Art. 553 – Codice civile – Riduzione delle porzioni degli eredi legittimi in concorso con legittimari
Quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o in parte la successione legittima [565 c.c.], nel concorso di legittimari [536 ss. c.c.] con altri successibili, le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si riducono proporzionalmente [558 c.c.] nei limiti in cui è necessario per integrare la quota riservata ai legittimari, i quali però devono imputare a questa, ai sensi dell'articolo 564, quanto hanno ricevuto dal defunto in virtù di donazioni o di legati [735, 746 c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 10456/2025
Il legittimario che intende proporre l'azione di riduzione ha l'onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, potendo solo in tal modo il giudice procedere alla sua reintegrazione; in particolare, in relazione al principio sancito dagli artt 555 e 559 c..c., egli ha l'onere di indicare, oltre al valore, l'ordine cronologico in cui sono stati posti in essere i vari atti di disposizione, non potendo l'azione di riduzione essere sperimentata rispetto alle donazioni se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento e cominciando, comunque, dall'ultima e risalendo via via alle anteriori.
Cass. civ. n. 20138/2023
Nel giudizio di riduzione in materia ereditaria, la deduzione, da parte del convenuto, della necessità di imputare alla legittima le donazioni ricevute in vita dall'attore, costituisce eccezione in senso lato e, come tale, il suo rilievo non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione di parte, ma è ammissibile anche d'ufficio ed in grado di appello, purché i fatti risultino documentati "ex actis".
Cass. civ. n. 17856/2023
In tema di azione di riduzione, non sussiste l'onere di preventiva collazione da parte dei legittimari, atteso che quest'ultima attribuisce al coerede un concorso sul valore della donazione, di regola realizzato attraverso un incremento della partecipazione sul "relictum", laddove il legittimario, per il valore che esprime la lesione di legittima, ha diritto a ricevere quel valore, in natura, con conseguente ammissibilità del concorso tra le due azioni.
Cass. civ. n. 12813/2023
Ai sensi dell'art. 552 c.c., il legittimario che rinunci all'eredità ha diritto di ritenere le donazioni o di conseguire i legati disposti in suo favore, anche nel caso in cui operi la rappresentazione, senza che i beni oggetto delle suddette disposizioni si trasmettano ai rappresentanti, fermo restando l'onere di questi ultimi di imputarli alla quota di legittima nella quale subentrano "iure repraesentationis".
Cass. civ. n. 5073/2023
In caso di trust "inter vivos" con effetti "post mortem" di tipo discrezionale - nel quale, cioè, l'individuazione dei beneficiari e/o la determinazione dell'entità delle quote loro spettanti è rimessa alla discrezionalità del "trustee" - la tutela dei diritti successori dei legittimari nei confronti del relativo atto istitutivo e dei successivi atti di conferimento è assicurata non già dal mancato riconoscimento del "trust" - in conseguenza della sua nullità per contrasto con l'ordine pubblico interno, ai sensi dell'art. 13 della Convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985, resa esecutiva in Italia con l. n. 364 del 1989 - bensì dall'azione di riduzione, i cui legittimati passivi devono individuarsi nei beneficiari, ove il "trustee" abbia già eseguito il programma del disponente, dando corso alle relative disposizioni patrimoniali (ovvero allorquando i beneficiari medesimi siano comunque individuabili con certezza), e nel "trustee" nella contraria ipotesi in cui il "trust" non abbia ancora avuto esecuzione (oltre che nel cd. "trust" di scopo, nel quale manca una specifica individuazione dei beneficiari).
Cass. civ. n. 12872/2021
La sentenza di accoglimento della domanda di riduzione della quota di legittima racchiude due statuizioni, l'una, sempre uguale, consistente nell'accertamento della lesione della predetta quota e nella risoluzione, con effetto costitutivo limitato alle parti, delle disposizioni negoziali lesive, l'altra, avente contenuto di condanna, che si pone con la statuizione costitutiva in rapporto variabile, a seconda che la reintegra richieda la previa divisione di beni ereditari, con conseguente condanna di uno dei condividenti al pagamento del conguaglio, oppure unicamente il versamento da parte del donatario del controvalore della quota, ai sensi dell'art.560 c.c; pertanto, solo nel secondo caso, integrandosi un rapporto di "dipendenza" tra capo costitutivo e capo condannatorio, quest'ultimo è immediatamente eseguibile, ex art. 282 c.p.c., indipendentemente dal passaggio in giudicato del primo, mentre, nel primo caso, venendo in considerazione un rapporto di "corrispettività" tra i due capi della sentenza, l'esecuzione di quello di condanna ne presuppone il passaggio in giudicato.
Cass. civ. n. 18199/2020
Nel caso di esercizio dell'azione di riduzione, il legittimario, ancorché abbia l'onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, indicando gli elementi patrimoniali che contribuiscono a determinare il valore della massa ereditaria nonché, di conseguenza, quello della quota di legittima violata, senza che sia necessaria all'uopo l'indicazione in termini numerici del valore dei beni interessati dalla riunione fittizia e della conseguente lesione, può, a tal fine, allegare e provare, anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 27/04/2017).
Cass. civ. n. 18468/2020
L'azione di divisione ereditaria e quella di riduzione sono fra loro autonome e diverse, perché la prima presuppone la qualità di erede e l'esistenza di una comunione ereditaria che si vuole sciogliere, mentre la seconda implica la qualità di legittimario leso nella quota di riserva ed è diretta alla reintegra in essa, indipendentemente dalla divisione; ne consegue che la domanda di divisione e collazione non può ritenersi implicitamente inclusa in quella di riduzione, sicché una volta proposta la domanda di riduzione, quella di divisione e collazione, avanzate nel corso del giudizio di primo grado con le memorie ex art. 183 c.p.c., sono da ritenersi nuove e, come tali, inammissibili ove la controparte abbia sul punto rifiutato il contraddittorio.
Cass. civ. n. 15706/2020
L'azione di riduzione non spetta collettivamente ai legittimari, ma ha carattere individuale e compete in via autonoma al singolo erede che ritenga lesa la sua quota individuale di legittima. L'accertamento della lesione e della sua entità non deve farsi con riferimento alla quota complessiva riservata a favore di tutti i legittimari, ma solo riguardo alla quota di coloro che abbiano proposto la domanda. Il giudizio non assume, quindi, carattere inscindibile neppure nell'ipotesi in cui la domanda sia rivolta verso più eredi, che non assumono la qualità di litisconsorti necessari.
Cass. civ. n. 12317/2019
Il legittimario è ammesso a provare, nella veste di terzo, la simulazione di una vendita fatta dal "de cuius" per testimoni e presunzioni, senza soggiacere ai limiti fissati dagli artt. 2721 e 2729 c.c., a condizione che la simulazione sia fatta valere per un'esigenza coordinata con la tutela della quota di riserva tramite la riunione fittizia; egli, pertanto, va considerato terzo anche quando l'accertamento della simulazione sia preordinato solamente all'inclusione del bene, oggetto della donazione dissimulata, nella massa di calcolo della legittima e, così, a determinare l'eventuale riduzione delle porzioni dei coeredi concorrenti nella successione "ab intestato", in conformità a quanto dispone l'art. 553 c.c..
Cass. civ. n. 22457/2019
Il giudice innanzi al quale sia stata proposta un'azione di simulazione di una compravendita in quanto dissimulante una donazione, azione finalizzata alla successiva trascrizione dell'atto di opposizione, ai sensi dell'art. 563, comma 4, c.c., deve rilevare d'ufficio l'esistenza di una diversa causa di nullità della donazione e, ove sia già pendente il giudizio di appello e sia, perciò, ormai inammissibile un'espressa domanda di accertamento in tal senso della parte interessata, deve rigettare l'originaria pretesa, previo accertamento della nullità, nella motivazione, con efficacia, peraltro, di giudicato in assenza di sua impugnazione.
Cass. civ. n. 22325/2017
In tema di azione di riduzione, non è dato poter discutere di lesione della quota di legittima in assenza di un'indagine estesa all'intero patrimonio del "de cuius" giacché, quand'anche tale lesione fosse sussistente, alla stessa ben potrebbe porsi rimedio con una diversa distribuzione del patrimonio relitto, sia di natura immobiliare che mobiliare, come previsto dall'art. 553 c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva rigettato una domanda di riduzione, cui era sottesa la lesione della quota di riserva calcolata con riferimento al solo patrimonio mobiliare del "de cuius" e non anche a quello immobiliare).
Cass. civ. n. 25441/2017
Il legittimario pretermesso è privo di una vocazione ereditaria, e pertanto gli è preclusa la possibilità di poter accettare l'eredita, in quanta l'unico modo di adizione della stessa è la sola proposizione dell'azione di riduzione, il cui positive accoglimento determina l'acquisto della qualità di erede. Ne consegue che anche la presentazione dell'azione di riduzione non può determinare immediatamente l'acquisto della qualità di erede, in assenza appunto di una vocazione, occorrendo in ogni caso attendere il passaggio in giudicato della decisione che accolga la relativa domanda, e che l'impossibilità di poter validamente compiere atti di accettazione, sia pure tacita, di un'eredità che non risulta devoluta, in ragione della pretermissione, esonera il legittimario pretermesso dal dover far precedere l'azione di riduzione, anche intentata nei confronti del terzo, dalla previa accettazione beneficiata ovvero dalla sola redazione dell'inventario.
Cass. civ. n. 27259/2017
In tema di successione necessaria, la quota spettante al legittimario rinunciante non si accresce a favore degli altri legittimari accettanti, dovendo l'individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari ed ai singoli legittimari appartenenti alla medesima categoria essere effettuata sulla base della situazione esistente al momento dell'apertura della successione e non a quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento, per rinunzia o per prescrizione, dell'azione di riduzione da parte di qualcuno dei legittimari.
Cass. civ. n. 24427/2015
Nel caso di contratto misto di associazione in partecipazione e collaborazione di lavoro è ammissibile che le parti assumano il reddito netto dell'associante quale parametro per determinare, in percentuale, la distribuzione degli utili.
Cass. civ. n. 13385/2011
Nel giudizio di reintegrazione della quota di riserva, non costituiscono domande nuove e sono conseguentemente ammissibili, anche se formulate per la prima volta in appello, le richieste volte all'esatta ricostruzione sia del relictum, che del donatum, mediante l'inserimento di beni, liberalità o l'indicazione di pesi o debiti del de cuius, trattandosi di operazioni connaturali al giudizio medesimo cui il giudice è tenuto d'ufficio ed alle quali si può dare corso, nei limiti in cui gli elementi acquisiti le consentono, indipendentemente dalla formale proposizione di domande riconvenzionali in tal senso da parte del convenuto.
Cass. civ. n. 13179/2010
L'associazione in partecipazione ha, quale elemento causale indefettibile di distinzione dal rapporto di collaborazione libero-professionale, il sinallagma tra partecipazione al rischio d'impresa gestita dall'associante e conferimento dell'apporto lavorativo dell'associato. Ne consegue che l'associato il cui apporto consista in una prestazione lavorativa deve partecipare sia agli utili che alle perdite, non essendo ammissibile un contratto di mera cointeressenza agli utili di un'impresa senza partecipazione alle perdite, tenuto conto dell'espresso richiamo, contenuto nell'art. 2554, secondo comma, c.c., all'art. 2102 c.c., il quale prevede la partecipazione del lavoratore agli utili "netti" dell'impresa.
Cass. civ. n. 19444/2008
In tema di associazione in partecipazione, posto che lo schema legale tipico di tale contratto prevede la partecipazione dell'associato alle perdite, grava su quest'ultimo l'onere di dimostrare, nel rispetto dei limiti di ammissibilità della relativa prova stabiliti dall'art. 2721 cod. civ., di essere stato pattiziamente esentato dalla partecipazione alle perdite stesse.
Cass. civ. n. 9264/2007
Nel contratto di associazione di cui all'art. 2549 c.c., non ostandovi alcuna incompatibilità con il suddetto tipo negoziale, la partecipazione agli utili ed alle perdite da parte dell'associato può tradursi, per quanto attiene ai primi, nella partecipazione ai globali introiti economici dell'impresa o a quelli di singoli affari, sicché sotto tale versante non assume alcun rilievo ai fini qualificatori il riferimento delle parti contrattuali agli utili dell'impresa o viceversa ai ricavi per singoli affari; per quanto attiene alle seconde in ragione del rischio proprio della causale associativa del rapporto contrattuale in un corrispettivo volto a prevedere, oltre alla cointeressenza negli utili, anche una quota fissa (da riconoscersi in ogni caso all'associato), di entità non compensativa della prestazione lavorativa e, comunque, non adeguata rispetto ai parametri di cui all'art. 36 della Costituzione.
Cass. civ. n. 503/1996
Dalla coordinata lettura degli artt. 2553 e 2554 c.c. si ricava che l'unica regola inderogabile della disciplina dell'associazione in partecipazione (applicabile anche al contratto di cointeressenza) è quella del divieto di partecipazione dell'associato alle perdite in misura superiore al suo apporto, mentre le parti hanno facoltà di determinare la partecipazione alle perdite in misura diversa da quella della partecipazione agli utili ovvero di escludere del tutto la partecipazione alle perdite (cosiddetta cointeressenza impropria).