass. civ. n. 6477/2024
Se privo dell'apposizione della firma digitale, il ricorso per cassazione in forma di documento informatico è affetto da un vizio di nullità, che è sanabile per raggiungimento dello scopo ogni qualvolta possa desumersi la paternità certa dell'atto processuale da elementi qualificanti, tra i quali la notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella p.e.c. dell'Avvocatura generale dello Stato censita nel REGINDE e il successivo deposito della sua copia analogica con attestazione di conformità sottoscritta dall'avvocato dello Stato.
Cass. civ. n. 3661/2024
In tema di patrocinio a spese dello Stato, l'art. 75 del d.P.R. n. 115 del 2002 prevede l'applicazione del beneficio anche nel processo esecutivo, in quanto compatibile, con la conseguenza che occorre verificare, ai sensi dell'art. 122 dello stesso d.P.R., la non manifesta infondatezza della pretesa che si intenda far valere in sede esecutiva, da valutarsi con l'accertamento dell'esistenza effettiva del titolo esecutivo e della possibile fruttuosità dell'esecuzione, sulla base di elementi idonei a ritenerne la non manifesta inutilità. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio il decreto impugnato che aveva ritenuto necessario subordinare l'accoglimento della domanda al concreto esito dell'esecuzione stessa, secondo una valutazione effettuata ex post, allorquando era già stata svolta l'attività prodromica, indispensabile per dar corso all'esecuzione e per acquisire informazioni sulla solvibilità dell'esecutato).
Cass. civ. n. 1619/2024
In tema di esecuzione forzata, il comando contenuto nel titolo esecutivo giudiziale può essere integrato con gli atti del processo o anche ad esso estrinseci, purché presupposti nei primi o richiamati in modo idoneo, a condizione che l'integrazione abbia ad oggetto il risultato di un'attività di giudizio su questioni comunque esaminate e risolte, seppur non adeguatamente estrinsecate al momento della formazione del documento, e che il titolo non sia intrinsecamente contraddittorio, potendo essere completato in maniera sufficientemente univoca, senza richiedere attività cognitive suppletive da espletarsi ex novo. (Nella fattispecie, relativa a un'opposizione ex art. 617 c.p.c. promossa avverso un'ordinanza ex art. 612 c.p.c. per obblighi di fare conseguenti all'accertata violazione di distanze legali tra costruzioni, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva operato un'inammissibile ricostruzione tecnico-urbanistica ex post e alternativa a quella del titolo esecutivo azionato).
Cass. civ. n. 43306/2023
emessa ex art. 2932 cod. civ. non ancora irrevocabile - Reato di cui all'art. 388, comma primo, cod. pen. - Configurabilità - Esclusione - Ragioni.
Cass. civ. n. 35385/2023
In tema di divorzio, ai fini dell'attribuzione e della quantificazione dell'assegno previsto dall'art. 5, comma 6, l. n. 898 del 1970, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase di "fatto" di quella medesima unione e la fase "giuridica" del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l'assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l'esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all'interno del matrimonio e a cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa o professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato successivamente al divorzio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito disponendo che nella rivalutazione delle condizioni per l'attribuzione dell'assegno divorzile debba essere computato anche il periodo di sette anni di convivenza prematrimoniale, durante il quale alla coppia era nato un figlio e uno dei due futuri coniugi aveva maturato un reddito da lavoro di importo economico assai rilevante).
Cass. civ. n. 34220/2023
La validità della delibera condominiale di approvazione di una determinata spesa, una volta accertato in sede giudiziale il credito di fonte contrattuale del terzo nei confronti del condominio stesso, non incide sul diritto di ottenerne il pagamento, anche in via esecutiva, dal condominio e, quindi, dai singoli condòmini, né costituisce presupposto necessario per l'azione esecutiva l'esistenza di una valida delibera condominiale di approvazione della ripartizione interna della spesa deliberata, trattandosi di questioni relative ai rapporti interni tra i condòmini rispetto alla quale il creditore del condominio resta estraneo anche in sede processuale.
Cass. civ. n. 34116/2023
Ai fini del perfezionamento di un contratto di mutuo a stato di avanzamento lavori e della sua validità quale titolo esecutivo, non è necessaria la consegna materiale della somma mutuata, poiché è sufficiente la costituzione di un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, risultando irrilevante che l'erogazione della somma non sia immediata ove questa sia ancorata al verificarsi di determinate condizioni oggettive, pattiziamente previste, in presenza delle quali sorge l'obbligo a carico del mutuante di trasferire le somme mutuate al mutuatario. (Nella specie, la S.C., confermando la sentenza impugnata, ha affermato che il titolo esecutivo costituito da un contratto di mutuo a stato di avanzamento dei lavori era venuto in essere con l'ultima delle erogazioni, tutte anteriori alla emissione del precetto, in attuazione di un piano rateale previsto in contratto, come attestato in atto pubblico di quietanza).
Cass. civ. n. 30119/2023
In tema di diffide con efficacia esecutiva, ex art. 12 del d.lgs. n. 124 del 2004, il datore di lavoro ha interesse ad agire per l'accertamento negativo dei crediti retributivi individuati anche in mancanza di una manifestata intenzione dei lavoratori di voler agire coattivamente nei suoi confronti, poiché - non essendo esperibile il rimedio dell'opposizione all'esecuzione (che può essere impiegatoo solo dopo la notificazione del precetto) - tale azione costituisce l'unico mezzo per garantire l'effettività della tutela giurisdizionale e, cioè, ad assicurare al portatore di un interesse attuale e concreto (pur in mancanza di un'attuale lesione di un diritto o di una contestazione) la possibilità di ottenere un un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l'intervento del giudice, quale l'accertamento dell'inesistenza o della minore entità dei crediti stragiudizialmente accertati con le diffide convalidate.
Cass. civ. n. 27590/2023
Il patto col debitore in forza del quale il creditore si obbliga a non mettere in esecuzione, per un determinato periodo di tempo e a certe condizioni, il credito portato da un titolo esecutivo (c.d. "pactum de non exequendo"), se stipulato prima della formazione del giudicato nel processo avente ad oggetto l'accertamento del credito, non preclude al creditore, una volta munito del titolo, la legittimazione a proporre l'istanza di fallimento del debitore, in quanto le parti possono disporre della situazione sostanziale, ma non dell'oggetto del processo.
Cass. civ. n. 25941/2023
Nella pronuncia, di natura costitutiva, di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. non è implicitamente inclusa una statuizione di condanna avente natura di titolo esecutivo per il rilascio forzoso del bene trasferito.
Cass. civ. n. 25264/2023
Il provvedimento di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, pronunciato dal giudice dell'opposizione a precetto, ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c., per ragioni inerenti alla qualità soggettiva del creditore procedente, impedisce di intraprendere una nuova esecuzione al solo creditore opposto ma non ai diversi soggetti che si dichiarino creditori sulla base del medesimo titolo.
Cass. civ. n. 23846/2023
Se il titolo esecutivo giudiziale non specifica la natura degli interessi legali liquidati, in sede di esecuzione forzata occorre necessariamente far riferimento al tasso ex art. 1284, comma 1, c.c., restando esclusa l'applicabilità dell'art. 1284, comma 4, c.c.
Cass. civ. n. 22714/2023
Nell'opposizione all'esecuzione promossa in forza di un'ordinanza ex art. 614-bis c.p.c. (nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 149 del 2022) non è consentito dedurre la scarsa importanza dell'inadempimento o del ritardo nell'adempimento con l'effetto di ottenere una riduzione del "quantum" della misura coercitiva, risolvendosi altrimenti quest'ultima in un'inammissibile modificazione della portata precettiva del titolo esecutivo giudiziale, permessa unicamente nel processo di cognizione e attraverso il rituale esperimento dei mezzi di impugnazione.
Cass. civ. n. 14234/2023
Nell'opposizione all'esecuzione promossa in base a titolo giudiziale, non è consentita un'integrazione, tanto meno extratestuale, del titolo esecutivo quando è univoca e certa la struttura del suo comando e quando gli ulteriori elementi potevano essere sottoposti, nel giudizio in cui quel titolo si è formato, al giudice della relativa cognizione e, se del caso, con l'idoneo gravame avverso il medesimo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale, pronunciandosi in sede di opposizione all'esecuzione, aveva escluso che il titolo esecutivo – rappresentato da un lodo arbitrale che faceva riferimento, per il calcolo degli interessi, esclusivamente al criterio di cui all'art. 9 della l. n. 143 del 1949 – potesse essere integrato con il riconoscimento degli interessi ex d.lgs. n. 231 del 2002, non essendo stata posta la relativa questione dinanzi al giudice della cognizione).
Cass. civ. n. 13244/2023
La domanda di risarcimento dei danni conseguenti all'esecuzione forzata dell'ordinanza di rilascio dell'immobile, emessa nel procedimento sommario di convalida di sfratto e successivamente travolta, nel giudizio di merito, dall'accertamento di inesistenza del diritto di procedere al rilascio, rientrando nella previsione dell'art. 96, comma 2, c.p.c., va proposta nel medesimo giudizio in cui il titolo esecutivo si è formato e non in uno autonomo e separato, salvo che sussista un'impossibilità di fatto, ricorrente qualora la vittima, al momento del compimento della temeraria iniziativa processuale, non aveva patito alcun danno né poteva ragionevolmente prevedere di subirne in seguito, ovvero un'impossibilità di diritto, qualora sussistano preclusioni di carattere processuale.
Cass. civ. n. 12183/2023
In tema di esecuzione forzata, ove il titolo esecutivo di formazione giudiziale sia stato oggetto di cassazione parziale, la mancata riassunzione del giudizio di rinvio comporta, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione non solo di quest'ultimo ma dell'intero processo, con conseguente caducazione dello stesso titolo esecutivo giudiziale, ad eccezione di quelle statuizioni di esso già coperte dal giudicato, in quanto non impugnate o non cassate; ne deriva che è nullo sia il precetto intimato sulla base delle statuizioni direttamente formanti oggetto di cassazione parziale, che avrebbero dovuto essere "sub iudice" nel processo di rinvio, poi estinto, sia quello intimato sulla base delle statuizioni da esse dipendenti le quali, in forza dell'effetto espansivo "interno" di cui all'art. 336, comma 1, c.p.c., sono anch'esse travolte e caducate dalla cassazione parziale.
Cass. civ. n. 3835/2021
In materia di rimborso delle spese c.d. straordinarie sostenute dai genitori per il mantenimento del figlio, occorre in via sostanziale distinguere tra: a) gli esborsi che sono destinati ai suoi bisogni ordinari e che, certi nel loro costante e prevedibile ripetersi, integrano l'assegno di mantenimento e possono essere azionati in forza del titolo originario di condanna adottato in sede di divorzio; b) le spese che, imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare, in grado di recidere ogni legame con i caratteri di ordinarietà dell'assegno di contributo al mantenimento, richiedono, per la loro azionabilità l'esercizio di un'autonoma azione di accertamento.
Cass. civ. n. 4034/2021
Nel processo di esecuzione forzata, al quale concorrano più creditori, nell'ipotesi in cui il titolo del creditore intervenuto, provvisoriamente sospeso, riacquisti efficacia esecutiva in data anteriore all'approvazione del definitivo progetto di distribuzione, l'effetto preclusivo della partecipazione alla distribuzione delle somme ricavate dalla vendita deve ritenersi limitato alle distribuzioni avvenute "medio tempore", dal momento che l'esigenza di rispetto del principio della "par condicio creditorum" e la necessità di evitare una irragionevole disparità di trattamento rispetto alla posizione del creditore pignorante (per il quale la perdita della provvisoria esecutività del titolo non determina l'inefficacia del pignoramento ma soltanto la sospensione cd. "esterna" del processo esecutivo, in attesa che il titolo sia definitivamente revocato o confermato) impongono di riconoscere la legittimazione dell'interveniente a concorrere alle ulteriori fasi distributive. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE ROMA, 10/04/2017).
Cass. civ. n. 18841/2021
In tema di esecuzione immobiliare, il termine perentorio per il versamento del saldo da parte dell'aggiudicatario del bene è quello stabilito dal giudice con l'ordinanza di vendita; ne deriva, in questa ipotesi, che la mancata comparizione dello stesso aggiudicatario alla pubblica udienza fissata per l'esame delle offerte non impone di comunicargliene l'esito e non giustifica una dilazione del termine in questione; al contrario, il diverso termine fissato dal medesimo giudice con il decreto previsto dall'art. 574, comma 1, c.p.c. trova applicazione solo qualora la menzionata ordinanza non contenga indicazioni al riguardo. (Rigetta, TRIBUNALE TRANI, 27/11/2017).
Cass. civ. n. 4887/2020
In materia di protezione internazionale, non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito il giudice onorario di tribunale abbia proceduto all'audizione del richiedente, rimettendo poi la causa per la decisione al collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione, poiché l'art. 10 del d.lgs. n. 116 del 2017, recante la riforma organica della magistratura onoraria, consente ai giudici professionali di delegare, anche nei procedimenti collegiali, compiti e attività ai giudici onorari, compresa l'assunzione di testimoni, mentre l'art. 11 del medesimo d.lgs. esclude l'assegnazione dei fascicoli ai giudici onorari solo per specifiche tipologie di giudizi, tra i quali non rientrano quelli di cui all'art. 35 bis del d.lgs. n. 25 del 2008. (Rigetta, TRIBUNALE ANCONA, 14/01/2019).
Cass. civ. n. 11634/2020
Quando due giudizi tra cui sussiste pregiudizialità risultino pendenti davanti al medesimo ufficio giudiziario, non deve disporsi la sospensione di quello pregiudicato, ma occorre verificare la sussistenza dei presupposti per la riunione dei processi ai sensi dell'art. 274 c.p.c., tenendo conto che tra sezioni specializzate e ordinarie del medesimo tribunale non si pone una questione di competenza. (Nella specie la S.C. ha rilevato che non sussiste pregiudizialità ai sensi dell'art. 295 c.p.c., tra il giudizio proposto in tribunale dal creditore per ottenere il pagamento di una somma in conseguenza di una fideiussione ed il diverso processo instaurato dal debitore, innanzi alla sezione specializzata in materia di impresa dello stesso ufficio giudiziario, per domandare la dichiarazione di nullità della detta garanzia). (Cassa con rinvio, TRIBUNALE MILANO, 14/03/2019).
Cass. civ. n. 6174/2020
Al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell'art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell'atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 14/12/2017).
Cass. civ. n. 14601/2020
Nel caso di azione esecutiva intrapresa in forza di un titolo giudiziale provvisoriamente esecutivo, la caducazione dello stesso in epoca successiva alla fruttuosa conclusione dell'esecuzione forzata legittima il debitore che l'abbia subita a promuovere nei confronti del creditore procedente un autonomo giudizio per la ripetizione dell'indebito che, avendo ad oggetto un credito fondato su prova scritta, può assumere le forme del procedimento d'ingiunzione. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 05/05/2017).
Cass. civ. n. 5823/2019
In materia di esecuzione forzata, le scritture private autenticate formate anteriormente al primo marzo 2006 - data di entrata in vigore della modifica dell'art. 474 c.p.c. ad opera del d.l. n. 35 del 2005 - hanno efficacia di titolo esecutivo, se poste in esecuzione successivamente a tale data, atteso che la citata novella legislativa, annoverandole tra i titoli esecutivi stragiudiziali, ne ha modificato la sola efficacia processuale, con la conseguenza che, in ossequio al principio "tempus regit actum", ad esse si applica la legge processuale vigente nel momento in cui vengono azionate. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto l'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza di cui all'art. 512 c.p.c., con la quale il giudice dell'esecuzione aveva escluso dal piano di riparto il credito di una banca in quanto fondato su di una scrittura privata autenticata formata anteriormente all'entrata in vigore della riforma dell'art. 474 c.p.c. ancorché posta in esecuzione successivamente).
Cass. civ. n. 21768/2019
Il creditore, ancorché munito di un titolo esecutivo giudiziale, può procurarsene un secondo, non esistendo nell'ordinamento alcun divieto assoluto di duplicazione dei titoli, purché l'azione non si sia consumata, ovvero non venga violato il principio del "ne bis in idem", sussista l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e, infine, non vi sia abuso del diritto o del processo.
Cass. civ. n. 30051/2019
Il decreto reso dal presidente del tribunale, ai sensi dell'art. 745 c.p.c., sul ricorso avverso il rifiuto del cancelliere di rilasciare copia di sentenza, non è impugnabile per cassazione, a norma dell'art. 111 Cost., trattandosi di atto di volontaria giurisdizione, adottato sulla base dell'audizione di detto cancelliere e senza necessità di instaurazione del contraddittorio con il soggetto passivo del diritto alla copia, e che, pertanto, non si traduce in statuizioni sul diritto stesso, non ravvisabili in valutazioni di tipo meramente delibativo, le quali lasciano impregiudicato quel diritto e la sua tutelabilità in sede contenziosa nel rapporto con l'amministrazione depositaria del documento.
Cass. civ. n. 3356/2019
In tema di protezione internazionale, non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale abbia proceduto all'audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della Sezione specializzata in materia di immigrazione. (Rigetta, TRIBUNALE ANCONA, 09/07/2018).
Cass. civ. n. 14356/2018
Il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell'art. 474, secondo comma, n. 1, cod. proc. civ., non si esaurisce nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, in quanto è consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, purché le relative questioni siano state trattate nel corso dello stesso e possano intendersi come ivi univocamente definite, essendo mancata, piuttosto, la concreta estrinsecazione della soluzione come operata nel dispositivo o perfino nel tenore stesso del titolo. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la pronuncia di secondo grado che, a fronte di una sentenza contenente la condanna al risarcimento dei danni per illegittima occupazione di un immobile, nonché degli eventuali ulteriori danni da ritardato rilascio dell'immobile medesimo, aveva ritenuto legittimamente instaurato dal creditore il procedimento monitorio finalizzato all'ottenimento della condanna al risarcimento di tale ulteriore voce di danno, sul presupposto che il giudice dell'esecuzione non avrebbe potuto integrare il titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza, se non con un'indagine di merito supplementare, volta ad accertare la data di restituzione dell'immobile).
Cass. civ. n. 19280/2018
Presupposto del processo di esecuzione civile è l'esistenza di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile, senza che possano venire in considerazione profili cognitori per l'accertamento dell'esistenza di un'obbligazione, con la conseguenza in punto di giurisdizione che il giudizio di opposizione conseguente all'esecuzione di una sentenza di condanna della Corte dei conti, avendo ad oggetto una controversia relativa ad un diritto soggettivo, è soggetto alla giurisdizione del giudice ordinario. (Nella specie la S.C. ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario e non quella contabile in relazione al giudizio di opposizione all'esecuzione promosso dagli eredi di un pubblico dipendente condannato per danno erariale, perché la sentenza di condanna non era stata emessa nei loro confronti e mancava il necessario accertamento del loro indebito arricchimento quale presupposto della trasmissibilità del debito).
Cass. civ. n. 18442/2018
La legittimazione a chiedere la correzione della sentenza asseritamente affetta da omissioni o da errori materiali o di calcolo spetta esclusivamente alle parti del giudizio in cui la stessa è stata pronunciata e, pertanto, non compete all'avente causa degli eredi di una di tali parti che abbia acquistato il diritto conteso dopo la definizione della causa, potendo egli ottenere l'annotazione nei pubblici registri immobiliari della menzionata sentenza e di altre decisioni per mezzo della procedura prevista dall'art. 745 c.p.c.
Cass. civ. n. 12441/2017
Ove tra due procedimenti, pendenti dinanzi al medesimo ufficio o a sezioni diverse di quest'ultimo, esista un rapporto di identità o di connessione, il giudice del giudizio pregiudicato non può adottare un provvedimento di sospensione ex art. 295 c.p.c., ma deve rimettere gli atti al capo dell'ufficio, secondo le previsioni degli artt. 273 o 274 c.p.c., a meno che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione.
Cass. civ. n. 1912/2017
L'inosservanza del principio della immutabilità del giudice istruttore, sancito dall'art. 174 c.p.c., e la trattazione della causa da parte di un giudice diverso da quello individuato secondo le tabelle, determinata da esigenze di organizzazione interna al medesimo ufficio giudiziario, pur in mancanza di un formale provvedimento di sostituzione da parte del presidente del tribunale, costituiscono una mera irregolarità di carattere interno che, in difetto di una espressa sanzione di nullità, non incide sulla validità degli atti, nè è causa di nullità del giudizio o della sentenza. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 14/06/2010).
Cass. civ. n. 26567/2016
Il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell'art. 474, comma 2, n. 1, c.p.c., non si identifica, né si esaurisce, nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, essendo consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento, sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, sicché, ove sia in tal modo possibile pervenire alla quantificazione del dovuto, è inammissibile la procedura monitoria se l'esclusione dell'esecuzione diretta è avvenuta sulla base del solo esame del dispositivo della sentenza che ne costituiva il titolo.
Cass. civ. n. 18663/2016
In tema di provvedimenti giudiziari, in caso di mera difficoltà di comprensione del testo, stilato dall'estensore con scrittura manuale, non è configurabile la nullità della sentenza attesa l'assenza di una espressa comminatoria e la facoltà della parte di richiedere alla cancelleria, ex artt. 743 e 746 c.p.c., copia conforme dattiloscritta, che deve essere leggibile.
Cass. civ. n. 17194/2015
Al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell'art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell'atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge.
Cass. civ. n. 3607/2015
In tema di espropriazione forzata immobiliare, é valida la vendita senza incanto qualora l'aggiudicatario del bene versi il saldo prezzo nel termine - diverso e maggiore rispetto a quello originariamente fissato nell'ordinanza ex art. 569 c.p.c. - successivamente stabilito dal giudice dell'esecuzione, con provvedimento generale modificativo delle condizioni di svolgimento di tutte le vendite forzate dell'ufficio, che sia stato emesso prima dell'esperimento di vendita e pubblicizzato nelle forme di cui all'art. 490 c.p.c..
Cass. civ. n. 39/2015
Il curatore dell'eredità giacente, pur non essendo rappresentante del chiamato all'eredità, è legittimato attivamente e passivamente, ai sensi dell'art. 529 cod. civ., in tutte le cause che riguardano l'eredità medesima.
Cass. civ. n. 25841/2014
Il creditore ha interesse a proporre azione di condanna al pagamento di una somma di denaro ove non disponga di un titolo esecutivo, senza che rilevi l'atteggiamento - antagonistico o meno - assunto dal debitore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto, l'interesse del creditore ad ottenere una pronuncia di condanna del fideiussore all'adempimento della propria obbligazione di garanzia, per il sol fatto della liquidità ed esigibilità della stessa, benché il debitore garante non avesse contestato l'esistenza e l'efficacia dell'obbligazione fideiussoria).
Cass. civ. n. 23159/2014
Il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell'art. 474, secondo comma, n. 1, cod. proc. civ., non si esaurisce nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, in quanto è consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, purché le relative questioni siano state trattate nel corso dello stesso e possano intendersi come ivi univocamente definite, essendo mancata, piuttosto, la concreta estrinsecazione della soluzione come operata nel dispositivo o perfino nel tenore stesso del titolo.
Cass. civ. n. 20463/2014
Nel rito del lavoro, quando risulti accertata la reale composizione del collegio per la coincidenza tra l'intestazione del verbale di udienza ed il dispositivo letto nella medesima, si deve ritenere, fino a querela di falso, che la sentenza sia stata deliberata da quegli stessi giudici che hanno partecipato alla discussione, sicché è irrilevante che il giudice indicato nell'intestazione della sentenza come relatore sia diverso da quello che abbia materialmente redatto la motivazione, in base ad un procedimento organizzativo interno di sostituzione dell'originario relatore, intervenuto dopo la lettura del dispositivo, che assume autonoma rilevanza documentale limitatamente al contenuto volitivo della decisione non più modificabile dai suoi autori. Ne consegue che è ravvisabile un vizio di costituzione del giudice qualora gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all'Ufficio, non investita della funzione esercitata, e non quando il giudice relatore assolutamente impedito sia sostituito da colleghi di pari funzioni e competenza, poiché tale sostituzione, anche ove disposta senza l'osservanza delle condizioni stabilite dagli artt. 174 cod. proc. civ. e 79 disp. att. cod. proc. civ., non implica violazione del giudice naturale e non dà luogo a nullità del procedimento, bensì ad una mera irregolarità di carattere interno che non incide sulla validità dell'atto.
Cass. civ. n. 20052/2013
Qualora il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si concluda con una sentenza di parziale accoglimento, recante tuttavia un'autonoma condanna dell'opponente-debitore al pagamento, in favore dell'opposto-creditore, di una somma inferiore a quella oggetto di ingiunzione, il titolo esecutivo è costituito, pur in mancanza di una revoca espressa del decreto ingiuntivo, esclusivamente dalla sentenza di condanna, che costituisce dunque il titolo da notificare, ai sensi dell'art. 479 c.p.c., risultando inapplicabile la norma dell'art. 654 c.p.c. al precetto intimato prima di procedere all'esecuzione forzata.
Cass. civ. n. 16934/2013
Nell'ipotesi di esecuzione fondata su titolo esecutivo costituito da una sentenza di primo grado, la riforma in appello di tale sentenza determina il venir meno del titolo esecutivo, atteso che l'appello ha carattere sostitutivo e pertanto la sentenza di secondo grado è destinata a prendere il posto della sentenza di primo grado; tuttavia, nell'ipotesi in cui la sentenza d'appello sia a sua volta cessata con rinvio, non si ha una reviviscenza della sentenza di primo grado, posto che la sentenza del giudice di rinvio non si sostituisce ad altra precedente pronuncia, riformandola o modificandola, ma statuisce direttamente sulle domande delle parti, con la conseguenza che non sarà mai più possibile procedere in "executivis" sulla base della sentenza di primo grado (riformata della sentenza d'appello cassata con rinvio), potendo una nuova esecuzione fondarsi soltanto, eventualmente, sulla sentenza del giudice di rinvio.
Cass. civ. n. 8576/2013
Un titolo esecutivo giudiziale che, nel dispositivo, si limiti a condannare al pagamento di accessori "dal dì del dovuto", senza altra specificazione e senza espressa o implicita menzione di tale decorrenza nel corpo della motivazione, in quanto tautologico ed irrimediabilmente illegittimo per indeterminabilità dell'oggetto, viene meno alla sua funzione di identificazione compiuta e fruibile - cioè specifica e determinata, ovvero almeno idoneamente determinabile - dell'esatta ragione del beneficiario della condanna e dell'oggetto di questa.
Cass. civ. n. 13520/2012
La competenza ad autorizzare la vendita di immobili ereditati dal minore soggetto alla potestà dei genitori appartiene al giudice tutelare del luogo di residenza del primo, a norma dell'art. 320, terzo comma, c.c., unicamente per quei beni che, provenendo da una successione ereditaria, si possono considerare acquisiti al suo patrimonio. Ne consegue che, ai sensi del primo comma dell'art. 747 c.p.c., la competenza spetta, sentito il giudice tutelare, al tribunale del luogo di apertura della successione, ove il procedimento dell'acquisto "iure hereditario" non si sia ancora esaurito per essere pendente la procedura di accettazione con beneficio di inventario, in quanto, in tale ipotesi, l'indagine del giudice non è circoscritta soltanto alla tutela del minore, ai sensi dell'art. 320 c.c., ma si estende a quella degli altri soggetti interessati alla liquidazione dell'eredità, così evitandosi una disparità di trattamento fra minori "in potestate" e minori sotto tutela, con riguardo alla diversa competenza a provvedere per i primi (giudice tutelare ai sensi dell'art. 320 c.c.) e i secondi (tribunale quale giudice delle successioni, in base all'art. 747 c.p.c.).
Cass. civ. n. 12741/2012
Se davanti al medesimo ufficio giudiziario pendano più cause connesse per pregiudizialità, il giudice della causa pregiudicata non può sospenderla ex art. 295 cod. proc. civ., ma deve rimetterla al presidente del tribunale ai sensi dell'art. 274 cod. proc. civ., perché questi valuti l'opportunità di assegnarla al giudice della causa pregiudicante, a nulla rilevando che i due giudizi siano soggetti a riti diversi, soccorrendo in tal caso la regola dettata dall'art. 40, cod. proc. civ..
Cass. civ. n. 11066/2012
Il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell'art. 474, secondo comma, n. 1, c.p.c., non si identifica, né si esaurisce, nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, essendo consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento, sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato. Ne consegue che il giudice dell'opposizione all'esecuzione non può dichiarare d'ufficio la illiquidità del credito, portato dalla sentenza fatta valere come titolo esecutivo, senza invitare le parti a discutere la questione e a integrare le difese, anche sul piano probatorio.