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Art. 115 — Matrimonio del cittadino all’estero

Art. 115 — Matrimonio del cittadino all’estero

Il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione prima di questo capo [ 84 ss. c.c. ], anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite.

[ La pubblicazione deve anche farsi nello Stato a norma degli articoli 93, 94 e 95. Se il cittadino non risiede nello Stato, la pubblicazione si fa nel comune dell’ultimo domicilio ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 15343/2016

Il matrimonio contratto all’estero alla presenza di uno solo dei nubendi e con la partecipazione in via telematica dell’altro non è contraria all’ordine pubblico italiano a condizione che lo stesso sia stato validamente celebrato secondo la legge del paese straniero, dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell’atto straniero, senza possibilità di sottoporlo ad un sindacato di tipo contenutistico, tanto più che neppure per il legislatore italiano la forma di cui all’art. 107 c.c. ha valore inderogabile.

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Cass. civ. n. 4184/2012

Il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso, celebrato all’estero, non è inesistente per l’ordinamento italiano, ma soltanto inidoneo a produrre effetti giuridici; anche ai sensi dell’art. 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come evolutivamente interpretato dalla Corte di Strasburgo, la diversità di sesso dei nubendi non costituisce presupposto “naturalistico” di “esistenza” del matrimonio. (Fattispecie relativa a cittadini italiani dello stesso sesso, i quali, unitisi in matrimonio nei Paesi Bassi, avevano impugnato il rifiuto di trascrizione dell’atto, opposto dall’ufficiale di stato civile italiano; la S.C., in applicazione del principio, pur respingendo il ricorso degli sposi, ha corretto la motivazione del decreto della Corte territoriale, che aveva legittimato il rifiuto di trascrizione dell’atto in difetto della sua “configurabilità come matrimonio”).

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Cass. civ. n. 5537/2001

Il matrimonio celebrato all’estero tra cittadini italiani e tra italiani e stranieri, secondo le forme previste dalla legge straniera, ha immediata validità nel nostro ordinamento, e, quantunque sia stato contratto — in violazione dell’art. 86 c.c. — da chi non aveva libertà di stato, è destinato a produrre effetti finché non sia impugnato da uno dei soggetti legittimati (tra cui anche il pubblico ministero) e non sia emessa la pronuncia del giudice di nullità. Ne consegue che — stante il divieto di espulsione previsto dall’art. 19, lett. c) del D.L.vo n. 286 del 1998 per gli stranieri conviventi con il coniuge di nazionalità italiana — è illegittimo il provvedimento di espulsione nei confronti della cittadina straniera coniugata, a seguito di matrimonio contratto all’estero, con cittadino, italiano, benché quest’ultimo fosse vincolato da un matrimonio precedente, non potendo il matrimonio celebrato all’estero considerarsi immediatamente privo di effetti dall’autorità amministrativa finché non sia intervenuta una sentenza del giudice competente a decidere, con efficacia di giudicato, della nullità del matrimonio.

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Cass. civ. n. 1739/1999

In virtù del principio del favor matrimonii, l’atto di matrimonio non perde validità se non sia stato impugnato per una delle ragioni indicate dagli artt. 117 e seguenti c.c. e non sia intervenuta una pronuncia di nullità o di annullamento; ne consegue che, in virtù della validità interinale del matrimonio contratto da cittadino italiano all’estero, pur secondo una legge prevedente la poligamia e il ripudio, ma nel rispetto delle forme ivi stabilite e ricorrendo i requisiti sostanziali di stato e capacità delle persone, non si può disconoscere l’idoneità di tale matrimonio a produrre effetti nel nostro ordinamento, finché non si deduca la nullità di tale matrimonio e non intervenga una pronuncia sul punto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, ritenuto che il profilo dell’ordine pubblico e del buon costume, connessi alle caratteristiche della poligamia e del ripudio, proprie del matrimonio islamico, erano estranei al rapporto dedotto in giudizio, aveva affermato il rilievo in sede ereditaria dello status di coniuge acquisito in virtù di matrimonio celebrato in Somalia nel rispetto delle forme stabilite dalla lex loci ed in presenza dei requisiti di stato e capacità delle persone).

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Cass. civ. n. 10351/1998

Le norme di diritto internazionale privato attribuiscono ai matrimoni celebrati all’estero tra cittadini italiani o tra italiani e stranieri immediata validità e rilevanza nel nostro ordinamento, sempre che essi risultino celebrati secondo le forme previste dalla legge straniera (e, quindi, spieghino effetti civili nell’ordinamento dello Stato straniero) e sempre che sussistano i requisiti sostanziali relativi allo stato ed alla capacità delle persone previsti dalla legge italiana. Tale principio non è condizionato dall’osservanza delle norme italiane relative alla trascrizione, atteso che questa non ha natura costitutiva, ma meramente certificativa, e scopo di pubblicità in un atto già di per sé valido sulla base del principio locus regit actum.

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Cass. civ. n. 3599/1990

Il matrimonio celebrato da cittadini italiani (o anche tra cittadini e stranieri, in virtù dell’art. 50 ord. st. c.) all’estero secondo le forme ivi stabilite, ed anche il matrimonio celebrato all’estero in forma religiosa, ove per tale forma la lex loci riconosca gli effetti civili (sempre che sussistano i requisiti previsti dal nostro ordinamento) è immediatamente valido e rilevante nell’ordinamento italiano con la produzione del relativo atto, anche al fine di far valere il diritto di succedere al coniuge defunto nel contratto di locazione dell’abitazione a lui intestato, indipendentemente dall’osservanza delle norme italiane relative alla pubblicazione, che possono dar luogo solo ad irregolarità suscettibili di sanzioni amministrative, ed alla trascrizione nei registri dello stato civile, la quale (a differenza del caso del matrimonio concordatario) ha natura certificativa e di pubblicità, e non costitutiva.

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Cass. civ. n. 1304/1990

Nella controversia inerente a matrimonio contratto all’estero da cittadini italiani, o da cittadino italiano con apolide, l’indagine sulla validità della celebrazione secondo la lex loci (art. 26 disp. prel. c.c.), e poi sugli effetti del rapporto secondo la legge italiana (art. 17 disp. prel. c.c.), con verifica dell’eventuale sanatoria di vizi formali, secondo le previsioni degli artt. 113, 131, 132 e 137 c.c., postula il preventivo riscontro dei requisiti minimi per la giuridica configurabilità del matrimonio medesimo, cioè della manifestazione di volontà matrimoniale, da parte di due persone di sesso diverso, ad un ufficiale celebrante, atteso che, in caso contrario, verificandosi una situazione di inesistenza, resta «in radice» esclusa ogni possibilità di assegnare effetti ad un fatto non riconducibile nello schema del rapporto matrimoniale.

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