Art. 464 – Codice di procedura penale – Giudizio conseguente all’opposizione
1. Se l'opponente ha chiesto il giudizio immediato, il giudice emette decreto a norma dell'articolo 456, commi 1, 3 e 5. Se l'opponente ha chiesto il giudizio abbreviato, il giudice fissa con decreto l'udienza dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all'imputato, al difensore e alla persona offesa; nel giudizio si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3 e 5, 441, 441 bis, 442 e 443; si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo 438, comma 6-bis; nel caso di cui all'articolo 441 bis, comma 4, il giudice, revocata l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l'udienza per il giudizio conseguente all'opposizione. Se l'opponente ha chiesto l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444, il giudice fissa con decreto un termine entro il quale il pubblico ministero deve esprimere il consenso, disponendo che la richiesta e il decreto siano notificati al pubblico ministero a cura dell'opponente. Ove il pubblico ministero non abbia espresso il consenso nel termine stabilito ovvero l'imputato non abbia formulato nell'atto di opposizione alcuna richiesta, il giudice emette decreto di giudizio immediato.
2. Il giudice, se è presentata domanda di oblazione contestuale all'opposizione, decide sulla domanda stessa prima di emettere i provvedimenti a norma del comma 1.
3. Nel giudizio conseguente all'opposizione, l'imputato non può chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta, né presentare domanda di oblazione . In ogni caso, il giudice revoca il decreto penale di condanna.
4. Il giudice può applicare in ogni caso una pena anche diversa e più grave di quella fissata nel decreto di condanna e revocare i benefici già concessi.
5. Con la sentenza che proscioglie l'imputato perché il fatto non sussiste, non è previsto dalla legge come reato ovvero è commesso in presenza di una causa di giustificazione, il giudice revoca il decreto di condanna anche nei confronti degli imputati dello stesso reato che non hanno proposto opposizione [463].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 33049/2024
In tema di esecuzione, la sentenza che dichiara estinto il reato per l'esito positivo della messa alla prova, pur determinando gli effetti preclusivi di cui all'art. 168-bis, comma quarto, cod. pen., e pur dovendo essere iscritta per estratto nel casellario giudiziale, non è idonea a radicare la competenza del giudice dell'esecuzione, non contenendo statuizioni suscettibili di implicazioni esecutive.
Cass. civ. n. 25081/2024
In tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, la riproposizione in giudizio di un'istanza in precedenza rigettata è preclusa, ex art. 464-quater, comma 9, cod. proc. pen., ove avvenuta dopo l'apertura del dibattimento, anche nel caso in cui sia "medio tempore" mutata la persona persona fisica del giudice.
Cass. civ. n. 23934/2024
In tema di sospensione del processo con messa alla prova, il giudizio sull'adeguatezza del programma dev'essere effettuato alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, cod. pen., tenendo conto non solo dell'idoneità a favorire il reinserimento sociale dell'imputato, ma anche dell'effettiva corrispondenza alle sue condizioni di vita, attesa la previsione di un risarcimento del danno che, ove possibile, corrisponda al pregiudizio dal predetto recato alla vittima o sia, comunque, espressione del massimo sforzo sostenibile in base alle sue condizioni economiche, verificabili dal giudice ai sensi dell'art. 464-bis, comma 5, cod. proc. pen., sicché è illegittimo il provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione al beneficio per la ritenuta assenza di prova del risarcimento integrale del danno.
Cass. civ. n. 18602/2024
In tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, è illegittimo il provvedimento di rigetto della relativa richiesta fondato sulla mancata produzione del programma di trattamento, la cui elaborazione sia stata, comunque, ritualmente chiesta all'ufficio di esecuzione penale, non potendo prescindere la decisione dalla valutazione dell'idoneità di tale programma, che, pertanto, dev'essere elaborato e sottoposto al giudice, salvo che l'accoglimento della richiesta sia precluso, in radice, dalla prognosi sfavorevole in ordine all'astensione dell'imputato dal commettere ulteriori reati.
Cass. civ. n. 13774/2024
In tema di falso documentale, riveste natura di atto pubblico il registro delle presenze della persona ammessa a svolgere il lavoro di pubblica utilità nell'ambito del procedimento di messa alla prova, in quanto il d.m. 8 giugno 2015, n. 88 prevede espressamente, all'art. 3, che tale registro sia istituito per attestare in modo analitico il computo delle ore di lavoro effettivamente svolte dall'imputato.
Cass. civ. n. 1792/2024
In tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, l'imputato, nel caso in cui il processo regredisca alla fase antecedente l'apertura del dibattimento per il mutamento della persona fisica del giudice, può legittimamente avanzare richiesta di sospensione anche se essa non è già stata formulata davanti al giudice sostituito, in quanto il disposto dell'art. 464-bis cod. proc. pen., diversamente da quello di cui all'art. 491, comma 1, cod. proc. pen. relativo alle questioni preliminari, non collega alcuna preclusione al momento della dichiarazione di apertura "per la prima volta" del dibattimento.
Cass. civ. n. 40848/2023
Il rinvio dell'udienza, disposto d'ufficio dal giudice al fine di consentire l'elaborazione, nei confronti dell'imputato ammesso alla prova, del programma di trattamento da parte dell'Ufficio di esecuzione penale esterna, non determina la sospensione del decorso dei termini di prescrizione, trattandosi di differimento non dovuto ad esigenze attinenti alla acquisizione di elementi di prova o al riconoscimento di termini a difesa ai sensi dell'art. 159, comma primo, n. 3, cod. pen.
Cass. civ. n. 24321/2023
Il decreto di giudizio immediato conseguente ad opposizione a decreto penale di condanna va legittimamente notificato al solo imputato e non anche al suo difensore, dovendo solo il primo essere posto a conoscenza dell'imputazione e della facoltà di richiedere riti alternativi ed essendo prevista, per il secondo, unicamente la notifica dell'avviso della data fissata per il giudizio.
Cass. civ. n. 22141/2023
In caso di esito negativo della messa alla prova, disposta a seguito dell'opposizione al decreto penale con richiesta di sospensione del procedimento, il giudice non deve dichiarare l'esecutività del decreto opposto, ma disporre la prosecuzione del processo nelle forme ordinarie, mediante emissione di decreto di giudizio immediato.
Cass. civ. n. 16083/2023
In tema di sospensione del processo con messa alla prova, il risarcimento del danno deve corrispondere al pregiudizio patrimoniale arrecato alla vittima, "ove possibile", o, comunque, allo sforzo massimo esigibile dall'imputato alla luce delle sue condizioni economiche, sicchè il giudice, ove sussistano temi di indagine da approfondire, deve attivare, ex art. 464-bis, comma 5, cod. proc. pen., i propri poteri istruttori mentre, in caso contrario, è tenuto soltanto a dar conto del percorso motivazionale seguito. (Fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con la quale, con puntuale motivazione, si era valutato inadeguato il risarcimento offerto, in quanto, alla stregua dei dati in atti, la proposta risultava incoerente rispetto alla capacità economica dell'imputato desunta, tra l'altro, dal valore dei beni strumentali e dal capitale dallo stesso investito nell'attività di impresa).
Cass. civ. n. 16669/2022
In tema di messa alla prova, qualora, all'esito del dibattimento, i fatti siano accertati in modo conforme alla contestazione ma il giudice ritenga di non condividerne la qualificazione giuridica, egli deve ammettere l'imputato alla messa alla prova ove questi avesse presentato la relativa richiesta nei termini previsti dalla legge; qualora, invece, i fatti siano accertati in modo difforme dalla stessa imputazione, la ammissione alla messa alla prova può riguardare anche la domanda presentata "ex novo".
Cass. civ. n. 14840/2022
L'istituto dell'ammissione alla prova di cui all'art. 168-bis cod. pen. non si applica con riferimento alla disciplina della responsabilità degli enti di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. (In motivazione la Corte ha affermato che la messa alla prova dei maggiorenni ha natura di "trattamento sanzionatorio" penale, modulato sull'imputato persona fisica e sui reati allo stesso astrattamente riferibili, non estensibile, per il principio della riserva di legge, agli enti, la cui responsabilità amministrativa è riconducibile ad un "tertium genus").
Cass. pen. n. 53913/2016
È inammissibile per carenza di interesse il ricorso presentato dall'imputato avverso il provvedimento di revoca del decreto penale di condanna adottato, al di fuori dell'ipotesi prevista dall'art. 460, comma quarto, cod. proc. pen., dallo stesso giudice che lo ha emesso a seguito di opposizione dell'imputato, qualora quest'ultimo, nella successiva fase dibattimentale, abbia rinunciato all'opposizione ed il giudice abbia dichiarato l'inammissibilità della stessa e l'esecutività del decreto penale opposto.
Cass. pen. n. 15785/2016
È legittima la domanda di oblazione proposta nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto penale di condanna, ancorché non contenuta nell'atto di opposizione, in quanto la contestualità di cui all'art. 464, comma secondo, cod. proc. pen. è da intendersi non come contestualità di contenuti dell'atto processuale, ma come contestualità temporale, riferita al termine di decadenza per la ammissibilità dell'opposizione alla condanna per decreto.
Cass. pen. n. 22710/2013
È abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, davanti al quale si sia instaurato giudizio ordinario a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, dichiari la nullità di quest'ultimo ed ordini la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Cass. pen. n. 42467/2012
Il giudice per le indagini preliminari, una volta emesso il decreto penale di condanna, si spoglia dei poteri decisori sul merito dell'azione penale e non può, quindi, a seguito di opposizione, operare alcuna modifica del capo di imputazione, anche se quello contenuto nel decreto, per mero errore, riporti una contestazione del tutto diversa da quella contenuta nella richiesta del P.M.. (Fattispecie nella quale il Gip, accertato che per mero errore materiale era stato erroneamente indicato nel decreto penale il capo di imputazione, lo aveva corretto a seguito della proposta opposizione dell'imputato).
Cass. pen. n. 47923/2009
È legittima, ai sensi dell'art. 99, comma primo, c.p.p., la proposizione della domanda di oblazione da parte del difensore dell'imputato, anche se non munito di procura speciale. (Fattispecie in tema di opposizione a decreto penale di condanna).
Nell'ipotesi in cui la domanda di oblazione sia stata correttamente proposta in sede di opposizione a decreto penale, ed erroneamente non accolta, non opera, nel giudizio conseguente all'opposizione, il divieto di presentazione di un'ulteriore domanda, sicchè è dovere del giudice del dibattimento prendere in considerazione detta richiesta.
Cass. pen. n. 23717/2009
È abnorme il provvedimento con cui il giudice delle indagini preliminari, emesso un decreto penale di condanna per imputazioni plurime e accolta l'istanza di oblazione avanzata dall'imputato in riferimento ad una di esse, senza la contestuale presentazione dell'opposizione al decreto, dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero in relazione all'altra imputazione, così implicitamente revocando il decreto penale. (In motivazione la Corte ha precisato che, non ricorrendo nell'occasione una legittima causa di revoca del decreto, il provvedimento in questione è stato adottato al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, determinando in tal modo una indebita regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari).
Cass. pen. n. 9355/2007
La richiesta di giudizio abbreviato condizionato, priva dell'indicazione delle attività di integrazione probatoria ritenute necessarie ma comunque tempestivamente proposta a seguito della notificazione del decreto penale di condanna, non può essere dichiarata de plano inammissibile, sì da giustificare la dichiarazione di inammissibilità dell'atto di opposizione con conseguente esecutività del decreto penale, dovendo il giudice provvedere alla fissazione dell'udienza prevista dall'art. 464, comma 1, c.p.p. per poi valutare nel contraddittorio tra le parti la meritevolezza della richiesta. (Mass. redaz.).
Cass. pen. n. 12341/2005
La domanda di oblazione discrezionale, avanzata nel corso delle indagini preliminari e respinta dal giudice per le indagini preliminari, può essere riproposta nel giudizio instauratosi a seguito dell'opposizione a decreto penale. (Mass. redaz.).
Cass. pen. n. 24346/2003
Nel giudizio conseguente ad opposizione a decreto penale che si svolge davanti al giudice monocratico, anche dopo la riforma operata con la legge n. 479 del 1999, il termine per la comparizione è quello di trenta giorni previsto dall'art. 456, comma 3, c.p.p., in quanto il richiamo operato dal nuovo terzo comma dell'art. 557 c.p.p. alle disposizioni che regolano il procedimento per decreto davanti al tribunale in composizione collegiale in quanto compatibili, non esclude l'utilizzo del termine previsto per il giudizio immediato che pure è incompatibile con il rito davanti al giudice monocratico, in quanto il procedimento monitorio deve essere improntato a criteri di economicità e speditezza.
Cass. pen. n. 1027/2003
Qualora l'imputato, nell'atto di opposizione al decreto penale di condanna, presenti un'istanza non contemplata dalla legge (nella specie di giudizio ordinario), questa deve equipararsi alla mancata formulazione di qualsiasi specifica richiesta, con la conseguenza che il giudice deve comunque emettere il decreto che dispone il giudizio immediato.
Cass. pen. n. 35615/2002
Il decreto di citazione a giudizio emesso a seguito di opposizione a decreto di condanna è atto derivato rispetto a quest'ultimo quanto all'enunciazione del fatto e all'indicazione delle norme sostanziali che si assumono violate, non configurandosi alcuna soluzione dell'iter procedurale che renda possibile una qualsiasi modificazione della contestazione esplicitata nel decreto di condanna. Ne consegue che l'obbligo di enunciazione del fatto nel decreto di citazione notificato all'imputato opponente è soddisfatto mediante l'indicazione per relationem all'imputazione contenuta nel decreto opposto, senza che per ciò possa ravvisarsi alcuna lesione del diritto di difesa. (Fattispecie in tema di conflitto negativo di competenza tra giudice delle indagini preliminari e giudice dibattimentale — che aveva dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio perché contenente solo l'indicazione della norma violata e la data di commissione del reato, ma non anche l'enunciazione del fatto contestato — risolto con la declaratoria di competenza del secondo).
Cass. pen. n. 23873/2002
In tema di oblazione, il mancato esame della istanza di ammissione proposta in fase di indagini preliminari non comporta alcuna invalidità degli atti del procedimento, considerata la regola di tassatività dei casi di nullità ed atteso che, comunque, la domanda può essere riproposta in sede di opposizione al decreto penale di condanna oppure, ove non si proceda per decreto, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Cass. pen. n. 36983/2001
Nel procedimento per decreto, l'art. 464, comma 3 c.p.p., nel testo introdotto dall'art. 37, comma 4, della legge 16 dicembre 1999, n. 479 — in base al quale la richiesta dei riti alternativi deve essere necessariamente proposta con l'atto di opposizione — è soggetto, in quanto norma processuale, alla regola del tempus regit actum, sicché è applicabile a tutte le ipotesi in cui l'opposizione sia stata presentata dopo l'entrata in vigore della modifica legislativa, anche quando il decreto penale sia stato notificato prima di tale momento, atteso che la nuova disciplina non ha inciso sulle facoltà esercitabili con l'atto di opposizione, ma ha introdotto una limitazione all'esercizio successivo di tali facoltà. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretto il giudizio di inammissibilità della richiesta di applicazione di pena avanzata all'udienza dibattimentale e non nell'atto di opposizione proposto nella vigenza della nuova disciplina).
Cass. pen. n. 32418/2001
Nel giudizio conseguente ad opposizione a decreto penale che si svolge davanti al giudice monocratico, dopo la riforma operata con la legge n. 479 del 1999, il termine dilatorio per la comparizione è quello di sessanta giorni stabilito dall'art. 552, comma 3, c.p.p., atteso che il disposto del nuovo art. 557 c.p.p. (secondo il quale per il procedimento monitorio si osservano le disposizioni che regolano il procedimento per decreto davanti al tribunale in composizione collegiale) opera solo in quanto le norme richiamate siano applicabili anche al rito davanti al giudice monocratico, con la conseguenza che non può ritenersi richiamato nella disciplina del rito davanti al giudice monocratico, l'art. 464 c.p.p., il quale regolamenta il giudizio conseguente all'opposizione prevedendo, per il giudizio immediato, un termine dilatorio di trenta giorni.
Cass. pen. n. 3561/2000
È abnorme il provvedimento con il quale il Gip presso il tribunale disponga la revoca del decreto penale di condanna e la restituzione degli atti al P.M. al fine di scongiurare il profilarsi di una ipotesi di responsabilità disciplinare a carico del magistrato emittente, essendo stata la richiesta di emissione del decreto depositata in cancelleria oltre il termine di sei mesi previsto dall'art. 459 c.p.p.
Cass. pen. n. 2806/2000
Nell'ipotesi in cui sia stata pronunciata, nel giudizio di opposizione a decreto penale di condanna, assoluzione per insussistenza del fatto in favore di taluno degli imputati del medesimo reato, a suo tempo destinatari di distinti decreti penali, deve essere revocato il decreto emesso nei confronti degli imputati non opponenti, anche se condannati ciascuno con un distinto decreto penale, anziché con un decreto unico. Nella interpretazione dell'art. 464, comma 5, c.p.p., si deve infatti attribuire rilievo al dato sostanziale della identità dell'addebito mosso agli imputati rispetto al dato formale rappresentato dalla separazione delle relative posizioni in sede di richiesta di emissione del decreto di condanna.
Cass. pen. n. 1740/1999
Qualora in sede di opposizione a decreto penale di condanna l'imputato formuli istanza di applicazione della pena, ex artt. 444 e 563 c.p.p., indicando la sanzione in misura inferiore al limite minimo edittale previsto per il reato contestato, il giudice non può ordinare l'esecuzione del decreto penale rideterminando la pena in misura ritenuta congrua, in quanto in tal modo viene implicitamente a dichiarare inammissibile l'opposizione, ai sensi dell'art. 461, comma quinto, c.p.p., fuori dei casi previsti. Al contrario, in tale ipotesi, nella mancanza del consenso del pubblico ministero, il giudice deve emettere decreto di giudizio immediato ai sensi dell'art. 464, comma primo, c.p.p.
Cass. pen. n. 3200/1999
Il giudizio immediato conseguente all'opposizione a decreto penale (art. 464 c.p.p.), ha caratteristiche proprie e distinte rispetto a quello disciplinato dagli artt. 453 ss. stesso codice, trattandosi di giudizio adottato per scelta del legislatore, in assenza di diverse opzioni delle parti, indipendentemente dall'evidenza della prova e dalla presenza di condizioni altrimenti necessarie fra cui, in particolare, quella costituita dal previo interrogatorio dell'indagato o dalla mancata comparizione di costui a seguito di invito a presentarsi.
Cass. pen. n. 3027/1997
Nell'ipotesi in cui, contestualmente all'opposizione a decreto penale, venga presentata domanda di oblazione, le due istanze restano sostanzialmente e processualmente autonome, sicché la reiezione dell'oblazione non comporta automaticamente l'inammissibilità dell'opposizione. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio, la S.C. ha ritenuto, fra l'altro, che il mancato pagamento dell'oblazione non legittimava la declaratoria di inammissibilità dell'opposizione e di esecutività del decreto penale opposto, giacché - secondo il sistema processuale chiaramente desumibile dall'art. 464, commi 1 e 2, c.p.p. - il giudice deve prima decidere sulla domanda di oblazione e, nel caso che non l'accolga, deve disporre il giudizio).
Cass. pen. n. 7140/1997
La mancata revoca espressa del decreto penale prima di procedere al giudizio conseguente all'opposizione non è causa di nullità del procedimento, in quanto la revoca è un antecedente immancabile del giudizio stesso, che si verifica per il solo fatto della celebrazione di esso, ope legis non ope iudicis. Inoltre, per la violazione del comma 3 dell'art. 464 c.p.p., non è prevista alcuna specifica sanzione processuale, sicché, in virtù del principio di tassatività delle nullità di cui all'art. 177 stesso codice, e poiché non è ravvisabile alcuna delle cause generali di nullità stabilite dal successivo art. 178, la mancata revoca non produce alcuna nullità.
Cass. pen. n. 8350/1994
In tema di opposizione a decreto penale emesso dal pretore, il comma 2 dell'art. 565 c.p.p. non impone, a pena di inammissibilità, la scelta del rito, ma indica solo i possibili sbocchi della opposizione. La norma in questione va infatti correlata con il disposto dell'art. 461, comma 3, c.p.p.; onde è da ritenere ammissibile la richiesta di patteggiamento, benché non formulata all'atto della opposizione, nel giudizio instaurato davanti al pretore, analogamente a quanto avviene davanti al tribunale.
Cass. pen. n. 1439/1994
Nel caso in cui venga proposta opposizione a decreto penale di condanna e contestualmente sia presentata domanda di oblazione non corredata dall'osservanza di un adempimento di legge - nella specie l'opponente non aveva versato la somma prescritta - il giudice non può dichiarare inammissibile l'opposizione e ordinare l'esecuzione del decreto opposto, ma deve emettere il decreto che dispone il giudizio, perché nella stessa proposizione dell'opposizione è connaturata tale richiesta.
Cass. pen. n. 1395/1994
Nel caso in cui l'imputato proponga opposizione a decreto penale di condanna, chiedendo contestualmente di essere ammesso all'oblazione di cui all'art. 162 bis c.p. il processo — che con l'emissione del decreto penale e l'opposizione avverso di esso è già pervenuto nella fase del giudizio — non può essere fatto regredire a quella delle indagini preliminari affinché il pubblico ministero disponga accertamenti per verificare se le conseguenze dannose o pericolose del reato siano state eliminate. (Nella specie la S.C., considerato abnorme il provvedimento di restituzione degli atti al P.M. — e come tale ricorribile per cassazione — ha ritenuto che fosse lo stesso giudice a dover valutare la sussistenza di tutte le condizioni previste dalla legge per l'ammissione del richiedente alla oblazione e, in caso negativo, a dover rigettare l'istanza e ad emettere i provvedimenti di cui all'art. 464 comma primo c.p.p.).
Cass. pen. n. 10096/1993
In caso di opposizione a decreto penale di condanna, la richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. non deve essere inderogabilmente contenuta nella dichiarazione di opposizione ma può essere presentata entro il termine generalmente indicato nell'art. 446 c.p.p. per il procedimento di patteggiamento della pena.
Cass. pen. n. 9400/1993
Alla stregua del letterale tenore degli artt. 461, terzo comma e 565, secondo comma, c.p.p. deve ritenersi che, in caso di opposizione a decreto penale, l'eventuale richiesta di uno dei riti alternativi speciali vada inderogabilmente formulata nella dichiarazione di opposizione; il che, oltre a trovare giustificazione nella esigenza di contenere i tempi di definizione dei procedimenti penali (esigenza che verrebbe frustrata ove si consentisse invece all'imputato di dilungarli a suo piacere, senza peraltro subire la perdita di benefici funzionalmente collegati alla scelta di mezzi volti ad anticipare la detta definizione), trova anche conferma nel disposto di cui alla prima parte del primo comma dell'art. 464 c.p.p., in cui, nello stabilire le caratteristiche del decreto di citazione da emettersi a seguito dell'opposizione (ove l'opponente abbia chiesto il giudizio immediato o non abbia formulato alcuna richiesta), si fa richiamo alle previsioni dell'art. 456 c.p.p., con esclusione, però, del secondo comma di detto ultimo articolo, che prevede l'inserzione, nel decreto di citazione per il giudizio immediato, dell'avviso relativo alla possibilità di richiesta del giudizio abbreviato o dell'applicazione della pena a norma dell'art. 444 c.p.p. (Nella specie, in applicazione di detto principio, la Corte ha rigettato il ricorso dell'imputato la cui richiesta di applicazione della pena, formulata successivamente alla dichiarazione di opposizione a decreto penale emesso dal Gip della pretura, era stata ritenuta inammissibile per tardività).
Cass. pen. n. 2088/1993
Nel procedimento pretorile, se l'opponente al decreto penale ha chiesto il giudizio abbreviato ma non ha provveduto a notificare al P.M. ex art. 464 c.p.p., il decreto del pretore che fissa un termine entro il quale il P.M. stesso deve esprimere il suo consenso, non può farsi luogo al giudizio abbreviato. Ma non per questo l'opposizione può dichiararsi inammissibile e il decreto penale diventa esecutivo, giacché tra le cause di inammissibilità dell'opposizione elencate tassativamente nell'art. 461, secondo e quarto comma, c.p.p., non rientra l'inerzia processuale dell'opponente. In tal caso deve introdursi il rito ordinario davanti al pretore del dibattimento, come si evince dalla formulazione della norma di cui all'art. 560, secondo comma, c.p.p. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio ex art. 620, lett. d), c.p.p., l'ordinanza del pretore che, dichiarando il non luogo a procedere sulla richiesta del giudizio abbreviato, aveva altresì dichiarato l'inammissibilità dell'opposizione).
Cass. pen. n. 4729/1993
Il decreto penale di condanna costituisce un provvedimento giurisdizionale assimilabile alla sentenza di condanna, che presuppone l'esistenza d'un processo, il quale in esso vede uno dei possibili modi di propria definizione e l'avvenuto radicamento della competenza in capo al giudice che lo emette; l'opposizione, infatti, serve a instaurare il giudizio ordinario davanti al pretore — giudice del dibattimento — della stessa sede cui appartiene il Gip che ha emesso il decreto opposto. Ne consegue che, radicandosi la competenza a giudicare al momento dell'emissione del decreto, non trovano applicazione, in virtù del principio della perpetuatio competentiae, le norme modificatrici dei criteri di determinazione della competenza per territorio, successive a tale momento. (Fattispecie in cui si discuteva se la competenza a giudicare, a seguito di opposizione, di un reato di emissione di assegno a vuoto per il quale era stato emesso decreto penale di condanna anteriormente alla entrata in vigore della L. 15 dicembre 1990, n. 386 dovesse determinarsi secondo l'art. 4 di tale legge ovvero — come ritenuto dalla Cassazione sulla scorta del principio di cui in massima — secondo la precedente normativa).
Cass. pen. n. 444/1992
A seguito di opposizione a decreto penale di condanna il giudice ha l'obbligo dell'immediata declaratoria di cui all'art. 129 del nuovo codice di procedura penale.
Cass. pen. n. 1109/1992
In tema di giudizio abbreviato, a seguito della modifica additiva apportata all'art. 464, primo comma, c.p.p. dalla Corte costituzionale con sentenza n. 23 del 1991 - in base alla quale al giudice del dibattimento è riconosciuta la facoltà di applicare la riduzione di pena stabilita dall'art. 442, secondo comma, c.p.p., qualora ritenga che il processo poteva essere definito «allo stato degli atti» - a tale giudice è stato conferito il controllo sulla legittimità della pronuncia del giudice per le indagini preliminari di insussistenza del presupposto della decidibilità in siffatto stato del processo. Ne consegue, per principio generale regolante le impugnazioni di merito, che debba essere il giudice del dibattimento a procedere anche nelle ipotesi in cui, esercitando il controllo di cui innanzi, riconosca l'erroneità della decisione del Gip. (Nella fattispecie - rigettata dal Gip la richiesta di giudizio abbreviato per essere il processo non definibile allo stato degli atti - il tribunale, su istanza della difesa e ritenuta la piena decidibilità allo stato degli atti, aveva denegato la competenza a decidere sulla posizione degli imputati e sollevato conflitto. La Corte di cassazione, affermando il principio di diritto di cui in massima, ha dichiarato la competenza del tribunale).
Cass. pen. n. 4062/1991
Nel caso di opposizione al decreto penale di condanna, né l'art. 464, primo comma, c.p.p., né alcun'altra disposizione prevedono che il decreto col quale il Gip fissa il termine, entro il quale il P.M. deve esprimere il consenso al rito abbreviato chiesto a seguito dell'opposizione debba essere dall'ufficio del Gip comunicato alle parti intervenute ovvero al suo difensore. Pertanto mancanza di comunicazione non può configurare alcuna nullità, per quanto riguarda il giudizio abbreviato, anzi, dall'art. 439 primo comma c.p.p. risulta che incombe alla parte invocante tale rito l'obbligo di depositare nella cancelleria dell'ufficio giudiziario procedente la richiesta già corredata dell'atto di consenso del P.M. e quindi di fornire al giudice la prova del già avvenuto accordo tra parte pubblica e privata.