Art. 119 – Codice civile – Interdizione
Il matrimonio di chi è stato interdetto per infermità di mente può essere impugnato dal tutore, dal pubblico ministero [125; c.p.c. 69, 70] e da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo [117, 127] se, al tempo del matrimonio, vi era già sentenza di interdizione [421] passata in giudicato, ovvero se l'interdizione è stata pronunziata posteriormente ma l'infermità esisteva al tempo del matrimonio [427]. Può essere impugnato, dopo revocata l'interdizione [429], anche dalla persona che era interdetta [414].
L'azione non può essere proposta se, dopo revocata l'interdizione, vi è stata coabitazione per un anno [120 co. II, 122 4, 123 2].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 11584/2025
Ai fini della validità del licenziamento intimato per ragioni disciplinari non è necessaria la previa affissione del codice disciplinare, in presenza della violazione di norme di legge e comunque di doveri fondamentali del lavoratore, riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la necessità dell'affissione con riguardo alla contestazione, nei confronti del dipendente, di condotte ingiuriose e minacciose nei confronti di colleghi e di ulteriori comportamenti irrispettosi nei confronti della clientela e violativi dell'obbligo di attenersi alle condizioni di vendita stabilite dall'azienda).
Cass. civ. n. 11154/2025
Lo svolgimento di altre attività da parte del dipendente durante l'assenza per malattia, se da un lato mette in pericolo l'adempimento dell'obbligazione principale del lavoratore, per la possibile o probabile protrazione dello stato di malattia, dall'altro integra violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà e dei doveri di correttezza e buona fede; la relativa valutazione, trattandosi di illecito di pericolo e non di danno, è costituita da un giudizio ex ante, riferito al momento in cui è stato tenuto il comportamento contestato, e ha per oggetto la potenzialità del pregiudizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro. (In applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva dichiarato illegittimo - per sproporzione tra la sanzione e l'infrazione disciplinare - il licenziamento comminato, a un lavoratore infortunatosi al braccio, in ragione dello svolgimento di un'attività ludica durante l'assenza per malattia, sulla scorta dell'accertamento che la serie variegata di attività compiute senza alcun tutore o fasciatura ne aveva esposto a rischio di peggioramento le condizioni di salute, tenuto conto delle prescrizioni mediche che indicavano il riposo e l'immobilizzazione dell'arto).
Cass. civ. n. 9812/2025
In tema di revocatoria fallimentare, al fine di stabilire se il pagamento si collochi o meno nel "periodo sospetto" rilevante per l'esercizio dell'azione, la monetizzazione da parte della banca del pegno costituito in garanzia dal cliente poi fallito è idonea a determinare la decorrenza del relativo termine, siccome equivale al pagamento del debito garantito dal pegno stesso, restando invece irrilevante la data dell'eventuale successiva imputazione del pagamento, da parte del creditore, a uno piuttosto che a un altro dei plurimi debiti del medesimo obbligato.
Cass. civ. n. 1229/2025
Ricomprensione del termine per le difese del lavoratore - Necessità - Dilazionabilità del termine - Ragioni - Fattispecie. In tema di procedimento disciplinare, l'art. 38 c.c.n.l. chimica industria del 19/07/2018 va interpretato nel senso che il termine complessivo di sedici giorni dalla contestazione disciplinare, assegnato al datore di lavoro per concludere il procedimento e adottare il licenziamento, va calcolato tenendo conto del precedente termine previsto per le deduzioni difensive del lavoratore, necessariamente dilatorio, di otto giorni dalla medesima contestazione, sicché se il datore di lavoro accorda un termine superiore di otto giorni per le difese del dipendente, su sua richiesta o per ragioni organizzative, come nella specie per la chiusura estiva, il predetto termine complessivo è dato dal maggior lasso temporale concesso per tali difese, cui va ad aggiungersi l'ulteriore termine di otto giorni previsto per la parte datoriale.
Cass. civ. n. 23439/2024
In tema di illeciti disciplinari del dipendente di istituto di credito, costituisce condotta rilevante la violazione dell'obbligo di identificazione della clientela alla sua presenza fisica previsto dall'art. 19 del d.lgs. n. 231 del 2007, nella formulazione applicabile ratione temporis (prima della novella di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 90 del 2017), né tale obbligo è derogato dall'art. 20 del medesimo d.lgs., il quale disciplina altri aspetti della valutazione del rischio che presuppongono la già compiuta identificazione del cliente.
Cass. civ. n. 23318/2024
In tema di licenziamento disciplinare, l'assenza nella condotta contestata al lavoratore di effettive conseguenze pregiudizievoli per il datore o per terzi, ovvero di concreti vantaggi a favore proprio o di terzi, così come l'eventuale comportamento successivo volto ad eliderne gli effetti dannosi, non valgono di per sé ad escludere la rilevanza disciplinare del fatto, potendo piuttosto concorrere, unitamente ad ogni altro fattore oggettivo e soggettivo palesato dal caso concreto, nella complessa valutazione giudiziale circa l'idoneità della condotta a giustificare la sanzione espulsiva. (Nella specie la S.C. ha annullato la sentenza di appello che, in ragione della ritenuta assenza di offensività, aveva escluso la rilevanza disciplinare di plurime condotte attuate in violazione delle disposizioni aziendali e dei diritti dei clienti da un direttore di filiale di un istituto di credito).
Cass. civ. n. 22361/2024
Nell'ipotesi in cui il lavoratore ricorra alla cessione del quinto dello stipendio, il trattenimento - da parte del datore di lavoro - di somme pari ai costi funzionali al buon esito della cessione è legittima solo se l'operazione comporta costi aggiuntivi di contabilizzazione e gestione amministrativa insostenibili in rapporto all'organizzazione aziendale, e l'onere della prova di tale sproporzionata gravosità ricade sul datore di lavoro.
Cass. civ. n. 21053/2024
In ragione della piena parificazione al denaro contante (fondata sulla precostituzione della provvista presso la banca di riferimento), la consegna di un assegno circolare determina l'immediata estinzione delle obbligazioni pecuniarie con effetto liberatorio per il debitore, indipendentemente dall'effettivo incasso del titolo, fermo restando il rischio di inconvertibilità dello stesso, che resta a carico del debitore medesimo.
Cass. civ. n. 19536/2024
Ai crediti dei farmacisti per il rimborso dei medicinali forniti ad assistiti del S.S.N. non si applica la disciplina in tema di imputazione dei pagamenti di cui all'art. 1193 c.c., poiché le prestazioni rese continuativamente dalle farmacie in favore del S.S.N. non integrano autonomi e distinti rapporti obbligatori, ma ineriscono ad un unitario rapporto di durata, disciplinato dalla convenzione farmaceutica e dalla concessione rilasciata dalla A.S.L., i cui pagamenti, pertanto, integrando adempimenti parziali, non possono essere imputati, ai sensi dell'art. 1194, comma 2, c.c., in conto capitale senza il consenso del creditore.
Cass. civ. n. 18368/2024
In caso di pegno dato dal terzo, la soddisfazione diretta e autonoma del creditore sul bene in garanzia assume valore solutorio e il pagamento del creditore garantito comporta l'adempimento del debito altrui da parte del terzo datore di pegno, in capo al quale sorge il diritto di rivalsa verso il debitore principale o la surrogazione di diritto ex art. 1203, n. 3, c.c.
Cass. civ. n. 18263/2024
La sospensione unilaterale del rapporto disposta dal datore di lavoro durante il periodo di preavviso per dimissioni può integrare un inadempimento di gravità tale da costituire giusta causa di recesso immediato del lavoratore, se - al di là dalla sua durata - è complessivamente realizzata con modalità tali da rendere impossibile, anche in via provvisoria, la prosecuzione del rapporto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che - conferendo rilievo preminente alla breve durata, di cinque giorni lavorativi, della sospensione - aveva escluso la legittimità del recesso immediato del dipendente, consigliere e amministratore delegato di una società di brokeraggio marittimo, sebbene il datore di lavoro, ricevuta la comunicazione delle dimissioni con preavviso di sei mesi, avesse, contestualmente alla sospensione, ritirato computer, telefono, carte di credito e chiavi dell'ufficio, nonché disabilitato l'account di posta elettronica del lavoratore).
Cass. civ. n. 18015/2024
In tema di personale delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale, integra una giusta causa di licenziamento, data la proporzionalità della sanzione espulsiva, la condotta del dipendente che consapevolmente riceve sul proprio conto pagamenti non dovuti di somme illecitamente sottratte all'amministrazione datrice di lavoro, così commettendo un atto doloso che, a prescindere dai profili di rilevanza penale, integra l'illecito disciplinare tipizzato dall'art. 56, comma 6, lett. d), del c.c.n.l. AFAM. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto del ricorso di una lavoratrice, dipendente di un istituto musicale, licenziata per avere trattenuto consapevolmente - come desumibile dalla circostanza che le somme accreditate sul suo conto corrente nel volgere di un anno e otto mesi superavano l'ammontare dello stipendio corrisposto in un anno - importi non giustificati da provvedimenti motivati, né risultanti dalle buste-paga).
Cass. civ. n. 17306/2024
In tema di licenziamento disciplinare, in presenza di disposizioni del contratto collettivo che, anche attraverso clausole generali o elastiche, prevedono per la stessa infrazione l'applicazione di una sanzione conservativa e, nei casi di maggiore gravità, della sanzione espulsiva, il giudice di merito deve verificare la sussumibilità del fatto contestato nella previsione collettiva ed individuare gli specifici elementi, di cui dar conto in motivazione, atti ad integrare il dirimente requisito della maggiore gravità.
Cass. civ. n. 16064/2024
Il carattere ingiurioso del licenziamento, che, in quanto lesivo della dignità del lavoratore, legittima un autonomo risarcimento del danno, non si identifica con la sua illegittimità, bensì con le particolari forme o modalità offensive del recesso. (Nella specie, la S.C. ha negato che fosse ingiurioso il licenziamento intimato per fatti di reato per i quali il datore aveva anche sporto denunzia all'A.G., in assenza di prova circa l'utilizzo di modalità indebite di comunicazione ed attuazione del procedimento disciplinare).
Cass. civ. n. 14624/2024
La quietanza, anche quando é contenuta in un atto notarile, non dimostra l'effettivo versamento dell'IVA da parte dell'acquirente al venditore. Infatti, in tutti i casi in cui è indispensabile l'emissione della fattura, l'IVA deve essere indicata separatamente dal prezzo e, di conseguenza, la quietanza non può costituire una rinuncia implicita al suo pagamento.
Cass. civ. n. 14130/2024
Se il debitore adempie l'obbligazione nelle mani della persona indicata dal creditore, la quietanza rilasciata da quest'ultimo costituisce prova dell'adempimento e della liberazione del debitore, ma non della restituzione al creditore di quanto ricevuto dall'accipiens. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che, sulla base della quietanza rilasciata a una banca dal creditore, aveva rigettato la domanda da quest'ultimo proposta nei confronti della moglie, volta alla relativa restituzione della somma che la aveva incaricata di riscuotere).
Cass. civ. n. 13567/2024
Il criterio legale di imputazione del pagamento agli interessi anziché al capitale di cui all'art. 1194 c.c., non costituisce fatto che debba essere specificamente dedotto in funzione del raggiungimento di un determinato effetto giuridico, risolvendosi, per converso, in una conseguenza automatica di ogni pagamento.
Cass. civ. n. 13210/2024
In materia di patto commissorio, l'art. 2744 c.c. deve essere interpretato in maniera funzionale, sicché in forza della sua previsione risulta colpito da nullità non solo il "patto" ivi descritto, ma qualunque tipo di convenzione, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall'ordinamento giuridico, dell'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento della proprietà di un suo bene quale conseguenza della mancata estinzione di un suo debito. (Nella specie la S.C. ha cassato la pronuncia che aveva escluso la sussistenza della patto illecito di garanzia in relazione ad una vendita, qualificata come datio in solutum dando assorbente prevalenza alla mancanza del patto di retrovendita nel contratto definitivo, senza considerare che tale negozio costituiva l'ultimo di quelli conclusi tra le medesime parti per saldare un debito pregresso accertato, quali la scrittura privata di concessione d'iscrizione ipoteca, il rilascio di titoli bancari, la stipula di un preliminare di vendita contenente patto di retrovendita collegato al saldo del debito e non già al pagamento di un prezzo, indici dello scopo finale di garanzia piuttosto che di quello di scambio).
Cass. civ. n. 12685/2024
La dichiarazione che il creditore rilasci al debitore di avvenuta ricezione in pagamento di un assegno bancario non costituisce quietanza liberatoria in senso tecnico, a prescindere dal nomen che il dichiarante le abbia attribuito, trattandosi di una mera dichiarazione di scienza asseverativa della ricezione dell'assegno, ma non anche dell'effetto giuridico dell'adempimento dell'obbligazione, il quale consegue solo alla riscossione della somma portata dal titolo.
Cass. civ. n. 8899/2024
In tema di licenziamento per giusta causa, solo una condotta posta in essere mentre il rapporto di lavoro è in corso può integrare stricto iure una responsabilità disciplinare del dipendente, diversamente non configurandosi neppure un obbligo di diligenza e/o di fedeltà ex artt. 2104 e 2105 c.c. la cui violazione sia sanzionabile ai sensi dell'art. 2106 c.c.; tuttavia, condotte costituenti reato realizzate prima dell'instaurarsi del rapporto di lavoro possono, anche a prescindere da apposita previsione contrattuale, integrare giusta causa di licenziamento purché siano state giudicate con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto, e si rivelino - attraverso una verifica giurisdizionale da effettuarsi sia in astratto sia in concreto - incompatibili con il permanere del vincolo fiduciario che lo caratterizza. (Nella specie, la S.C. ha confermato l'impugnata sentenza di accertamento dell'illegittimità del licenziamento disciplinare intimato per fatti molto risalenti, per i quali era intervenuta condanna irrevocabile addirittura prima dell'instaurazione del rapporto lavorativo ed il datore di lavoro non aveva indicato specificamente la loro attuale incidenza negativa sulla concretezza del rapporto, limitandosi a prospettare un mero rischio ad essi connesso).
Cass. civ. n. 6368/2024
Il terzo di cui il debitore si avvale per l'adempimento della propria obbligazione, sulla base di un rapporto di mandato o di altro rapporto giuridico, è di regola (salve le ipotesi di una differente e specifica previsione normativa o in cui sia accertato un diverso accordo negoziale con lo stesso creditore o un contratto a favore di terzo) un mero "adiectus solutionis causa" che non assume alcuna diretta obbligazione nei confronti del creditore, sicché l'inefficacia del pagamento da questo eseguito al creditore incapace non libera il debitore (ex art. 1190 c.c.) e il creditore può pretendere dall'obbligato - non già dal terzo, indipendentemente dalla sua responsabilità - l'esecuzione di un altro pagamento. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di rigetto della domanda, proposta dal tutore di un incapace, di dichiarazione di inefficacia del pagamento eseguito da INPS, per il tramite di Poste Italiane S.p.A., mediante il versamento delle somme dovute a titolo di prestazioni previdenziali su un libretto intestato al creditore incapace, da questo riscosse presso Poste).
Cass. civ. n. 4458/2024
In tema di licenziamento, le condotte costituenti reato, sebbene realizzate prima dell'instaurarsi del rapporto di lavoro, possono integrare giusta causa di licenziamento, anche a prescindere da un'apposita previsione contrattuale, purché siano state giudicate con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto e si rivelino - attraverso una verifica giurisdizionale da effettuarsi sia in astratto sia in concreto - incompatibili con il permanere del vincolo fiduciario che caratterizza la relazione lavorativa. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha negato la rilevanza disciplinare di una sentenza irrevocabile di condanna per il reato di cui all'art. 416 bis c.p. non solo perché intervenuta prima dell'instaurazione del rapporto lavorativo e per fatti molto risalenti, ma anche in ragione dell'assenza di qualsivoglia potere decisionale e gerarchico del dipendente).
Cass. civ. n. 1770/2024
In tema di nullità del matrimonio, dal combinato disposto degli artt. 119 e 120 c.c. si evince che, ove la pronuncia di interdizione per infermità mentale di uno dei coniugi sia passata in giudicato al momento del matrimonio, i legittimati all'impugnazione sono esonerati dalla prova del vizio della volontà; negli altri casi, invece, l'esistenza dell'infermità o dell'incapacità di intendere e di volere al momento del matrimonio deve essere provata da chi agisce per l'impugnazione del vincolo nuziale; con l'ulteriore conseguenza che, in assenza della pronuncia di interdizione passata in giudicato al momento del matrimonio, deve escludersi che l'infermità di mente possa essere desunta direttamente dalla successiva pronuncia di interdizione, in quanto è richiesto un accertamento, specifico e in concreto, sulla sua esistenza al momento del matrimonio.
Cass. civ. n. 1525/2024
In tema di licenziamento per giusta causa, costituisce grave insubordinazione il rifiuto di un'infermiera, dipendente di struttura sanitaria convenzionata, di eseguire la prestazione disposta dai suoi superiori (nella specie, la somministrazione di un trattamento farmacologico), senza che possa escludere l'illegittimità della condotta l'adduzione di motivi burocratico-amministrativi, asseritamente impeditivi.
Cass. civ. n. 267/2024
La condotta illecita extralavorativa è suscettibile di rilievo disciplinare poiché il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta ma anche, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall'ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o compromettere il rapporto fiduciario con lo stesso; tali condotte, ove connotate da caratteri di gravità, possono anche determinare l'irrogazione della sanzione espulsiva. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la valutazione operata dalla sentenza di merito di particolare gravità delle condotte poste in essere dal lavoratore - condannato per plurime condotte delittuose di acquisto, detenzione e trasporto a fini di cessione di sostanze stupefacenti - sul rilievo, da un lato, che tali condotte fossero significative di un suo inserimento in un ambiente criminale e, dall'altro lato, che esse, pur se in ambito extralavorativo, fossero state commesse da un dipendente di un'istituzione scolastica, l'Università, per sua natura deputata alla promozione della legalità ed i cui utenti, gli studenti, sono per lo più giovani, destinatari privilegiati dell'attività degli spacciatori, tanto più che trattavasi di dipendente addetto alla segreteria didattica e, dunque, a diretto contatto proprio con gli studenti).
Cass. civ. n. 36427/2023
La previsione, nella contrattazione collettiva, di una sanzione conservativa consente al giudice di discostarsi da essa e ritenere la legittimità del licenziamento tutte le volte in cui accerti che le parti non hanno inteso escludere, per i casi di maggiore gravità o per quelli in cui ricorrano elementi aggiuntivi rispetto alla fattispecie tipizzata, l'irrogazione della sanzione espulsiva; in tali ipotesi è quindi necessario che il giudice valuti, in concreto, se il comportamento tenuto dal lavoratore è idoneo a recidere il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, rendendo impossibile la prosecuzione del rapporto e così giustificando il recesso datoriale.
Cass. civ. n. 27823/2023
In tema di rateizzazione dei debiti fiscali, è legittima l'applicazione del cd. "metodo di ammortamento alla francese" - con rate costanti in ciascuna delle quali la quota capitale aumenta progressivamente, mentre la quota degli interessi progressivamente decresce - non ravvisandosi alcuna violazione del principio di trasparenza, giacché tale criterio è predeterminato attraverso la Direttiva Nazionale di Equitalia DSR/NC/2008/012 del 27 marzo 2008, che trova supporto normativo nell'art. 19, comma 1 ter, d.P.R. n. 602 del 1973, applicabile in via estensiva, per "eadem ratio", a tutte le forme di rateizzazione fiscale.
Cass. civ. n. 27384/2023
La messa in liquidazione coatta amministrativa della società preponente non determina lo scioglimento ipso iure del rapporto di lavoro con l'agente, in virtù del combinato disposto degli art. 201 e 72 della l. fall. (Nella specie, la S.C. ha cassato il decreto del tribunale che aveva negato l'ammissione al passivo delle somme richieste a titolo di indennità di preavviso dall'agente per il periodo in cui era stato disposto l'esercizio provvisorio dell'impresa fallita, rilevando che tale condizione non determina ipso iure lo scioglimento del contratto di agenzia).
Cass. civ. n. 26223/2023
In tema di reato continuato, la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen., qualora la riparazione sia avvenuta mediante il versamento di una somma inferiore rispetto all'importo totale del danno, va valutata e applicata - in mancanza di diversa indicazione da parte del danneggiante – imputando il risarcimento al debito più oneroso, in base ai criteri di cui all'art. 1193 cod. civ., con la conseguenza che la diminuente opererà esclusivamente nel caso in cui l'importo versato a titolo di risarcimento sia quanto meno pari al danno arrecato dalla condotta di reato giudicata più grave.
Cass. civ. n. 21400/2023
La quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa deve essere intesa, di regola, come semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell'interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti, e pertanto alla stregua di una dichiarazione di scienza priva di efficacia negoziale, salvo che nella stessa non siano ravvisabili gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto, ove, per il concorso di particolari elementi di interpretazione - contenuti nella stessa dichiarazione o desumibili "aliunde" -, risulti che la parte l'abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su propri diritti. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva qualificato come rinuncia la quietanza rilasciata da un Comune in relazione all'incasso di una polizza fideiussoria stipulata a garanzia dell'adempimento degli obblighi discendenti da una convenzione urbanistica, non ritenendo decisivi, a tal fine, l'inquadramento nei ruoli dirigenziali del funzionario che l'aveva sottoscritta e la circostanza che nella stessa fossero contenuti un riferimento a "pretese determinate" e la formula di mero stile di "non aver più nulla a pretendere", tenuto conto, altresì, che, al momento della relativa redazione, il credito era "sub judice" a seguito dell'opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal suddetto Comune).
Cass. civ. n. 5945/2023
Il creditore che, rilasciando quietanza al debitore, ammette il fatto del ricevuto pagamento rende confessione stragiudiziale alla parte, con piena efficacia probatoria ex artt. 2733 e 2735 c.c., sicché non può impugnare l'atto se non dimostrando, a norma dell'art. 2732 c.c., che esso è stato determinato da errore di fatto o violenza, essendo insufficiente la prova della non veridicità della dichiarazione.
Cass. civ. n. 5805/2023
In tema di licenziamento per giusta causa, la conoscenza da parte del datore di lavoro, sin dall'atto dell'assunzione, del comportamento del lavoratore invocato come giusta causa di licenziamento rende quest'ultimo illegittimo, sussistendo incompatibilità logico-giuridica tra giusta causa di licenziamento, intesa quale causa che non consente la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto, ai sensi dell'art. 2119 c.c., e la precedente scelta di avviare il rapporto di lavoro pur conoscendo quei fatti; nell'ipotesi di mera conoscibilità del fatto poi valorizzato come giusta causa, tuttavia, in difetto di una norma di diritto che equipari la conoscibilità dei fatti alla loro effettiva conoscenza, il giudice non può creare una presunzione legale relativa, ponendo a carico del datore di lavoro l'onere di provare di non avere conosciuto il fatto conoscibile.
Cass. civ. n. 7029/2023
La "giusta causa" di licenziamento ex art. 2119 c.c. integra una clausola generale che l'interprete deve concretizzare tramite fattori esterni relativi alla coscienza generale e principi tacitamente richiamati dalla norma e, quindi, mediante specificazioni di natura giuridica, la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l'accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi integranti il parametro normativo costituisce un giudizio di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici.
Cass. civ. n. 27076/2022
La disciplina in tema di imputazione del pagamento di cui all'art. 1193 c.c. è applicabile solo a una pluralità di rapporti obbligatori tra le stesse parti e non, dunque, al pagamento di più canoni relativi a un unico contratto di locazione, in ragione del dato testuale del primo comma dell'art. 1193 c.c. e della stessa "ratio" che presiede alla risoluzione del contratto, altrimenti consentendosi al conduttore di sottrarsi alle conseguenze della mora.
Cass. civ. n. 31837/2022
In presenza di una pluralità di rapporti obbligatori, se il debitore non si avvale della facoltà di dichiarare quale debito intenda soddisfare, la scelta spetta, ex art. 1195 c.c., al creditore, il quale può dichiarare di imputare il pagamento ad uno o più debiti determinati, mentre i criteri legali ex art. 1193, comma 2, c.c., che hanno carattere suppletivo e sussidiario, subentrano soltanto quando l'imputazione non è effettuata né dal debitore, né dal creditore, fermo restando che l'onere di provare le condizioni che giustificano una diversa imputazione grava sul creditore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della Corte d'appello che - accertata la sussistenza di una pluralità di crediti da parte di un istituto bancario nei confronti di una cooperativa e dato atto di pagamenti parziali effettuati da alcuni soggetti coobbligati - aveva imputato detti pagamenti ai debiti meno garantiti, senza verificare l'esistenza di eventuali dichiarazioni d'imputazione da parte del debitore o del creditore).
Cass. civ. n. 19812/2022
In tema di conto corrente bancario, ove al conto acceda un'apertura di credito, grava sul cliente che esperisce l'azione di ripetizione di interessi non dovuti l'onere di allegare e provare l'erronea applicazione del criterio di imputazione di cui all'art. 1194 c.c. (secondo cui ogni pagamento deve essere imputato prima agli interessi e poi al capitale) alle rimesse operate, in ragione della natura ripristinatoria delle stesse, trattandosi di fatto costitutivo della domanda di accertamento negativo del debito, con la conseguenza che non è configurabile un onere a carico della banca di dedurre e dimostrare quali rimesse abbiano carattere solutorio.
Cass. civ. n. 15141/2022
In ipotesi di cessione di cambiali in luogo dell'adempimento, la volontà di conferire ai titoli efficacia "pro soluto", con conseguente immediata estinzione dell'obbligazione di pagamento, deve essere espressa in modo univoco ed inequivocabile, mentre nel caso più comune di cessione "pro solvendo" l'estinzione dell'obbligazione originaria si verifica solo con la riscossione del credito verso il debitore cedente, con conseguente onere di quest'ultimo, in applicazione dell'art. 2697, comma 2, c.c., di provare non solo la cessione, ma anche l'intervenuta estinzione del debito.
Cass. civ. n. 19283/2022
La quietanza, quale dichiarazione di scienza del creditore assimilabile alla confessione stragiudiziale del ricevuto pagamento, può essere superata dall'opposta confessione giudiziale del debitore, che ammetta, nell'interrogatorio formale, di non aver corrisposto la somma quietanzata, dal momento che l'art. 2726 c.c. limita, quanto al fatto del pagamento, la prova per testimoni e per presunzioni, non anche la prova per confessione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto la quietanza di pagamento superata dalla confessione del debitore convenuto, tratta dalla mancata risposta all'interrogatorio formale, in applicazione dell'art. 232 c.p.c.).
Cass. civ. n. 12789/2022
L'art. 2119 c.c. configura una norma elastica, in quanto costituisce una disposizione di contenuto precettivo ampio e polivalente destinato ad essere progressivamente precisato, nell'estrinsecarsi della funzione nomofilattica della Corte di cassazione, fino alla formazione del diritto vivente mediante puntualizzazioni, di carattere generale ed astratto; l'operazione valutativa, compiuta dal giudice di merito nell'applicare tale clausola generale, non sfugge pertanto al sindacato di legittimità, poiché l'operatività in concreto di norme di tale tipo deve rispettare criteri e principi desumibili dall'ordinamento.
Cass. civ. n. 3644/2021
L'imputazione del pagamento è una facoltà che inerisce ad un rapporto obbligatorio di debito - credito principale che va esercitata dal debitore all'atto del pagamento a pena di inefficacia e che, se esercitata successivamente, è efficace solo se vi sia il consenso del creditore, senza che possa configurarsi una prescrizione della facoltà di imputazione, potendo venire in rilievo esclusivamente la prescrizione del diritto di credito cui essa inerisce. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 26/11/2014).
Cass. civ. n. 15708/2021
Il principio per cui, in caso di pagamento mediante una somma di denaro idonea all'estinzione del debito, spetta al creditore, che sostenga una diversa imputazione, allegare e provare l'esistenza del debito diverso, nonché la sussistenza delle condizioni necessarie per la dedotta differente imputazione, non si applica allorché il debitore eccepisca l'estinzione del debito fatto valere in giudizio per effetto dell'emissione di un assegno che, per sua natura, ingenera una presunzione circa l'esistenza di un rapporto fondamentale idoneo a giustificare la nascita di un'obbligazione cartolare, il cui superamento grava sul debitore medesimo, che deve dimostrare il collegamento tra il debito azionato e quello cartolare, con conseguente estinzione del primo per effetto della dazione dell'assegno.
Cass. civ. n. 3858/2021
Nei contratti di conto corrente bancario cui acceda un'apertura di credito il meccanismo di imputazione del pagamento degli interessi, di cui all'art. 1194, comma 2, c.c., trova applicazione solo in presenza di un versamento avente funzione solutoria in quanto eseguito su un conto corrente avente un saldo passivo che ecceda i limiti dell'affidamento, sicchè non può mai configurarsi una siffatta imputazione, quando l'annotazione degli interessi avvenga sul conto corrente che presenti un passivo rientrante nei limiti dell'affidamento, avendo la relativa rimessa una mera funzione ripristinatoria della provvista.
Cass. civ. n. 24640/2021
In tema di finanziamenti personali garantiti da cessione del quinto della pensione, è valido il patto concluso mediante sottoscrizione del modulo di accreditamento con il quale l'istituto finanziatore, accreditato ma non convenzionato, si obblighi, accettando il regolamento approvato dall'INPS, a sostenere gli oneri di gestione delle cessioni sostenuti dall'istituto di previdenza, in quanto la disposizione dell'art. 1196 c.c., che pone le spese del pagamento a carico del debitore, così come può essere derogata da un accordo tra debitore e creditore, allo stesso modo può essere derogata da un accordo tra debitore ceduto e finanziatore cessionario del credito.
Cass. civ. n. 17810/2021
La "datio in solutum", costituendo un contratto a titolo oneroso solutorio-liberatorio, che estingue l'obbligazione in modo satisfattivo, è assoggettata alla disciplina generale dei contratti, con la conseguenza che deve essere rispettata la forma che attiene alla natura della prestazione oggetto di dazione. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che la pattuizione intercorsa tra le parti di un contratto di trasferimento immobiliare, parzialmente modificativa di questo ed avente ad oggetto il trasferimento, quale modalità di pagamento, di una somma di denaro in sostituzione dell'immobile convenuto, per essere ricondotta ad una valida "datio in solutum" deve osservare la medesima forma scritta "ad substantiam", richiesta dall'art. 1350 c.c. per l'originario trasferimento immobiliare).
Cass. civ. n. 22183/2021
Il perfezionamento dell'efficacia della cessione, da parte dei datori di lavoro, dei crediti maturati nei confronti dello Stato, di altre pubbliche amministrazioni o di enti pubblici economici, al fine del pagamento dei contributi previdenziali, richiede, oltre all'osservanza di specifici requisiti formali ed ai requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito ceduto, che l'amministrazione debitrice - cui l'atto di cessione va notificato a cura del cedente - comunichi entro 90 giorni dalla notifica il riconoscimento della propria posizione debitoria, atteso che, in considerazione del rigore che assiste le operazioni contabili delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici, la specifica disciplina è disancorata dalle disposizioni del codice civile concernenti la cessione ordinaria dei crediti, realizzando piuttosto una fattispecie di "datio in solutum", avente struttura non contrattuale, in deroga allo schema generale previsto dall'art. 1198 c.c., con effetto estintivo del debito dalla data della cessione medesima e non da quella della riscossione del credito da parte del cessionario.
Cass. civ. n. 32061/2021
Una volta che sia stata dedotta in giudizio dal creditore la falsità materiale di una quietanza, sul presupposto che il debitore, successivamente alla sottoscrizione da parte del creditore, non disconosciuta, abbia apposto la dicitura "a saldo di ogni avere", è onere del sottoscrittore proporre querela di falso per fornire la prova dell'avvenuta contraffazione del documento ed interrompere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione. Ne consegue che, a fronte della produzione della quietanza da parte del debitore, il creditore, che non disconosca la sottoscrizione ivi apposta, ma si limiti ad affermare che il documento era stato manomesso nel contenuto con l'aggiunta della parola "saldo" previa cancellazione della parola "acconto" senza che fosse stata convenuta dalle parti una simile correzione, ha l'onere di proporre querela di falso per fornire la prova dell'avvenuta contraffazione del documento.
Cass. civ. n. 28368/2021
La condotta illecita extralavorativa è suscettibile di rilievo disciplinare poiché il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta ma anche, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall'ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o compromettere il rapporto fiduciario con lo stesso; tali condotte, ove connotate da caratteri di gravità, possono anche determinare l'irrogazione della sanzione espulsiva. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva reputato legittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore - condannato, sia pure con sentenza non passata in giudicato, per produzione e detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti -, sul rilievo che tale contegno, presupponendo l'inevitabile contatto con ambienti criminali, pregiudicasse l'immagine dell'azienda, aggiudicataria di pubblici appalti). (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 30/05/2019).
Cass. civ. n. 31202/2021
In tema di licenziamento per giusta causa, nel giudicare se la violazione disciplinare addebitata al lavoratore abbia compromesso la fiducia necessaria ai fini della conservazione del rapporto di lavoro e, quindi, costituisca giusta causa di licenziamento, rilevano la natura e la qualità del singolo rapporto, la posizione delle parti, l'oggetto delle mansioni e il grado di affidamento che queste richiedono, occorrendo altresì valutare il fatto concreto nella sua portata oggettiva e soggettiva, attribuendo rilievo determinante, ai fini in esame, alla potenzialità del fatto medesimo di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento.
Cass. civ. n. 33811/2021
In tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva non è vincolante, spettando al giudice la valutazione di gravità del fatto e della sua proporzionalità rispetto alla sanzione irrogata dal datore di lavoro, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie
Cass. civ. n. 1610/2021
La cessione delle singole unità immobiliari separatamente dal diritto sulle cose comuni, vietata ai sensi dell'art. 1118 c.c., è esclusa soltanto quanto le cose comuni e i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva siano, per effetto di incorporazione fisica, indissolubilmente legate le une alle altre (cd. condominialità "necessaria" o "strutturale") oppure nel caso in cui, pur essendo suscettibili di separazione senza pregiudizio reciproco, esista tra di essi un vincolo di destinazione che sia caratterizzato da indivisibilità per essere i beni condominiali essenziali per l'esistenza delle proprietà esclusive, laddove, qualora i primi siano semplicemente funzionali all'uso e al godimento delle singole unità (cd. condominialità "funzionale), queste ultime possono essere cedute anche separatamente dal diritto di condominio sui beni comuni. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 25/09/2015).
Cass. civ. n. 27564/2020
E' nullo il matrimonio contratto da chi, al momento delle nozze, si trovava in una situazione di infermità mentale anche se il giudicato sull'interdizione si è formato in un momento successivo.
Cass. civ. n. 450/2020
Quando il debitore abbia dimostrato di avere corrisposto somme idonee ad estinguere il debito per il quale sia stato convenuto in giudizio, spetta al creditore - attore, che pretende di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, provare le condizioni necessarie per la dedotta, diversa, imputazione, ai sensi dell'art. 1193 c.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 08/10/2014).
Cass. civ. n. 18002/2020
La disposizione dell'art. 1193 c.c. presuppone una pluralità di rapporti obbligatori tra le stesse parti e ha lo scopo di eliminare l'incertezza circa la sorte degli stessi, evitando che a ciascun atto di pagamento non segua l'effetto solutorio di una ben determinata obbligazione, sicché tale disposizione non è applicabile, e la questione dell'imputazione del pagamento non è proponibile, quando tra le parti sussista un unico debito. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ANCONA, 20/02/2018).
Cass. civ. n. 6174/2020
Al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell'art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell'atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 14/12/2017).
Cass. civ. n. 10092/2020
In ipotesi di cessione del credito effettuata non in funzione solutoria, ex art. 1198 c.c., ma esclusivamente a scopo di garanzia di una diversa obbligazione dello stesso cedente, il cessionario è legittimato ad agire sia nei confronti del debitore ceduto che nei confronti dell'originario debitore cedente, senza essere gravato, in quest'ultimo caso, dall'onere di provare l'infruttuosa escussione del debitore ceduto. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE FORLI', 19/07/2014).
Cass. civ. n. 14599/2020
La quietanza di pagamento priva di data certa anteriore al pignoramento è inopponibile, ai sensi dell'art. 2704 c.c., al condomino che sottoponga ad espropriazione forzata ex artt. 543 ss. c.p.c. i crediti vantati dal debitore esecutato nei confronti del proprio condominio, essendo egli terzo estraneo al rapporto contrattuale dal quale origina l'oggetto del pignoramento; in ogni caso, tale quietanza, ove opponibile al condomino procedente, non gode del valore probatorio privilegiato di cui all'art. 2702 c.c., trattandosi di "res inter alios acta", ma, quale prova atipica dal valore meramente indiziario, può essere liberamente contestata dal creditore e contribuisce a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri elementi probatori acquisiti al processo. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANIA, 11/02/2016).
Cass. civ. n. 25774/2020
La clausola con cui si stabilisce che una parte del corrispettivo venga pagata alla sottoscrizione del contratto non ha natura di dichiarazione unilaterale recettizia con la quale il creditore riconosce di aver riscosso la somma, rilasciando quietanza, ma ha, piuttosto, natura negoziale, in quanto costituisce la programmazione delle modalità di pagamento dell'obbligazione.
Cass. civ. n. 4014/2020
In tema di divisione di beni comuni, gli artt. 1119 e 1112 c.c. hanno una "ratio" diversa e forniscono differenti tutele: il primo contempla una forma di protezione rafforzata dei diritti dei condomini, in omaggio al minor "favor" del legislatore per la divisione condominiale e, conseguentemente, contiene la prescrizione dell'unanimità e la tutela del mero comodo godimento del bene, in relazione alle parti di proprietà esclusiva; il secondo costituisce un'eccezione alla regola generale della divisione della comunione disposta dall'art. 1111 c.c., tutela la destinazione d'uso del bene e, per questo, ammette che la divisione sia richiedibile anche da uno solo dei comproprietari, con la sola subordinazione della stessa alla valutazione giudiziale che il bene, anche se diviso, manterrà l'idoneità all'uso cui è stato destinato.
Cass. civ. n. 26041/2019
L'art. 1119 c.c. nel nuovo testo modificato dall'art. 4 della l. n. 220 del 201, va interpretato nel senso che "le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione", a meno che - per la divisione giudiziaria - "la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino" e - per la divisione volontaria - a meno che non sia concluso contratto che riporti, in scrittura privata o atto pubblico, il "consenso di tutti i partecipanti al condominio"; quest'ultimo requisito non è richiesto per la divisione giudiziaria.
Cass. civ. n. 1572/2019
La dichiarazione che il creditore rilasci al debitore di avvenuta ricezione in pagamento di un assegno bancario non costituisce quietanza liberatoria in senso tecnico, a prescindere dal "nomen" che il dichiarante le abbia attribuito, trattandosi di una mera dichiarazione di scienza asseverativa del fatto della ricezione dell'assegno, ma non anche dell'effetto giuridico dell'adempimento dell'obbligazione, il quale consegue solo alla riscossione della somma portata dal titolo. (Nella specie, la S.C. ha negato la valenza di quietanza liberatoria alla dichiarazione, contenuta nel rogito notarile, di avvenuta dazione di un assegno bancario in corrispettivo della compravendita immobiliare, la quale doveva intendersi avvenuta, in mancanza di diversa volontà delle parti, "pro solvendo" e non "pro soluto"). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 15/11/2016).