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Art. 20 — Pene principali e accessorie

Art. 20 — Pene principali e accessorie

Le pene principali [ 17 ] sono inflitte dal giudice con sentenza di condanna; quelle accessorie conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali di essa [ 77, 139; c.p.p. 662 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 33541/2016

Le pene accessorie, in quanto conseguenti di diritto alla sentenza di condanna come effetti penali della stessa ai sensi dell’art. 20 cod. pen., possono essere eseguite in qualsiasi momento dalla formazione del giudicato e, diversamente dalle pene principali, non sono soggette a prescrizione. (In motivazione, la Corte ha escluso l’esistenza di un obbligo di immediata esecuzione delle pene accessorie dal cui inadempimento, mantenuto per un arco temporale pari alla durata delle stesse, discenda la loro estinzione).

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Cass. pen. n. 45381/2004

L’assoluto automatismo nell’applicazione delle pene accessorie, predeterminate per legge sia nella specie che nella durata e sottratte, perciò, alla valutazione discrezionale del giudice, comporta, da un lato, che l’erronea applicazione di una pena accessoria da parte del giudice di cognizione può essere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell’esecuzione, e dall’altro che, quando alla condanna consegue di diritto una pena accessoria così dalla legge stabilita, il P.M. ne può chiedere l’applicazione al giudice dell’esecuzione qualora si sia omesso di provvedere con la sentenza di condanna.

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Cass. pen. n. 3538/2004

Ai fini dell’applicazione di una sanzione accessoria, si deve avere riguardo alla pena principale irrogata in concreto, come risultante a seguito della diminuzione effettuata sia per l’applicazione delle circostanze attenuanti che per la scelta del rito. (Nel caso di specie, la Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, sostituendola con quella di carattere temporaneo, in quanto in grado di appello la pena detentiva era stata rimodulata rispetto a quella irrogata in primo grado — all’esito di un giudizio abbreviato — in misura inferiore a cinque anni).

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Cass. pen. n. 16244/2003

L’applicazione della causa di non punibilità della ritrattazione, in un procedimento per falsa testimonianza a carico di un avvocato, non impedisce al giudice di appello di comunicare al consiglio dell’ordine di appartenenza dell’imputato l’esito del processo, con la trasmissione della relativa sentenza, in quanto si tratta di un adempimento di natura procedurale, diretto ad investire il titolare dell’azione disciplinare delle valutazioni in ordine alla rilevanza disciplinare del fatto già oggetto del giudizio penale, dovendosi, pertanto, escludere che una tale comunicazione possa qualificarsi come pena accessoria, non essendo, peraltro, prevista da alcuna norma di legge (la Corte ha anche precisato che la natura non sanzionatoria della comunicazione e la sua funzione strumentale rispetto all’esercizio del potere disciplinare, concorrente con quello giurisdizionale, escludono che l’adempimento informativo possa incidere sul divieto di reformatio in pejus).

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Cass. pen. n. 8411/1998

Poiché l’art. 597, terzo comma, c.p.p. non contempla, tra i provvedimenti peggiorativi inibiti al giudice d’appello nell’ipotesi di impugnazione proposta dal solo imputato, quelli concernenti le pene accessorie — le quali, secondo il disposto dell’art. 20 c.p., conseguono di diritto alla condanna come effetti penali di essa — al giudice di secondo grado è consentito applicare d’ufficio le pene predette qualora non vi abbia provveduto quello di primo grado, e ciò ancorché la cognizione della specifica questione non gli sia stata devoluta con il gravame del pubblico ministero. (Fattispecie in tema di interdizione dai pubblici uffici).

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Cass. pen. n. 4492/1997

L’assoluto automatismo nell’applicazione delle pene accessorie, predeterminate per legge sia nella specie che nella durata e sottratte, perciò, alla valutazione discrezionale del giudice, comporta che l’erronea applicazione di una pena accessoria da parte del giudice di cognizione può essere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell’esecuzione ovvero, qualora venga dedotta con ricorso per cassazione, anche dal giudice di legittimità che, sul punto relativo, può direttamente dichiarare l’ineseguibilità della sentenza, stante la sua evidente contrarietà alla legge.

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Cass. pen. n. 7/1994

Gli effetti penali della condanna, dei quali il codice penale non fornisce la nozione né indica il criterio generale che valga a distinguerli dai diversi effetti di natura non penale che pure sono in rapporto di effetto a causa con la pronuncia di condanna, si caratterizzano per essere conseguenza soltanto di una sentenza irrevocabile di condanna e non pure di altri provvedimenti che possono determinare quell’effetto; per essere conseguenza che deriva direttamente, ope legis, dalla sentenza di condanna e non da provvedimenti discrezionali della pubblica amministrazione, ancorché aventi la condanna come necessario presupposto; per la natura sanzionatoria dell’effetto, ancorché incidente in ambito diverso da quello del diritto penale sostantivo o processuale.

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Cass. pen. n. 5400/1984

Essendo le pene accessorie un effetto automatico della condanna, la loro applicazione non comporta obbligo di motivazione.

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Cass. pen. n. 7578/1976

La pena accessoria temporanea è condonata per intero quando corrisponde ad una pena principale interamente condonata; altrimenti rimane in vita per un periodo di tempo uguale a quello della pena principale residua ed eseguibile, quale effetto penale di questa. La pena accessoria consegue di diritto alla condanna come effetto penale di essa e quando è predeterminata dalla legge sia nella specie che nella durata, può essere applicata di ufficio in sede esecutiva anche se è stata omessa dal giudice che ha pronunciato la condanna.

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