Art. 343 – Codice di procedura penale – Autorizzazione a procedere
1. Qualora sia prevista l'autorizzazione a procedere [68 Cost.; 313 c.p.], il pubblico ministero ne fa richiesta a norma dell'articolo 344.
2. Fino a quando non sia stata concessa l'autorizzazione, è fatto divieto di disporre il fermo o misure cautelari personali [272-315] nei confronti della persona rispetto alla quale è prevista l'autorizzazione medesima nonché di sottoporla a perquisizione personale o domiciliare [247-252], a ispezione personale [245], a ricognizione [213], a individuazione [361], a confronto [211], a intercettazione di conversazioni o di comunicazioni [266]. Si può procedere all'interrogatorio solo se l'interessato lo richiede.
3. Gli atti previsti dal comma 2 sono consentiti, anche prima della richiesta di autorizzazione, quando la persona è colta nella flagranza [382] di uno dei delitti indicati nell'articolo 380 commi 1 e 2. Tuttavia, quando l'autorizzazione a procedere o l'autorizzazione al compimento di determinati atti sono prescritte da disposizioni della Costituzione o di leggi costituzionali, si applicano tali disposizioni, nonché, in quanto compatibili con esse, quelle di cui agli articoli 344, 345 e 346.
4. Gli atti compiuti in violazione di quanto stabilito nei commi 2 e 3 non possono essere utilizzati [191].
5. L'autorizzazione a procedere, una volta concessa, non può essere revocata.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 25409/2024
La procura rilasciata "con ogni più ampia facoltà di legge" in calce alla comparsa di risposta in appello, in quanto comprensiva del potere di compiere ogni attività processuale utile all'appellato, legittima il difensore a proporre l'appello incidentale.
Cass. civ. n. 15473/2024
In caso di mancato perfezionamento per trasferimento o irreperibilità del destinatario, la notificazione dell'impugnazione o dell'opposizione deve considerarsi meramente tentata e, quindi, omessa, poiché priva di uno degli esiti positivi previsti dall'ordinamento secondo il modello legale del procedimento prescelto, sicché il diritto di impugnazione deve intendersi consumato, salva la possibilità di un suo nuovo esercizio nel rispetto del termine cui esso è soggetto, nonché, ove ne ricorrano le condizioni, di un'impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c..
Cass. civ. n. 7672/2024
Ai fini dell'integrazione del delitto di cui all'art. 343 cod. pen., deve ritenersi "magistrato in udienza" il pubblico ministero che procede all'interrogatorio dell'indagato nella fase delle indagini preliminari, costituendo tale atto esercizio di attività giudiziaria ed essendo caratterizzato dalla necessaria presenza del magistrato, della persona sottoposta a indagine e del suo difensore.
Cass. civ. n. 3809/2024
L'immunità prevista per i membri del Parlamento europeo dall'art. 8 del Protocollo n. 7 sui privilegi e le immunità dell'Unione Europea, relativa alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni, opera, quanto alle dichiarazioni rese "extra moenia", anche in relazione a condotte atipiche, prive, cioè, di una diretta connessione con pregressi atti parlamentari tipici. (In motivazione, la Corte ha precisato che il nesso tra l'opinione espressa e le funzioni parlamentari deve emergere dal contenuto delle dichiarazioni e dalle circostanze in cui le stesse sono state rese).
Cass. civ. n. 2246/2024
L'omessa notifica dell'appello incidentale, proposto anche nei confronti di una parte rimasta contumace a seguito della notifica dell'appello principale, non è rilevabile d'ufficio dal giudice, atteso che, sostanziandosi l'appello incidentale in una nuova domanda (d'impugnazione) nei confronti anche di detta parte rimasta contumace, non si applicano gli artt. 331 o 332 c.p.c., che concernono unicamente le situazioni nelle quali un'impugnazione è proposta senza coinvolgere una parte di una causa inscindibile o scindibile, bensì l'art. 292 c.p.c., la cui inosservanza deve ritenersi legittimamente deducibile unicamente dalla parte rimasta contumace.
Cass. civ. n. 36541/2023
La notifica dell'appello incidentale è necessaria nei soli confronti della parte rimasta contumace e non già di quella che si sia regolarmente costituita (prima o dopo la costituzione dell'appellante incidentale), rispetto alla quale non può configurarsi alcuna lesione del diritto di difesa, stante la possibilità di proporre, a sua volta, l'impugnazione incidentale tardiva ai sensi dell'art. 343, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 5084/2023
In tema di appello avverso la sentenza di condanna di risarcimento danni da circolazione stradale, qualora l'appello principale sia proposto dal danneggiato anche nei confronti del responsabile del danno, l'omessa notifica al predetto responsabile dell'appello incidentale, avanzato dalla compagnia assicuratrice, non determina la necessità di integrazione del contraddittorio, trattandosi di un coobbligato in solido al risarcimento che non può essere ritenuto un avverso litisconsorte rispetto all'appellante incidentale, sempre che l'impugnazione proposta dalla compagnia assicuratrice non miri a porre in discussione in alcun modo il rapporto giuridico tra quest'ultima e il responsabile del danno.
Cass. pen. n. 11170/2008
In tema di autorizzazione a procedere nei confronti di membro del Parlamento, la necessità della stessa non è esclusa dal consenso dell'interessato all'atto da compiere, essendo la garanzia prevista dall'art. 68 Cost. posta a tutela della Camera di appartenenza e non già del singolo parlamentare, il quale, quindi, non può validamente rinunciarvi. (Annulla senza rinvio, App. Messina, 10 aprile 2007).
Corte cost. n. 360/1996
Devono considerarsi costituzionalmente illegittimi, per violazione dell'art. 77 cost., i d.l. iterati o reiterati, quando tali decreti, considerati nel loro complesso o in singole disposizioni, abbiano sostanzialmente riprodotto in assenza di nuovi (e sopravvenuti) presupposti straordinari di necessità ed urgenza, il contenuto normativo di un d.l. che abbia perso efficacia a seguito della mancata conversione, in quanto il d.l. iterato o reiterato - per il fatto di riprodurre (nel suo complesso o in singole disposizioni) il contenuto di un d.l. non conv., senza introdurre variazioni sostanziali - collide con la previsione costituzionale sia perchè altera la natura provvisoria della decretazione d'urgenza, procrastinando, di fatto, il termine invalicabile previsto dalla Costituzione, per la conversione in legge; sia perchè toglie valore al carattere "straordinario" dei requisiti della necessità e dell'urgenza, posto che la reiterazione viene a stabilizzare e a prolungare nel tempo il richiamo ai motivi già posti a fondamento del primo decreto; sia perchè attenua la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto non conv., posto che il ricorso ripetuto alla reiterazione suscita nell'ordinamento l'aspettativa di consolidamento degli effetti determinati dalla decretazione d'urgenza mediante la sanatoria finale della disciplina reiterata; sia perchè la prassi della reiterazione, tanto più se diffusa e prolungata nel tempo, incide sugli equilibri istituzionali, alterando i caratteri della stessa forma di governo e l'attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento (art. 70 cost.); sia, infine, perchè siffatta prassi, se diffusa e prolungata, intacca anche la certezza del diritto nei rapporti fra i diversi soggetti, per l'impossibilità di prevedere la durata nel tempo delle norme reiterate e l'esito finale del processo di conversione, con conseguenze ancora più gravi nei casi in cui il decreto reiterato incida nella sfera dei diritti fondamentali, nella materia penale, o sia, comunque, tale da determinare effetti irreversibili in ipotesi di mancata conversione finale.
Cass. pen. n. 1099/1994
Nel procedimento penale relativo a reati ministeriali, successivamente alla concessione dell'autorizzazione a procedere, la competenza allo svolgimento di specifici atti istruttori ed alla decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio spetta al Collegio per i reati ministeriali: ciò in base al dettato testuale dell'art. 9 quarto comma L. 16 gennaio 1989 n. 1, istitutiva di tale Collegio, che espressamente dispone che «l'Assemblea», ove conceda l'autorizzazione, rimette gli atti al Collegio di cui all'art. 7, perché continui il procedimento secondo le norme vigenti, dovendosi escludere che il verbo «continui», in quanto preposto al termine «procedimento» possa essere stato usato in senso intransitivo; né è pensabile che la legge costituzionale abbia inteso istituire un Collegio da restare relegato nella posizione marginale di organo competente per le sole indagini preliminari ex art. 8, fra l'altro con incoerente frantumazione della fase delle indagini in due tronconi ante e post autorizzazione a procedere, attribuiti alla competenza di organi del tutto diversi e di rango differente.
Cass. pen. n. 6984/1993
Per la proposizione da parte del P.M. della richiesta di autorizzazione a procedere è previsto un duplice termine: uno, di carattere strutturale, esige che la richiesta detta intervenga prima dell'esercizio dell'azione penale, l'altro è di carattere temporale, dovendo la stessa essere presentata entro trenta giorni dall'iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome della persona per la quale è necessaria l'autorizzazione. L'inosservanza del termine strutturale non ha una diretta ed immediata sanzione processuale ma incide solo sul rapporto tra autorizzazione a procedere ad azione penale, costituendo la prima condizione di promuovibilità della seconda, e su quello tra autorizzazione ed iniziativa del P.M. nell'ambito del procedimento, prevedendo il sistema normativo rigorosi e speciali limiti al compimento di atti da parte del P.M. prima della concessione dell'autorizzazione. Il termine temporale non ha carattere perentorio. (Nella fattispecie, il P.M. aveva chiesto l'autorizzazione a procedere nei confronti di imputata per il reato di cui all'art. 278 c.p. oltre il termine di trenta giorni indicato dall'art. 344, primo comma, c.p.p. e dopo la richiesta di rinvio a giudizio ma il Gip aveva dichiarato non luogo a procedere per mancanza di autorizzazione. Successivamente, questa era stata concessa dal Ministro di grazia e giustizia e il P.M. aveva disposto una nuova iscrizione nel registro notizie reato e formulato una seconda richiesta di rinvio a giudizio. Il Gip all'esito di giudizio abbreviato, aveva prosciolto l'imputata per mancanza di valida autorizzazione. La Corte di cassazione ha annullato con rinvio la sentenza enunciando il principio di cui in massima).