Art. 256 – Codice civile – Irrevocabilità del riconoscimento
Il riconoscimento è irrevocabile. Quando è contenuto in un testamento [254, 679] ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento è stato revocato [679 ss. c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14095/2025
In presenza di un marchio complesso, benché la valutazione della somiglianza tra i segni non possa limitarsi a prendere in considerazione solo una componente e a paragonarla con quella dell'altro, occorrendo procedere all'esame dei segni in conflitto considerati ciascuno nel suo insieme, ciò non esclude che l'impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere influenzata da una o più delle sue componenti e in tali casi, laddove tutte le altre componenti assumano un rilievo trascurabile, la valutazione di somiglianza possa essere affidata al solo esame di tali componenti. (Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello che, giudicando della contraffazione di un marchio complesso contenente una parte denominativa ed una figurativa, aveva ricondotto la capacità distintiva del marchio all'elemento figurativo rappresentato da un cane bassotto, desumendone la sussistenza del rischio di confusione tra i segni in conflitto).
Cass. civ. n. 10188/2025
In tema di accertamento e di prova del nesso di causalità, sia materiale che giuridica, il giudice di merito, quando ritiene ignota la causa dell'evento dannoso, non è tenuto ad indagare sulle relative ragioni, dimostrando di poter risolvere tutti i relativi problemi tecnici, qualora i fatti posti a fondamento del giudizio di incertezza eziologica siano stati esaustivamente e compiutamente individuati, analizzati ed enunciati nella sentenza, mentre l'insanabile incertezza circa la relazione causale tra condotta colpevole del sanitario ed evento di danno ridonda a carico del paziente danneggiato che chiede il risarcimento.
Cass. civ. n. 280/2025
In tema di marchi di impresa, la registrazione del marchio successivo presuppone che non vi sia rischio di confusione con un marchio anteriore ed il giudizio di novità va compiuto in astratto, raffrontando i segni come registrati, a prescindere dal loro uso e dall'intensità ed estensione della loro conoscenza presso i consumatori, salvo il limite della decadenza per non uso, a differenza della valutazione da compiersi nel giudizio di contraffazione, in cui tale accertamento è influenzato dalle modalità con cui il marchio anteriore è utilizzato e percepito dal pubblico di riferimento.
Cass. civ. n. 19123/2024
Nel caso in cui le cose mobili determinate, oggetto di condanna alla consegna risultante da titolo esecutivo, non siano più nella disponibilità dell'obbligato o siano andate distrutte, non sussiste il diritto del creditore di procedere all'esecuzione forzata diretta per consegna ai sensi degli artt. 605 e ss. c.p.c., indipendentemente dalla imputabilità al debitore dell'impossibilità della prestazione, poiché tale circostanza non assume alcun rilievo nel giudizio di opposizione all'esecuzione, ma solo nell'eventuale giudizio di responsabilità a carico del debitore. (Fattispecie relativa ad un caso di decreto ingiuntivo esecutivo contenente la condanna della banca alla consegna di documenti, parte dei quali distrutti dall'obbligata in conseguenza dello spirare del termine decennale di conservazione della documentazione).
Cass. civ. n. 16007/2024
La cessione da parte dell'impresa designata per il Fondo di garanzia per le vittime della strada di un ramo d'azienda, comprensivo di rapporti relativi al Fondo stesso, se autorizzata dall'IVASS,
Cass. civ. n. 15776/2024
In caso di restituzione (retrocessione) dell'azienda dall'usufruttuario o dall'affittuario al proprietario, le rimanenze, i miglioramenti e gli incrementi dei beni strumentali non sono assoggettati ad IVA, ancorché non inventariati, non potendo già "a monte" acquisire una propria autonoma oggettività contrattuale rispetto all'usufrutto o all'affitto dell'intero complesso aziendale, che di per sé, in base all'art. 2555 c.c., li ricomprende.
Cass. civ. n. 13435/2024
La modifica urbanistica con la previsione di un vincolo preordinato all'esproprio, intervenuta successivamente alla stipula del contratto preliminare, abilita la parte acquirente a chiedere la risoluzione del contratto per il venir meno della causa in concreto, ovvero dell'istituto della presupposizione qualora si accerti che l'acquisto del terreno si fondava sull'attuale assetto urbanistico del bene promesso in vendita che ne consentiva una potenziale modifica da destinazione agricola ad area edificabile, considerato che successivamente alla stipula del contratto si è determinato oggettivamente un ulteriore e imprevedibile limite alla potenziale sua edificabilità, con il rischio di una futura perdita dello stesso diritto dominicale su parte del terreno promesso in vendita.
Cass. civ. n. 10902/2024
In caso di cessione d'azienda, dei debiti per il pagamento di prestazioni continuative o periodiche eseguite dopo il trasferimento risponde il solo acquirente, per effetto del suo subentro ex lege nei contratti in corso a prestazioni corrispettive non ancora integralmente eseguite da alcuna delle parti, mentre, ai sensi dell'art. 2560 c.c., l'alienante risponde soltanto dei debiti residuati da contratti in cui il terzo contraente abbia già adempiuto la propria prestazione prima della cessione. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di accoglimento dell'opposizione a un decreto ingiuntivo di condanna del cedente l'azienda al pagamento del corrispettivo di energia elettrica somministrata dopo la cessione).
Cass. civ. n. 9460/2024
In tema di assicurazione sulla responsabilità civile, in caso di cessione di ramo d'azienda da parte dell'assicuratore che ha stipulato la polizza, trova applicazione l'art. 2560 c.c. - con conseguente solidarietà del conferente nell'obbligazione assicurativa - se al momento della cessione è configurabile in capo alla cedente una posizione di mero debito e, cioè, quando l'assicurato (terzo ceduto) ha pagato il premio ed è già sorta l'obbligazione dell'assicuratore per essersi verificato il fatto illecito oggetto della copertura, in quanto l'obbligazione ex art. 1917 c.c. sorge con l'obbligazione risarcitoria dell'assicurato nei confronti del danneggiato.
Cass. civ. n. 5782/2024
In tema di locazione ad uso diverso da quello abitativo, l'inottemperanza del precedente locatario all'obbligazione di rilascio alla scadenza del contratto non può essere dedotta quale sopravvenuta impossibilità della prestazione ex art. 1256 c.c. per escludere l'inadempimento del locatore all'obbligazione di consegnare l'immobile al conduttore nel termine pattuito.
Cass. civ. n. 33416/2023
A seguito di risoluzione bancaria disposta dalla Banca d'Italia, deve ritenersi che tra le passività cedute dalla Banca delle Marche s.p.a. ai sensi dell'art. 43 del d.lgs. n. 180 del 2015, in favore dell'ente "ponte" - e da questo trasferite ulteriormente alla banca incorporante -, rientrino anche quelle derivanti da condotte poste in essere prima della data di efficacia della cessione, anche se non accertate giudizialmente, poiché, essendo il debito già sorto per effetto dell'illecito compiuto, rimane irrilevante il momento della proposizione della relativa domanda giudiziaria.
Cass. civ. n. 32487/2023
In tema di cessione di azienda, il regime fissato dall'art. 2560, comma 2, c.c., con riferimento ai debiti relativi all'azienda ceduta (secondo cui dei debiti suddetti risponde anche l'acquirente dell'azienda allorché essi risultino dai libri contabili obbligatori) è destinato a trovare applicazione quando si tratti di debiti in sé soli considerati e non anche quando, viceversa, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato a norma del precedente art. 2558 c.c., inserendosi la responsabilità, in tal caso, nell'ambito della più generale sorte del contratto (purché non già del tutto esaurito), anche se in fase contenziosa al tempo della cessione dell'azienda. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, al debito conseguente al mancato pagamento, prima dell'insorgenza dell'affitto d'azienda, dei premi relativi a un contratto di assicurazione stipulato dalla cedente, aveva ritenuto applicabile l'art. 2560 c.c., omettendo di considerare che, per essersi completata la fattispecie risolutoria di cui all'art. 1901, comma 3, c.c., dopo la stipula del suddetto affitto, a venire in questione era, piuttosto, la cessazione di un contratto trasferitosi in capo all'affittuario ai sensi dell'art. 2558 c.c.).
Cass. civ. n. 32353/2023
In caso di continuazione dell'attività di impresa del de cuius da parte degli eredi non si configura una mera comunione di godimento, ma, fino all'iscrizione nel registro delle imprese, una società di fatto o irregolare, con conseguente responsabilità solidale ed illimitata di tutti i soci ex art. 2297 c.c.; conseguentemente, se l'erede è convenuto in giudizio per il pagamento dei debiti sociali non quale socio di fatto, ma quale mero successore mortis causa del de cuius, va dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva, perché - evocato in tale veste - egli nemmeno potrebbe far valere il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale.
Cass. civ. n. 26450/2023
In tema di cessione di azienda, la disciplina di cui all'art. 2560, comma 2, c.c. - che richiede, ai fini della responsabilità del cessionario per i debiti anteriori al trasferimento, la loro risultanza dai libri contabili obbligatori - è applicabile soltanto in presenza di un'effettiva alterità tra cedente e cessionario, non ravvisandosi, in caso di trasferimento solo formale, l'esigenza di salvaguardia dell'interesse dell'acquirente dell'azienda di avere precisa conoscenza dei debiti di cui potrà essere chiamato a rispondere, correlato a quello, superindividuale, alla certezza dei rapporti giuridici e alla facilità di circolazione dell'azienda.(In una fattispecie in cui la compagine sociale e gli organi amministrativi dell'impresa erano rimasti immutati, la S.C. ha affermato la responsabilità del cessionario, per i debiti anteriori alla cessione, a prescindere dalla loro risultanza dalle scritture contabili).
Cass. civ. n. 25258/2023
Non integra un'azione di ripetizione dell'indebito la domanda di restituzione della quota della tariffa del servizio idrico integrato che si assume non dovuta in ragione dell'assenza o del mancato funzionamento dell'impianto di depurazione, perché non è fondata sull'inesistenza originaria o sopravvenuta dell'obbligazione adempiuta dall'utente, ma è piuttosto riconducibile al rimedio di cui all'art. 1460 c.c. (sia pure esperito in via di azione, anziché di eccezione), con la conseguenza che, in caso di cessione d'azienda, legittimato passivo non è il cedente che ha ricevuto il pagamento, bensì il cessionario succeduto nei rapporti contrattuali di utenza in corso di esecuzione al momento della cessione, in applicazione dell'art. 2558 c.c. e non dell'art. 2560 c.c.
Cass. civ. n. 22034/2023
In tema di segni distintivi, la valutazione della capacità distintiva di un marchio complesso, composto da elementi denominativi ed elementi figurativi, impone al giudice di esaminare le qualità intrinseche di entrambi, nonché le loro rispettive posizioni, al fine di identificare la componente dominante, in quanto, sebbene i primi siano in linea di principio maggiormente distintivi rispetto ai secondi – dato che il consumatore medio farà più facilmente riferimento ai prodotti in oggetto citando il nome del marchio piuttosto che descrivendone l'elemento figurativo – non ne consegue che gli elementi denominativi di un marchio debbano essere sempre considerati più distintivi rispetto agli elementi figurativi, potendo questi ultimi, per la forma, dimensioni, colore o la loro collocazione nel segno, occupare una posizione equivalente a quella dell'elemento denominativo.(Affermando detto principio la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la sentenza emessa a seguito dell'opposizione alla registrazione di un marchio in cui l'elemento figurativo era composto da due "C" contrapposte e quello denominativo era rappresentato dal patronimico "Gianni Altieri", ritenendo che pur a fronte di innegabili somiglianze, l'aggiunta dell'elemento patronimico fosse sufficiente ad escludere il rischio di confusione fra i segni in conflitto).
Cass. civ. n. 19806/2023
In tema di cessione d'azienda, la previsione della solidarietà dell'acquirente nell'obbligazione avente ad oggetto il pagamento dei debiti dell'azienda ceduta, ai sensi dell'art. 2560, comma 2, c.c., è posta a tutela dei creditori e non determina il trasferimento della posizione debitoria sostanziale, che rimane in capo al cedente, nei cui confronti può rivalersi in via di regresso l'acquirente che, quale coobbligato in solido, abbia pagato il debito pregresso dell'azienda, mentre lo stesso non può fare il cedente che abbia pagato il debito verso il coobbligato in solido. Pertanto, in caso di fallimento della società cedente, il curatore non è legittimato a promuovere l'azione volta ad ottenere la declaratoria di solidarietà del cessionario dell'azienda nell'obbligazione di pagamento dei debiti contratti anteriormente alla cessione, non essendo la stessa proposta nell'interesse della massa dei creditori, atteso che dal suo accoglimento non deriverebbe alcun vantaggio per il fallimento, rimanendo questo comunque tenuto ad ammettere al passivo e a pagare, nei limiti della massa attiva disponibile, sia i creditori dell'azienda, senza potersi rivalere nei confronti dell'acquirente della stessa, sia quest'ultimo, agente in via di regresso in relazione ai debiti dell'azienda stessa eventualmente soddisfatti in quanto acquirente coobbligato in solido.
Cass. civ. n. 19041/2023
In ambito di cessione d'azienda, la fideiussione rilasciata da un terzo a favore del creditore del soggetto che successivamente l'abbia alienata non si trasmette sul piano soggettivo ex art. 2558 c.c. in capo al cessionario, il quale, tuttavia, risponde ai sensi dell'art. 2560, comma 2, c.c., nei confronti del fideiussore che, eseguito il pagamento del debito garantito inerente l'azienda, si sia surrogato al creditore originario ex artt. 1203 e 1949 c.c.
Cass. civ. n. 16311/2023
La cessione d'azienda da parte della curatela fallimentare, anche se a seguito di transazione o mediante procedura di cui si contesti l'insufficiente grado di competitività, ricade nel perimetro applicativo dell'art. 105, comma 4, l.fall., il quale prevede l'effetto purgativo dei debiti pregressi a tutela dell'affidamento dei terzi e al fine di favorire l'appetibilità di aziende indebitate; ne consegue che deve escludersi una responsabilità del cessionario ex art. 2560, comma 2, c.c. per il pagamento dei debiti aziendali, peraltro non potendo il giudice dell'esecuzione svolgere un autonomo sindacato su eventuali vizi della vendita concorsuale che non siano stati tempestivamente fatti valere avanti agli organi della procedura fallimentare.
Cass. civ. n. 11004/2023
Con riferimento ai segni distintivi, la scissione parziale societaria dà luogo ad una vicenda non meramente organizzativa, ma sostanzialmente traslativa dei beni inclusi nel patrimonio attribuito alla società beneficiaria della scissione, con la conseguenza che, essendo il marchio e la denominazione sociale dei segni distintivi autonomi - avendo il primo la funzione di identificare i prodotti fabbricati o commercializzati od i servizi resi da un imprenditore, la seconda quella di individuare la società come soggetto di diritto - l'attribuzione del marchio non implica anche il trasferimento della denominazione sociale, la quale può essere oggetto di valido trasferimento "inter vivos", anche ove assimilata alla ditta sociale, solo nel caso in cui sia ceduta l'intera azienda, previo espresso consenso dell'alienante.
Cass. civ. n. 10683/2023
In materia di responsabilità contrattuale, perché l'impossibilità della prestazione costituisca causa di esonero del debitore da responsabilità, deve essere offerta la prova della non imputabilità, anche remota, del fatto che ha impedito l'esecuzione della prestazione dovuta, non essendo rilevante, in mancanza, la configurabilità o meno del "factum principis". (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della corte territoriale che aveva negato che il sequestro preventivo dell'impresa, disposto nell'ambito di un procedimento penale a carico del debitore, fosse idoneo ad integrare l'impossibilità assoluta, anche temporanea, idonea ad estinguere l'obbligazione, non potendosi ritenere la condotta del debitore esente da colpa).
Cass. civ. n. 7308/2023
Ricorre la vendita aziendale regolata dagli artt. 2555 c.c. e ss. ogni volta venga ceduto un insieme di elementi costituenti un complesso organico e funzionalmente adeguato a conseguire lo scopo in vista del quale il loro coordinamento era stato posto in essere, essendo necessario e sufficiente che la cessione abbia ad oggetto un'entità economica ancora esistente, che conservi l'attitudine all'esercizio dell'impresa, la cui gestione sia stata effettivamente proseguita o ripresa dal nuovo titolare, senza che al riguardo rilevino il trasferimento dell'immobile ove si era svolta l'attività e del personale dipendente.
Cass. civ. n. 4248/2023
Nell'ipotesi di trasferimento di azienda, l'alienante è liberato dai debiti derivanti dal contratto da lui stipulato per l'esercizio dell'azienda stessa, in forza del combinato disposto degli artt. 2558 e 2560 c.c., soltanto ove tali debiti siano corrispettivi a crediti in base allo stesso contratto, mentre deve rispondere solidalmente con l'acquirente di quei debiti a cui non si contrappongono, in un rapporto di sinallagma contrattuale, crediti attuali verso il contraente ceduto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ricondotto all'art. 2560 c.c. il debito risarcitorio - nella misura prevista da una clausola penale - dell'affittuario di un ramo d'azienda, resosi inadempiente ad un contratto di somministrazione e locazione a fini pubblicitari in epoca anteriore alla retrocessione dell'azienda in favore dell'affittante derivante da risoluzione del contratto di affitto).
Cass. civ. n. 4248/2023
Nell'ipotesi di trasferimento di azienda, l'alienante è liberato dai debiti derivanti dal contratto da lui stipulato per l'esercizio dell'azienda stessa, in forza del combinato disposto degli artt. 2558 e 2560 c.c., soltanto ove tali debiti siano corrispettivi a crediti in base allo stesso contratto, mentre deve rispondere solidalmente con l'acquirente di quei debiti a cui non si contrappongono, in un rapporto di sinallagma contrattuale, crediti attuali verso il contraente ceduto.
Cass. civ. n. 11004/2023
Con riferimento ai segni distintivi, la scissione parziale societaria dà luogo ad una vicenda non meramente organizzativa, ma sostanzialmente traslativa dei beni inclusi nel patrimonio attribuito alla società beneficiaria della scissione, con la conseguenza che, essendo il marchio e la denominazione sociale dei segni distintivi autonomi - avendo il primo la funzione di identificare i prodotti fabbricati o commercializzati od i servizi resi da un imprenditore, la seconda quella di individuare la società come soggetto di diritto - l'attribuzione del marchio non implica anche il trasferimento della denominazione sociale, la quale può essere oggetto di valido trasferimento "inter vivos", anche ove assimilata alla ditta sociale, solo nel caso in cui sia ceduta l'intera azienda, previo espresso consenso dell'alienante.
Cass. civ. n. 20152/2022
L'impossibilità idonea ad estinguere l'obbligazione, ex art. 1256 c.c., deve intendersi in senso assoluto ed obiettivo e consiste nella sopravvenienza di una causa, non imputabile al debitore, che impedisce definitivamente l'adempimento e che, alla stregua del principio "genus nunquam perit", può evidentemente verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto la consegna di una cosa determinata o di un genere limitato, e non già quando si tratti di una somma di denaro.
Cass. civ. n. 11678/2022
In tema di responsabilità del cessionario del ramo di azienda per i debiti del cedente, il principio della inerenza del debito, desumibile dall'art. 2560 c.c., è applicabile anche ai debiti tributari a condizione che il contribuente provi che sia stato ceduto un ramo di azienda, inteso come entità economica organizzata in maniera stabile rispetto alla azienda principale, dotata di una sua autonomia funzionale; il contribuente è tenuto, altresì, a provare, tramite esibizione dei libri contabili nonché del certificato previsto dall'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997, che il debito tributario del quale viene preteso il pagamento non inerisce al ramo di azienda ceduto, ma è riconducibile ad altro ramo aziendale, rimasto di proprietà del cedente ovvero ceduto a terzi.
Cass. civ. n. 37697/2022
In tema di marchio d'impresa, l'imprenditore ha diritto alla registrazione anche di uno slogan pubblicitario, ma l'espressione contenente il messaggio promozionale deve adempiere alla finalità distintiva ossia essere idoneo a distinguere i prodotti o i servizi offerti da quell'impresa.
Cass. civ. n. 14365/2021
La mancata esteriorizzazione del rapporto societario costituisce il presupposto indispensabile perché possa legittimamente predicarsi, da parte del giudice, l'esistenza di una società occulta, ma ciò non toglie che si richieda pur sempre la partecipazione di tutti i soci all'esercizio dell'attività societaria in vista di un risultato unitario, secondo le regole dell'ordinamento interno, e che i conferimenti siano diretti a costituire un patrimonio "comune", sottratto alla libera disponibilità dei singoli partecipi (art. 2256 c.c.) ed alle azioni esecutive dei loro creditori personali (art. 2270 e 2305 c.c.), l'unica particolarità della peculiare struttura collettiva "de qua" consistendo nel fatto che le operazioni sono compiute da chi agisce non già in nome della compagine sociale (vale a dire del gruppo complessivo dei soci) ma in nome proprio.
Cass. civ. n. 23881/2021
In tema di cessione d'azienda, nel caso disciplinato dall'art. 2560, comma 2, c.c., la sottoscrizione delle scritture contabili obbligatorie non si pone come requisito costitutivo al fine dell'assunzione, da parte del cessionario - quale accollante e nei confronti dei terzi creditori - della responsabilità per i debiti del cedente, potendo questi ultimi essere provati anche attraverso altri riscontri e mediante presunzioni; solo l'iscrizione nei libri contabili obbligatori dell'azienda rappresenta propriamente, infatti, un elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell'acquirente per i debiti inerenti all'azienda ceduta, avendo lo scopo non tanto di tutelare i terzi creditori - già contraenti con l'impresa e, peraltro, sufficientemente garantiti pure dalla norma di cui all'art. 2560, comma 1, c.c. - quanto di consentire al cessionario di acquisire adeguata e specifica cognizione dei debiti assunti.
Cass. civ. n. 12570/2021
In tema di marchio, l'apprezzamento del giudice del merito sulla confondibilità dei segni nel caso di affinità dei prodotti deve essere compiuto non in via analitica, attraverso l'esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, bensì in via globale e sintetica, vale a dire con riguardo all'insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione di impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo mnemonico dell'altro; se poi il marchio è privo di aderenza concettuale con i prodotti che contraddistingue, le variazioni che lasciano intatta l'identità del nucleo ideologico che riassume l'attitudine individualizzante del segno, debbono sempre ritenersi inidonee ad escludere la confondibilità.
Cass. civ. n. 39764/2021
In tema di tutela del marchio, l'apprezzamento del giudice del merito sulla confondibilità dei segni nel caso di affinità dei prodotti - apprezzamento che costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in cassazione, se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici - non deve essere compiuto in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica, con riguardo all'insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione d'impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo mnemonico dell'altro; il predetto giudizio deve essere motivato e corredato dall'indicazione, concisa e sintetica, delle ragioni che lo hanno orientato e degli elementi che attirano primariamente l'attenzione del fruitore.
Cass. civ. n. 36329/2021
L'impossibilità sopravvenuta della prestazione, che derivi da causa non imputabile al debitore ai sensi dell'art. 1218 c.c., opera, paralizzandola, più propriamente in relazione ad una domanda di adempimento, determinando, essa, di diritto, nei contratti con prestazioni corrispettive, se definitiva, con la estinzione della relativa obbligazione, la risoluzione del contratto, ai sensi degli artt. 1463 e 1256, comma 1, c.c., con la conseguente applicazione delle norme generali sulla risoluzione ed in particolare di quella sulla retroattività, senza che si possa parlare di inadempimento colpevole.
Cass. civ. n. 13903/2020
In ipotesi di cessione d'azienda, poiché i creditori sociali (non avendo la disponibilità dei libri contabili del loro debitore che divenga poi cedente) al fine di provare il fondamento della loro pretesa, possono valersi unicamente dello strumento dell'ordine di esibizione emesso dal giudice ai sensi dell'art. 210 c.p.c. nell'ambito del giudizio instaurato nei confronti del cessionario, la relativa richiesta, in quanto funzionale alla possibilità di applicazione della responsabilità solidale ex art. 2560, comma 2, c.c., si sottrae al regime comune di discrezionalità nell'emanazione di un ordine di esibizione da parte del giudice (nella specie la S.C. ha espresso il principio nell'ambito di un giudizio di opposizione allo stato passivo, proposto dalla parte che si affermava creditrice dell'azienda successivamente ceduta a società poi fallita, in cui il giudice di merito non si era pronunciato sulla domanda di esibizione dei libri contabili dell'impresa cedente). (Cassa con rinvio, TRIBUNALE TORRE ANNUNZIATA, 24/04/2018)
Cass. civ. n. 19632/2020
L'affittuario dell'azienda ha l'obbligo di conservarla, in tutte le sue componenti, nello stato in cui viene affittata e, perciò, di sostenere tutte le spese necessarie a tale scopo. Ne consegue, ai fini della distinzione tra spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, che - a differenza di quanto avviene per il contratto di locazione di beni non produttivi (nel quale il conduttore non fa proprio il reddito derivante dalla cosa) - i lavori di manutenzione ordinaria vanno individuati "in negativo" e, cioè, escludendo quelle opere che sono da reputarsi straordinarie perché non finalizzate alla conservazione della originaria destinazione economica del bene e al ripristino della sua attitudine produttiva, eventualmente adoperando, in via orientativa e in assenza di un criterio discretivo certo, l'elenco esemplificativo delle riparazioni straordinarie di cui all'art. 1005 c.c., norma applicabile anche ad istituti diversi dall'usufrutto.
Cass. civ. n. 32134/2019
In tema di cessione di azienda, il principio di solidarietà fra cedente e cessionario - fissato dall'art. 2560, comma 2, c.c. con riferimento ai debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento e condizionato a che i debiti risultino dai libri contabili obbligatori - deve essere applicato considerando la "finalità di protezione" della disposizione, la quale permette di far comunque prevalere il principio generale di responsabilità solidale del cessionario qualora risulti, da un lato, un utilizzo della norma volto a perseguire fini diversi rispetto a quelli per i quali essa è stata introdotta e, dall'altro, un quadro probatorio che, ricondotto alle regole generali fondate anche sul valore delle presunzioni, consenta di assicurare tutela effettiva al creditore.
Cass. civ. n. 23851/2019
La differenza tra locazione di immobile con pertinenze e affitto di azienda consiste nel fatto che, nella prima ipotesi, l'immobile concesso in godimento viene considerato specificamente, nell'economia del contratto, come l'oggetto principale della stipulazione, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente ed assorbente rispetto agli altri elementi, i quali (siano essi legati materialmente o meno all'immobile) assumono carattere di accessorietà e rimangono collegati all'immobile funzionalmente, in posizione di subordinazione e coordinazione, mentre nell'affitto di azienda l'immobile non viene considerato nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso di beni mobili ed immobili, legati tra di loro da un vincolo di interdipendenza e complementarietà per il conseguimento di un determinato fine produttivo, sicché l'oggetto del contratto è costituito dall'anzidetto complesso unitario.
Cass. civ. n. 14915/2018
La liberazione del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione può verificarsi, secondo la previsione degli artt. 1218 e 1256 c.c., solo se ed in quanto concorrano l'elemento obiettivo della impossibilità di eseguire la prestazione medesima, in sè considerata, e quello soggettivo dell'assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell'evento che ha reso impossibile la prestazione. Pertanto, nel caso in cui il debitore non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, egli non può invocare la predetta impossibilità con riferimento ad un ordine o divieto dell'autorità amministrativa ("factum principis") sopravvenuto, e che fosse ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all'atto della assunzione della obbligazione, ovvero rispetto al quale non abbia, sempre nei limiti segnati dal criterio della ordinaria diligenza, sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza o il rifiuto della pubblica autorità.
Cass. civ. n. 26193/2018
Nell'affitto dell'azienda la differenza tra le consistenze di inventario all'inizio ed al termine del rapporto è regolata in danaro sulla base dei valori correnti al termine dello stesso, con la conseguenza che, ai fini di detta verifica, è necessaria l'esistenza, in concreto, di un inventario iniziale.
Cass. civ. n. 22418/2017
L'iscrizione nei libri contabili obbligatori dell'azienda è un elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell'acquirente dell'azienda per i debiti ad essa inerenti. Pertanto, chi voglia far valere i corrispondenti crediti contro l'acquirente dell'azienda ha l'onere di provare, fra gli elementi costitutivi del proprio diritto, anche detta iscrizione, e il giudice, se non può effettuare d'ufficio l'indagine sull'esistenza o meno dell'iscrizione medesima, ben può d'ufficio rilevare il fatto che quest'ultima, quale elemento essenziale della responsabilità del convenuto,non sia stata provata.
Cass. civ. n. 971/2017
Nel conflitto tra i titolari di insegne uguali o simili per la presenza dello stesso cognome come cuore di esse, legittimamente usate per effetto del loro acquisto, il giudice può disporre modificazioni, aggiunte o soppressioni, fino all'eliminazione del cognome dall'insegna sorta successivamente, ove quel conflitto sia tale da creare confusione per l'oggetto dell'impresa e per il luogo in cui questa è esercitata.
Cass. civ. n. 9889/2016
I segni distintivi di fatto possono articolarsi in maniera separata, sicché è astrattamente possibile che un imprenditore abbia preusato del segno per la ditta-denominazione sociale, senza aver fatto uso dello stesso come marchio, per contraddistinguere merci prodotte o servizi forniti, onde la necessità, in caso di affermazione del possesso di un marchio di fatto, che colui il quale chieda di affermare il conseguimento di un proprio diritto fornisca, al riguardo, una prova completa sia della ditta-denominazione sociale sia di quello del segno in funzione di marchio (e della conseguente notorietà di esso), atteso che l'uso di fatto di un segno in funzione di ditta/denominazione sociale non ne comporta l'automatica e meccanica estensione in funzione di marchio e viceversa.
Cass. civ. n. 6283/2016
In tema di ditta individuale, l'aggiunta di elementi di fantasia nel segno distintivo non esclude la possibilità, per l'imprenditore, di indicare anche una presunta qualità sociale dell'impresa per caratterizzarla e distinguerla dalle altre, senza che ciò implichi anche la sua effettività e, quindi, l'esistenza reale di un sodalizio, ove questo non venga riscontrato sulla base di elementi formali, desumibili dal registro delle imprese, o da indici fattuali che, in base al principio dell'apparenza, facciano presumere l'esistenza di una gestione societaria dell'impresa.
Cass. civ. n. 1267/2016
I cosiddetti marchi "deboli" sono tali in quanto risultano concettualmente legati al prodotto per non essere andata, la fantasia che li ha concepiti, oltre il rilievo di un carattere, o di un elemento dello stesso, ovvero per l'uso di parole di comune diffusione che non sopportano di essere oggetto di un diritto esclusivo. Un marchio, tuttavia, può essere valido, benché "debole", per l'esistenza di un pur limitato grado di capacità distintiva, e la sua "debolezza" non incide sulla sua attitudine alla registrazione, ma soltanto sull'intensità della tutela che ne deriva, atteso che sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni od aggiunte, in ciò differenziandosi rispetto al marchio cd. forte, per il quale sono illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l'identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo, che costituisce l'idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, considerato "debole", per la sua natura puramente descrittiva, il marchio "Il telefonino" di Telecom, destinato ad identificare apparecchi e servizi di telefonia, aveva ritenuto che l'aggiunta "by Centro Autoradio" fosse sufficiente a configurare quell'elemento distintivo idoneo ad escludere la confondibilità tra i due segni). (Rigetta, App. Venezia, 20/05/2009).
Cass. civ. n. 1277/2016
Il marchio denominativo può ritenersi nullo quando i nomi utilizzati non siano idonei ad indicare la provenienza di un prodotto, oppure qualora, pur essendolo, non valgano a distinguerlo da altri prodotti simili. (Così statuendo, la S.C., ha confermato la decisione impugnata, ritenendone plausibile la valutazione, ivi effettuata, di carenza di idoneità denotativa dei marchi "Buddha café" e "Buddha bar", perché non evocativi solo di una religione ma comunicanti, altresì, adesione, o comunque interesse, per una filosofia o uno stile di vita connotante un costume ormai pertinente alle più diverse manifestazioni dell'agire sociale). (Rigetta, App. Milano, 16/11/2010).
Cass. civ. n. 22350/2015
In tema di marchio, poiché la ditta designa il nome sotto cui l'imprenditore esercita l'impresa, senza avere diretta attinenza con i prodotti fabbricati o venduti o con i servizi resi dall'imprenditore, in ciò distinguendosi dal marchio, è consentito che una impresa inserisca nella propria ditta una parola che già faccia parte del marchio di cui sia titolare altra impresa, anche quando entrambe operino nello stesso mercato, ma non è lecito utilizzare quella parola anche come marchio, in funzione della presentazione immediata, o mediata attraverso forme pubblicitarie, dei prodotti o servizi offerti.
Cass. civ. n. 16163/2015
La denominazione sociale è il nome necessario di una società di capitali e può essere, pertanto, distinta dalla ditta che, invece, individua l'impresa. Ne consegue che una società di capitali può utilizzare diverse ditte per identificare le sue diverse attività imprenditoriali purché, nel rispetto del principio di verità imposto dall'art. 2563 c.c., vi sia una connessione con la denominazione sociale.
Cass. civ. n. 13319/2015
In caso di cessione di ramo d'azienda, l'acquirente, pur in presenza di una contabilità unitaria, risponde, a norma dell'art. 2560 cod. civ., dei debiti pregressi risultanti dai libri contabili obbligatori, a condizione, però, che siano inerenti alla gestione del ramo d'azienda ceduto.
Cass. civ. n. 1861/2015
In tema di marchi di impresa, la qualificazione del segno distintivo come marchio debole non preclude la tutela nei confronti della contraffazione in presenza dell'adozione di mere varianti formali, in sé inidonee ad escludere la confondibilità con ciò che del marchio imitato costituisce l'aspetto caratterizzante, non potendosi, invero, limitare la tutela del marchio debole ai casi di imitazione integrale o di somiglianza prossima all'identità, cioè di sostanziale sovrapponibilità del marchio utilizzato dal concorrente a quello registrato anteriormente. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto insuscettibile di tutela il marchio costituito dalla combinazione di parole di uso comune "Divani & Divani" benché le stesse avessero assunto efficacia individualizzante del prodotto). (Cassa con rinvio, Bari, 21/04/2008).
Cass. civ. n. 22953/2015
In tema di marchio, la tutela del cosiddetto "secondary meaning", prevista dall'art. 47 bis del r.d. n. 929 del 1942, introdotto dal d.lgs. n. 480 del 1992, si riferisce ai casi in cui un segno, originariamente sprovvisto di capacità distintive per genericità, mera descrittività o mancanza di originalità, acquisti in seguito tali capacità per effetto del consolidarsi del suo uso sul mercato, così che l'ordinamento si trova a recepire il "fatto" della acquisizione successiva di una "distintività" attraverso un meccanismo di "convalidazione" del segno. Tale principio è estensibile anche al caso di trasformazione di un marchio originariamente debole in uno forte, onde va riconosciuta al marchio "originariamente" debole la stessa tutela accordata ai marchi "originariamente" forti e l'accertamento della relativa contraffazione va effettuato secondo i criteri che presiedono alla tutela del marchio forte, atteso che il segno in origine caratterizzato da una minor capacità individualizzante, una volta pervenuto alla convalidazione dovuta all'uso, abbisogna della più rigorosa tutela riconosciuta al marchio forte, in mancanza della quale anche le lievi modificazioni che il marchio debole deve invece tollerare otterrebbero l'effetto di frustrare il risultato conseguito attraverso l'uso di mercato. (Rigetta, App. Bologna, 15/09/2008).
Cass. civ. n. 5931/2014
La denominazione sociale è tutelata anche nell'ipotesi di un eventuale mutamento dell'oggetto sociale, in quanto essa ha la funzione di individuare la società come soggetto di diritto e quindi prescinde dall'attività in concreto svolta e dall'oggetto sociale, che può mutare nel corso della sua attività senza che ciò comporti un mutamento della sua soggettività e, quindi, senza che ciò renda necessaria una modifica della sua denominazione o consenta ad altri l'uso della stessa.
Cass. civ. n. 12136/2013
Il concetto di luogo di esercizio dell'impresa di cui agli artt. 2564 e 2568 cod. civ., ai fini della tutela in caso di confondibilità fra imprese, non va inteso con esagerato valore restrittivo, dovendosi badare anche agli sviluppi potenziali dell'impresa razionalmente prevedibili, nonché alle pratiche difficoltà, che sovente s'incontrano, ad isolare l'espansione di un'impresa in un determinato ambito territoriale. Pertanto, la localizzazione non deve essere intesa secondo un criterio restrittivo, riguardo soltanto all'attività esplicata in un determinato momento, nel luogo di produzione e di commercio, ma facendo anche riferimento alla possibilità di espansione all'intera zona territorialmente al cosiddetto mercato di sbocco, raggiunta dall'attività complessiva dell'impresa.
Cass. civ. n. 6107/2013
In tema di cessione di azienda, alla stregua del regime fissato dall'art. 2560, secondo comma, c.c., con riferimento ai debiti inerenti l'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento, allorché la cessione sia avvenuta nel corso di un processo al cui esito sia stata pronunciata una sentenza poi azionata in via esecutiva, è opponibile al cessionario il titolo conseguito dal ceduto nei confronti del cedente, relativo ad un rapporto contrattuale d'impresa non del tutto esaurito.