Art. 176 – Codice penale – Liberazione condizionale
Il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale , se ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni [c.p.p. 682].
Se si tratta di recidivo, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, il condannato, per essere ammesso alla liberazione condizionale, deve avere scontato almeno quattro anni di pena e non meno di tre quarti della pena inflittagli.
Il condannato all'ergastolo può essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia scontato almeno ventisei anni di pena.
La concessione della liberazione condizionale è subordinata all'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato [185, 186], salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 31753/2024
In tema di accesso alle misure alternative e alla liberazione condizionale, hanno natura sostanziale le disposizioni restrittive introdotte con il d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, sicché le stesse, alla luce della lettura dell'art. 25, comma secondo, Cost. adottata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 32 del 2020, non possono essere applicate retroattivamente, mentre non hanno analoga natura le disposizioni introdotte dall'art. 15 d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, che hanno inciso solo sulle modalità di funzionamento degli istituti.
Cass. civ. n. 637/2024
In tema di concessione del permesso premio richiesto da un collaboratore di giustizia, il requisito del ravvedimento per ottenere il beneficio ai sensi dell'art. 16-nonies, comma 4, d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, nella legge 15 marzo 1991, n. 82, stante la gradualità all'accesso alle misure alternative, deve essere inteso non come l'avvenuto conseguimento del fine ultimo del trattamento rieducativo, ma come la maturazione di un definitivo e irreversibile distacco dal contesto criminale rispetto al quale è maturata la scelta collaborativa.
Cass. civ. n. 29863/2023
In tema di liberazione condizionale, la revoca del beneficio per la violazione degli obblighi inerenti alla libertà vigilata presuppone il mancato ravvedimento del condannato, desumibile da trasgressioni che, se costituite da illeciti penali non oggetto di sentenze irrevocabili, possono essere valutate incidentalmente dal tribunale di sorveglianza, fermo restando, in caso di proscioglimento in sede di cognizione, l'esame della rilevanza delle violazioni sulla partecipazione dell'interessato al trattamento rieducativo.
Cass. civ. n. 26348/2023
In tema di riconoscimento dei benefici penitenziari a detenuti in espiazione di pena per reati ostativi cd. di prima fascia ex art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 (nel testo previgente alla modifica di cui al d.l. 30 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199), la mancata richiesta, da parte del Tribunale di sorveglianza, del parere al Comitato provinciale per l'ordine a la sicurezza pubblica non comporta la nullità della decisione, imponendo, tuttavia, un onere motivazionale rafforzato sull'insussistenza di collegamenti tra il condannato e la criminalità organizzata. (Diff.: n. 1095 del 09/03/1992,
Cass. civ. n. 12361/2023
In tema di liberazione condizionale, la facoltà di riconoscere il beneficio a soggetti sottoposti a programma di protezione a norma della legge 15 marzo 1991, n. 82, anche in deroga alle disposizioni vigenti, riguarda soltanto le limitazioni in tema di condizioni di ammissibilità, ma non si estende ai presupposti relativi all'emenda di tali soggetti e alla finalità di conseguire la loro stabile rieducazione.
Cass. civ. n. 12782/2021
In tema di liberazione condizionale il fatto che risulti dimostrata la obiettiva impossibilità di adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, secondo quanto previsto dall'ultimo comma dell'art. 176 cod. pen., non esclude che la manifestazione o meno di interesse per la vittima e di intendimenti di riparazione, se non sul piano materiale, quanto meno su quello morale, possano essere legittimamente valutati dal giudice ai fini del giudizio in ordine alla sussistenza o meno del requisito del ravvedimento.
Cass. civ. n. 3312/2020
In tema di concessione della liberazione condizionale nei confronti dei collaboratori di giustizia, il giudizio prognostico di ravvedimento deve essere formulato sulla base di un completato percorso trattamentale di rieducazione e recupero idoneo a sostenere la previsione, in termini di certezza, di una conformazione al quadro ordinamentale e sociale a suo tempo violato in quanto la facoltà di ammettere al beneficio detti soggetti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, riguarda solo le condizioni di ammissibilità, ma non si estende al requisito dell'emenda degli stessi e alle finalità di conseguire la loro stabile rieducazione.
Cass. civ. n. 7428/2017
Il sistema delineato dall'ordinamento penitenziario vigente in materia di accesso ai benefici del detenuto in espiazione della pena dell'ergastolo per condanne relative a reati contemplati dall'art. 4-bis ord. pen. (cd. ergastolo ostativo) è compatibile con i principi costituzionali e con quelli della Conv. EDU, in quanto, in caso di provato ravvedimento, il condannato può essere ammesso alla liberazione condizionale ex art. 176, comma terzo, cod. pen. anche per i predetti reati, in relazione ai quali la richiesta collaborazione e la perdita di legami con il contesto della criminalità organizzata costituiscono indici legali di tale ravvedimento.
Cass. civ. n. 45042/2014
In tema di liberazione condizionale, la nozione di "ravvedimento" implica la realizzazione, da parte del condannato, di comportamenti oggettivi dai quali desumere la netta scelta di revisione critica operata rispetto al proprio passato, che parta dal riconoscimento degli errori commessi e aderisca a nuovi modelli di vita socialmente accettati.
Cass. civ. n. 33302/2013
Ai fini della concessione della liberazione condizionale, la mancata ammissione delle proprie responsabilità non può, di per sè solo, costituire sicuro indice del mancato ravvedimento in quanto l'art. 176 cod. pen. richiede soltanto l'adesione convinta al trattamento rieducativo, l'accettazione dell'espiazione della pena ed i suoi positivi risultati in termini di conseguito ravvedimento.
Cass. civ. n. 25155/2011
Il rigetto della domanda di ammissione alla liberazione condizionale non può essere motivato dal mancato assolvimento, da parte del condannato, dell'onere probatorio in ordine all'impossibilità di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato, che va accertata "ex officio".
Cass. civ. n. 17343/2009
La detrazione di pena di cui all'art. 54 della L. 26 luglio 1975, n. 354 (cosiddetta liberazione anticipata) deve essere concessa anche con riferimento ai periodi trascorsi in liberazione condizionale.
Cass. civ. n. 26472/2009
Le restrizioni alla concedibilità della liberazione condizionale al condannato recidivo operano pur quando la recidiva sia stata oggetto del giudizio di bilanciamento con circostanze attenuanti e non abbia comportato un aumento di pena.
Cass. civ. n. 3852/2009
La liberazione anticipata è ammessa anche con riferimento a periodi trascorsi in liberazione condizionale, purché il rapporto esecutivo sia tuttora in corso, non importa se in una delle forme alternative previste dall'ordinamento penitenziario.
Cass. civ. n. 40341/2008
Non è consentita la concessione della liberazione anticipata in relazione a periodi trascorsi in liberazione condizionale. (In motivazione la Corte ha sottolineato che la sostanziale differenza intercorrente tra liberazione condizionale e misure alternative alla detenzione, in particolar modo l'affidamento in prova al servizio sociale, rende manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54 L. n. 354 del 1975 - cosiddetto ordinamento penitenziario - nella parte in cui non consente, così interpretato, la liberazione anticipata per i periodi trascorsi in liberazione condizionale).
Cass. civ. n. 47781/2008
È illegittimo il provvedimento di diniego della liberazione condizionale nei confronti del cittadino straniero privo di domicilio nel territorio dello Stato, motivato con l'asserita impossibilità di applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata prescritta dall'art. 230, comma primo, n. 2 c.p.. (In motivazione, la S.C., richiamando la L. n. 772 del 1973 recante ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la sorveglianza delle persone condannate o liberate con la condizionale, adottata a Strasburgo il 30 novembre 1964, ha affermato che la misura di sicurezza può assumere connotati diversi anche in relazione all'obbligo di residenza, che non rientra tra i requisiti per la concessione della liberazione condizionale, potendo lo straniero collegarsi al luogo in cui si trova l'istituto penitenziario).
Cass. civ. n. 9815/2008
In tema di liberazione condizionale, il giudice deve valutare, tra gli altri elementi, il grado di interesse e di concreta disponibilità dimostrato dal condannato nei confronti delle vittime: tale elemento tuttavia va considerato in modo globale, insieme alla condotta complessiva del soggetto ai fini dell'accertamento dell'efficacia dell'azione rieducativa. (Nella fattispecie, relativa all'istanza di un collaboratore di giustizia già ammesso alla detenzione domiciliare, la Corte ha ritenuto contraddittorio il rigetto del Tribunale di sorveglianza che, pur dando atto della sussistenza di numerosi parametri positivi rilevava però la mancanza della prova di manifestazioni di altruismo e solidarietà del condannato verso le parti offese).
Cass. civ. n. 37330/2007
Ai fini della concessione della liberazione condizionale, la valutazione, da parte del giudice, della complessiva condotta serbata dal condannato finalizzata alla verifica di un compiuto ravvedimento, realizzato all'esito di una revisione critica della propria vita antecedente, è necessaria anche nei confronti dei collaboratori di giustizia.
Cass. civ. n. 9887/2007
Il ravvedimento, previsto dall'art. 16 nonies L. n. 8 del 1991, deve essere valutato dal giudice con riguardo alla condotta complessiva del collaboratore di giustizia e, pur dovendo essere valutato anche il grado di interesse e di concreta disponibilità del condannato a fornire alla vittima del reato ogni possibile assistenza, non può identificarsi con esso. Tra i vari elementi di valutazione vanno presi in considerazione i rapporti con i familiari, con il personale giudiziario, nonché lo svolgimento di attività lavorativa o di studio onde verificare se c'è stata da parte del reo una revisione critica della sua vita anteatta e una reale ispirazione al suo riscatto morale.
Cass. civ. n. 18486/2006
Ai fini dell'ammissione alla liberazione condizionale è necessaria la prova del sicuro ravvedimento del condannato; pertanto, non può essere accolta l'istanza volta ad ottenere, attraverso il suddetto beneficio, l'inserimento del condannato in una struttura terapeutica per meglio conseguire il raggiungimento del traguardo di emenda. (Nella specie, era stata rappresentata la necessità di proseguire all'esterno il percorso terapeutico già iniziato presso il carcere minorile, che sarebbe stato compromesso con il trasferimento della condannata al carcere per adulti, una volta raggiunta la maggiore età).
Cass. civ. n. 196/2005
Ai fini dell'ammissione alla liberazione condizionale, il ravvedimento del condannato può ritenersi sussistente tutte le volte che la sua condotta costituisca un indice affidabile della conclusione del processo di riadattamento sociale e giustifichi, conseguentemente, un giudizio prognostico certo per escludere il recidivare di comportamenti criminali, non essendo richieste né abiure formali, né riconoscimenti di errori o colpe da parte sua.
Cass. civ. n. 2238/2005
In tema di liberazione condizionale, non costituisce ostacolo alla applicazione del beneficio il fatto che il condannato si trovi in detenzione domiciliare o addirittura in libertà, atteso che il Tribunale di sorveglianza, per valutare le condizioni del ravvedimento, dispone di tutti gli strumenti previsti dagli artt. 666 e 678 del codice di rito, ivi compresa la possibilità di disporre indagini comportamentali attraverso i servizi sociali del Ministero della giustizia e degli enti locali territoriali. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto manifestamente illogica ed in contrasto con la legge la motivazione del provvedimento del Tribunale di sorveglianza, reiettivo dell'istanza e fondato sulla considerazione che, non essendo il condannato detenuto, egli non poteva dimostrare il suo ravvedimento e il suo riscatto morale ).
Cass. civ. n. 23639/2005
La liberazione condizionale postula un giudizio prognostico circa la condotta della persona condannata tale escludere ragionevolmente la persistenza di un apprezzabile grado di pericolosità sociale e la conseguente probabilità di reiterazione di comportamenti penalmente illeciti. Pertanto la gravità del reato e la capacità a delinquere palesata con la sua commissione possono assumere rilevanza esclusivamente come dato iniziale della valutazione che deve avere riguardo al comportamento tenuto dal condannato durante il tempo dell'esecuzione della pena.
Cass. civ. n. 25982/2005
In tema di liberazione condizionale, nella valutazione del requisito del ravvedimento di cui al comma primo dell'art. 176 c.p., il comportamento del condannato nei confronti delle vittime non rappresenta una condizione alternativa a quella dell'adempimento delle obbligazioni civili di cui al comma quarto del medesimo articolo. Ne consegue che l'interessamento nei confronti delle vittime può assumere rilevanza quale sintomo della sussistenza di un ravvedimento, ma la mancanza di tale atteggiamento non lo esclude; infatti il ravvedimento può essere desunto dall'insieme di atteggiamenti esteriorizzati, che risultino idonei a formulare una seria prognosi di conformazione del condannato al quadro di riferimento ordinamentale. (Nel caso di specie, il giudice di merito aveva desunto la sussistenza del requisito del ravvedimento in base al certo ed irrevocabile ripudio per la lotta armata manifestato da un soggetto condannato «per ideologia»).
Cass. civ. n. 35648/2001
Ai fini dell'ammissione alla liberazione condizionale, il requisito dell'avvenuta espiazione di una determinata parte della pena, quale previsto dall'art. 176 c.p., va verificato facendo riferimento alla data di presentazione della richiesta e non a quella della successiva decisione, trattandosi di un presupposto e non di una condizione della richiesta medesima.
Cass. civ. n. 1541/2000
In tema di liberazione condizionale, fra gli elementi valutabili ai fini dell'acquisizione di prova certa del ravvedimento può essere considerato, congiuntamente a qualsiasi elemento sintomatico desumibile dalla condotta tenuta durante l'esecuzione della pena, il grado di interesse e di concreta disponibilità del condannato a fornire alla vittima del reato ogni possibile assistenza, purché compatibile con il doveroso rispetto della personale riservatezza e delle autonome decisioni di questa. Ne consegue che non è possibile escludere l'interessamento del condannato, qualora si accerti l'indisponibilità della persona offesa ad accettarlo.
Cass. civ. n. 7248/2000
In tema di liberazione condizionale, anche in caso di impossibilità materiale da parte del condannato di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato, ai fini della concessione del beneficio assumono particolare rilievo, sotto il profilo soggettivo, le manifestazioni di effettivo interessamento dello stesso per la situazione morale e materiale delle persone offese dal reato e i tentativi fatti, nei limiti delle sue possibilità, di attenuare, se non riparare interamente i danni provocati. (Fattispecie nella quale il condannato, pur avendo svolto per molti anni attività lavorativa remunerata in regime di semilibertà, non solo non aveva mai manifestato alcun interesse o senso di solidarietà per i familiari della vittima del reato, ma, per dimostrare l'asserita impossibilità dell'adempimento, aveva addirittura fatto apparire una situazione economica non corrispondente a quella reale).
Cass. civ. n. 6492/1998
In tema di liberazione condizionale, quando si tratti di soggetti condannati per taluno dei delitti previsti nel comma 1 dell'art. 4 bis dell'ordinamento penitenziario, il beneficio è concedibile, ai sensi dell'art. 2, comma 2, D.L. 13 maggio 1991 n. 152, conv. con modif. in L. 22 luglio 1991 n. 203, soltanto a condizione che siano stati scontati almeno due terzi della pena inflitta, salvo che i medesimi soggetti, come statuito dal successivo comma 3, rientrino nelle previsioni di cui all'art. 58 ter dell'ordinamento penitenziario, cioé abbiano proficuamente collaborato con la giustizia ovvero — in applicazione dei principi contenuti nella sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 1995 — versino in situazioni in cui la collaborazione sia divenuta impossibile o irrilevante. In tali ipotesi trova applicazione la regola generale fissata dall'art. 176, comma 1, c.p., secondo cui la liberazione condizionale è concedibile, ferme le altre condizioni, quando sia stata espiata almeno la metà della pena.
Cass. civ. n. 1965/1997
In tema di liberazione condizionale (art. 176 c.p.) il comportamento da valutare ai fini del giudizio sul ravvedimento deve consistere nell'insieme dagli atteggiamenti concretamente tenuti ed esteriormente manifestati dal soggetto, che consentano la formulazione di una seria ed affidabile prognosi di pragmatica conformità della sua futura condotta di vita al quadro di riferimento normativo ordinamentale con cui il soggetto medesimo entrò in conflitto all'atto della commissione dell'illecito per il quale ebbe a subire la sanzione penale. Estranei e non funzionali alla natura ed ai limiti di tale giudizio prognostico devono ritenersi, pertanto, il sindacato sul grado di intima accettazione della condanna o della pena ed ogni investigazione circa l'interiore adesione ai valori espressi dall'assetto normativo-istituzionale o l'effettiva condivisione morale dei modelli comportamentali a quell'assetto sottesi, così come ogni pretesa di formale abiura o ripulsa delle pregresse condotte devianti.
Cass. civ. n. 3585/1997
Il beneficio della liberazione anticipata può essere concesso anche al condannato che si trovi in regime di liberazione condizionale, sicché la mancanza di un attuale stato di detenzione non è di per sè ostativa alla riduzione di pena di cui all'art. 54 della legge n. 354 del 1975 (c.d. ordinamento penitenziario), sempre che il periodo per il quale è richiesto il beneficio sia antecedente alla liberazione condizionale e riguardi il tempo trascorso in custodia cautelare o in espiazione di pena.
Cass. civ. n. 4658/1996
È illegittimo il provvedimento che rigetta un'istanza di liberazione condizionale ritenendo insussistente il sicuro ravvedimento del condannato per il solo fatto che questi, con la sentenza di condanna, era stato riconosciuto seminfermo di mente.
Cass. civ. n. 429/1994
L'art. 2, comma 1, della L. 12 luglio 1991, n. 203 dichiarando applicabili anche alla liberazione condizionale le condizioni previste dall'art. 4 bis della L. 26 luglio 1975, n. 354, opera una sorta di «rinvio recettizio permanente» per il quale ogni modifica apportata alla disposizione richiamata per i benefici in essa contemplati si applica automaticamente in materia di liberazione condizionale. Conseguentemente per effetto della modifica del citato art. 4 bis, operata dall'art. 15 del D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (convertito in L. 7 agosto 1992, n. 356) la liberazione condizionale, al pari dei benefici indicati nella norma modificata può essere concessa, a chi sia stato condannato per taluno dei delitti ivi contemplati, alla sola condizione che risulti prestata attività di collaborazione ai sensi dell'art. 58 ter della L. 7 agosto 1992, n. 356. Siffatta limitazione d'altro canto opera anche per l'ipotesi di condanna inflitta prima della vigenza della suddetta normativa non potendosi invocare il principio della irretroattività della legge più sfavorevole che riguarda solo le norme incriminatrici, nelle quali non si inseriscono quelle che disciplinano l'esecuzione della pena e le misure a queste alternative. (Affermando siffatti principi la Corte di cassazione ha ritenuto legittimo il provvedimento del tribunale di sorveglianza che aveva escluso la ricorrenza delle condizioni per la concessione della liberazione anticipata a soggetto condannato per sequestro di persona a scopo di estorsione, stante la mancata prova della collaborazione con la giustizia richiesta dalla legge).
Cass. civ. n. 5132/1993
Il risarcimento del danno previsto dall'ultimo comma dell'art. 176 c.p. non può essere considerato come un elemento a sé, ma deve, nel quadro delle dimostrazioni di ravvedimento che il condannato deve fornire, essere valutato come atto comprovante, con il pentimento e la riprovazione per il delitto commesso, la fattiva volontà del reo di eliminarne o attenuarne, le conseguenze dannose deve, cioè, essere considerato non tanto nella sua funzione oggettiva di reintegrazione patrimoniale, quanto sotto il profilo soggettivo, come concreta manifestazione del sincero proposito di fare tutto il possibile per sanare le conseguenze del delitto. Ne consegue che da una parte deve riconoscersi che la «impossibilità di adempiere» le obbligazioni civili nascenti dal reato (come causa della condizione di cui trattasi) non può identificarsi con la mancanza assoluta di ogni risorsa economica, d'altra parte va accertato se il condannato abbia dimostrato un effettivo interessamento e abbia fatto quanto in suo potere per eliminare le conseguenze materiali del delitto da lui commesso.
Cass. civ. n. 2766/1993
In tema di liberazione condizionale, l'art. 13 ter, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito nella L. 15 marzo 1991, n. 82, esclude, al secondo comma, tutte le limitazioni, ivi comprese quelle relative all'entità della pena, per l'ammissione al lavoro all'esterno, ai permessi premio ed alle misure dell'affidamento in prova al servizio sociale e della semilibertà, tutte espressamente indicate con i riferimenti normativi, ma non già per fruire della liberazione condizionale, per la quale restano applicabili le condizioni dell'art. 176 c.p. oltre alle limitazioni previste dall'art. 2, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella L. 12 luglio 1991, n. 203. (Fattispecie relativa ad inammissibilità dell'istanza di liberazione condizionale, non avendo il condannato «espiato il minimo di pena stabilito dall'art. 176 c.p.»).
Cass. civ. n. 2167/1993
La prova della concessione del perdono da parte di talune delle vittime dell'attività delittuosa o, in mancanza, dei loro familiari, non costituisce elemento determinante in tema di liberazione condizionale.