Art. 161 – Codice di procedura civile – Nullità della sentenza
La nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi d'impugnazione.
Questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 2033/2025
La mancata o incompleta trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti costituisce, di norma, una mera irregolarità formale, irrilevante ai fini della sua validità, salvo che abbia in concreto inciso sull'attività del giudice, traducendosi in tal caso in vizio con effetti invalidanti della sentenza stessa, per omessa pronuncia sulle domande o eccezioni delle parti, oppure per difetto di motivazione in ordine ai punti decisivi prospettati dalle parti.
Cass. civ. n. 1859/2025
In tema di cartelle di pagamento, l'imprenditore - che ha presentato la domanda di concordato, anche con riserva, ai sensi dell'art. 161 della l.fall. - è tenuto al pagamento delle ritenute fiscali sulle retribuzioni che corrisponde ai propri dipendenti, in relazione alla prosecuzione dell'attività imprenditoriale consentitagli dall'art.168 della l.fall., con la conseguenza che il mancato o ritardato versamento delle stesse comporta la maturazione delle previste sanzioni e degli interessi; la stessa conseguenza, invece, non opera rispetto alle ritenute maturate anteriormente alla domanda suddetta, il cui pagamento non è possibile trattandosi di debiti pregressi, salvo quanto previsto dall'art. 182 quinquies, comma 5, della l.fall.
Cass. civ. n. 1730/2025
Ai fini del riconoscimento della prededuzione relativa agli atti legalmente compiuti dall'imprenditore dopo la presentazione di una domanda di concordato preventivo con riserva, ai sensi dell'art. 161, comma 7, l.fall., è necessario che siano state fornite informazioni sul tipo di proposta o sul contenuto del piano che il debitore intende presentare, sicché, in difetto di tali elementi, l'atto che si riveli astrattamente idoneo a incidere negativamente sul patrimonio dell'impresa va considerato di straordinaria amministrazione, conseguendone la necessità di autorizzazione da parte del giudice.
Cass. civ. n. 55/2025
In tema di concordato preventivo, il principio posto dall'art. 2697, comma 1, c.c. trova applicazione anche rispetto alla richiesta di riconoscimento della prededuzione, sicché è onere del creditore istante allegare e produrre gli elementi probatori che giustificano questa sua richiesta, con riferimento alla rispondenza agli interessi dei creditori. (Affermando tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto indimostrata la coerenza di una fornitura con la situazione esposta nella domanda di concordato prenotativo dell'imprenditore in seguito fallito, al fine di desumerne la natura di atto di ordinaria oppure di straordinaria amministrazione ex art. 161, comma 7, l.fall.).
Cass. civ. n. 36036/2024
In tema di impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, nel caso di ricorrente sottoposto alla detenzione domiciliare, anche per "altra causa", non opera la causa di inammissibilità prevista dall'art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 30372/2024
In tema di impugnazioni cautelari reali, la notificazione all'indagato non detenuto dell'avviso di fissazione dell'udienza dinanzi al tribunale del riesame, prevista dall'art. 324, comma 6, cod. proc. pen., deve essere eseguita mediante consegna al difensore di fiducia o d'ufficio, a norma dell'art. 157-bis, comma 1, cod. proc. pen, nel caso in cui non sia possibile effettuarla presso il domicilio in precedenza dichiarato o eletto.
Cass. civ. n. 28558/2024
Il giudice di primo grado che dichiara l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione non può condannare l'imputato alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla costituita parte civile, nel caso in cui non disponga il risarcimento del danno in favore di quest'ultima, in quanto il disposto dell'art. 541 cod. proc. pen. indica, quale presupposto di tale statuizione, l'accoglimento della domanda di restituzione o di risarcimento del danno.
Cass. civ. n. 28474/2024
In tema di prescrizione, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 si applica la disciplina prevista dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (cd. riforma Orlando), posto che il criterio della legge più favorevole stabilito all'art. 2, comma 4, cod. pen. assume come termini di raffronto la sospensione del decorso della prescrizione di cui all'art. 159, comma secondo, cod. pen., nel testo previsto dall'art. 11, lett. b), legge cit. e l'art. 161-bis cod. pen., introdotto dalla legge 27 settembre 2021, n. 134.
Cass. civ. n. 26294/2024
In tema di prescrizione, trova applicazione la disciplina di cui alla legge 23 giugno 2017, n. 103 (cd. riforma Orlando), relativamente ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019, ivi compresa quella afferente ai periodi di sospensione ex art. 159, comma secondo, cod. pen., nel testo introdotto dall'art. 11, lett. b), legge cit. (In motivazione, la Corte ha precisato che quello indicato costituisce regime più favorevole, sia rispetto a quello previsto dall'art. 1, comma 1, lett. e), n. 1, legge 9 gennaio 2019, n. 3 (cd. riforma Bonafede), che, vigente dal 1 gennaio 2020, ha riformulato l'art. 159, comma secondo, cod. pen., prevedendo la sospensione del corso della prescrizione dalla pronunzia della sentenza di primo grado o dal decreto penale di condanna fino all'esecutività della sentenza o all'irrevocabilità del decreto, sia rispetto a quello delineato dall'art. 2 legge 27 settembre 2021, n. 134, abrogativo dell'art. 159, secondo comma, cit., che ha introdotto l'art. 161-bis, cod. pen., a termini del quale il decorso della prescrizione cessa con la sentenza di primo grado, nonché l'art. 344-bis, cod. proc. pen., a tenore del quale, per i reati commessi dal 1 gennaio 2020, la mancata definizione del giudizio di appello e di quello di cassazione entro i termini rispettivamente indicati costituisce causa di improcedibilità dell'azione penale). bis, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 544 CORTE COST., Legge 23/06/2017 num. 103 art. 1 com. 11 lett. B CORTE COST., Legge 23/06/2017 num. 103 art. 1 com. 15 CORTE COST., Legge 23/06/2017 num. 103 art. 1 com. 95 CORTE COST., Legge 09/01/2019 num. 3 art. 1 com. 1 lett. E CORTE COST., Legge 09/01/2019 num. 3 art. 1 com. 2 CORTE COST., Legge 27/09/2021 num. 134 art. 2
Cass. civ. n. 24729/2024
In tema di rescissione del giudicato, non costituisce indice di effettiva conoscenza del processo la nomina di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso il suo studio compiuta nella fase delle indagini preliminari, alla quale abbia fatto seguito una dichiarazione di rinuncia al mandato, ove non vi sia prova che la rinuncia sia stata comunicata all'imputato e non ricorrano elementi concreti da cui desumere che questi abbia avuto notizia della "vocatio in iudicium". (In motivazione la Corte ha precisato che la negligenza informativa dell'imputato non costituisce di per sé prova della volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo).
Cass. civ. n. 24695/2024
Lo svolgimento, da parte del consulente tecnico d'ufficio, di considerazioni tecniche esulanti dall'ambito oggettivo del quesito non determina la nullità della consulenza, né quella derivata della sentenza, se è stata assicurata alle parti la possibilità di interloquire, sia dal punto di vista tecnico nel corso della c.t.u., sia dal punto di vista giuridico negli snodi processuali a ciò deputati, restando "assorbito" l'operato del consulente da quello del giudice.
Cass. civ. n. 23059/2024
Nel processo del lavoro, la mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda è causa di nullità del ricorso introduttivo che, ove non rilevata dal giudice di primo grado, è soggetta alla regola generale della conversione in motivi di impugnazione ex art. 161, comma 1, c.p.c., con onere del convenuto di impugnare la decisione anche con riguardo alla pronuncia, implicita, sulla validità dell'atto. (Nella specie, la S.C. ha affermato che l'impugnata sentenza, nel dichiarare l'inammissibilità dell'appello per carente allegazione dei fatti nel ricorso di primo e di secondo grado, aveva nella sostanza ravvisato una nullità del ricorso introduttivo del giudizio, non rilevata dal primo giudice e non fatta valere come motivo di impugnazione, ragione per la quale essa avrebbe dovuto invece decidere l'appello nel merito).
Cass. civ. n. 23056/2024
La mancata comunicazione dell'ordinanza di scioglimento della riserva con la quale siano stati assegnati i termini ex art. 190 c.p.c. costituisce motivo di nullità della sentenza, senza che la parte risulti onerata di indicare quale pregiudizio, in concreto, le sia derivato da tale inosservanza, trattandosi di ipotesi, equiparabile a quella della mancata assegnazione dei suddetti termini, di impedimento all'esercizio, nella sua pienezza, del diritto di difesa con conseguente violazione del principio del contraddittorio.
Cass. civ. n. 22287/2024
La dichiarazione o l'elezione di domicilio, richiesta a pena di inammissibilità dell'impugnazione dall'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., è funzionale alla "vocatio in iudicium" e, a condizione che sia depositata unitamente all'atto di appello, può essere anche antecedente alla pronuncia della sentenza impugnata, atteso che la contraria interpretazione postula un requisito limitativo dell'accesso alla impugnazione non previsto, in violazione del principio di legalità della procedura.
Cass. civ. n. 21940/2024
In tema di impugnazioni, la previsione di cui all'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito della dichiarazione o dell'elezione di domicilio unitamente all'atto d'impugnazione, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non trova applicazione nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto, pur se per altra causa, dovendo comunque procedersi alla notificazione a mani proprie nei confronti del detenuto, a garanzia del diritto di accesso effettivo alla giustizia sancito dall'art. 6 Convenzione EDU.
Cass. civ. n. 20355/2024
La rinuncia al mandato da parte del difensore domiciliatario, senza contestuale dichiarazione, comunicata all'autorità procedente, di non accettazione delle notifiche relative al procedimento presso il proprio studio, non priva di efficacia la precedente elezione di domicilio.
Cass. civ. n. 20059/2024
In tema di ammissibilità del concordato preventivo, il professionista designato ai sensi dell'art. 161, comma 3, l.fall. non è in possesso dei requisiti di indipendenza ex artt. 67, comma 3, lett. d), l.fall. e 2399 c.c., allorché abbia intrattenuto con il debitore un qualsivoglia rapporto, di durata o destinato a definirsi nel tempo di compimento di prestazione d'opera autonoma, sia in essere alla proposizione della domanda di concordato, sia esauritosi in epoca precedente, purché svoltosi nel quinquennio antecedente alla data di conferimento dell'incarico. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata, che, circoscrivendo la presunzione di non indipendenza ai casi di attività continuativa svolta in favore dell'imprenditore istante, aveva ritenuto irrilevante l'incarico anteriormente conferito all'attestatore di redigere una perizia giurata, trattandosi di prestazione d'opera una tantum).
Cass. civ. n. 19547/2024
In tema di impugnazioni, la dichiarazione o l'elezione di domicilio che, ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., va depositata, a pena di inammissibilità, unitamente all'atto di appello delle parti private e dei difensori, dev'essere successiva alla pronuncia della sentenza appellata, atteso che, alla luce della nuova formulazione dell'art. 164 cod. proc. pen., quella effettuata nel precedente grado di giudizio non ha più valenza illimitata, sicché l'interessato è tenuto a depositare, con l'impugnazione, una nuova dichiarazione o elezione di domicilio, eventualmente confermando quella in precedenza resa, sì da darle attualità ai fini della proposizione del gravame.
Cass. civ. n. 19403/2024
La notifica eseguita ex art. 141 c.p.c. presso il domiciliatario (non deceduto, né cancellato) designato dal procuratore costituito è valida ed efficace anche nel caso di intervenuta cancellazione volontaria dall'albo di quest'ultimo, la quale non determina l'inefficacia della domiciliazione, bensì l'interruzione automatica del processo, con la conseguenza che la sentenza emessa all'esito del giudizio, ciononostante proseguito, è affetta da nullità, fa var valere come motivo di impugnazione non più proponibile una volta decorso il termine "lungo" ex art. 327, comma 1, c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile per tardività il ricorso con cui la parte, costituitasi in primo grado a mezzo di un avvocato del foro di Paola, domiciliatosi presso un avvocato del foro dell'adito Tribunale di Catanzaro, si doleva della nullità della sentenza impugnata in quanto l'atto di appello era stato notificato al domiciliatario designato dal proprio procuratore dopo che quest'ultimo si era già cancellato dall'albo).
Cass. civ. n. 18873/2024
In tema di prescrizione, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 si applica, per il principio di retroattività della norma penale più favorevole, la disciplina prevista dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, che non prevedeva la causa di sospensione del corso della prescrizione durante il tempo di celebrazione del giudizio di appello e di cassazione, introdotta all'art. 159, comma secondo, cod. pen. dal disposto di cui all'art. 1, comma 11, lett. b), legge 23 giugno 2017, n. 103 e, poi, esplicitamente abrogata dall'art. 2, comma 1, lett. a), della legge 27 settembre 2021, n. 134, con conseguente "reviviscenza" del regime prescrizionale antecedente. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'enunciato principio non è contraddetto dalla coeva introduzione della causa di improcedibilità per superamento dei termini massimi di durata del processo di cui all'art. 344-bis, cod. proc. pen., valevole per i soli reati commessi dopo l'1 gennaio 2020).
Cass. civ. n. 17962/2024
In tema di concordato preventivo, il credito del professionista incaricato dal debitore per l'accesso alla procedura non può essere considerato prededucibile nel successivo e consecutivo fallimento, ove non vi sia stata l'ammissione alla procedura minore, atteso che tale circostanza elide quel nesso di funzionalità concreta tra le prestazioni professionali svolte e gli obiettivi della procedura alternativa al fallimento che costituisce il presupposto per il riconoscimento della prededucibilità. (Fattispecie in tema di rinuncia alla domanda di concordato seguita dalla dichiarazione di fallimento).
Cass. civ. n. 17055/2024
La dichiarazione o elezione di domicilio effettuata per la notifica della citazione di primo grado, secondo la nuova formulazione dell'art. 164 cod. proc. pen., non si estende ai gradi successivi essendo necessario, ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., a pena di inammissibilità, che venga consapevolmente rinnovata, contestualmente all'impugnazione delle parti private e dei difensori, la volontà dell'imputato. (Fattispecie in cui uno dei ricorrenti, al momento della proposizione dell'appello, era sottoposto alla detenzione domiciliare).
Cass. civ. n. 16480/2024
Non viola il disposto dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. la puntuale allegazione difensiva, nell'intestazione dell'atto di appello, della ricorrenza dell'elezione di domicilio, già effettuata dall'appellante presso il difensore di fiducia nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto e richiamata dal patrocinatore in adempimento del dovere di leale collaborazione tra le parti, al fine della citazione nel giudizio di secondo grado. (In motivazione, la Corte ha evidenziato la lettura costituzionalmente orientata data alla disciplina in esame, funzionale ad assicurare che non sia irragionevolmente limitato "il diritto di accesso" al giudizio di impugnazione, come affermato, peraltro, dalla Corte EDU, 28/10/2021, Succi e altri c. Italia, in sede di valutazione della compatibilità delle restrizioni normative col diritto di accesso al giudice, previsto dall'art. 6 della Convenzione).
Cass. civ. n. 15865/2024
In tema di impugnazione di sentenza pronunziata nei confronti di imputato assente, la nomina del difensore di fiducia contenuta nella richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato depositata contestualmente all'impugnazione non è equipollente allo specifico mandato richiesto a pena di inammissibilità dall'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., poiché la mera nomina non conferisce al difensore la legittimazione a impugnare.
Cass. civ. n. 15666/2024
In tema di impugnazioni, la previsione di cui all'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito della dichiarazione o dell'elezione di domicilio unitamente all'atto d'impugnazione, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non trova applicazione nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto, pur se per altra causa, dovendo comunque procedersi alla notificazione a mani proprie nei confronti del detenuto, a garanzia del diritto di accesso effettivo alla giustizia sancito dall'art. 6 Convenzione EDU.
Cass. civ. n. 15124/2024
In tema di rescissione del giudicato, la mancata conoscenza del processo celebrato in assenza assume rilievo per l'esperibilità del rimedio di cui all'art. 629-bis cod. proc. pen. solo qualora sia "incolpevole", dovendosi, invece, ritenere sussistenti profili di colpa nel caso in cui l'indagato o l'imputato, pur a fronte della nullità della notifica dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, erroneamente eseguita al difensore in qualità di domiciliatario, non si sia attivato autonomamente per mantenere col predetto i contatti periodici essenziali per essere informato dello sviluppo del procedimento.
Cass. civ. n. 14359/2024
La sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale, sottoscritta solo dall'estensore e non dal presidente del collegio, è affetta da nullità sanabile ai sensi dell'art. 161, comma 1, c.p.c., trattandosi di sottoscrizione insufficiente e non mancante, sicché il relativo vizio si converte in motivo di impugnazione ed è preclusa al medesimo giudice la possibilità di rinnovare l'atto viziato.
Cass. civ. n. 14318/2024
In tema di vizio di costituzione del giudice collegiale, è al momento della pronuncia della sentenza, ossia della sua deliberazione in camera di consiglio, che il magistrato deve essere legittimamente preposto all'ufficio per poter validamente esercitare la potestas iudicandi, mentre i successivi momenti dell'iter formativo, e cioè la stesura della motivazione, la sottoscrizione e la pubblicazione, non incidono sulla sostanza della pronuncia, pertanto diviene irrilevante che dopo la decisione uno dei componenti dell'organo collegiale, sia trasferito, collocato fuori ruolo o a riposo.
Cass. civ. n. 11733/2024
In tema di procedimento a carico degli enti, il termine per proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze in tema di misure cautelari interdittive (nella specie, divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione) è quello ordinario di quindici giorni, previsto dall'art. 585, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. per le decisioni in camera di consiglio, che decorre dal momento della comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza, e non quello di dieci giorni previsto dall'art. 311, comma 1, cod. proc. pen., in quanto l'art. 52, comma 2, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 richiama solo le disposizioni di cui all'art. 325 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 10465/2024
L'omessa od erronea trascrizione delle conclusioni delle parti nella intestazione della sentenza importa la sua nullità solo quando le conclusioni formulate non sono state prese in esame, mancando in concreto una decisione sulle domande o eccezioni ritualmente proposte, mentre - se dalla motivazione della sentenza risulta che le conclusioni delle parti sono state esaminate e decise, nonostante l'omessa o erronea trascrizione - il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza.
Cass. civ. n. 8129/2024
Il provvedimento giurisdizionale firmato con un segno grafico indecifrabile e privo di capacità identificativa della persona fisica del giudice va equiparato a quello mancante di sottoscrizione, a meno che il segno non sia riconducibile ad un autore determinato tramite l'esame di altre parti dello stesso atto, e, conseguentemente, è da considerare inesistente ed inidoneo a fondare l'esecuzione forzata.
Cass. civ. n. 7626/2024
La corrispondenza tra le persone del presidente e del relatore o del giudice monocratico con i firmatari, per esteso o mediante sigla, oppure telematicamente, del provvedimento giurisdizionale, essendo attestata con l'atto pubblico, costituito dalla pubblicazione del cancelliere, può essere contestata solo con la querela di falso.
Cass. civ. n. 7020/2024
La dichiarazione o elezione di domicilio che, ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., va depositata, a pena di inammissibilità, unitamente al gravame delle parti private e dei difensori, dev'essere successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, poiché, alla luce della nuova formulazione dell'art. 164 cod. proc. pen., quella effettuata nel precedente grado non ha più una durata estesa ai gradi successivi.
Cass. civ. n. 6264/2024
In tema di ricorso per cassazione, gli oneri formali stabiliti - a pena di inammissibilità - dai commi 1-ter e 1-quater dell'art. 581 cod. proc. pen., introdotti dall'art. 33, comma 1, lett. d), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 nell'ambito delle norme che regolano in generale il sistema delle impugnazioni, trovano applicazione anche nel giudizio di legittimità, in quanto funzionali a garantire l'effettiva conoscenza della pendenza del processo, con conseguente applicabilità, in mancanza, della procedura "de plano" ai sensi dell'art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., essendo l'impugnazione proposta da difensore non legittimato.
Cass. civ. n. 5279/2024
Qualora la domanda di concordato preventivo "con riserva" ex art. 161, comma 6, l.fall., sia stata dichiarata inammissibile ex art. 162 l.fall. e ne sia conseguita la dichiarazione di fallimento, è sufficiente, ai fini dell'opponibilità a quest'ultimo del decreto ingiuntivo, che il visto di esecutorietà di cui all'art. 647 c.p.c. sia stato apposto anteriormente alla declaratoria fallimentare, ma non anche alla domanda di concordato, atteso che il principio dell'unitarietà fra concordato preventivo e fallimento consecutivo è applicabile, quanto agli effetti del secondo all'apertura del primo, solo in relazione alle ipotesi in cui ciò sia specificamente previsto.
Cass. civ. n. 4667/2024
L'omessa pronuncia sull'istanza di rimessione in termini integra di per sé un vizio del procedimento senza che sia necessaria la deduzione di uno specifico nocumento, atteso che il solo esame della richiesta avrebbe potuto condurre a una diversa decisione del giudice circa la decadenza in cui è incorsa la parte.
Cass. civ. n. 4342/2024
In tema di impugnazioni, la previsione di cui all'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito della dichiarazione o dell'elezione di domicilio unitamente all'atto d'impugnazione, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non trova applicazione nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto, pur se per altra causa.
Cass. civ. n. 46788/2023
In tema di notificazioni, la disposizione di cui all'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., che consente la notifica degli atti mediante consegna al difensore, trova un temperamento, nella sua rigida applicazione, quando si abbia "aliunde" notizia precisa del luogo in cui il destinatario abbia trasferito la sua residenza o dimora, perché in tal caso la notifica deve essere effettuata - a pena di nullità assoluta e insanabile - in tale luogo, in modo da assicurare l'effettiva e non meramente presunta conoscenza dell'atto.
Cass. civ. n. 46371/2023
La disposizione di cui all'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., che consente la notifica degli atti mediante consegna al difensore, trova un temperamento, nella sua rigida applicazione, quando si abbia "aliunde" notizia precisa del luogo in cui il destinatario abbia trasferito la sua residenza o la dimora, perché in tal caso la notifica deve essere disposta ed effettuata, a pena di nullità, in tale luogo, in modo da assicurare l'effettiva e non meramente presunta conoscenza dell'atto.
Cass. civ. n. 44610/2023
La recidiva reiterata, in quanto circostanza a effetto speciale, incide sia sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, ex art. 157, comma secondo, cod. pen., sia, in presenza di atti interruttivi, su quello del termine massimo, ex art. 161, comma secondo, cod. pen., senza che tale duplice valenza comporti violazione del principio del "ne bis in idem" sostanziale o dell'art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine c. Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l'istituto della prescrizione.
Cass. civ. n. 42603/2023
In tema di elezione di domicilio, qualora l'imputato, nella vigenza della normativa antecedente il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, elegga domicilio presso il difensore d'ufficio e quest'ultimo non accetti l'elezione, la notificazione dell'atto di citazione va effettuata nelle forme previste dall'art. 157 ed eventualmente dall'art. 159 cod. proc. pen., e non mediante consegna di copia al medesimo difensore a norma dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 42232/2023
E' legittima la notificazione all'imputato del decreto di citazione a giudizio in appello eseguita, a norma dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., mediante la consegna dell'atto ad uno solo dei suoi due difensori, non sussistendo un diritto dell'interessato ad una duplice notificazione dell'unico atto.
Cass. civ. n. 41858/2023
In tema di impugnazioni, la causa di inammissibilità prevista dall'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per il caso di omesso deposito, da parte dell'imputato appellante, della dichiarazione o dell'elezione di domicilio richiesta ai fini della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, opera anche nei confronti dell'appellante sottoposto agli arresti domiciliari, al quale la notifica deve essere eseguita ai sensi dell'art. 157 cod. proc. pen. (In motivazione la Corte ha precisato che la nuova disposizione costituisce, per collocazione sistematica, norma generale sulle impugnazioni, non derogabile in ragione dello stato di detenzione dell'imputato al momento della proposizione del gravame).
Cass. civ. n. 38442/2023
In tema di impugnazioni, nel caso in cui l'imputato sia detenuto al momento della proposizione del gravame, non opera, nei suoi confronti, la previsione dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., novellato dall'art. 33, comma 1, lett. d), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito, unitamente all'atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, posto che tale adempimento risulterebbe privo di effetto in ragione della vigenza dell'obbligo di procedere alla notificazione a mani proprie dell'imputato detenuto e comporterebbe la violazione del diritto all'accesso effettivo alla giustizia sancito dall'art. 6 CEDU.
Cass. civ. n. 35554/2023
In tema di ammissione allo stato passivo dei crediti relativi ai compensi maturati dal professionista incaricato dal debitore per le prestazioni rese ai fini dell'accesso al concordato preventivo e per l'assistenza nel corso della procedura, il curatore, che solleva nel giudizio di verifica l'eccezione d'inadempimento, ha solo l'onere di contestare la negligente esecuzione della prestazione o il suo incompleto adempimento, restando a carico del professionista, pur in assenza di un'obbligazione di risultato, l'onere di dimostrare l'esattezza del suo adempimento ovvero l'imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imprevedibili, dell'evoluzione negativa della procedura, culminata nella sua cessazione - anticipata o non approvata giudizialmente - e nel conseguente fallimento.
Cass. civ. n. 34523/2023
In tema di giudizio in assenza, la mancanza di diligenza dell'imputato nel tenersi informato della celebrazione del processo a proprio carico, dopo l'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio effettuata al momento dell'arresto, non integra automaticamente la "volontaria sottrazione alla conoscenza del processo" e non fonda alcuna - non consentita - presunzione di conoscenza della "vocatio in iudicium", la quale deve essere accertata dal giudice in positivo al fine di procedere in assenza, quale conoscenza effettiva, senza inversione del relativo onere probatorio.
Cass. civ. n. 31783/2023
È viziata di nullità assoluta la notifica eseguita al difensore ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., non preceduta dalla verifica dell'insufficienza o dell'inidoneità della dichiarazione di elezione di domicilio dell'imputato, trattandosi di vizio che integra l'omessa citazione di quest'ultimo e che incide sulla formazione del contraddittorio.(Fattispecie in cui la Corte ha annullato sia la sentenza di primo grado che quella di appello sul rilievo che la notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare e del decreto che dispone il giudizio era stata eseguita direttamente presso il difensore e non presso il domicilio dichiarato, senza che fosse previamente verificata la sua idoneità alla ricezione delle notifiche).
Cass. civ. n. 30019/2023
L'inosservanza delle disposizioni sulla composizione, collegiale o monocratica, del giudice costituisce, ai sensi degli artt. 50 quater e 161, comma 1, c.p.c. (norme applicabili in forza del rinvio operato dall'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992), autonoma causa di nullità della decisione che si converte in motivo di impugnazione senza comportare la rimessione al primo giudice, se quello dell'impugnazione è anche giudice del merito; pertanto, nel giudizio tributario d'ottemperanza (in cui il giudice dell'impugnazione è sempre la Corte di cassazione ex art. 70, comma 10, d.lgs. n. 546 del 1992), il vizio di costituzione del giudice determinante la nullità della sentenza impugnata comporta la cassazione con rinvio alla corte di giustizia tributaria, nella diversa e corretta composizione, non essendo la S.C. giudice del merito.
Cass. civ. n. 29221/2023
La nullità della sentenza impugnata, in relazione alla quale, ai sensi dell'art. 372 c.p.c., è ammissibile il deposito di nuovi documenti in cassazione, non è solo quella derivante dai vizi propri della sentenza, cioè dalla mancanza dei requisiti essenziali di forma e di sostanza della sentenza, ma altresì quella originata, in via riflessa, da vizi radicali del procedimento che, attenendo alla identificazione dei soggetti del rapporto processuale e dunque alla legittimità del contraddittorio, determinino la nullità degli atti processuali compiuti. (Nella specie la S.C. ha ritenuto ammissibile la produzione del ricorrente volta a dimostrare la nullità della sentenza per essere stata pronunciata a seguito di gravame interposto da società già estinta, per incorporazione e cancellazione dal registro delle imprese, al momento della proposizione dell'appello).
Cass. civ. n. 28302/2023
L'omessa comunicazione del provvedimento di fissazione dell'udienza ex art. 281-sexies c.p.c. reso all'esito di udienza a "trattazione scritta", equivalendo alla mancata comunicazione di un provvedimento emesso fuori udienza, determina la nullità del procedimento e della sentenza per violazione del principio del contraddittorio.
Cass. civ. n. 27546/2023
In tema di notificazioni, ove il decreto di citazione per il giudizio di appello sia notificato all'imputato in luogo diverso rispetto al domicilio validamente eletto o dichiarato, si determina una nullità di ordine generale a regime intermedio, che va dedotta entro i termini decadenziali previsti dall'art. 182 cod. proc. pen., salvo che l'irrituale notifica risulti, in concreto, inidonea a consentire l'effettiva conoscenza dell'atto da parte del destinatario, configurandosi, in tal caso, una nullità assoluta per omessa notificazione di cui all'art. 179 cod. proc. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto valida la notificazione avvenuta presso il domicilio precedentemente eletto dall'imputato - lo studio del difensore di fiducia poi revocato - piuttosto che presso il domicilio successivamente dichiarato - l'abitazione di residenza -, rilevando che i nuovi difensori di fiducia dell'imputato nulla avevano eccepito davanti ai giudici di appello e che il ricorso non aveva fornito specifica indicazione di una tale assoluta inidoneità della notifica).
Cass. civ. n. 26951/2023
In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l'istanza di concordato preventivo ex art. 161 l.fall. non esclude la "suitas" della condotta e, cioè, la consapevolezza dell'inutile decorso del termine di assolvimento del debito erariale, né tantomeno costituisce esimente della condotta colposa, che si concretizza nel mancato o tardivo versamento dell'imposta dovuta.
Cass. civ. n. 26864/2023
In tema di protezione dei dati personali, la sanzione pecuniaria prevista per l'illecito di cui agli artt. 37, comma 1, lett. b), e 38 del d.lgs. n. 196 del 2003, consistente nell'omessa notificazione al GPDP del trattamento dei dati personali sensibili (nella specie, idonei a rivelare lo stato di salute delle cellule staminali contenute nel cordone ombelicale e destinate alla conservazione presso lavoratori terzi ubicati anche all'estero, nel territorio UE), può essere soggetta alla riduzione ex art. 164-bis, comma 1, del medesimo d.lgs. per minore gravità dell'infrazione, atteso che una diversa interpretazione della norma si risolverebbe nella sua sostanziale disapplicazione.
Cass. civ. n. 22798/2023
In tema di illecito amministrativo previsto dall'art. 161 e 162, comma 2-bis, del d.lgs. n. 196 del 2003, in caso di procedimento in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 101 del 2018, trova applicazione l'art. 18 del citato d.lgs., in forza del quale il contravventore può definire il procedimento con il pagamento della sanzione in misura ridotta (due quinti del minimo) entro novanta giorni dall'entrata in vigore della novella; in mancanza di tale pagamento, l'atto di contestazione della violazione originariamente notificata acquisisce "ex lege" il valore di ordinanza-ingiunzione, senza obbligo di un'ulteriore notificazione, e il contravventore, entro il termine di sessanta giorni, deve provvedere al pagamento della sanzione o può produrre eventuali memorie difensive, ma non può avvalersi della c.d. opposizione "recuperatoria".
Cass. civ. n. 19265/2023
Nel caso di nullità della citazione di primo grado per vizi inerenti alla "vocatio in ius" (nella specie, per inosservanza del termine a comparire), ove il vizio non sia stato rilevato dal giudice ai sensi dell'art. 164 c.p.c., la deduzione della nullità come motivo di gravame non dà luogo, ove ne sia riscontrata la fondatezza dal giudice dell'impugnazione, alla rimessione della causa al primo giudice, ma impone al giudice di appello di rilevare che il vizio si è comunicato agli atti successivi dipendenti, compresa la sentenza, e di dichiararne la nullità, rinnovando tutti gli atti compiuti in primo grado dall'attore, o su sua richiesta, nella contumacia (involontaria) del convenuto/appellante.
Cass. civ. n. 17103/2023
In tema di concordato preventivo, la proposta concordataria, pur lasciata alle valutazioni dei creditori quanto a convenienza, rispetto all'alternativa fallimentare, e a realizzabilità della singola percentuale di soddisfazione per ciascuno prospettata, è sindacabile dal Tribunale sotto il profilo economico nei limiti in cui appaia implausibile, in quanto il piano si mostri "prima facie" irrealizzabile.
Cass. civ. n. 15790/2023
In tema di concordato preventivo, i criteri stabiliti con il decreto del Ministro della Giustizia 25 gennaio 2012, n. 30, emanato sulla base dell'art. 39, comma 1, l. fall., richiamato dall'art. 165 l. fall., si applicano anche alla determinazione del compenso spettante al commissario giudiziale nominato ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall.
Cass. civ. n. 15230/2023
In tema di concordato preventivo, le informazioni che devono corredare la domanda di ammissione, onde consentire ai creditori un consapevole esercizio del diritto di voto, riguardano necessariamente, non sono solo i fatti risultanti al momento del deposito della stessa, ma anche tutti gli accadimenti anteriori, che, causalmente e in relazione logico-temporale prossima alla rappresentazione della crisi offerta dal debitore, hanno determinato la consistenza patrimoniale della proposta concordataria. (Fattispecie nella quale, nel contesto di un'operazione di scissione societaria, i creditori non sono stati informati della cessione di una partecipazione societaria che ha consentito ad un bene immobile di ingente valore di uscire dal perimetro dell'attivo patrimoniale della società proponente un concordato con cessione dei beni).
Cass. civ. n. 14106/2023
L'omessa indicazione del nome di una delle parti, nell'intestazione della sentenza, ne comporta la nullità qualora sussista una situazione di incertezza assoluta, non eliminabile a mezzo della lettura dell'intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, nell'intestazione e nel dispositivo, aveva omesso la denominazione di una delle parti appellanti, senza che i motivi di detta omissione potessero essere ricostruiti attraverso la lettura dell'intero provvedimento, inidoneo a divenire, a causa di detta incertezza, "legge del caso concreto", secondo quella che è l'essenziale funzione della decisione giurisdizionale).
Cass. civ. n. 13997/2023
La domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi dell'impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l'ordinamento li ha predisposti. (Nella specie, la S.C., pur ribadendo il principio, ha cassato la decisione della Corte d'appello che aveva fatto discendere l'asserita condotta abusiva del debitore dalla mera rinuncia ad una prima domanda di concordato, seguita dalla riproposizione della domanda di ammissione alla procedura concordataria a distanza di quindi mesi, senza rilevare che nel caso concreto alcuna richiesta di fallimento era stata avanzata dai creditori e senza motivare sul perché la seconda domanda avesse pregiudicato un credito bancario che nella proposta concordataria figurava tra i creditori privilegiati, categoria cui era stato promesso l'integrale pagamento).
Cass. civ. n. 9730/2023
strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza di cui all'art. 2 lett. m-bis del d.lgs. n. 14 del 2019.
Cass. civ. n. 9224/2023
All'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale è applicabile, in forza del rinvio operato dall'art. 50-quater c.p.c., il regime della nullità di cui all'art. 161, comma 1, c.p.c., con la conseguenza che il relativo vizio (che non comporta la nullità degli atti precedenti) si converte in motivo di impugnazione, senza che quest'ultima produca l'effetto della rimessione degli atti al primo giudice, ove il giudice dell'impugnazione sia anche giudice del merito, essendo egli chiamato a rinnovare la decisione come se fosse nella posizione del giudice di primo grado, e non potendo, pertanto, sindacare il mancato rispetto, nell'atto di appello, dei requisiti di ammissibilità di cui all'art. 342 c.p.c.
Cass. civ. n. 8506/2023
Il giudice d'appello può decidere la causa in assenza del fascicolo d'ufficio di primo grado soltanto quando questo non è indispensabile rispetto ai motivi di gravame; in caso contrario, invece, sussiste un preciso obbligo - dell'ufficio giudiziario e non delegabile alle parti - di disporne l'acquisizione, con la conseguenza che, ove esso rimanga inadempiuto (per carenze organizzative dell'ufficio o anche per errore del funzionario addetto), non può farsene discendere alcuna conseguenza pregiudizievole per le parti del processo, dovendosi perciò ritenere abnorme la sentenza di appello che abbia dichiarato inammissibile l'impugnazione per la mancanza del fascicolo d'ufficio di primo grado.
Cass. civ. n. 6508/2023
Ove il tribunale dichiari l'inammissibilità della domanda di ammissione al concordato preventivo, nel fallimento conseguentemente dichiarato la sospensione del decorso degli interessi (convenzionali o legali), prevista dall'art. 55 l.fall., decorre non dalla sentenza dichiarativa, ma dalla data di presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo.
Cass. civ. n. 4606/2023
In tema di impugnazioni, le disposizioni di cui all'art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. sono applicabili all'atto di appello proposto dall'imputato detenuto per altra causa, stante la riferibilità dell'art. 161, comma 3, cod. proc. pen. al solo procedimento in relazione al quale è intervenuta la carcerazione.
Cass. civ. n. 2629/2023
La cessazione del corso della prescrizione del reato prevista dall'art. 161-bis cod. pen., introdotto dall'art. 2 legge 27 settembre 2021, n. 134, trova applicazione nei procedimenti relativi ai reati commessi a far data dal 1 gennaio 2020.
Cass. civ. n. 2078/2023
Ai fini della dichiarazione di assenza ex art. 420-bis cod. proc. pen., nella formulazione antecedente all'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non può ritenersi presupposto idoneo la sola corretta dichiarazione dello stato di latitanza che, costituendo un mero indice legale di conoscenza del procedimento, non sostituisce, né elimina l'esigenza di una verifica, in concreto, dell'effettiva conoscenza da parte dell'imputato.
Cass. civ. n. 14577/2022
In tema di rescissione del giudicato, la nomina di un difensore di fiducia, avvenuta dopo che, nella fase delle indagini preliminari, l'indagato abbia eletto domicilio presso il difensore d'ufficio, costituisce indice di effettiva conoscenza del processo, che legittima la sua celebrazione in assenza, salva la possibilità, per il condannato, di allegare circostanze di fatto che inducano a ritenere che, nonostante la nomina di un difensore fiduciario, non vi sia stata conoscenza della celebrazione del processo e che ciò non sia dipeso da colpevole disinteresse per la vicenda processuale.
Cass. civ. n. 14434/2019
I vizi sia della sentenza in sé considerata sia degli atti processuali antecedenti si convertono in motivi di gravame e debbono essere fatti valere nei limiti e secondo le regole proprie dei vari mezzi di impugnazione. Quando si tratti di sentenza appellabile detti vizi devono essere censurati con l'atto di appello, non essendo deducibili motivi nuovi nel corso del giudizio, così che la mancata denuncia di detta nullità in sede di gravame comporta l'impossibilità di rilevarla e, in definitiva, la sua sanatoria.
Cass. civ. n. 14161/2019
Le nullità delle sentenze soggette ad appello od a ricorso per Cassazione possono essere fatte valere solo nei limiti e secondo le regole proprie di detti mezzi di impugnazione mentre sono rilevabili d'ufficio, in qualsiasi stato e grado del processo, quei vizi che concernono gli elementi essenziali ed indispensabili perché la sentenza produca gli effetti che le sono propri e che integrano, quindi, ipotesi di inesistenza giuridica della decisione.
Cass. civ. n. 31396/2018
La sottoscrizione della sentenza collegiale da parte di un presidente, il cui nominativo sia diverso da quello indicato in epigrafe, qualora il nome del giudice estensore firmatario sia correttamente indicato, costituisce un vizio di costituzione del giudice (salve le ipotesi di errore materiale), regolato dall'art. 158 c.p.c., da dedurre tempestivamente in sede di gravame ai sensi dell'art. 161, comma 1, c.p.c., non potendo tale ipotesi essere assimilata a quella della cd. decisione inesistente, nella quale la sottoscrizione manca del tutto, il cui radicale vizio può essere dedotto in ogni sede e tempo, perché la sottoscrizione è insufficiente ma non assente e una diversa interpretazione, che riconduca la fattispecie a quella disciplinata dall'art. 161, comma 2, c.p.c., sarebbe ritenersi lesiva dei principi del giusto processo e della ragionevole durata dello stesso.
Cass. civ. n. 16216/2017
In tema di decisioni assunte dal tribunale in composizione monocratica, la sentenza emessa dal GOT che sia cessato dal servizio a seguito di accettazione delle relative dimissioni e che sia stata pubblicata, mediante deposito in cancelleria, successivamente a tale momento, è affetta da nullità insanabile, ricorrendo un vizio di costituzione del giudice, senza che assuma rilievo la diversa ed anteriore data della decisione eventualmente riportata in calce all’atto, difettando - analogamente a quanto avviene per il giudice di pace e diversamente dal caso di decisione collegiale - un momento deliberativo che assuma autonoma rilevanza.
Cass. civ. n. 8817/2017
La sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale priva di una delle due sottoscrizioni (del presidente del collegio ovvero del relatore) è affetta da nullità sanabile, ai sensi dell'art. 161, comma 1, c.p.c., sicché, convertendosi il vizio in motivo di impugnazione, ove fatto valere con ricorso per cassazione dovrà essere disposto, in caso di accoglimento, il rinvio ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata, il quale procederà alla rinnovazione della decisione conclusiva del grado, ovvero, nella specie, ad una nuova pronuncia della sentenza.
Cass. civ. n. 4426/2017
La sentenza in calce alla quale si dia atto che la stessa è stata redatta con la collaborazione di un giudice ausiliario di corte d’appello non può considerarsi affetta da nullità, nè tanto meno da inesistenza, rilevabile anche d'ufficio in sede di impugnazione, in quanto con tale annotazione non si vuole intendere che il procedimento sia stato deciso dal magistrato ausiliario, ma solo che quest’ultimo abbia collaborato alla stesura della motivazione con il consigliere relatore della causa e componente del collegio che ha adottato la decisione, il quale, con la sottoscrizione, ne ha assunto la paternità.
Cass. civ. n. 27362/2016
La sentenza emessa da un giudice sospeso dalle funzioni in sede disciplinare, a seguito di deliberazione del CSM, è affetta non già da inesistenza, ma da mera nullità per carenza della “potestas iudicandi”; tale nullità, attenendo alla costituzione del giudice, ex art. 158 c.p.c., è insanabile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, è sottoposta al principio generale di conversione delle nullità in mezzi di impugnazione, ex art. 161, comma 1, c.p.c. e non dà luogo a rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 354 c.p.c..
Cass. civ. n. 7086/2015
La sentenza la cui deliberazione risulti anteriore alla scadenza dei termini ex art. 190 od. proc. civ., nella specie quelli per il deposito delle memorie di replica, non è automaticamente affetta da nullità, occorrendo dimostrare la lesione concretamente subita in conseguenza della denunciata violazione processuale, indicando le argomentazioni difensive - contenute nello scritto non esaminato dal giudice - la cui omessa considerazione avrebbe avuto, ragionevolmente, probabilità di determinare una decisione diversa da quella effettivamente assunta.
Cass. civ. n. 5660/2015
L'omessa indicazione, nell'intestazione della sentenza, del nome di una delle parti determina la nullità della sentenza stessa solo in quanto riveli che il contraddittorio non si è regolarmente costituito a norma dell'art. 101 cod. proc. civ., o generi incertezza circa i soggetti ai quali la decisione si riferisce, e non anche se dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza la loro identificazione, dovendosi, in tal caso, considerare l'omissione come un mero errore materiale, che può essere corretto con la procedura prevista dagli artt. 287 e 288 cod. proc. civ. (Nella specie, la S.C. ha escluso la nullità della sentenza impugnata, in quanto in quest'ultima si era dato atto che la convenuta, il cui nome era stato omesso, era stata parte del giudizio di primo grado e gli stessi ricorrenti avevano sia esposto nel ricorso per cassazione che la medesima era stata dichiarata contumace nel grado di appello, sia provveduto a notificarle il ricorso, così riconoscendola come parte del processo).
Cass. civ. n. 642/2015
Nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all'organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d'imparzialità del giudice, al quale non è imposta l'originalità né dei contenuti né delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato.
Cass. civ. n. 11021/2014
La sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale priva di una delle due sottoscrizioni (del presidente del collegio ovvero del relatore) è affetta da nullità sanabile ai sensi dell'art. 161, primo comma, c.p.p., trattandosi di sosttoscrizione insufficiente non mancante, la cui sola ricorrenza comporta la non riconducibilità dell'atto al giudice, mentre una diversa interpretazione, che accomuni le due ipotesi con applicazione dell'art. 161, secondo comma, c.p.c., deve ritenersi lesiva dei principi del giusto processo e della ragionevole durata.
Cass. civ. n. 20067/2011
La nullità della sentenza di primo grado, conseguente al vizio di notificazione dell'atto di citazione (nella specie, in riassunzione e notificato alla parte, invece che al suo procuratore) non può essere prospettata in sede di comparsa conclusionale, dovendo essere fatta valere con l'ordinario mezzo d'impugnazione dell'appello, ancorchè a norma dell'art. 327, secondo comma, c.p.c., poichè si converte in motivo d'impugnazione, ai sensi dell'art. 161 c.p.c.; ne consegue che l'omessa deduzione osta alla possibilità di far valere successivamente tale nullità in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 14966/2007
Sussiste un contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione, che determina la nullità della sentenza, ai sensi degli artt. 156 e 360 n. 4 c.p.c., nel caso in cui il provvedimento risulti inidoneo a consentire l'individuazione del concreto comando giudiziale, non essendo possibile ricostruire la statuizione del giudice attraverso il confronto tra motivazione e dispositivo, mercé valutazioni di prevalenza di una delle affermazioni contenute nella prima su altre di segno opposto presenti nel secondo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale, in una causa di risarcimento dei danni, aveva ritenuto insussistente la prova dell'an debeatur rigettando per tale motivo non solo l'appello principale del danneggiato, che aveva lamentato l'insufficienza della liquidazione effettuata dal giudice di primo grado, ma anche l'appello incidentale del danneggiante, che aveva chiesto il rigetto della domanda).
Cass. civ. n. 13506/2007
Il termine di impugnazione per far valere, ai sensi dell'art. 161, primo comma, c.p.c., la nullità della sentenza pronunciata in un giudizio proseguito nonostante l'automatica interruzione conseguente alla morte del convenuto, verificatasi dopo la notificazione dell'atto di citazione ma prima della costituzione, è, in conformità alla regola generale stabilita dall'art. 327, primo comma, c.p.c., di un anno dalla pubblicazione della sentenza, a meno che i suoi eredi, nell'impugnarla, non alleghino specificamente l'esistenza dei presupposti per l'applicazione del secondo comma dello stesso art. 327 c.p.c., dovendosi equiparare la posizione degli eredi a quella del contumace che non abbia avuto cognizione del processo per nullità della citazione o della sua notificazione. Tale equiparazione comporta, con l'applicazione analogica dell'art. 327, secondo comma, c.p.c., che gli eredi debbano allegare specificamente la mancata conoscenza del processo, fornendone la prova, anche sulla base di elementi presuntivi in relazione alle circostanze del caso.
Cass. civ. n. 12952/2007
Per far valere quale motivo di appello un vizio di nullità relativa che abbia inficiato il giudizio di primo grado, riflettendosi sulla validità della relativa sentenza, è necessario, in considerazione del disposto di cui all'art. 157 c.p.c., che la parte interessata lo abbia dedotto tempestivamente nella prima istanza o difesa successiva all'atto ritenuto invalido, ovvero alla notizia di esso, e che non abbia, quindi, rinunciato tacitamente ad eccepirlo, così implicitamente sanandolo, poiché, in caso contrario, il relativo motivo di impugnazione è da ritenersi inammissibile per carenza di interesse, fermo restando peraltro, che, anche quando non si sia verificata la preclusione a far valere la suddetta nullità processuale, è necessario che la parte impugnante indichi specificamente quale sia stato il pregiudizio arrecato alle proprie attività difensive dalla invocata invalidità. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale si era censurata la sentenza di appello per non aver pronunciato sull'eccezione di nullità per violazione del principio del contraddittorio nel giudizio di primo grado verificatasi in apposita udienza, avendo lo stesso ricorrente ammesso di aver partecipato a quella immediatamente successiva nella quale non aveva formulato alcuna eccezione, così producendo la sanatoria della presunta nullità ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 157 c.p.c.).
Cass. civ. n. 18948/2006
La sentenza è costituita essenzialmente dal dispositivo e dalla motivazione che, nella loro intima compenetrazione, concorrono a formare la forza imperativa della decisione, con la conseguenza che, mancando l'uno o l'altra, la sentenza è affetta da radicale inesistenza, la quale può essere fatta valere, oltre che con l'actio nullitatis proponibile in ogni tempo, anche mediante gli ordinari mezzi di impugnazione. (Nella fattispecie, relativa a dispositivo di sentenza pronunciato in udienza su opposizione a ordinanza ingiunzione per sanzione amministrativa pecuniaria, la S.C. ha altresì ritenuto legittimo il provvedimento del presidente del tribunale che aveva disposto il deposito in cancelleria del solo dispositivo, a seguito della decadenza del giudice onorario che lo aveva pronunciato, in quanto solo con il deposito era possibile l'attivazione dell'impugnazione).
Cass. civ. n. 14376/2005
Nel caso di riunione di un procedimento civile ordinario soggetto al rito previsto per i giudizi iniziati dopo il 30 aprile 1995 ad altro procedimento introdotto prima di tale data, anche ammettendo, in via di ipotesi, che tale riunione abbia determinato l'adozione, per la causa piú recente, di un rito diverso da quello stabilito dalla legge, si deve escludere che ciò comporti, di per sè, effetti invalidanti sulla sentenza, che non è né inesistente né nulla e può essere impugnata - deducendo, come motivo di impugnazione, l'errore consistito nell'utilizzazione di un diverso rito processuale - soltanto ove si indichi lo specifico pregiudizio che ne sia derivato, per aver inciso sulla determinazione della competenza, ovvero sul contraddittorio o sui diritti di difesa. (Alla luce dell'enunciato principio, la Corte di cassazione ha ritenuto quindi superflua, nella specie, ogni ulteriore considerazione riguardo al fatto che la diversità di rito non è ostativa alla riunione delle cause in simultaneo processo).
Cass. civ. n. 17392/2004
Il contrasto tra motivazione e dispositivo che dà luogo alla nullità della sentenza si deve ritenere configurabile solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale. Una tale ipotesi non è ravvisabile nel caso in cui il detto contrasto sia chiaramente riconducibile a semplice errore materiale, il quale trova rimedio nel procedimento di correzione al di fuori del sistema delle impugnazioni — distinguendosi, quindi, sia dall'error in iudicando deducibile ex art. 360 c.p.c., sia dall'errore di fatto revocatorio ex art. 395, n. 4, c.p.c. — ed è quello che si risolve in una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza, e che, come tale, può essere percepito e rilevato ictu oculi senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice, il cui contenuto resta individuabile ed individuato senza incertezza.
Cass. civ. n. 1369/2004
La difformità tra il dispositivo letto in udienza e quello trascritto in calce alla motivazione della sentenza non è causa di nullità di quest'ultima, giacchè, nel contrasto tra i due dispositivi, prevale quello portato a conoscenza delle parti mediante lettura in udienza, potendosi ravvisare nullità solo nel caso di insanabile contrasto tra il dispositivo letto in udienza e la motivazione della sentenza.
Cass. civ. n. 15746/2001
Il provvedimento collegiale con cui la Corte d'appello decida sul gravame proposto, ai sensi dell'art. 17 della legge 4 maggio 1983, n. 184, nei confronti della sentenza del tribunale per i minorenni resa sull'opposizione avverso il provvedimento sullo stato di adottabilità, ha natura di sentenza per il suo contenuto decisorio e definitivo, sicché, ove erroneamente emanato in forma di ordinanza, i suoi requisiti formali di validità debbono essere commisurati alla disciplina dettata dall'art. 132 c.p.c.; ne consegue che, ove il presidente del collegio non cumuli in sé anche la qualità di estensore, la presenza della sua sola sottoscrizione rende il provvedimento in questione viziato dalla nullità insanabile di cui all'art. 161, secondo comma, c.p.c., la quale può essere fatta valere con il ricorso per cassazione ma, in caso di proposizione di questo per motivi diversi, deve essere rilevata anche d'ufficio in sede di legittimità, con annullamento del provvedimento impugnato e rinvio della causa ad altro giudice equiordinato.
Cass. civ. n. 12292/2001
Oltre all'ipotesi espressamente prevista dall'art. 161, secondo comma, c.p.c. (mancanza della sottoscrizione del giudice), è possibile configurare altri casi di inesistenza della sentenza, tutte le volte che la stessa manchi di quel minimo di elementi o di presupposti che sono necessari per produrre quell'effetto di certezza giuridica che è lo scopo del giudicato, come nell'ipotesi di pronuncia resa nei confronti di soggetto deceduto prima della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio. Tale inesistenza va rilevata d'ufficio e può essere fatta valere, anche al di fuori dell'impugnazione nello stesso processo, con una autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o di decadenza, ovvero con un'eccezione ed altresì in sede di opposizione all'esecuzione.
Cass. civ. n. 300/2001
Nel rito del lavoro solo il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo che, acquistando pubblicità con la lettura in udienza, cristallizza stabilmente la statuizione emanata (salvo che non si configuri un caso di inesistenza della sentenza). Tale insanabilità deve escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga (sì da potersi escludere l'ipotesi di un ripensamento del giudice); in tal caso è configurabile l'ipotesi legale del mero errore materiale, con la conseguenza che, da un lato, è consentito l'esperimento del relativo procedimento di correzione e, dall'altro, deve qualificarsi come inammissibile l'eventuale impugnazione diretta a far valere la nullità della sentenza asseritamente dipendente dal contrasto tra dispositivo e motivazione. (Nella specie sussisteva una divergenza relativamente alla data di decorrenza del riconosciuto pensionamento di invalidità, e la data indicata nella motivazione era quella coerente con le risultanze della consulenza tecnica posta a base dell'accertamento giudiziale).
Cass. civ. n. 260/2001
In forza del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, l'ordinanza che abbia il contenuto decisorio di una sentenza va qualificata come tale anche quando proprio una siffatta qualificazione comporti la sussistenza del vizio di cui all'art. 161, comma secondo, c.p.c., per non essere stato l'atto sottoscritto con l'osservanza delle prescrizioni in materia dell'art. 132, comma terzo, c.p.c., ossia dall'estensore e dal presidente ovvero soltanto da quest'ultimo quando cumuli in sé anche l'altra qualità. Conseguentemente, come contro il medesimo provvedimento è ammissibile l'impugnazione correlata alla sua natura di sentenza, così il giudice ad quem ha il potere-dovere di rilevare, anche d'ufficio, la nullità insanabile della sentenza impugnata che non esibisca il detto requisito della duplice sottoscrizione, ancorché tale nullità, non assorbendosi nei mezzi di gravame, possa essere fatta valere anche al fuori del rimedio impugnatorio, secondo quanto previsto dal citato art. 161, comma secondo, c.p.c. (Fattispecie relativa ad ordinanza collegiale, dichiarativa dell'estinzione del processo, sottoscritta dal solo presidente non relatore o estensore e avente valore sostanziale di sentenza in relazione al suo contenuto decisorio).
Cass. civ. n. 16045/2000
Il motivo di nullità della sentenza, costituito dal fatto che la decisione risulta pronunciata da un collegio giudicante diverso da quello dinanzi al quale si è svolta la discussione, è assimilabile a quello della mancata sottoscrizione della sentenza e, come tale rientra nella previsione di cui all'art. 161, comma secondo, c.p.c., sottraendosi al principio che traduce in motivi di nullità i motivi di impugnazione; ciò comporta che detta nullità è rilevabile anche d'ufficio in sede di impugnazione e che, anche in esito al giudizio di cassazione, la causa debba essere rimessa allo stesso giudice che ha emesso la sentenza. (Nella specie, riguardando il vizio sentenza di lavoro emessa da un tribunale in grado d'appello, la causa è stata rinviata — a seguito della riforma di cui al D.L.vo n. 51 del 1998 — alla locale corte d'appello).
Cass. civ. n. 14788/2000
Non ricorre un'ipotesi di insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo — e pertanto non si ha nullità della sentenza — nel caso in cui il giudice di secondo grado, rilevata una nullità che non dà luogo a rimessione al primo giudice e rinnovati gli atti nulli, pervenga a decisione identica a quella del primo giudice e utilizzi nel dispositivo una formula di conferma, dovendo la portata precettiva della pronuncia individuarsi tenendo conto non solo delle deliberazioni formalmente contenute nel dispositivo ma anche delle enunciazioni della motivazione. (Nel caso di specie, era stato impugnato con reclamo il decreto che modificava, aumentando l'importo dell'assegno, le condizioni di divorzio; la Corte d'appello nella motivazione aveva dichiarato nullo il decreto, perché emanato senza il rispetto del principio del contraddittorio, ma, essendo pervenuto nel merito a stabilire il nuovo importo dell'assegno in somma identica a quella fissata dal primo giudice, nel dispositivo aveva utilizzato la formula «respinge il reclamo»; la S.C. ha respinto la censura di nullità della pronuncia).
Cass. civ. n. 8946/2000
Il contrasto tra motivazione e dispositivo il quale non consenta di individuare il concreto comando del giudice attraverso la valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella sentenza e neppure offre la possibilità di ricorrere all'interpretazione complessiva della decisione — che presuppone una sostanziale coerenza delle diverse parti e proposizioni della medesima — concreta una ipotesi di nullità del provvedimento giudiziale, secondo quanto disposto dall'art. 156, comma secondo, c.p.c.
Cass. civ. n. 1254/2000
La nullità, comminata dal secondo comma dell'art. 161 c.p.c., del provvedimento collegiale, avente natura sostanziale di sentenza ma erroneamente emanato in forma di ordinanza e quindi sottoscritto dal solo presidente, può essere fatta valere con l'appello e con il ricorso per cassazione — cioè con gli stessi rimedi prescritti dal primo comma della medesima norma per le nullità di carattere relativo — oppure, trattandosi di nullità assoluta, con un'azione autonoma di accertamento o con una semplice eccezione.
Cass. civ. n. 1816/1999
L'inesistenza giuridica della sentenza può esser fatta valere, oltreché (ed in ogni tempo) attraverso il rimedio dell'“actio nullitatis”, anche mediante gli ordinari mezzi di impugnazione, con la conseguenza che, in tale ultima ipotesi (e diversamente da quanto accade per i vizi che comportano nullità), il giudice, dichiarata l'inesistenza della sentenza, deve rimettere le parti nel grado in cui tale radicale vizio si sia verificato, venendo, in tale ipotesi, consentita (a differenza dell'“actio nullitatis”) la continuazione del giudizio, con la pronuncia di una decisione di merito, nell'ambito dello stesso processo.
Cass. civ. n. 3081/1998
La nullità della sentenza impugnata, per essere questa fondata sulle risultanze dell'attività probatoria svolta da una parte non ritualmente costituita, ricade nel novero di quelle per le quali vige la regola dell'assorbimento nei mezzi di gravame, di guisa che, in difetto di rituale e tempestivo rilievo della nullità degli atti presupposti, anteriormente alla sentenza sulla res controversa, la pronuncia di questa equivale ad accertamento implicito della regolarità del processo, con l'ulteriore conseguenza che il difetto di gravame sul punto ne determina la soggezione alla irretrattabilità del giudicato formale.
Cass. civ. n. 8393/1996
Il difetto di rappresentanza-difesa tecnica che colpisca la citazione introduttiva del giudizio, pur se comporta una nullità insanabile all'interno e nello sviluppo del processo (per la preclusione posta dall'art. 125, secondo comma, c.p.c.), tuttavia non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza conclusiva del processo stesso, restando soggetto alla regola dell'art. 161, primo comma, c.p.c., secondo la quale il vizio di nullità della sentenza si converte in motivo di gravame. (Nella specie, l'attore, per errore a lui imputabile, aveva conferito la procura a difensore non abilitato, perché non più iscritto nell'albo degli avvocati e procuratori).
Cass. civ. n. 272/1996
È nulla e non giuridicamente inesistente, a differenza della sentenza emessa a non iudice e di quella priva di sottoscrizione del giudice, la sentenza emessa dal giudice della controversia in violazione del fondamentale principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c.); mentre in quest'ultima ipotesi, infatti, la sentenza proviene pur sempre dall'organo munito della potestas iudicandi e reca una statuizione che permane efficace finché non venga rimossa dal giudice dell'impugnazione, nel caso di sentenza resa a non iudice o priva di sottoscrizione del giudice l'esistenza della sentenza è solo apparente, non potendo la decisione rinvenire la sua fonte nell'organo statuale investito della relativa funzione, e non avendo il giudice chiamato a decidere assunto formalmente la qualità di autore della sentenza mediante la sottoscrizione del documento.
Cass. civ. n. 1965/1994
La giuridica inesistenza della sentenza, assimilabile nel trattamento al caso espressamente previsto dall'art. 161, secondo comma c.p.c., ricorre allorché il provvedimento manchi di quel minimo di elementi o di presupposti necessari per la produzione dell'effetto di certezza giuridica, proprio del giudicato, come quando sia carente di dispositivo o questo sia assurdo o impossibile o provenga da organo privo di qualsiasi potere giurisdizionale. Ne consegue che un siffatto vizio radicale è da escludere con riguardo al caso di sentenza la cui motivazione, pur risultando da modulo predisposto e completato soltanto negli spazi bianchi, contenga, tuttavia, l'esatta indicazione del collegio giudicante, delle parti, dei relativi difensori, con relative elezioni di domicilio e procure, nonché di altri dati corrispondenti alla realtà processuale e rechi un dispositivo che ne specifichi la portata imperativa.
Cass. civ. n. 8156/1990
L'inesistenza della sentenza è configurabile, oltre che nella ipotesi espressamente prevista dall'art. 161, comma secondo, c.p.c. (mancanza della sottoscrizione del giudice), in tutti i casi in cui la sentenza stessa manchi di quel minimo di elementi o di presupposti necessari per la produzione dell'effetto di certezza giuridica proprio del giudicato o quando sia pronunciata da un organo privo di qualsiasi potere giurisdizionale, e non ricorre, pertanto, nell'ipotesi di sentenza che venga pronunciata di ufficio, senza l'impulso di parte, a seguito di rinvio della udienza collegiale, ai sensi dell'art. 309 c.p.c., per mancata comparizione delle parti, essendo la stessa emessa da un organo giurisdizionale ritualmente investito della controversia e contenente tutti gli elementi, formali e sostanziali, della sentenza, e comportando la violazione del principio dispositivo all'interno del processo e delle regole del contraddittorio e della difesa solo la nullità della sentenza stessa, con la conseguente soggezione al principio generale dell'assorbimento della nullità nel mezzo di impugnazione con l'obbligo del giudice di appello di trattenere la causa e deciderla in merito.