Art. 84 – Codice di procedura civile – Testo non disponibile
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Massime correlate
Cass. civ. n. 10341/2025
La scelta del legislatore, espressa dalla norma di cui all'art. 391-ter c.p.c., di non assoggettare a revocazione anche le sentenze di mera legittimità della Corte di cassazione, oltre a quelle che decidono anche il merito emesse ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c., non comporta vizi d'incostituzionalità della norma, sia perché l'estensione delle ipotesi di revocazione delle sentenze della S.C. può essere operata solo dal legislatore, nell'ambito delle valutazioni discrezionali di sua competenza, alle quali non rimane estranea l'esigenza, costituzionalizzata nell'art. 111 Cost., di evitare che i giudizi si protraggano all'infinito, sia perché un'eventuale difforme interpretazione della norma richiederebbe al giudice delle leggi un'inammissibile addizione, ponendo in essere un significativo mutamento dell'intero sistema processuale vigente.
Cass. civ. n. 9957/2025
Le prove assunte in un precedente processo penale (anche tra parti diverse) e le sentenze ivi pronunciate, ancorché prive di formale efficacia di giudicato ex artt. 651 e 652 c.p.p., sono liberamente valutabili nel giudizio civile di danno quali prove precostituite e atipiche - se ritualmente prodotte e sottoposte al contraddittorio tra le parti (le quali, oltre alla ritualità della produzione, possono contestare pure i fatti accertati in sede penale) - ai fini dell'accertamento dell'illecito civile e il giudice, potendo scegliere le prove ritenute più idonee a dimostrare la verità dei fatti, ha anche facoltà escludere la concreta inferenza probatoria di talune di esse (nella specie, la sentenza di non luogo a procedere per non aver commesso il fatto).
Cass. civ. n. 9561/2025
Il giudice di merito che ha acquisito e ritenuto rilevante l'istanza di verificazione della scrittura privata disconosciuta deve, ai sensi dell'art. 217 c.p.c., disporre l'apertura della fase istruttoria, non essendo invece necessario ricorrere ad un sub-procedimento istruttorio distinto per il giudizio di verificazione, posto che il principio del libero convincimento del giudice ex art. 116 c.p.c. non impone alcuna graduatoria fra le varie fonti di accertamento della verità.
Cass. civ. n. 2365/2025
In tema di giudizio di rinvio, la rilevabilità del giudicato, interno ed esterno, in ogni stato e grado del processo, va coordinata con i principi che disciplinano quel giudizio, e, segnatamente, con la prospettata efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio, che riguarda non solo le questioni dedotte dalle parti o rilevate d'ufficio nel procedimento di legittimità, ma, anche, quelle che costituiscono il necessario presupposto della sentenza stessa, ancorché ivi non dedotte o rilevate, sicché il giudice di rinvio non può prendere in esame la questione concernente l'esistenza di un giudicato, esterno o interno, ove tale esistenza, pur potendo essere allegata o rilevata, risulti tuttavia esclusa, quantomeno implicitamente, dalla statuizione di cassazione con rinvio.
Cass. civ. n. 300/2025
In tema di contenzioso tributario, l'appellante che ha notificato l'atto di appello a mezzo del servizio postale, o per il tramite di ufficiale giudiziario, ovvero direttamente dalla parte, ai sensi dell'art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel testo vigente ratione temporis, ha l'onere di produrre in giudizio prima della discussione e a pena di inammissibilità del gravame, l'avviso di ricevimento attestante l'avvenuta notifica all'appellato non costituito o, in alternativa, di chiedere la rimessione in termini (ex art. 184-bis, ora 153, comma 2, c.p.c.), dimostrando di essersi tempestivamente attivato per acquisirne il duplicato dall'amministrazione postale.
Cass. civ. n. 25698/2024
Il professionista delegato ex art. 591-bis c.p.c. non esercita pienamente le funzioni giudiziarie o giurisdizionali, perché la delegabilità di un novero assai ampio di atti del processo esecutivo non fa venir meno la direzione del giudice dell'esecuzione, a norma dell'art. 484, comma 1, c.p.c.; tuttavia, l'imputazione degli atti fa sempre capo all'ufficio giudiziario nel suo complesso, nei cui confronti va rivolta l'eventuale azione di risarcimento dei danni per violazioni commesse nell'esercizio dell'attività giurisdizionale ai sensi della l. n. 117 del 13/4/1988, mentre il professionista delegato può essere chiamato a rispondere in via ordinaria, per colpa o dolo, ai sensi dell'art. 2043 c.c., qualora ne sussistano i presupposti, ossia quando i suoi atti sono stati posti in essere al di fuori dello schema legale e non possano essere ricondotti in alcun modo al legittimo esercizio della delega.
Cass. civ. n. 25409/2024
La procura rilasciata "con ogni più ampia facoltà di legge" in calce alla comparsa di risposta in appello, in quanto comprensiva del potere di compiere ogni attività processuale utile all'appellato, legittima il difensore a proporre l'appello incidentale.
Cass. civ. n. 18435/2024
La rimessione in termini, sia nella norma dettata dall'art. 184-bis c.p.c. che in quella di più ampia portata contenuta nell'art. 153, comma 2, c.p.c., come novellato dalla l. n. 69 del 2009, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello, secondo cui l'errore del difensore nella lettura del menu a tendina del PCT e nella selezione di un tribunale diverso da quello competente, determinante la tardiva costituzione in giudizio, non potev integrare gli estremi dell'errore scusabile idoneo a giustificare la rimessione in termini).
Cass. civ. n. 14253/2024
In tema di conclusione del contratto, l'esecuzione della prestazione tipica è sufficiente a far considerare il contratto stesso tacitamente e validamente concluso, se la legge non richieda una forma particolare per l'esistenza di esso ovvero se, nell'ipotesi prevista dall'art. 1326, comma 4, c.c. essendo posta nell'esclusivo interesse dello stesso proponente questi, in forza del principio delle disponibilità degli interessi, rinunci agli effetti della mancata accettazione per iscritto della proposta, come da lui richiesto, accontentandosi di un'adesione manifestata in forma diversa.
Cass. civ. n. 14172/2024
La presenza in giudizio di più difensori della stessa parte non autorizza i medesimi a moltiplicare gli atti tipici previsti dalla legge per la difesa dell'assistito, in quanto il potere di compiere l'atto si riferisce al diritto della parte di difendersi e contraddire, che è unico anche se la parte è assistita da più avvocati. (Nella specie, la S.C. ha considerato validamente espressa la rinuncia agli atti formulata da uno solo dei difensori della parte ricorrente).
Cass. civ. n. 13636/2024
La rinuncia all'azione, ovvero all'intera pretesa azionata dall'attore nei confronti del convenuto, costituisce un atto di disposizione del diritto in contesa e richiede, in capo al difensore, un mandato ad hoc, senza che sia a tal fine sufficiente quello ad litem, in ciò differenziandosi dalla rinuncia ad una parte dell'originaria domanda, che rientra fra i poteri del difensore quale espressione della facoltà di modificare le domande e le conclusioni precedentemente formulate. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva rigettato l'appello ritenendo valida la rinuncia all'intera domanda effettuata dal difensore della ricorrente a verbale nel giudizio di primo grado).
Cass. civ. n. 12843/2024
La ratifica dell'operato del falsus procurator può essere compiuta anche dal difensore in sede processuale, purché la procura alle liti a questo conferita includa il potere di disporre del diritto in contesa, potere non desumibile dalla formula di stile secondo cui il mandato comprende "ogni più ampia facoltà di legge".
Cass. civ. n. 10337/2024
In caso di cassazione con rinvio, per erronea applicazione del criterio legale di determinazione del "quantum" del diritto accertato dalla sentenza impugnata, e di successiva estinzione del giudizio per mancata riassunzione, ai sensi dell'art. 310, comma 2, c.p.c. resta efficace il giudicato di merito formatosi non solo sull'"an" del diritto, ma anche sulla parte del "quantum" non travolta dall'annullamento della sentenza di merito. (Nella specie, in relazione ad una opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per la restituzione di somme corrisposte in esecuzione di una sentenza di condanna al risarcimento del danno per tardiva attuazione delle direttive comunitarie in tema di retribuzione dei medici specializzandi, pronunciata in un giudizio estintosi in ragione della mancata riassunzione a seguito della cassazione con rinvio di tale pronuncia, la S.C. ha riconosciuto il giudicato nell'accertamento della spettanza del diritto nei limiti quantitativi di cui all'art. 11 della l. n. 370 del 1999, residuati alla intervenuta cassazione della pronuncia d'appello).
Cass. civ. n. 6700/2024
In tema di estinzione delle obbligazioni, la compensazione impropria (o atecnica) riguarda crediti e debiti che hanno origine da uno stesso rapporto e risolvendosi in una verifica delle reciproche poste attive e passive delle parti, consente al giudice di procedere d'ufficio al relativo
Cass. civ. n. 5253/2024
L'oggetto e i limiti del giudizio di rinvio impongono di escludere che il giudice, al quale la causa sia rimessa dopo la pronuncia cassatoria, possa sindacare la correttezza in iure del principio stabilito dalla sentenza pronunciata in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il giudice del rinvio potesse rimettere in discussione l'applicabilità del principio di non contestazione affermata in sede cassatoria, così come la ritualità della notifica dell'atto di deferimento dell'interrogatorio formale, pure affermata in sede di legittimità, essendogli unicamente consentito di valutare le conseguenze probatorie derivanti dalla mancata risposta all'interpello ex art. 232 c.p.c.).
Cass. civ. n. 3150/2024
Il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati dalla sentenza cassata e, se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività, conserva il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione che, in sede di giudizio di rinvio in tema di divisione ereditaria, non aveva verificato se per tutti gli eredi fosse stato provato l'effettivo possesso dei beni per i fini di cui all'art. 485 c.c. limitandosi a ritenere provata tale circostanza in forza della mera cassazione della precedente sentenza della Corte d'Appello, sebbene la decisione della S.C. avesse solamente emendato l'errore di diritto in cui era incorso il giudice di merito rimanendo impregiudicato l'accertamento dell'effettiva ricorrenza della condizione prevista dalla norma).
Cass. civ. n. 3134/2024
La nullità del procedimento per pretermissione di litisconsorti necessari è rilevabile d'ufficio, anche per la prima volta nel giudizio di legittimità e pure in sede di regolamento di competenza, perché la declaratoria di competenza di uno dei giudici di merito determinerebbe un inutile ritardo nella definizione del giudizio, inevitabilmente destinato a concludersi con una pronuncia inutiliter data, essendo la questione della corretta instaurazione del rapporto processuale preliminare rispetto a quella concernente la competenza.
Cass. civ. n. 33346/2023
In tema di concordato preventivo, nel giudizio di rinvio a seguito di cassazione per violazione di legge, non è consentito procedere ad una nuova valutazione della fattibilità del piano concordatario ove la sentenza di merito sia stata cassata per violazione dell'obbligo di accantonamento dei crediti erariali contestati, poiché, in caso di annullamento per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il giudice del rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi al principio enunciato, senza possibilità di modificare l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo.
Cass. civ. n. 29879/2023
Atteso il carattere chiuso del giudizio di rinvio ex art. 394 c.p.c., è preclusa alle parti in tale fase non solo la possibilità di proporre domande nuove, ma anche di prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio in cui è stata pronunciata la sentenza cassata. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva ritenuto ammissibile in fase di rinvio la domanda di accertamento del trasferimento della proprietà, nonostante che la domanda originariamente formulata avesse ad oggetto esclusivamente l'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.).
Cass. civ. n. 28427/2023
Il divieto, per l'avvocato, di assumere validamente l'incarico di difesa contemporanea di due parti tra loro in conflitto (anche solo potenziale) di interessi determina la nullità del secondo mandato difensivo non soltanto in caso di contestuale costituzione del difensore in un unico giudizio, ma anche in ipotesi di costituzione in giudizi diversi. (Nella specie, la S.C. ha ravvisato il conflitto di interessi dell'avvocato che aveva difeso l'assicurato nel giudizio di cognizione avente ad oggetto la sua responsabilità professionale, all'esito del quale si era formato il titolo esecutivo, e la compagnia assicurativa, quale terza pignorata opponente, nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi).
Cass. civ. n. 26356/2023
E' valida la notifica effettuata ai sensi della legge n. 53 del 1994 dall'avvocato domiciliatario che sia stato a ciò delegato, anche verbalmente, dal difensore munito di procura alle liti qualora, tanto lui quanto il delegato, siano stati autorizzati a eseguire notificazioni dall'ordine degli avvocati.
Cass. civ. n. 23511/2023
Il giudizio di divisione deve svolgersi, ai sensi dell'art. 784 c.c., a pena di nullità, con la partecipazione di tutti i condividenti, la cui qualità di litisconsorti necessari permane in ogni stato e grado del processo, indipendentemente dall'attività e dal comportamento processuale di ciascuna parte, ed anche se oggetto del giudizio di impugnazione siano esclusivamente i conguagli.
Cass. civ. n. 20248/2023
Le decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l'introduzione di un secondo giudizio identico al primo e a questo riunito, in quanto la riunione di cause identiche non realizza una vera e propria fusione dei procedimenti, tale da determinarne il concorso nella definizione dell'effettivo "thema decidendum et probandum", restando anzi intatta l'autonomia di ciascuna causa. Ne consegue che, in tale evenienza, il giudice - in osservanza del principio del "ne bis in idem" e allo scopo di non favorire l'abuso dello strumento processuale e di non ledere il diritto di difesa della parte in cui favore sono maturate le preclusioni - deve trattare soltanto la causa iniziata per prima, decidendo in base ai fatti tempestivamente allegati e al materiale istruttorio in essa raccolto, salva l'eventualità che, non potendo tale causa condurre ad una pronuncia sul merito, venga meno l'impedimento alla trattazione della causa successivamente instaurata.
Cass. civ. n. 18772/2023
Il procedimento arbitrale è improntato al principio di libertà delle forme, sicché, ove nulla sia stato previsto nella convenzione di arbitrato, spetta all'arbitro regolare lo svolgimento del giudizio, anche assegnando termini perentori per la produzione di mezzi di prova, purché ne abbia dato avviso alle parti, salvaguardando così il loro diritto di difesa.
Cass. civ. n. 17416/2023
Nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale art. 384 c.p.c., una volta verificata l'omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto.
Cass. civ. n. 16794/2023
Nel giudizio di scioglimento della comunione di un bene, gli eventuali usufruttuari non rivestono la qualità di litisconsorti necessari, giacché, in ossequio al principio dispositivo, il litisconsorzio necessario, stante la sua natura eccezionale, opera nei soli casi previsti dalla legge.
Cass. civ. n. 14624/2023
In tema di giudizio di rinvio, poiché il giudice nazionale deve verificare la compatibilità del diritto interno con le disposizioni unionali vincolanti, applicandole anche d'ufficio, nel caso di ricorso per cassazione avverso la decisione adottata in sede di rinvio, il giudice di legittimità è tenuto a rendere la decisione finale conforme alle regole eurounitarie, anche discostandosi dal principio di diritto precedentemente formulato e superando il vincolo derivante dall'art. 384, comma 2, c.p.c. in caso di contrasto con il diritto unionale.
Cass. civ. n. 9660/2023
Nel procedimento per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione (ex artt. 391-bis e 395, n. 4, c.p.c.), la sospensione prevista dall'art. 401 c.p.c. è ammissibile per le sole sentenze astrattamente suscettibili di esecuzione e, quindi, solo per quelle emesse ai sensi dell'art. 384, comma 2, ultima parte, c.p.c..
Cass. civ. n. 6228/2023
Nei giudizi di scioglimento della comunione, la prova della comproprietà dei beni dividendi non è quella rigorosa richiesta in caso di azione di rivendicazione o di accertamento positivo della proprietà, atteso che la divisione, oltre a non operare alcun trasferimento di diritti dall'uno all'altro condividente, è volta a far accertare un diritto comune a tutte le parti in causa e non la proprietà dell'attore con negazione di quella dei convenuti, sicché, in caso di non contestazione sull'appartenenza dei beni, non può disconoscersi la possibilità di una prova indiziaria, né la rilevanza delle verifiche compiute dal consulente tecnico, siccome ridondanti a vantaggio della collettività dei condividenti.
Cass. civ. n. 1765/2023
Nel caso in cui tra due o più parti sussista conflitto di interessi - attuale o anche solo potenziale (quando esse, pur avanzando istanze non incompatibili tra loro, rivestono in giudizio posizioni virtualmente in contrapposizione) - è inammissibile l'impugnazione dalle stesse proposta a mezzo di uno stesso procuratore, in quanto il difensore non può svolgere contemporaneamente la sua attività difensiva in favore di soggetti portatori di istanze confliggenti, pena la violazione dei valori costituzionali del diritto di difesa e del principio del contraddittorio; l'inammissibilità non è suscettibile di sanatoria ex art. 156 c.p.c, sia perché lo scopo raggiunto (la difesa congiunta di interessi diversi e confliggenti) è proprio quello vietato, sia perché la regola invocata vale per le nullità e non per situazioni che costituiscono impedimento all'esercizio dell'azione. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato inammissibile l'appello proposto da uno stesso difensore - nell'interesse del terzo trasportato, del conducente del veicolo e del proprietario di quest'ultimo - poiché, sebbene diretto ad accertare la responsabilità dell'ignoto conducente dell'altro automezzo e dell'Anas, i tre soggetti erano comunque portatori di posizioni virtualmente confliggenti).
Cass. civ. n. 14199/2021
Qualora sia impugnata per cassazione la compensazione delle spese compiuta dal giudice di merito, e non siano necessari accertamenti di fatto, alla luce del principio di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111 Cost., che impone di non trasferire una causa dall'uno all'altro giudice quando il giudice rinviante potrebbe da sé svolgere le attività richieste al giudice cui la causa è rinviata, è consentito alla Corte decidere la causa nel merito ex art. 384 c.p.c., liquidando le spese non solo del giudizio di legittimità, ma anche dei gradi di merito, in quanto sarebbe del tutto illogico imporre il giudizio di rinvio, al solo fine di provvedere ad una liquidazione che, in quanto ancorata a parametri di legge, ben può essere direttamente compiuta dal giudice di legittimità. (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO SALERNO).
Cass. civ. n. 41008/2021
Nel giudizio di legittimità, la richiesta di cassazione della sentenza impugnata - che costituisce, ai sensi dell'art. 366, n. 4, c.p.c., requisito di ammissibilità del ricorso incidentale contenuto nel controricorso - può essere formulata anche in forma implicita ed è, pertanto, ravvisabile nella richiesta di confermare la sentenza impugnata sia pure con motivazione modificata; la correzione della motivazione, che si differenzia dal rigetto dell'impugnazione per l'assoluta coincidenza delle statuizioni pratiche che ne derivano, si concreta, infatti, in un accoglimento del ricorso, con contemporanea decisione della causa di merito, e dà luogo a una "Cass. civ. n. sostitutiva" del tutto analoga a quella disciplinata dall'art. 384, comma 2, c.p.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 23/01/2014).
Cass. civ. n. 29880/2019
Nel giudizio di legittimità, per palesi ragioni di economia e ragionevole durata del processo, la fondatezza di motivi preliminari (di rito o di merito) da cui deriverebbe la necessità di una pronuncia, precedentemente mancata, su profili consequenziali (sempre di merito), non può portare all'accoglimento del ricorso ogni qual volta il diritto ultimo rivendicato sia comunque giuridicamente insussistente; in tali evenienze il giudizio di legittimità va comunque definito, previa correzione ex art. 384 c.p.c. della motivazione assunta nella sentenza impugnata, con la reiezione del ricorso interessato da tale dinamica processuale. (Nella specie, a fronte di un ricorso proposto da un'Università avverso la pronuncia di condanna a corrispondere determinati emolumenti ai medici "specializzandi", i quali, a loro volta, avevano proposto ricorso incidentale per chiedere, in caso di accoglimento del ricorso principale, l'accertamento della legittimazione passiva, rispetto alla pronuncia di condanna alle differenze rivendicate, della Presidenza del Consiglio o dei Ministeri evocati in giudizio, la S.C., riconosciuto il difetto di legittimazione passiva dell'Università, ha rigettato comunque il ricorso incidentale per infondatezza nel merito delle pretese dei medici).
Cass. civ. n. 21510/2019
Il giudizio di divisione "mortis causa" deve svolgersi, ai sensi dell'art. 784 c.c., con la partecipazione di tutti i condividenti, la cui qualità di litisconsorti necessari permane in ogni stato e grado del processo, indipendentemente dall'attività e dal comportamento processuale di ciascuna parte. (Nella specie, la S.C. ha rimesso gli atti al giudice di primo grado, ex art. 354, comma 1, c.p.c., per essersi tale grado di lite, nonché il successivo giudizio di gravame, svolto senza la partecipazione necessaria di due condividenti, illegittimamente estromessi in prime cure a seguito di rinuncia agli atti del giudizio ad opera dell'attore, seguita dall'accettazione degli interessati).
Cass. civ. n. 4837/2019
La rinuncia all'azione, ovvero all'intera pretesa azionata dall'attore nei confronti del convenuto, costituisce un atto di disposizione del diritto in contesa e richiede, in capo al difensore, un mandato "ad hoc", senza che sia a tal fine sufficiente quello "ad litem", in ciò differenziandosi dalla rinuncia ad una parte dell'originaria domanda, che rientra fra i poteri del difensore quale espressione della facoltà di modificare le domande e le conclusioni precedentemente formulate.
Cass. civ. n. 16144/2019
La dichiarazione o la notificazione della morte o della perdita della capacità della parte costituita, effettuata dal difensore ai sensi dell'art. 300, comma 1, c.p.c., determina la cessazione dell'ultrattività del mandato alla lite estintosi a causa dell'evento interruttivo e, quindi, la perdita dello "ius postulandi"; ne deriva che è priva di rilevanza l'eccezione di estinzione del processo per mancata riassunzione nel termine ex art. 305 c.p.c. formulata (ai sensi dell'art. 307, comma 4, c.p.c. nella versione anteriore alla riforma introdotta dalla legge n. 69 del 2009) dal procuratore dopo che abbia notificato alla controparte la morte del proprio assistito, ma la stessa eccezione può essere validamente proposta dal difensore nominato dall'erede della parte deceduta all'atto della costituzione nel medesimo giudizio, dichiarato interrotto e riassunto, in cui si è verificato il fatto che ha dato luogo all'estinzione.
Cass. civ. n. 14515/2019
La dichiarazione unilaterale recettizia di carattere negoziale che esprime la volontà di esercitare il diritto potestativo di riscatto nei confronti dell'acquirente di quota ereditaria, previsto dall'art. 732 c.c. a favore dei coeredi, può essere espressa anche con l'atto introduttivo del giudizio ed è in esso validamente manifestata quando sia riconducibile al titolare del potere attraverso la sottoscrizione di tale atto o il conferimento della procura speciale al difensore, tale dovendosi ritenere anche quella apposta a margine dell'atto o in calce allo stesso, dal momento che in tal caso, per effetto di siffatta procura, l'atto introduttivo del giudizio è direttamente riferibile alla parte, anche nel punto in cui contenga la suddetta manifestazione di volontà negoziale. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 15/12/2014).
Cass. civ. n. 27343/2018
I limiti e l'oggetto del giudizio di rinvio sono fissati esclusivamente dalla sentenza di cassazione, la quale non può essere sindacata o elusa dal giudice di rinvio, neppure in caso di violazione di norme di diritto sostanziale o processuale o per errore del principio di diritto affermato, la cui giuridica correttezza non è sindacabile dal giudice del rinvio neanche alla stregua di arresti giurisprudenziali successivi della corte di legittimità.
Cass. civ. n. 9017/2018
L'affittuario di azienda di impresa assoggettata a fallimento, che eserciti il diritto di prelazione ex art. 104-bis, quinto comma, l. fall., non si trova, rispetto alle vicende della procedura, in una posizione di terzietà, tale da non subire l'incidenza delle offerte presentate secondo le modalità previste dall'art. 584 c.p.c. poiché, per effetto dell'esercizio del diritto di prelazione, egli subentra nella posizione dell'aggiudicatario, non essendo scindibili gli effetti favorevoli di tale sua posizione, quale l'aspettativa al trasferimento del bene, da quelli sfavorevoli, tra cui anche l'eventualità che un terzo presenti un'offerta in aumento. (Rigetta, TRIBUNALE NAPOLI, 12/05/2016).
Cass. civ. n. 25756/2018
Nel caso di divisioni di beni provenienti da titoli diversi e, perciò, appartenenti a distinte comunioni, si deve procedere a tante divisioni quante sono le masse, derivandone il litisconsorzio necessario tra i condividenti soltanto all'interno del giudizio di divisione relativo a ciascuna di esse; può invece procedersi a un'unica divisione solo in presenza del consenso di tutte le parti, purché la circostanza risulti da uno specifico negozio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza emessa dal giudice di merito con la quale era stato predisposto un progetto di divisione cumulativo delle due masse, senza che risultasse l'acquisizione del consenso dei condividenti).
Cass. civ. n. 20898/2018
La procura alle liti conferita in termini ampi ed omnicomprensivi è idonea, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale attuativa dei principi di economia processuale, di tutela del diritto di azione nonché di difesa della parte di cui agli artt. 24 e 111 Cost., ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le iniziative atte a tutelare l'interesse del proprio assistito, ivi inclusa la chiamata del terzo in garanzia cd. impropria.
Cass. civ. n. 22772/2018
Nel caso in cui tra due o più parti sussista un conflitto di interessi, è inammissibile la costituzione in giudizio a mezzo dello stesso procuratore, al quale sia stato peraltro conferito mandato con un unico atto, e la violazione di tale limite, investendo i valori costituzionali del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, è rilevabile d'ufficio. (Nel caso di specie la S.C., in materia di azione di responsabilità promossa da un socio nei confronti degli amministratori di una s.r.l., ha confermato la decisione della corte d'appello che aveva ritenuto inammissibile la costituzione in giudizio della società e degli amministratori con il medesimo difensore ravvisando, fra le posizioni da questi assistite, un conflitto di interessi, perché il socio aveva agito per far valere il danno arrecato dagli amministratori alla società). (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 17/10/2013).
Cass. civ. n. 26725/2018
L'ordinanza di inammissibilità dell'azione di classe proposta ai sensi dell'art. 140-bis del d.lgs. n. 206 del 2005, adottata dalla corte di appello in sede di reclamo, non ha carattere decisorio e, quindi, non è impugnabile con il ricorso ex art. 111, comma 7, Cost., ove detta azione sia finalizzata ad ottenere la tutela risarcitoria di un pregiudizio subito dai singoli appartenenti alla classe e non anche di un interesse collettivo, essendo il medesimo diritto tutelabile attraverso l'azione individuale. (Nella specie, la S.C. ha escluso che fosse diretta alla tutela di un interesse collettivo l'azione promossa ai sensi dell'art. 140-bis del d.lgs. n. 206 del 2005 al fine di ottenere l'accertamento della responsabilità di una struttura sanitaria per avere esposto una serie di neonati al rischio di contagio da tubercolosi e il risarcimento dei danni subiti, in conseguenza di tale condotta, da uno degli appartenenti alla classe e dal suo rappresentante legale). (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO ROMA, 01/12/2015).
Cass. civ. n. 30161/2018
Le ordinanze con cui il giudice istruttore o il collegio decidono in ordine alle richieste di ammissione delle prove e dispongono in ordine all'istruzione della causa sono di norma revocabili, anche implicitamente, e non pregiudicano il merito della decisione della controversia, non essendo pertanto idonee ad acquistare efficacia di giudicato, né per altro verso spiegano alcun effetto preclusivo, qualsiasi questione potendo essere nuovamente trattata in sede di decisione e diversamente delibata (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva rigettato l'appello avverso la decisione del tribunale contenente la declaratoria di inammissibilità della prova testimoniale ammessa ed espletata nella precedente fase istruttoria).
Cass. civ. n. 13522/2017
La pronuncia delle Sezioni Unite che, componendo il contrasto sull'interpretazione di una norma processuale, opti per la conferma dell’orientamento prevalente, in applicazione del quale derivi, in danno di una parte, una decadenza o una preclusione che sarebbe invece esclusa alla stregua dell’orientamento minoritario, non configura un'ipotesi di “overruling” avente il carattere di imprevedibilità e, di conseguenza, non costituisce presupposto per la rimessione in termini della parte che sia incorsa nella preclusione o nella decadenza (Fattispecie relativa all'individuazione della decorrenza del termine per la riassunzione del processo a seguito di evento interruttivo che abbia colpito la parte costituita a mezzo di procuratore).
Cass. civ. n. 24866/2017
La Corte di cassazione può decidere la causa nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., nel caso di violazione o falsa applicazione non solo di norme sostanziali ma anche di norme processuali (nella specie, quella di cui all'art. 91 c.p.c.), purché non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto.
Cass. civ. n. 16171/2017
Alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell'art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l'omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l'inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto.
Cass. civ. n. 29462/2017
Sulla validità degli atti processuali posti in essere dal difensore, iscritto all'albo e munito di procura, non incidono eventuali situazioni di incompatibilità con l’esercizio della professione, quali quelle discendenti dalla qualità di lavoratore subordinato, che, sanzionabili sul piano disciplinare, non lo privano della legittimazione all’esercizio della medesima professione fino a quando persista detta iscrizione.
Cass. civ. n. 12171/2017
La procura “ad litem” relativa all’atto introduttivo del giudizio abilita il difensore alla riassunzione davanti al giudice dichiarato competente a seguito della pronuncia di incompetenza di quello adito, senza che occorra il rilascio di una nuova procura. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito la quale, a seguito di declaratoria di incompetenza conseguente ad un'opposizione a decreto ingiuntivo, aveva ritenuto valida la riassunzione innanzi al giudice dichiarato competente, operata sulla base della procura rilasciata a margine dell'originario ricorso monitorio).
Cass. civ. n. 2610/2017
L'ordinanza di inammissibilità dell'azione di classe proposta ex art. 140-bis del d.lgs. n. 206 del 2005, adottata dalla corte di appello in sede di reclamo, non è impugnabile con il ricorso ex art. 111, comma 7, Cost., ove la detta azione sia finalizzata ad ottenere la tutela risarcitoria di un pregiudizio subito dai singoli appartenenti alla classe e non anche di un interesse collettivo, essendo il medesimo diritto tutelabile attraverso l'azione individuale volta ad ottenere il risarcimento del danno; peraltro, la dichiarazione di inammissibilità preclude la riproposizione dell'azione da parte dei medesimi soggetti, ma non ad opera di tutti gli altri appartenenti alla classe che non abbiano aderito all'azione oggetto di quella declaratoria. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO ROMA, 27/01/2012).
Cass. civ. n. 26193/2016
L'obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi alla "regula iuris" enunciata dalla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c. viene meno quando la norma da applicare in aderenza a tale principio sia stata successivamente abrogata, modificata o sostituita per effetto di "ius superveniens", ovvero dichiarata costituzionalmente illegittima successivamente alla pronuncia rescindente, dovendo, in questo caso, farsi applicazione, rispetto ai fatti già accertati nelle precedenti fasi del processo, del diritto sopravvenuto, che travalica il principio di diritto enunciato dalla sentenza di rinvio. Pertanto, ove l'espropriato contesti la quantificazione dell’indennità di espropriazione operata dalla corte di appello con il criterio del valore agricolo medio (VAM), previsto dagli artt. 16 della l. n. 865 del 1971 e 5 bis, comma 4, della l. n. 359 del 1992 e dichiarato incostituzionale da Corte cost. n. 181 del 2011, la stima dell'indennità deve essere effettuata utilizzandosi il criterio generale del valore venale pieno, tratto dall'art. 39 della l. n. 2359 del 1865, applicandosi la menzionata pronuncia di illegittimità ai rapporti non ancora definitivamente esauriti.
Cass. civ. n. 13458/2016
La sopravvenuta decisione della Commissione Europea è immediatamente applicabile trattandosi, ai sensi dell'art. 288 del T.F.U.E, di atto normativo vincolante e, dunque, di "ius superveniens", sicché il giudice di legittimità è tenuto a dare immediata attuazione, anche d'ufficio, alla nuova regolamentazione della materia oggetto della decisione comunitaria, decidendo nel merito ovvero, se sia necessario un accertamento dei presupposti di fatto, cassando la sentenza impugnata e rimettendo al giudice di rinvio il relativo compito. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata attesa la sopravvenuta decisione della Commissione Europea del 14 agosto 2015, che aveva qualificato come aiuti di Stato, incompatibili con il mercato interno, le agevolazioni riconosciute ai sensi della l. n. 350 del 2003 attesa l'assenza di una definizione di danno e la mancata identificazione del nesso tra l'aiuto e il danno effettivamente subito a seguito delle calamità naturali).
Cass. civ. n. 10320/2016
In pendenza di un processo di esecuzione è inammissibile la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione, il cui ambito di applicazione è circoscritto al processo di cognizione ove soltanto è possibile riconoscere l'esistenza di un giudice istruttore e di un collegio ai sensi dell'art. 367 c.p.c.; né, conseguentemente, tale rimedio processuale è proponibile nei giudizi di opposizione incidentali all'esecuzione, atteso che esso potrebbe riguardare solo la giurisdizione a conoscere dell'opposizione, la quale, una volta che il processo esecutivo sia iniziato, non può che spettare al giudice ordinario, sicché tutte le questioni sull'esistenza del titolo esecutivo o sulla liquidità del credito riguardano la legittimità dell'esecuzione e non la giurisdizione, senza che assuma rilievo l'origine del titolo (nella specie, una decisione del Consiglio di Stato) o la qualità soggettiva di P.A. del debitore. (Regola giurisdizione).
Cass. civ. n. 21968/2015
Nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale art. 384 c.p.c., una volta verificata l'omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto.
Cass. civ. n. 21272/2015
La carenza degli elementi costitutivi del diritto azionato è deducibile o rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, fatta salva la preclusione eventualmente derivante dal giudicato, sicché la Suprema Corte, nel cassare la sentenza impugnata avente contenuto solo processuale, può, nell'esercizio del potere attribuitole dall'art. 384, comma 2, c.p.c., negare l'astratta configurabilità del diritto soggettivo affermato dall'attore con l'atto introduttivo del giudizio, e così rigettare la domanda, purché sulla corrispondente questione di diritto si sia svolto il contraddittorio nella stessa fase di legittimità.
Cass. civ. n. 20981/2015
In ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di cassazione vincola al principio affermato ed ai relativi presupposti di fatto, onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla "regola" giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione, attenendosi agli accertamenti già compresi nell'ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità.
Cass. civ. n. 10243/2015
Nel caso in cui la Banca d'Italia, chiamata a rendere la dichiarazione di terzo quale tesoriere nell'ambito di un procedimento di espropriazione presso terzi per crediti nei confronti del Ministero dell'Interno, dichiari l'esistenza di somme soggette a vincolo di impignorabilità ex art. 27, comma 13, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (nel testo introdotto dall'art. 3 quater del d.l. 22 febbraio 2002, n. 13, conv. con modif. dalla legge 24 aprile 2002, n. 75), la rilevabilità ufficiosa di tale vincolo impone al giudice dell'esecuzione di svolgere, nell'ambito dei poteri a lui attribuiti dall'art. 484, primo comma, cod. proc. civ., una sommaria attività accertativa, procedendo alla declaratoria di nullità del pignoramento e di improseguibilità del processo esecutivo ovvero, per il caso di ritenuta inoperatività del vincolo, all'assegnazione del credito, previo riscontro delle relative condizioni. In entrambi i casi, la tutela contro i provvedimenti resi dal giudice dell'esecuzione resta affidata al rimedio dell'opposizione ex art. 617 cod. proc. civ., salva l'opposizione del debitore esecutato volta a far valere l'impignorabilità del credito, proposta prima del provvedimento del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 615 cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 4975/2015
La cassazione sostitutiva, con pronuncia nel merito, è ammessa solo quando la controversia debba esser decisa in base ai medesimi accertamenti ed apprezzamenti di fatto, che costituiscono i presupposti dell'errato giudizio di diritto, e non pure quando, per effetto dell'intervento caducatorio della sentenza di legittimità, si renda necessario decidere questioni non esaminate nella pregressa fase di merito con una pronuncia che, non valendo a sostituirne altra precedente, si configura come ulteriore rispetto a quella cassata. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio ritenendo che la procura alle liti per la proposizione dell'appello dovesse ritenersi conferita disgiuntamente ai due difensori della parte, sicché il gravame era stato regolarmente presentato, da cui il necessario esame della domanda di merito da parte della corte territoriale).
Cass. civ. n. 25209/2014
La Corte di cassazione può rilevare d'ufficio una causa di inammissibilità dell'appello, che il giudice del merito non abbia riscontrato, con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza di secondo grado oggetto di gravame. (Nella specie, il giudice di secondo grado non aveva rilevato l'inappellabilità della sentenza emessa all'esito di una opposizione all'esecuzione - pubblicata tra il 1 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 - per la quale è previsto solo il rimedio del ricorso straordinario in cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.).
Cass. civ. n. 23989/2014
La Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall'ordinamento nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, secondo comma, Cost., ha il potere di correggere la motivazione ex art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ., anche in presenza di un "error in procedendo", che ricorre anche nel caso di motivazione solo apparente.