Art. 73 – Codice di procedura civile – Astensione del pubblico ministero
Ai magistrati del pubblico ministero che intervengono nel processo civile si applicano le disposizioni del presente Codice relative all'astensione dei giudici [51], ma non quelle relative alla ricusazione[52].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23936/2025
In tema di trattenimento amministrativo delle persone straniere nel regime processuale conseguente al d.l. 11 ottobre 2024, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 dicembre 2024, n. 187, sul riesame del provvedimento, consentito al soggetto in attesa di espulsione dall'art. 15, par. 3, direttiva 2008/115/CE, e al richiedente protezione internazionale dall'art. 9, par. 3 e 5, direttiva 2013/33/UE, sussiste la competenza concorrente del giudice che ha emesso l'originario provvedimento da riesaminare, in ragione di esigenze legate all'unitarietà della valutazione circa il perdurare dei presupposti della misura genetica o delle successive proroghe, e, alternativamente, quella del giudice nella cui circoscrizione si trovi il centro di permanenza dove è trattenuto il migrante al momento dell'istanza, dovendosi dare rilievo al criterio legato alla prossimità territoriale perché idoneo a valorizzare la maggiore vicinanza alle situazioni nuove ovvero a quelle circostanze sopravvenute che possono inficiare la validità del perdurare della misura.
Cass. civ. n. 11449/2025
La comunicazione in forma integrale del provvedimento di accoglimento del reclamo avverso il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio, ai sensi dell'art. 14-quinquies della l. n. 3 del 2012, esclude l'applicabilità del termine "lungo" previsto dall'art. 327, comma 1, c.p.c., dovendosi pertanto ritenere inammissibile il ricorso per cassazione, proposto avverso tale provvedimento, senza l'osservanza del termine di sessanta giorni di cui all'art. 325, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 10243/2025
In tema di sovraindebitamento, nel giudizio di reclamo avverso il decreto di definitiva formazione dello stato passivo, ai sensi dell'art. 14-octies, comma 4, della l. n. 3 del 2012, il rinvio operato dall'art. 10, comma 6, della stessa legge all'art. 739 c.p.c. è compatibile con la decorrenza del relativo termine di proposizione di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento da parte del liquidatore.
Cass. civ. n. 9895/2025
In tema di giudizio di appello del nuovo procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie, la disposizione dell'art. 473-bis.30 c.p.c., che prevede che l'appello si propone con ricorso, si applica soltanto per i ricorsi depositati in primo grado a partire dal 1° marzo 2023, secondo la regola transitoria generale dettata nel comma 1 dell'art. 35 del d.lgs. n. 149 del 2022.
Cass. civ. n. 9218/2025
In tema di detenzione in condizioni non conformi all'art. 3 Cedu, il ricorso ex art. 35-ter, comma 3, O.P. rientra nella competenza non del magistrato di sorveglianza, bensì del tribunale civile del capoluogo del distretto in cui l'ex detenuto ha la residenza, che decide in composizione monocratica nelle forme previste dall'art. 737 c.p.c., attesa l'esigenza di assicurare uno strumento processuale agile ed effettivo, e la legittimazione ad avvalersene spetta a coloro che hanno subito una detenzione inumana a titolo definitivo o non definitivo, purché, nel primo caso, la pena sia cessata e, nel secondo, la custodia cautelare non sia convertibile in pena espiata. (Principio applicato in un caso in cui la persona, che aveva sofferto la custodia cautelare in condizioni inumane, non era poi stata condannata).
Cass. civ. n. 1877/2025
Poiché la riunione di cause identiche non realizza una vera e propria fusione dei procedimenti, tale da determinarne il concorso nella definizione dell'effettivo "thema decidendum et probandum", restando, anzi, intatta l'autonomia di ciascuna causa, il giudice - in osservanza del principio del "ne bis in idem" e allo scopo di non favorire l'abuso dello strumento processuale e di non ledere il diritto di difesa della parte in cui favore sono maturate le preclusioni - deve trattare soltanto la causa iniziata per prima, decidendo in base ai fatti tempestivamente allegati e al materiale istruttorio in essa raccolto, salva l'eventualità che, non potendo tale causa condurre ad una pronuncia sul merito, venga meno l'impedimento alla trattazione della causa successivamente instaurata. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, nella quale i giudici di merito avevano esteso ad un identico giudizio successivamente instaurato le preclusioni maturate nell'ambito di un primo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, rimasto sostanzialmente privo di definizione, poiché la causa "aveva perso il suo oggetto", essendo stato il provvedimento monitorio dichiarato inefficace in un autonomo procedimento ex art. 188 disp. att. c.p.c.).
Cass. civ. n. 1486/2025
In tema ricorso straordinario per cassazione, l'impugnabilità dei provvedimenti assunti in sede di reclamo ai sensi dell'art. 473-bis.24, comma 5, c.p.c. (nel testo previgente alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 164 del 2024), nella parte in cui menziona i provvedimenti che prevedono "sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori", si riferisce ai provvedimenti temporanei e urgenti assunti all'esito dell'udienza di comparizione e a quelli temporanei assunti in corso di causa che intervengono in modo incisivo e invasivo sulla relazione tra genitori e figli, trasformandola in senso altamente peggiorativo per uno o entrambi i genitori.
Cass. civ. n. 1323/2025
In tema di protezione internazionale, nel procedimento ex art. 35 bis del d.lgs. n. 25 del 2008, che disciplina un rito camerale peculiare o sui generis, nel quale non sempre è accolto un modello procedimentale "non partecipato", la revoca improvvisa dell'ordinanza di rinvio ad altra udienza, fissata per l'ascolto del richiedente asilo e per il deposito di documentazione, seguita da immediata decisione, comporta una compressione del diritto di difesa del ricorrente, che non può così dispiegare la propria attività difensiva finale, ed una lesione del principio del contraddittorio.
Cass. civ. n. 23324/2024
In tema di procedimenti camerali contenziosi in grado d'appello, nessuna norma vieta la delega dello svolgimento dell'udienza di comparizione delle parti ad uno dei componenti del collegio, trattandosi, anzi, di facoltà propria dei giudizi di impugnazione davanti alla Corte d'appello, ex art. 350, comma 1, c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Cass. civ. n. 11688/2024
In tema di rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione ex art. 363-bis c.p.c., il requisito della rilevanza può sussistere anche ove la questione interpretativa sorga nell'ambito di procedimenti il cui provvedimento conclusivo abbia carattere interinale e cautelare e, pertanto, non sia impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, con conseguente ammissibilità del rinvio, attesa la sua funzione nomofilattico-deflattiva e la sua proponibilità da parte di qualsiasi giudice innanzi al quale sia pendente un procedimento regolato dal c.p.c. e dalle leggi collegate, sia esso contenzioso, non contenzioso, camerale, esecutivo o cautelare.
Cass. civ. n. 10047/2024
In tema di fallimento, l'opposizione allo stato passivo ha natura di procedimento contenzioso a cognizione piena, assimilabile all'appello, e non di volontaria giurisdizione, di talché alle relative spese di lite si applicano i parametri forensi dei giudizi ordinari e sommari di cognizione innanzi al Tribunale.
Cass. civ. n. 7414/2024
Il provvedimento di sostituzione dell'amministratore di sostegno è ricorribile in Cassazione qualora abbia carattere decisorio, per la sua attitudine ad incidere sulla capacità di autodeterminazione del beneficiario, come nel caso in cui si provveda alla nomina di un amministratore di sostegno diverso dalla persona scelta o indicata dal beneficiario stesso, ovvero qualora il giudice tutelare, assecondando la volontà dell'interessato, sostituisca l'amministratore di sostegno e quest'ultimo deduca che detta volontà non può essere tenuta in conto, in quanto affetta da patologia.
Cass. civ. n. 7311/2024
Il provvedimento di reclamo avverso il decreto del tribunale dei minorenni avente ad oggetto la limitazione della responsabilità genitoriale, anche nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 149 del 2022 (c.d. riforma Cartabia), ha carattere decisorio e definitivo, in quanto incide su diritti di natura personalissima e di primario rango costituzionale ed è modificabile e revocabile soltanto per la sopravvenienza di nuove circostanze di fatto, risultando perciò impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, della Costituzione.
Cass. civ. n. 6792/2024
Con esclusione del caso di accoglimento del ricorso con rinvio al giudice di merito - competente alla liquidazione delle spese anche per la fase del giudizio di cassazione - nel giudizio di legittimità può essere chiesta alla Corte di cassazione anche la liquidazione delle spese sostenute, davanti al giudice di appello, per lo svolgimento della procedura di sospensione dell'esecuzione della sentenza ai sensi dell'art. 373 c.p.c.; tuttavia, affinché sia rispettato il principio del
Cass. civ. n. 4326/2024
In materia di reclamo avverso il decreto di omologazione dell'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, il rinvio operato dall'art. 12, comma 2, della l. n. 3 del 2012, all'art. 739 c.p.c. è compatibile con la decorrenza del relativo termine di proposizione di dieci giorni dalla comunicazione da parte della cancelleria, in forma integrale, del provvedimento, mentre nell'ipotesi di comunicazione da parte della cancelleria del solo dispositivo resta applicabile il più lungo termine previsto dall'art. 327 c.p.c.
Cass. civ. n. 4004/2024
In tema di procedimento per equa riparazione, la mancata comparizione delle parti alla prima udienza, fissata in sede di opposizione ex art. 5-ter della legge n. 89 del 2001, non può essere considerata, in assenza di una espressa previsione in tal senso ex art. 737 c.p.c., una tacita rinunzia al ricorso e non consente, quindi, la declaratoria di improcedibilità o di inammissibilità, dovendosi applicare in via analogica l'art. 181 c.p.c. in tema di ordinario processo di cognizione, con la conseguente necessità di fissazione di una nuova udienza ai sensi del primo comma dell'art. 181 c.p.c.
Cass. civ. n. 453/2024
Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, anche nel regime processuale di cui all'art. 38 disp. att. c.c., come sostituito dall'art. 3 della l. n. 219 del 2012, nel quale era applicabile, in quanto compatibile, il rito camerale ex artt. 737 e ss. c.p.c., è quello ordinario previsto dagli artt. 325 e 327 c.p.c. e non quello di dieci giorni di cui all'art. 739, comma 2, c.p.c., non valendo le regole idonee ad arrecare un vulnus ai diritti della difesa, tenuto conto della particolare rilevanza dei diritti e degli interessi in gioco, richiedenti una elaborazione di strategie difensive anche di una certa complessità, sicché, in caso di provvedimento notificato, opera il termine di trenta giorni previsto dall'art. 325 c.p.c.
Cass. civ. n. 197/2024
Nell'ambito dei procedimenti minorili, la proposizione del reclamo, per la cui ammissibilità é necessaria la formulazione di specifici motivi di impugnazione, impedisce la formazione del giudicato interno rispetto all'oggetto sostanziale (il bene della vita) del procedimento, che va individuato nell'affidamento e nel collocamento dei minori in modo conforme al loro superiore interesse, indipendentemente dalla circostanza che sia stato proposto altro reclamo incidentale. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato il decreto della corte d'appello che, pur accogliendo il reclamo proposto dalla madre, aveva ritenuto che la mancata proposizione del reclamo da parte del padre avesse dato luogo ad un giudicato rispetto alla statuizione assunta in primo grado nei suoi confronti, rimanendo così preclusa ogni valutazione sul possibile diverso collocamento ed affidamento dei minori anche al padre).
Cass. civ. n. 34560/2023
L'ascolto del minore "nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano", lungi dall'avere valenza meramente processuale, quale elemento, pur necessario, dell'istruzione probatoria, costituisce, piuttosto, una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del diritto fondamentale del minore ad essere informato ed esprimere la propria opinione, con la conseguenza che esso è obbligatorio in tutti i procedimenti in cui il minore, pur non rivestendo la qualità di parte in senso formale, rivesta tuttavia quella di parte in senso sostanziale, quale portatore di interessi sui quali il provvedimento giudiziale è in grado di incidere. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'obbligatorietà dell'ascolto nell'ambito di un giudizio, vertente tra i genitori, di responsabilità per danno da privazione del rapporto genitoriale, in quanto destinato a culminare in una pronuncia non concernente la sfera giuridica del minore, che non produce alcuna modificazione delle situazioni giuridiche soggettive inerenti al rapporto di filiazione con ciascuno dei genitori, né incide sui suoi specifici interessi).
Cass. civ. n. 23548/2023
In tema di procedimento di formazione dell'inventario, il decreto emesso in sede di reclamo ex art. 739 c.p.c., che contenga anche la statuizione circa l'anticipazione delle spese per la nomina di un avvocato che assista la parte nella redazione dell'inventario di cui all'art. 769 c.p.c., non è impugnabile con ricorso per cassazione, trattandosi di provvedimento emesso nell'ambito di un procedimento di volontaria giurisdizione, come tale privo del carattere della decisorietà e della idoneità al passaggio in giudicato, salvo che per la statuizione in punto di pagamento delle spese del procedimento, ex art. 111, comma 7, Cost.
Cass. civ. n. 22632/2023
In tema di determinazione delle quote di T.F.R. spettanti agli eredi - nella specie, coniuge, ex coniuge e figli - la decisione, nei procedimenti introdotti ex l. n. 898 del 1970, va resa con sentenza, ai sensi dell'art. 9, ultimo comma, della legge citata, come sostituito dall'art. 13 della l. n. 74 del 1987, sicché è suscettibile di impugnazione entro i termini ordinari di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., a prescindere dalle forme o dal rito adottato, poiché le eventuali peculiarità del procedimento non sono idonee, in difetto di specifiche indicazioni legislative, a sottrarre il provvedimento finale all'operatività dei suddetti termini per la proposizione del gravame.
Cass. civ. n. 22559/2023
In tema di separazione consensuale, l'accordo raggiunto dai coniugi in sede di separazione, se non attribuisce direttamente la proprietà di un bene ad uno dei sottoscrittori o ad un figlio, ma ne prevede soltanto il trasferimento, costituisce un contratto a contenuto obbligatorio, non avente contenuto donativo, in quanto la cessione trova la sua causa in relazione alla sistemazione degli aspetti economici della separazione o divorzio e, più in generale, della vicenda familiare, suscettibile di ricevere tutela anche nelle forme dell'art. 2932 c.c., a condizione che il bene che ne costituisce oggetto sia identificato con certezza all'interno dell'accordo, non potendosi integrare il contenuto di quest'ultimo con ricorso a documenti esterni. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda ex art. 2932 c.c. sul presupposto che il verbale di separazione consensuale non conteneva alcuna identificazione catastale degli immobili oggetto degli accordi intervenuti tra i coniugi, senza tenere conto che il giudizio era stato introdotto in forma giudiziale, successivamente trasformato in ricorso consensuale, essendo indicati nel ricorso introduttivo i riferimenti catastali identificativi degli immobili in comproprietà tra i due coniugi).
Cass. civ. n. 20248/2023
Le decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l'introduzione di un secondo giudizio identico al primo e a questo riunito, in quanto la riunione di cause identiche non realizza una vera e propria fusione dei procedimenti, tale da determinarne il concorso nella definizione dell'effettivo "thema decidendum et probandum", restando anzi intatta l'autonomia di ciascuna causa. Ne consegue che, in tale evenienza, il giudice - in osservanza del principio del "ne bis in idem" e allo scopo di non favorire l'abuso dello strumento processuale e di non ledere il diritto di difesa della parte in cui favore sono maturate le preclusioni - deve trattare soltanto la causa iniziata per prima, decidendo in base ai fatti tempestivamente allegati e al materiale istruttorio in essa raccolto, salva l'eventualità che, non potendo tale causa condurre ad una pronuncia sul merito, venga meno l'impedimento alla trattazione della causa successivamente instaurata.
Cass. civ. n. 17965/2023
I provvedimenti di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo (ex art. 373 c.p.c.) ovvero dell'esecuzione (ex art. 624 c.p.c.) impediscono la prosecuzione del processo esecutivo già in corso, ma lasciano inalterati gli effetti conservativi del pignoramento, non obbligando il creditore procedente a rinunciare agli atti del processo.
Cass. civ. n. 15763/2023
In tema di procedimento di equa riparazione per durata irragionevole del processo, in caso di opposizione al decreto di rigetto ex art. 5-ter, l. n. 89 del 2001, il termine concesso all'opponente per notificare il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza non è perentorio, di talché, in caso di omessa o inesistente notifica, può concedersi un nuovo termine che, diversamente dal primo, ha natura perentoria e la cui violazione determina l'estinzione del processo ex art. 307, comma 3, c.p.c..
Cass. civ. n. 10183/2023
Gli istituti della litispendenza e della continenza, operando soltanto tra cause pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, non sono applicabili se le cause identiche o connesse pendano dinanzi al medesimo ufficio giudiziario, anche se in gradi diversi, di talché, non essendo l'omessa riunione motivo di invalidità, sarà opponibile il giudicato prima intervenuto, ovvero, qualora non dedotto o rilevato, opererà la regola della prevalenza del successivo, salvo l'utilizzo dell'art. 337, comma 2, c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che, nell'ambito di un giudizio di risoluzione contrattuale, nel quale era stata proposta domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni, non aveva ritenuto motivo di invalidità la mancata declaratoria di litispendenza o l'omessa riunione con altro precedente giudizio, in cui era stata proposta autonomamente identica domanda risarcitoria).
Cass. civ. n. 6231/2023
In tema di procedimenti di volontaria giurisdizione, il decreto col quale il Tribunale, in composizione monocratica, revoca il provvedimento di autorizzazione alla formazione dell'inventario, ai sensi dell'art. 742 c.p.c., è reclamabile davanti alla corte d'appello, sicché la proposizione del reclamo davanti al Tribunale, in composizione collegiale, non dà luogo alla inammissibilità dello stesso, ma alla declaratoria di incompetenza, in virtù della quale il processo deve essere riassunto, nei termini, dinanzi alla corte d'appello territoriale.
Cass. civ. n. 388/2023
I provvedimenti resi sulla denunzia di irregolarità nella gestione di una società ex art. 2409 c.c., ancorché comportino la nomina di un ispettore o di un amministratore con la revoca di quello prescelto dall'assemblea, ovvero risolvano questioni inerenti alla regolarità del relativo procedimento, sono privi di decisorietà; ne consegue che la decisione resa dalla Corte d'appello sul reclamo nei confronti di detti provvedimenti non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., tranne che per la parte in cui rechi condanna alle spese.
Cass. civ. n. 142/2023
Il provvedimento di ammonimento di uno dei genitori - adottato ai sensi dell'art. 709 ter, comma 2, n. 1 c.p.c. dalla corte d'appello in sede di reclamo - non ha una portata puramente esortativa, ma immediatamente afflittiva, in quanto incide sul diritto-dovere dei genitori di intrattenere rapporti con i figli e di collaborare all'assistenza, educazione e istruzione degli stessi; presenta inoltre caratteri di definitività che ne giustificano l'impugnabilità con il ricorso straordinario per cassazione.
Cass. civ. n. 14792/2022
In tema di revisione, costituisce prova nuova, ex art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la sentenza civile, mai acquisita, né valutata, neanche implicitamente, nel processo penale, costitutiva di effetti giuridici idonei a incidere sui presupposti del reato, senza che sia necessaria la sua irrevocabilità. (Fattispecie in tema di sentenza civile di appello, esecutiva a norma dell'art. 373 cod. proc. civ.).
Cass. civ. n. 18808/2021
Nel caso di riunione di cause, tra loro in rapporto di continenza e pendenti davanti al medesimo giudice, le preclusioni maturate nel giudizio preveniente anteriormente alla riunione rendono inammissibili nel giudizio prevenuto - in osservanza del principio del "ne bis in idem" e allo scopo di non favorire l'abuso dello strumento processuale - solo le attività, soggette alle scansioni processuali dettate a pena di decadenza, svolte con riferimento all'oggetto di esso che sia comune al giudizio preveniente e non si comunicano, pertanto, né alle attività assertive che, come le mere difese e le eccezioni in senso lato, non soggiacciono a preclusione, né alle attività assertive e probatorie che, pur soggette a preclusione, concernono la parte del giudizio prevenuto non comune con quello preveniente. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 29/01/2018).
Cass. civ. n. 11756/2020
Nel procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale la Corte di cassazione non è competente a pronunciarsi sull'istanza di sospensiva dell'esecutività del provvedimento impugnato, poiché l'art. 35 del d.lgs. n. 25 del 2008 attribuisce tale potere in via esclusiva al giudice che ha adottato il provvedimento impugnato, come già previsto in via generale dall'art. 373, comma 1, c.p.c.; né davanti al giudice di legittimità può essere impugnato il rigetto dell'istanza di sospensiva pronunciato dal giudice di merito, trattandosi di provvedimento non definitivo a contenuto cautelare, in relazione al quale è inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111 Cost. (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE TRENTO, 22/03/2019).
Cass. civ. n. 24974/2020
L'iscrizione della causa a ruolo avviene, a norma degli artt. 168 c.p.c. e 72 disp. att. (applicabili anche al giudizio dinanzi al giudice di pace), su iniziativa del convenuto solo se questi si costituisce quando non si è costituito l'attore, onde l'iscrizione non può essere effettuata su richiesta della parte convenuta qualora l'attore si sia già costituito ed abbia presentato la nota di iscrizione a ruolo, determinando la formazione del fascicolo di ufficio, al quale va unito il fascicolo del convenuto che si costituisce successivamente. Ne consegue che in caso di duplice iscrizione della causa a ruolo, ove le due udienze di prima comparizione ed il giudice istruttore non vengano a coincidere e i due processi non vengano riuniti, l'unica iscrizione che dà luogo a un processo regolare è quella effettuata dall'attore per prima, in quanto solo rispetto a questa il meccanismo processuale consente una valida instaurazione del contraddittorio e l'esercizio del diritto di difesa. Pertanto, qualora non venga disposta la riunione e il procedimento iscritto per secondo prosegua fino alla sentenza in assenza dell'attore, erroneamente considerato non costituito, sono nulle l'attività processuale compiuta e la sentenza emanata. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva dichiarato la nullità della sentenza resa nel processo svoltosi, dietro iscrizione a ruolo eseguita dai convenuti e in contumacia di parte attrice, innanzi alla sezione distaccata di Ostia, perché il processo era stato previamente iscritto al ruolo del tribunale di Roma dall'attore). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 16/10/2017).
Cass. civ. n. 15094/2019
Tra la domanda di concordato preventivo e l'istanza di fallimento ricorre un rapporto di continenza, che impone la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell'art. 273 c.p.c.; tuttavia l'omessa riunione non determina alcuna nullità, né impedisce la dichiarazione di fallimento, quando il tribunale abbia già disposto la revoca dell'ammissione alla procedura concordataria, purchè il debitore abbia avuto formale conoscenza dell'iniziativa per la sua dichiarazione di fallimento. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TORINO, 06/05/2015).
Cass. civ. n. 12972/2018
L'art. 739 c.p.c., secondo il quale il provvedimento emesso in camera di consiglio dal tribunale, se pronunciato in confronto di più parti, è reclamabile entro dieci giorni dalla notificazione, non deroga alla regola generale dettata dall'art. 326 c.p.c., con la conseguenza che anche il termine per proporre ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., avverso i decreti pronunciati in camera di consiglio, decorre dalla notificazione del provvedimento. A tal riguardo occorre che la notificazione sia eseguita ad istanza di parte, non essendo sufficiente che sia stata effettuata a cura della cancelleria del giudice, nel qual caso il ricorso per cassazione resta soggetto al termine ordinario di cui all'art. 327 c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha disatteso l'eccezione avanzata da un fallimento, tesa a far constare la tardività del ricorso per cassazione, sul presupposto che il termine di proposizione decorresse dalla comunicazione di cancelleria del decreto di rigetto del reclamo ex art. 739 c.p.c., proposto da un istituto di credito, avverso il decreto di accoglimento della domanda di revocatoria avanzata dalla procedura concorsuale, ex art. 67, comma 2, l. fall., in relazione a rimesse bancarie eseguite su conto corrente intrattenuto dalla società fallita).
Cass. civ. n. 31902/2018
La decisione con la quale l'autorità giudiziaria dispone l'affidamento del minore ai servizi sociali rientra nei provvedimenti convenienti per l'interesse del minore, di cui all'art. 333 c.c., in quanto diretta a superare la condotta pregiudizievole di uno o di entrambi i genitori senza dar luogo alla pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c.; tale provvedimento ha natura di atto di giurisdizione non contenziosa e, anche quando non sia previsto un termine finale dell'affidamento, è privo del carattere della definitività, risultando sempre revocabile e reclamabile, secondo il disposto di cui all'art. 333, comma 2, c.c., come desumibile pure dalle previsioni generali di cui agli artt. 739 e 742 c.p.c. (La S.C. ha affermato il principio, rigettando la censura del ricorrente che lamentava il carattere definitivo e non temporaneo del provvedimento di affidamento del figlio minore ai servizi sociali, non essendo stato disposto un termine di cessazione degli effetti, precisando che la previsione di un termine finale dell'affidamento non risultava necessaria, poiché la decisione risulta suscettibile di essere riesaminata in qualsiasi momento).
Cass. civ. n. 26966/2018
La liquidazione delle spese del sub-procedimento ex art. 373 c.p.c. spetta esclusivamente alla S.C., nell'ambito del giudizio di legittimità al quale è funzionale la procedura incidentale di sospensione dell'esecuzione. Ne consegue che la richiesta di liquidazione del difensore munito di procura può essere proposta anche del difensore della parte che tale sia stato esclusivamente nel citato sub-procedimento e non già nel giudizio di cassazione, altrimenti non potendo quest'ultimo, ove anticipatario nel predetto sub-procedimmento, beneficiare della distrazione delle spese in suo favore.
Cass. civ. n. 24201/2018
Nel giudizio di legittimità la richiesta di pronuncia sull'istanza di rimborso delle spese processuali affrontate dalla parte per resistere vittoriosamente all'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza di merito impugnata può essere esaminata alla condizione che venga notificata, con i relativi documenti da produrre, alla controparte, ovvero che il contraddittorio con la medesima sia stato, comunque, rispettato, con la conseguenza che detta istanza è inammissibile ove venga proposta in un procedimento soggetto a rito camerale mediante memoria ai sensi degli artt. 378 e 372, comma 2, c.p.c. non notificata alla controparte.
Cass. civ. n. 31801/2018
Qualora nel corso di un procedimento introdotto con il rito sommario di cognizione, di cui all'art. 702-bis c.p.c., insorga una questione di pregiudizialità rispetto ad altra controversia, che imponga un provvedimento di sospensione necessaria ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (o venga invocata l'autorità di una sentenza resa in altro giudizio e tuttora impugnata, ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c.), si determina la necessità di un'istruzione non sommaria e, quindi, il giudice non può adottare un provvedimento di sospensione ma deve, a norma dell'art. 702-ter, comma 3, c.p.c., disporre il passaggio al rito della cognizione piena e, nel caso in cui i due procedimenti pendano innanzi al medesimo Ufficio o a sezioni diverse di quest'ultimo il giudice del giudizio reputato pregiudicato deve rimettere gli atti al capo dell'Ufficio, ex artt. 273 e 274 c.p.c. (salvo che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione), non ostando all'eventuale riunione la soggezione delle cause a due riti diversi, potendo trovare applicazione il disposto di cui all'art. 40, comma 3, c.p.c.
Cass. civ. n. 17717/2018
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 21, comma 1, del d.l. n. 13 del 2017, conv. con modifiche in legge n. 46 del 2017, per difetto dei requisiti della straordinaria necessità ed urgenza poiché la disposizione transitoria - che differisce di 180 giorni dall'emanazione del decreto l'entrata in vigore del nuovo rito - è connaturata all'esigenza di predisporre un congruo intervallo temporale per consentire alla complessa riforma processuale di entrare a regime.
Cass. civ. n. 32525/2018
Il reclamo ex art. 739 cod. proc. civ., non può risolversi nella mera riproposizione delle questioni già affrontate e risolte dal primo giudice, ma deve contenere specifiche critiche al provvedimento impugnato ed esporre le ragioni per le quali se ne chiede la riforma.
Cass. civ. n. 15482/2017
In tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari, di cui agli artt. 342-bis e 342-ter c.c., l’attribuzione della competenza al tribunale in composizione monocratica, stabilita dall’art. 736-bis, comma 1, c.p.c., non esclude la “vis actrativa” del tribunale in composizione collegiale chiamato a giudicare in ordine al conflitto familiare che sia stato già incardinato avanti ad esso, atteso che una diversa opzione ermeneutica, che faccia leva sul solo tenore letterale delle citate disposizioni, ne tradirebbe la “ratio”, che è quella di attuare, nei limiti previsti, la concentrazione delle tutele ed evitare, a garanzia del preminente interesse del minore che sia incolpevolmente coinvolto, o del coniuge debole che esiga una tutela urgente, il rischio di decisioni intempestive o contrastanti ed incompatibili con gli accertamenti resi da organi giudiziali diversi.
Cass. civ. n. 22314/2017
Nei procedimenti in camera di consiglio che si svolgono nei confronti di più parti ed anche in quelli contenziosi assoggettati per legge al rito camerale, è la notificazione del decreto effettuata ad istanza di parte e non la comunicazione del cancelliere a far decorrere - tanto per il destinatario della notifica quanto per il notificante - il termine di dieci giorni per la proposizione del reclamo ai sensi dell'art. 739, comma 2, c.p.c. .
Cass. civ. n. 4412/2015
Nel procedimento camerale, il giudice, al fine di garantire il contraddittorio, l'esercizio del diritto di difesa e l'effettività della tutela giurisdizionale, deve esercitare poteri ufficiosi anche mediante l'applicazione estensiva ed analogica delle disposizioni del processo di cognizione, sicché è tenuto a indicare alle parti le questioni rilevabili d'ufficio richiedendo i necessari chiarimenti (ex art. 183, quarto comma, cod. proc. civ.) e, se del caso, assumendo sommarie informazioni da soggetti terzi (ex art. 738, terzo comma, cod. proc. civ.), sempreché tale modalità di acquisizione di elementi di giudizio non sia impiegata per supplire all'onere probatorio o con finalità meramente esplorative. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha accolto il ricorso avverso il decreto della corte di appello, che aveva dichiarato inammissibile un ricorso per equa riparazione in ragione della divergenza tra il nome e il codice fiscale della ricorrente e le generalità risultanti nel processo presupposto, omettendo di indicare la questione e di acquisire chiarimenti dalle parti o informazioni dall'Agenzia delle entrate).
Cass. civ. n. 21952/2014
Lo speciale procedimento di opposizione, regolato dall'art. 145 del d.lgs 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) ha natura contenziosa, non incompatibile con il rito camerale, essendo rivolto ad una decisione atta ad assumere autorità di giudicato sulla legittimità formale e sostanziale del provvedimento applicativo della sanzione e sulle posizioni di credito e debito con esso costituite. Ne consegue che in tale procedimento non trova applicazione l'art. 738, secondo comma, cod. proc. civ. sulla partecipazione obbligatoria del P.M. e, in secondo luogo, che il provvedimento decisorio, emesso nella forma del decreto, è legittimamente sottoscritto dal solo presidente, non essendo necessaria la firma del relatore ai sensi dell'art. 135, quarto comma, cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 19203/2014
Nei giudizi camerali che anche in grado di appello si introducono con ricorso (nella specie, un procedimento per la declaratoria dello stato di adottabilità), l'omessa notifica di quest'ultimo e del decreto di fissazione dell'udienza, entro il termine ordinatorio assegnato dal giudice, non comporta l'improcedibilità della domanda o dell'impugnazione, poiché, in assenza di una espressa previsione in tal senso, vanno evitate interpretazioni formalistiche delle norme processuali che limitino l'accesso delle parti alla tutela giurisdizionale, ma solo la necessità dell'assegnazione di un nuovo termine, perentorio, in applicazione analogica dell'art. 291 cod. proc. civ., sempre che la parte resistente o appellata non si sia costituita, così sanando - con effetto "ex tunc" - il vizio della notificazione.
Cass. civ. n. 25211/2013
In tema di procedimento di impugnazione con rito camerale, poiché il termine per la notifica del ricorso e del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza ha la mera funzione di instaurare il contraddittorio, la sua inosservanza, senza preventiva presentazione dell'istanza di proroga, non ha alcun effetto preclusivo, implicando soltanto la necessità di fissarne uno nuovo ove la controparte non si sia costituita, mentre l'avvenuta costituzione di quest'ultima ha efficacia sanante "ex tunc" di tale vizio. (Così statuendo, la S.C. ha cassato l'impugnato decreto che aveva ritenuto improcedibile il reclamo avverso il provvedimento di modifica delle condizioni previste in una sentenza di divorzio per carenza di notificazione del relativo ricorso, con il pedissequo decreto di fissazione dell'udienza, non essendosi attivato il difensore del reclamante per venire a conoscenza di quest'ultimo e notificarlo benché emesso diversi mesi prima dell'udienza ivi fissata).
Cass. civ. n. 17202/2013
Nei procedimenti di impugnazione che si svolgono con rito camerale (nella specie, in materia di dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore), l'omessa notificazione del ricorso nel termine assegnato nel decreto di fissazione d'udienza determina l'improcedibilità dell'appello, in quanto, pur trattandosi di un termine ordinatorio ex art. 154 c.p.c., si determina la decadenza dell'attività processuale cui è finalizzato, in mancanza d'istanza di proroga prima della scadenza.
Cass. civ. n. 14503/2013
L'art. 373 c.p.c. è applicabile, salvo che sia diversamente disposto da specifiche disposizioni, anche in caso di impugnazione davanti alle Sezioni Unite della Corte di cassazione delle pronunce dei giudici speciali, nulla prevedendo al riguardo l'art. 111 Cost. sul ricorso per cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.
Cass. civ. n. 21761/2013
Gli istituti della litispendenza e della continenza (che regolano la competenza per territorio), operano soltanto fra cause pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, secondo quanto reso evidente dal dato testuale dell'art. 39 cod. proc. civ.; pertanto, se le cause identiche o connesse (nella specie, opposizione all'esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi), pendano dinanzi al medesimo ufficio giudiziario, trovano applicazione gli artt. 273 e 274 cod. proc. civ., ovvero, quando ragioni di ordine processuale impediscano la riunione ed una causa sia pregiudiziale rispetto all'altra o sia già giunta a sentenza, gli istituti della sospensione, di cui agli artt. 295 e 337 cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 28461/2013
In tema di espropriazione immobiliare, nel caso in cui ad un primo pignoramento invalido ne segua, tra le stesse parti, un altro valido, la riunione tra le due procedure esecutive comporta che l'attività prevista dell'art. 567, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80) ai fini dell'adempimento di cui all'art. 13 bis del d.l. 18 ottobre 2000, n. 291, convertito nella legge 14 dicembre 2000, n. 372, sebbene compiuta formalmente con riguardo al primo procedimento, comunica i suoi effetti anche al secondo, attesa l'identità delle azioni esecutive e tenuto conto che la riunione ai sensi dell'art. 273 cod. proc. civ. - norma applicabile in via analogica al giudizio di esecuzione - comporta la riferibilità delle suddette attività a ciascuno dei procedimenti esecutivi, restando priva di rilievo la mancata reiterazione del deposito della documentazione ex art. 567 cod. proc. civ. nel secondo procedimento, di cui non può essere dichiarato, per tale ragione, l'estinzione. (Principio enunciato dalla S.C. ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ.). (Dichiara inammissibile, App. Roma, 05/07/2007).
Cass. civ. n. 19153/2012
In ipotesi di cassazione con rinvio il giudizio di rinvio e quello avente ad oggetto la restituzione dei beni consegnati o delle somme pagate in virtù della sentenza cassata sono tra loro autonomi, onde possono essere celebrati separatamente e non v'è necessità di riunirli. Tuttavia, tale reciproca autonomia non è assoluta, in quanto viene meno nel caso in cui il giudizio di rinvio si concluda prima di quello sulle restituzioni, con una decisione identica a quella contenuta nella sentenza cassata: e, ricorrendo tale ipotesi, giudice delle restituzioni dovrà rigettare la domanda innanzi a lui proposta.
Cass. civ. n. 5493/2012
In tema di impugnazione, nei procedimenti attivati su istanza di parte, ove un termine sia prescritto per il compimento di attività, la cui omissione si risolva in un pregiudizio per la situazione tutelata, deve essere assicurata all'interessato la conoscibilità del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare nella sua interezza il tempo assegnatogli; pertanto, va esclusa l'improcedibilità del reclamo, proposto avverso il provvedimento di affidamento esclusivo del figlio naturale ad un genitore, non notificato per non avere il reclamante avuto comunicazione del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di merito, contenente anche il termine per notificarlo, dovendo essere disposta la rinnovazione della notifica e fissato un nuovo termine.
Cass. civ. n. 4616/2012
In tema di amministrazione della cosa comune, il decreto emesso ai sensi dell'art. 1105, quarto comma, c.c. ha natura di provvedimento di volontaria giurisdizione, che, essendo suscettibile di revoca e modifica ex art. 742 c.p.c., è privo del carattere di definitività e, quindi, non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., a meno che il provvedimento, travalicando i limiti previsti per la sua emanazione, abbia risolto in sede di volontaria giurisdizione una controversia su diritti soggettivi. (Nella specie, il giudice di merito, atteso il disaccordo tra i comunisti, aveva nominato un amministratore affinché procurasse la condanna del locatario a rimuovere le opere abusive eseguite sugli immobili comuni; in applicazione dell'enunciato principio, la S.C., negando la consistenza di diritto soggettivo all'interesse di alcuni comunisti di ottenere la sanatoria degli illeciti edilizi, ne ha dichiarato inammissibile il ricorso).
Cass. civ. n. 2757/2012
Anche nel procedimento camerale previsto dall'art. 2192 c.c., nel quale il tribunale provvede su reclamo avverso il decreto emesso dal giudice del registro, è legittima - benché esso sia destinato a concludersi con un decreto non direttamente incidente su posizioni di diritto soggettivo, bensì volto alla gestione di un pubblico registro a tutela di interessi generali - la condanna al pagamento delle spese processuali, pronunciata in favore di colui il quale, partecipando al procedimento in forza di interessi giuridicamente qualificati, le abbia anticipate e tale condanna ben può fondarsi sulla soccombenza processuale dei controinteressati, o del ricorrente nei confronti di questi ultimi, nel contrasto delle rispettive posizioni soggettive.
Cass. civ. n. 24965/2011
In tema di procedimento camerale, il potere riconosciuto al giudice dall'art. 738, secondo comma, c.p.c. costituisce oggetto di una mera facoltà e non di un obbligo, sicché il suo mancato esercizio non determina l'inosservanza delle norme che disciplinano il procedimento camerale e risulta incensurabile in cassazione. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso il decreto della corte di appello, che aveva dichiarato improponibile un ricorso per equa riparazione, giudicando infondata la doglianza secondo cui il giudice non aveva assunto, d'ufficio, informazioni in ordine all'effettiva pendenza del procedimento presupposto, ai fini del decorso del termine decadenziale).
Cass. civ. n. 23456/2011
Nei procedimenti camerali attivati su ricorso, il giudice adito è tenuto a fissare con decreto l'udienza di comparizione con termine per la notifica del ricorso stesso e del decreto alle controparti, ed è, altresì, tenuto al deposito di tale provvedimento, ma non anche a disporne la sua comunicazione a chicchessia, non sussistendo, infatti, un obbligo del giudice normativamente disciplinato in tal senso, ed essendo, invece, onerata la parte ricorrente di attivarsi per prenderne cognizione in cancelleria. Peraltro, in caso di impossibilità di conformarsi tempestivamente al decreto adottato dal giudice, il ricorrente può esperire le iniziative necessarie per l'ottenimento del possibile differimento dell'udienza e del termine per gli adempimenti notificatori, a condizione che tale attività sia compiuta prima della celebrazione dell'udienza già predeterminata e dell'adozione definitiva dei relativi provvedimenti. (Principio enunciato in riferimento ad un giudizio di opposizione avverso il decreto di liquidazione delle competenze di un perito traduttore proposto dalla Procura generale presso la Corte d'appello).
Cass. civ. n. 16121/2011
La liquidazione delle spese della procedura incidentale di sospensione dell'esecuzione della sentenza, prevista dall'art. 373 c.p.c., spetta al giudice di legittimità e non al giudice di appello (ad eccezione della cassazione con rinvio al giudice del merito, al quale competerà la regolazione delle spese anche del giudizio di cassazione); pertanto, è inammissibile il ricorso straordinario per cassazione proposto dalla parte soccombente avverso il provvedimento - assunto in sede di reiezione dell'istanza di sospensione dell'esecuzione della sentenza gravata di ricorso per cassazione - di condanna alle spese, poiché, per la sua natura provvisoria, esso è destinato ad essere assorbito all'esito del giudizio di legittimità in cui, con la decisione definitiva, verranno individuate le effettive posizioni delle parti, quali vittoriose o soccombenti e potrà essere richiesta la liquidazione o la ripetizione delle spese.
Cass. civ. n. 2949/2011
In tema di espropriazione immobiliare - nel regime dell'art. 584 c.p.c. nel testo antecedente le modifiche di cui al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modifiche, nella legge 14 maggio 2005, n. 80, e di cui alla legge 28 dicembre 2005, n. 263, applicabile "ratione temporis" - in caso di presentazione di un'offerta in aumento di sesto, con conseguente indizione di una nuova gara, si determina la prosecuzione del medesimo procedimento di espropriazione, sicché, ove l'incarico di partecipare all'asta pubblica sia stato oggetto di una procura, essa mantiene la propria validità anche per la fase del rincaro.
Cass. civ. n. 22153/2010
È reclamabile davanti alla corte d'appello il decreto emesso dal tribunale in composizione monocratica, ai sensi dell'art. 13 del r.d. 28 marzo 1929, n. 499, che abbia provveduto sul ricorso per il rilascio del certificato di eredità e legato nel sistema tavolare di pubblicità immobiliare sia perché, in base alle regole generali e dopo la novella di cui al d.l.vo 19 febbraio 1998, n. 51, sulle impugnazioni dei decreti camerali del tribunale in composizione monocratica deve pronunciarsi la Corte d'appello, sia in virtù dell'art. 739 c.p.c. richiamato dall'art. 23 del r.d. 28 marzo 1929, n. 499; non potendo pervenirsi a diversa conclusione mediante il richiamo all'art. 126 del citato r.d. n. 499 del 1929, norma che riguarda il reclamo davanti al Tribunale collegiale avverso i decreti tavolari aventi ad oggetto il regolamento secondo legge dell'interesse pubblico alla pubblicità immobiliare, i quali sono atti aventi contenuto, natura, finalità e presupposti del tutto diversi dal certificato di eredità.