Art. 50 – Codice di procedura penale – Azione penale
1. Il pubblico ministero esercita l'azione penale [112 cost.] quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione [408, 554 c.p.p.; 125 disp. att.].
2. Quando non è necessaria la querela [336-340 c.p.p.], la richiesta [344 c.p.p.], l'istanza [341 c.p.p.] o l'autorizzazione a procedere [343 c.p.p.], l'azione penale è esercitata di ufficio.
3. L'esercizio dell'azione penale può essere sospeso o interrotto soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge [3, 47, 71, 344 c.p.p.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 18297/2020
È abnorme, in quanto determina una indebita regressione del procedimento, l'ordinanza del giudice dell'udienza preliminare che, investito di richiesta di rinvio a giudizio, disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero sull'erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio. (Fattispecie relativa al reato di cui all'art. 4, comma 4-bis, legge 13 dicembre 1989, n. 401, trasformato in delitto punito con pena detentiva superiore nel massimo a quattro anni dal d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modifiche, nella legge 28 marzo 2019, n. 26, in cui la Corte ha precisato che, essendo stata esercitata l'azione penale dopo l'anzidetto intervento normativo, correttamente il pubblico ministero aveva formulato richiesta di rinvio a giudizio, anziché procedere con decreto di citazione diretta, trovando applicazione il principio "tempus regit actum"). (Annulla senza rinvio, GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE PALERMO, 17/10/2019).
Cass. civ. n. 3423/2020
In caso di annullamento parziale di una sentenza di condanna in relazione ad uno o più capi per i quali sia stata ravvisata la continuazione con quello, o con quelli, che, ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen., hanno acquistato autorità di cosa giudicata, la pena inflitta in relazione al capo, o ai capi, divenuti irrevocabili può essere posta in esecuzione solo a condizione che in esso sia stato irrevocabilmente individuato il reato più grave, anche in relazione alle circostanze, e la pena stessa presenti i caratteri della completezza, essendo insuscettibile di modifiche nel giudizio di rinvio, e della certezza, in quanto individuabile sulla base delle sentenze rese nel giudizio di cognizione e non attraverso ragionamenti ipotetici. (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO LECCE, 16/11/2019).
Cass. civ. n. 33154/2019
In caso di annullamento parziale della sentenza, qualora sia rimessa al giudice del rinvio la sola questione relativa al riconoscimento di una circostanza aggravante, il giudicato formatosi sull'accertamento del reato e sulla responsabilità dell'imputato impone che la sentenza di condanna ad una pena che, seppure non determinata, sia determinabile nel minimo e modificabile soltanto in aumento, sia posta in esecuzione. (Ordina trasmissione degli atti, CORTE DI CASSAZIONE ROMA, 27/02/2019).
Cass. civ. n. 14320/2018
Sono utilizzabili nella fase procedimentale, e dunque nell'incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta, le dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini alla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 350, comma 7, cod. proc. pen., purché emerga con chiarezza che l'indagato ha scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione.
Cass. civ. n. 41489/2018
In tema di acquisizione al fascicolo per il dibattimento, ai sensi dell'art. 500, comma 4, cod. proc. pen., delle dichiarazioni rese dal testimone prima del dibattimento, le modalità della deposizione e il contegno tenuto in dibattimento possono essere valutati quali elementi sintomatici delle indebite pressioni esterne che consentono l'acquisizione e l'utilizzazione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini. (Fattispecie relativa a un procedimento per estorsione continuata, aggravata dal metodo mafioso, nel quale il teste, comparso coattivamente dopo essere stato più volte vanamente citato, esordiva, prima ancora che gli venissero rivolte domande sui fatti, dichiarando di aver detto in precedenza "solo bugie", mentre risultava dalla deposizione di un altro testimone che egli aveva vissuto con grande preoccupazione le minacce di ritorsione a lui rivolte dall'imputato e dai suoi complici).
Cass. civ. n. 25127/2018
In tema di istruzione dibattimentale, il giudice può legittimamente desumere elementi di prova dall'esame del consulente tecnico di cui le parti abbiano chiesto ed ottenuto l'ammissione, stante l'assimilazione della sua posizione a quella del testimone, senza necessità di dover disporre apposita perizia se, con adeguata e logica motivazione, dimostri che essa non è indispensabile per essere gli elementi forniti dall'ausiliario privi di incertezze, scientificamente corretti e basati su argomentazioni logiche e convincenti.
Cass. civ. n. 18657/2018
Il ricorso alla disciplina di cui all'art. 502 cod. proc. pen. deve ritenersi consentito in tutti i casi in cui, anche per ragioni contingenti e occasionali, viene a determinarsi una situazione di impossibilità assoluta (e quindi di legittimo impedimento) del teste a comparire nella pubblica udienza, con l'effetto che, in tale ipotesi, è legittimo escutere il teste nel luogo dove al momento si trova, escludendo la presenza del pubblico e dell'imputato (salvo che quest'ultimo abbia fatto richiesta in senso contrario) purché venga assicurato il contraddittorio con la presenza dei difensori. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha ritenuto legittimo l'esame a domicilio della persona offesa per il suo stato di gravidanza a rischio attestato da un certificato medico).
Cass. civ. n. 16673/2018
L'esercizio del potere del giudice di assunzione di nuove prove a norma dell'art. 507 cod. proc. pen. sorretto da motivazione insufficiente non determina inutilizzabilità o invalidità, in quanto l'ordinamento processuale non prevede specifiche sanzioni. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto legittima l'ordinanza di ammissione della prova testimoniale degli agenti della polizia giudiziaria, a seguito della declaratoria di inutilizzabilità degli atti di indagine da essi svolti per violazione dell'art. 360 cod. proc. pen., sorretta dalla formula " stante la necessità ai fini del decidere").
Cass. civ. n. 32017/2018
Il potere del giudice di assumere d'ufficio nuovi mezzi di prova a norma dell'art. 507 cod. proc. pen. può essere esercitato anche con riferimento a quelle prove per la cui ammissione si sia verificata la decadenza delle parti per omesso tempestivo deposito della lista testimoniale, ai sensi dell'art. 468, comma 1, cod. proc. pen., poichè il requisito della "novità" non è limitato ai soli mezzi di prova che non avrebbero potuto essere richiesti dalle parti al momento del deposito delle liste testimoniali.
Cass. civ. n. 13917/2017
Nel giudizio abbreviato sono utilizzabili a fini di prova le dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini alla polizia giudiziaria, perchè l'art. 350, comma settimo, cod. proc. pen. ne limita l'inutilizzabilità esclusivamente al dibattimento.
Cass. civ. n. 26246/2017
L'art. 350, comma 7, c.p.p., nel consentire l'utilizzabilità, salvo che nel dibattimento, delle dichiarazioni rese spontaneamente (e non, quindi, a seguito di sollecitazione) dalla persona sottoposta a indagini che si trovi in stato di libertà, pur in assenza del difensore e senza l'osservanza degli adempimenti di cui agli artt. 63 e 64 c.p.p., non si pone in contrasto né con l'art. 3 della Direttiva europea 2012/13/UE, recepita in Italia con il D.L.vo n. 101/2014, che si limita alla generica previsione secondo cui alle persone indagate o imputate dev'essere “tempestivamente” fornita l'informazione circa il diritto di avvalersi di un avvocato ed il diritto di restare in silenzio, né con gli orientamenti espressi dalla Corte europea dei diritti dell'uomo con le sentenze 27 ottobre 2011, Stoycovic c. Francia e Belgio e 24 ottobre 2013, Navone ed altri c. Monaco, la prima delle quali riguardava un caso in cui le dichiarazioni erano state rese non spontaneamente ma su sollecitazione, in sede di rogatoria internazionale, e la seconda un caso in cui il dichiarante non si trovava in stato di libertà.
Cass. civ. n. 13550/2017
Ai fini dell'utilizzo, ai sensi dell'art. 500, comma quarto, cod. proc. pen., delle dichiarazioni predibattimentali del collaboratore di giustizia, gli "elementi concreti" sulla base dei quali può ritenersi che egli sia stato sottoposto a violenza o minaccia affinchè non deponga ovvero deponga il falso devono consistere, secondo parametri correnti di ragionevolezza e di persuasività, in elementi sintomatici della violenza o dell'intimidazione subita dal teste, purchè connotati da precisione, obiettività e significatività, e quindi idonei ad escludere che la condotta del teste sia frutto esclusivo della volontà di ritorsione contro lo Stato a causa della revoca del programma di protezione a seguito di comportamenti penalmente rilevanti successivamente tenuti dal soggetto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto, in un caso in cui un collaboratore di giustizia aveva ritrattato in dibattimento precedenti dichiarazioni, che, essendo emerso che il dichiarante aveva subito forti pressioni e temeva per la sua incolumità, non era determinante il fatto che la ritrattazione potesse anche essere in parte dovuta ad una volontà di ritorsione nei confronti dello Stato che aveva revocato il programma di protezione).
Cass. civ. n. 9646/2017
Ai fini dell'utilizzo, ai sensi dell'art. 500, comma quarto, cod. proc. pen., delle dichiarazioni predibattimentali del testimone, gli "elementi concreti" sulla base dei quali può ritenersi che egli sia stato sottoposto a violenza o minaccia affinchè non deponga ovvero deponga il falso devono consistere, secondo parametri correnti di ragionevolezza e di persuasività, in elementi sintomatici della violenza o dell'intimidazione subita dal teste, purchè connotati da precisione, obiettività e significatività, e quindi idonei ad escludere che la condotta del teste sia frutto non di una pressione subita da terzi, ma dalla sua adesione a modelli devianti, tesi ad anteporre la cura dei propri interessi illeciti rispetto al dovere di testimonianza davanti l'Autorità giudiziaria. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza di merito, relativa ad un tentato omicidio in un contesto di uno scontro tra due gruppi di persone, che aveva fatto uso delle dichiarazioni rese in indagini da un teste che, in dibattimento, aveva modificato la versione dei fatti, senza avere accertato specifici e concreti elementi di coartazione della volontà di quest'ultimo, e ricorrendo ad argomentazioni apodittiche e generalizzanti quali, ad esempio, la maggiore capacità intimidatoria del gruppo degli assalitori rispetto a quella degli assaliti).
Cass. civ. n. 17089/2017
Le dichiarazioni predibattimentali utilizzate per le contestazioni al testimone che manifesti genuina difficoltà di elaborazione del ricordo, ove lo stesso ne affermi la veridicità anche mediante richiami atti a giustificare il "deficit" mnemonico, devono ritenersi confermate e, in quanto tali, possono essere recepite ed utilizzate come se rese direttamente in dibattimento. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto corretta l'affermazione dei giudici di merito secondo cui il teste aveva espressamente confermato, a seguito di contestazioni, le dichiarazioni rese in precedenza, rispondendo alle sollecitazioni del P.M., a distanza di due anni e mezzo dai fatti, con l'espressione: "Confermo quanto dichiarato, ripeto, non ho l'immagine nitida ma se l'ho dichiarato questo è").
Cass. civ. n. 22555/2017
In tema di testimonianza, le modalità della deposizione e il contegno tenuto dal teste in dibattimento rientrano fra gli elementi valutabili ai fini dell'accertamento delle indebite pressioni esterne cui è stato sottoposto, quale presupposto dell'acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone ai sensi dell'art. 500, comma quarto, cod. proc. pen. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto infondate le censure relative all'ordinanza di acquisizione delle dichiarazioni rese da una testimone in fase di indagini preliminari, ritenuta vittima di pressioni esterne desunte dal comportamento processuale della stessa teste e di altri quattro testimoni la cui presenza in aula era stata conseguita solo a seguito dell'adozione di ordini di accompagnamento).
Cass. civ. n. 28597/2017
Nel caso di assunzione di ufficio di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen., è riconosciuto alle parti il diritto alla prova contraria, la cui istanza di ammissione integra a tutti gli effetti una richiesta ai sensi dell'art. 495, comma secondo, cod. proc. pen., ma, ai fini del vaglio della ammissibilità della stessa sotto il profilo della non manifesta superfluità o irrilevanza ai sensi dell'art. 190 cod. proc. pen., la parte istante ha l'onere di indicare specificamente i temi sui quali verte la controprova richiesta, atteso che quest'ultima, a differenza di quella articolata su temi indicati dalle parti, deve riferirsi ai fatti sui quali il giudice ha ritenuto indispensabile il supplemento istruttorio ai fini della decisione.
Cass. civ. n. 52903/2016
L'indebita limitazione, ad opera del giudice, del diritto dell'imputato a controesaminare il consulente tecnico del pubblico ministero, non determina l' inutilizzabilità della deposizione ai sensi dell'art. 191 cod. proc. pen., in quanto l'acquisizione della prova non viola alcun divieto, ma integra una nullità relativa ai sensi dell'art. 181 cod. proc. pen. (In applicazione del principio la Corte ha annullato la sentenza impugnata, atteso che il giudice, dopo aver ammesso il consulente tecnico in qualità di testimone, autorizzandolo a consultare documenti e note scritte di carattere tecnico, aveva negato ingresso alle domande tecniche poste dal difensore).
Cass. civ. n. 54274/2016
In tema di ammissione di nuove prove, è esercitabile il potere d'ufficio ex art. 507 cod. proc. pen. anche con riferimento al nuovo esame di un testimone già sentito, purchè su circostanze diverse da quelle già oggetto di prova, poichè il requisito della "novità" si riferisce sia ai mezzi di prova non introdotti precedentemente, sia a quelli provenienti da fonti probatorie già esaminate ma su circostanze e contenuti differenti.
Cass. civ. n. 50761/2016
Il giudice ha il dovere di esplicitare le ragioni per le quali ritenga di non procedere ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen., in quanto il potere di disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova rientra nel compito del giudice di accertare la verità ed ha la funzione di supplire all'inerzia delle parti o a carenze probatorie, quando le stesse incidono in maniera determinante sulla formazione del convincimento e sul risultato del giudizio. (Fattispecie di reato previsto dall'art. 256, comma primo, lett. a), D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella quale la S.C. ha censurato la sentenza assolutoria per l'immotivato omesso ricorso, da parte del giudice di merito, al potere di cui all'art. 507 cod. proc. pen. per supplire alla carenza probatoria del PM circa la dimostrazione della iscrizione di una cooperativa all'albo dei gestori ambientali).
Cass. civ. n. 42334/2016
Il potere del giudice di disporre d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova, previsto dall'art. 507 cod. proc. pen., non comprende anche la possibilità di dare lettura degli atti esistenti nel fascicolo del dibattimento senza l'impulso della parte, non potendosi confondere la lettura di atti con l'assunzione di nuove prove. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso che il giudice, avvalendosi dei poteri di cui all'art. 507 cod. proc. pen., potesse dare lettura della querela ex art. 512 cod. proc. pen., in assenza della richiesta di parte).
Cass. civ. n. 47766/2015
In tema di giudicato formale, dalla lettura coordinata degli artt. 648, comma secondo, e 591, comma secondo, cod. proc. pen. si desume che la presentazione di un impugnativa tardiva non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza, la quale, pertanto, deve essere necessariamente eseguita a cura del pubblico ministero, anche prima della pronuncia dichiarativa dell'inammissibilità dell'impugnazione.
Cass. civ. n. 27117/2015
Nei procedimenti relativi ai reati di violenza sessuale anche il riavvicinamento o la riappacificazione della persona offesa e dell'imputato possono costituire un "elemento concreto" idoneo ai sensi dell'art. 500, comma quarto, c.p.p. a incidere sulla genuinità della deposizione testimoniale della persona offesa nel senso che questa, non potendo rimettere la querela, essendo la stessa irrevocabile, potrebbe essere indotta a circoscrivere, limitare o revocare le dichiarazioni accusatorie in precedenza rese. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima l'acquisizione e l'utilizzazione delle originarie dichiarazioni di una testimone, che aveva accusato il convivente di vessazioni e di gravi episodi di violenza sessuale in danno dei figli minori, le quali erano state successivamente ritrattate in dibattimento senza l'indicazione di alcuna ragione e dopo la ripresa della convivenza, in un contesto di dipendenza economica dall'imputato).
Cass. civ. n. 10486/2015
Ai fini dell'acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni in precedenza rese dal teste, ai sensi dell'art. 500, comma quarto, cod. proc. pen., la sussistenza di "elementi concreti" per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a violenza o minaccia può desumersi da circostanze sintomatiche dell'intimidazione emerse anche soltanto al di fuori del dibattimento.
Cass. civ. n. 7706/2015
L'istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore, inviata a mezzo telefax in cancelleria, non è nulla o inesistente e, pertanto, il giudice è tenuto ad esaminarla, ma l'utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione espone il richiedente al rischio della intempestività, nell'ipotesi in cui detta istanza non venga portata a conoscenza del giudice procedente.
Cass. civ. n. 51424/2014
È abnorme, in quanto determina una indebita regressione del procedimento, l'ordinanza del Gup che, investito di richiesta di rinvio a giudizio, disponga la restituzione degli atti al P.M. sull'erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio.
Cass. civ. n. 44829/2014
Nel giudizio abbreviato sono utilizzabili a fini di prova le dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini alla polizia giudiziaria, perchè l'art. 350, comma settimo, cod. proc. pen. ne limita l'inutilizzabilità esclusivamente al dibattimento.
Cass. civ. n. 27879/2014
In materia di prove, non è consentito l'esercizio del potere istruttorio del giudice, di cui all'art. 507 cod. proc. pen., al fine di recuperare al fascicolo del dibattimento un atto ontologicamente irripetibile del medesimo procedimento (nella specie, una conversazione telefonica intercettata), dichiarato inutilizzabile a causa del suo omesso deposito nei termini di cui agli artt. 415-bis e 416 cod. del codice di rito.
Cass. civ. n. 19618/2014
Nel dibattimento di appello, il contenuto della deposizione di un testimone o di un'altra parte può essere contestato sulla base delle dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero ed i relativi verbali possono essere utilizzati per la decisione a norma degli artt. 500 e 503 c.p.p., atteso il generale rinvio alle disposizioni relative al giudizio di primo grado operato dall'art. 598 c.p.p. per il giudizio di appello. (Fattispecie relativa all'acquisizione di dichiarazioni confessorie rese dall'imputato avanti al G.I.P. in sede di interrogatorio di garanzia).
Cass. civ. n. 2627/2014
Le dichiarazioni rese dall'indagato, non possono essere ritenute "spontanee" solo perchè così qualificate dalla polizia giudiziaria che le ha raccolte, essendo invece necessario che il giudice accerti d'ufficio, sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, l'effettiva natura libera e volontaria delle stesse, dando atto di tale valutazione con motivazione congrua ed adeguata.
Cass. civ. n. 32477/2013
Il principio secondo cui la sentenza di condanna per la parte divenuta irrevocabile deve essere posta in esecuzione anche in caso di rinvio parziale disposto dalla Corte di cassazione per ipotesi di reato in continuazione con la prima, ricollegabile alla regola della formazione progressiva del giudicato, trova applicazione solo se è stata determinata la pena minima che il condannato deve comunque espiare. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che aveva determinato la pena in concreto da espiare sebbene il giudizio di rinvio avrebbe potuto individuare un diverso reato più grave e, conseguentemente, calcolare la pena in modo diverso).