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Art. 99 — Estensione al difensore dei diritti dell’imputato

Art. 99 — Estensione al difensore dei diritti dell’imputato

1. Al difensore competono le facoltà e i diritti che la legge riconosce all’imputato, a meno che essi siano riservati personalmente a quest’ultimo [ 46, 419, 438, 446, 571, 589 c.p.p.].

2. L’imputato può togliere effetto, con espressa dichiarazione contraria, all’atto compiuto dal difensore prima che, in relazione all’atto stesso, sia intervenuto un provvedimento del giudice .

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 41333/2003

Il difensore d’ufficio del latitante, rappresentando quest’ultimo ad ogni effetto di legge, ai sensi dell’art. 165, comma terzo, c.p.p., ed essendo abilitato, in base al disposto di cui all’art. 99, comma 1, stesso codice, ad esercitare in sua vece tutti i diritti e le facoltà che non siano personalmente riservati all’imputato, può validamente proporre ricorso per cassazione avverso decisioni del tribunale del riesame anche senza essere iscritto all’albo speciale di cui all’art. 613 c.p.p. [ Mass. redaz. ].

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Cass. pen. n. 2954/1999

A norma dell’art. 6, comma 5, della L. 30 luglio 1990, n. 217, la legittimazione a proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che decida sul ricorso, proposto contro il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, spetta solo all’interessato e non al difensore. Infatti, attesa la natura sostanzialmente amministrativa del procedimento in questione, non è applicabile l’art. 99 c.p.p., che estende al difensore le facoltà e i diritti che la legge riconosce all’imputato.

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Cass. pen. n. 3146/1996

Il difensore dell’indagato, anche se non espressamente menzionato dall’art. 257 c.p.p. tra i soggetti che possono proporre istanza di riesame avverso il decreto di sequestro probatorio, è comunque legittimato a tale gravame. Al medesimo infatti competono ai sensi dell’art. 99 comma primo c.p.p. le facoltà ed i diritti attribuiti all’assistito, salvi quelli a quest’ultimo personalmente riservati tra i quali non rientra la legittimazione de quo: al proposito è significativo che l’art. 257 c.p.p. parli di «imputato» e non già di «imputato personalmente» come ad esempio l’art. 439 c.p.p., in tema di richiesta di rito abbreviato o l’art. 446 c.p.p., in materia di patteggiamento.

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Cass. pen. n. 11783/1995

Il diritto di richiedere un termine per la difesa, previsto dall’art. 519 c.p.p. in caso di nuova contestazione ai sensi dell’art. 516 c.p.p. non è da considerare riservato esclusivamente all’imputato ma, senza alcuna deroga al principio generale di cui all’art. 99 c.p.p., si estende al difensore.

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Cass. pen. n. 5588/1995

In tema di proscioglimento predibattimentale, l’opposizione dell’imputato contumace può essere espressa anche dal difensore. A questo competono, infatti, a norma dell’art. 99 c.p.p., le facoltà e i diritti che la legge riconosce all’imputato, a meno che siano riservati personalmente a quest’ultimo. Poiché per l’assenso al proscioglimento predibattimentale, l’art. 469 c.p.p. non ha riservato personalmente all’imputato il relativo potere, il consenso del difensore è validamente dato per l’imputato.

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Cass. pen. n. 3681/1995

Alla stregua della disciplina risultante dal combinato disposto degli artt. 99, 571 e 589 c.p.p., la rinuncia all’impugnazione da parte dell’imputato personalmente, effettuata prima ancora del deposito della sentenza [e, quindi, dell’inizio della decorrenza del termine per impugnare], così come non preclude allo stesso imputato [non operando, in materia penale, l’istituto dell’acquiescenza previsto dall’art. 329 c.p.c.], di proporre ugualmente, entro i termini di legge, l’impugnazione, allo stesso modo non incide sulla validità dell’impugnazione che, successivamente alla detta rinuncia e sempre nell’osservanza dei prescritti termini, sia stata autonomamente proposta dal difensore abilitato.

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Cass. pen. n. 27/1995

La domanda di riparazione per ingiusta detenzione è atto personale della parte e non atto del difensore con procura, in quanto l’art. 645, comma primo, c.p.p. prevede che essa sia presentata personalmente o per mezzo di procuratore speciale, e tale previsione, secondo quanto stabilito dall’art. 99, comma primo, stesso codice, comporta una deroga – che logicamente riguarda il compimento di atti processuali, non quello di atti materiali – alla regola della rappresentanza da parte del difensore. Ne consegue che al procuratore alle liti non è consentito sottoscrivere la predetta domanda di riparazione, ma non è preclusa la facoltà di provvedere al deposito in cancelleria della domanda, sottoscritta dal suo assistito. [In motivazione, la S.C. ha rilevato che l’art. 645 c.p.p. da un lato adopera l’espressione «è presentata», la quale, se a prima vista può far pensare a una materiale attività di deposito in cancelleria, a un più attento esame rende evidente che in realtà è diretta a regolare non tale attività, bensì le varie modalità della domanda, in quanto indica la forma dell’atto, i documenti che devono accompagnarlo, i soggetti legittimati e l’ufficio presso il quale esso deve essere depositato e, dall’altro, non commina espressamente l’inammissibilità per l’inosservanza della prescrizione in questione, sicché non potrebbe ravvisarsi tale sanzione processuale, se si dovesse concludere che la prescrizione è diretta ad individuare, anziché il soggetto legittimato a formulare la domanda, quello che ne deve curare il deposito in cancelleria].

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