Art. 273 – Codice di procedura penale – Condizioni generali di applicabilità delle misure
1. Nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza.
1-bis. Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le disposizioni degli articoli 192, commi 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271, comma 1.
2. Nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione [50-54 c.p.] o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato [150 ss. c.p.] ovvero una causa di estinzione della pena [171 ss. c.p.] che si ritiene possa essere irrogata.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 9047/2018
In tema di misure cautelari personali, la segnalazione proveniente dal "whistleblower" non costituisce un mero spunto investigativo, ma ha natura di dichiarazione accusatoria proveniente da un soggetto la cui identità, pur essendo riservata, è nota; il contenuto di detta dichiarazione, pertanto, può integrare i gravi indizi di colpevolezza richiesti per l'applicazione della misura, unitamente agli ulteriori riscontri acquisiti.
Cass. civ. n. 6660/2017
Ai fini dell'adozione di una misura cautelare personale è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell'indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari "gravi indizi di colpevolezza" non corrispondono agli "indizi" intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall'art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. - che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi - non richiamato dall'art. 273 comma primo bis, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 11509/2017
In tema di valutazione della chiamata in reità o correità in sede cautelare, le dichiarazioni accusatorie rese dal coindagato o coimputato nel medesimo reato o da persona indagata o imputata in un procedimento connesso o collegato, integrano i gravi indizi di colpevolezza di cui all'art. 273, comma primo, cod. proc. pen. - in virtù dell'esplicito richiamo all'art. 192, commi terzo e quarto, operato dall'art. 273, comma primo bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 11 L. n. 63 del 2001 - soltanto se esse, oltre ad essere intrinsecamente attendibili, risultino corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, tali cioè da attribuire capacità dimostrativa e persuasività probatoria in ordine all'attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di esse, ferma restando la diversità dell'oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all'acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell'imputato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'ordinanza del tribunale del riesame di annullamento della misura cautelare applicata all'indagato per rapina, sequestro di persona e furto, in quanto fondata su una chiamata in correità del cugino - già raggiunto da titolo custodiale per gli stessi fatti - non collimante con la circostanza che la scheda telefonica, utilizzata per mantenere i contatti tra il cugino ed il complice e localizzata in luoghi ed orari compatibili con i commessi reati, non era stata rinvenuta nell'abitazione dell'indagato e solo sporadicamete aveva agganciato la relativa cella).
Cass. civ. n. 17749/2017
In tema di misure cautelari personali, l'impugnazione del pubblico ministero avverso il provvedimento di diniego di emissione dell'ordinanza cautelare per l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza devolve al giudice di appello la verifica di tutte le condizioni richieste per l'adozione delle misure cautelari e dunque questi, qualora intenda accogliere l'impugnazione, è tenuto a pronunziarsi anche in ordine alla configurabilità delle esigenze cautelari non considerate dal primo giudice.
Cass. civ. n. 22207/2014
In tema di sequestro preventivo, la valutazione di insussistenza del presupposto del "fumus commissi delicti" può legittimamente tener conto del provvedimento di annullamento dell'ordinanza dispositiva della misura cautelare personale, purchè l'esclusione dei gravi indizi di colpevolezza sia fondata su una motivazione incompatibile con la stessa astratta configurabilità della fattispecie criminosa che costituisce requisito essenziale per l'applicabilità della misura cautelare reale. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso che una sentenza di annullamento senza rinvio, dalla cui motivazione non era possibile desumere un giudizio di assoluta inesistenza della gravità indiziaria, fosse idonea a giustificare l'affermazione di insussistenza del "fumus commissi delicti").
Cass. civ. n. 38466/2013
Ai fini dell'adozione di una misura cautelare personale, la nozione di gravi indizi di colpevolezza non è omologa a quella applicabile per la formulazione del giudizio di colpevolezza finale, essendo sufficiente in sede cautelare l'emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare una qualificata probabilità sulla responsabilità dell'indagato. (In motivazione la Corte ha indicato a sostegno dell'affermazione l'art. 273, comma primo bis, cod. proc. pen. che richiama soltanto i commi terzo e quarto dell'art. 192 stesso codice e non il comma secondo, il quale oltre alla gravità richiede la precisione e la concordanza degli indizi).
Cass. civ. n. 26764/2013
Ai fini dell'adozione di una misura cautelare personale è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell'indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari "gravi indizi di colpevolezza" non corrispondono agli "indizi" intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall'art. 192, comma secondo, c.p.p., non richiamato dall'art. 273 comma primo bis, c.p.p..
Cass. civ. n. 10699/2013
Il giudicato cautelare formatosi in punto di inutilizzabilità delle intercettazioni con pronuncia della Corte di Cassazione, non esplica alcun effetto preclusivo e vincolante in un diverso procedimento ancorché a carico del compartecipe per i medesimi reati. (Fattispecie in tema di esecuzione delle intercettazioni mediante uso di impianti diversi da quelli installati in Procura non supportata da motivazione sul punto).
Cass. civ. n. 6367/2012
Sono utilizzabili a fini cautelari le dichiarazioni accusatorie dei pentiti di cui il P.M. non abbia trasmesso la relativa trascrizione integrale ma solo i verbali riassuntivi, non sussistendo l'obbligo di mettere a disposizione gli atti nella loro integralità, segnatamente ove ricorrano concrete esigenze di tutela del segreto di indagine.
Cass. civ. n. 11194/2012
In tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito.
Cass. civ. n. 10295/2010
Le dichiarazioni accusatorie rese da collaboratore di giustizia in procedimento definito con sentenza irrevocabile prima della data di entrata in vigore della L. 1 marzo 2001 n. 63 (modificazioni al c.p. e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova) sono utilizzabili nel corso di indagini sul medesimo fatto avviate dopo quella data, senza che si debba far luogo alla loro "rinnovazione", quando il dichiarante sia deceduto prima dell'inizio dell'ulteriore procedimento. (Nella specie, relativa a provvedimento cautelare personale, la Corte ha osservato che in ogni caso prima dell'inizio delle nuove indagini non si sarebbe potuto provvedere alla "rinnovazione", in assenza di un procedimento pendente, e che comunque, stante l'utilizzabilità delle medesime dichiarazioni in giudizio a norma dell'art. 512 c.p.p., per impossibilità oggettiva di ripetizione, "a fortiori" deve ritenersi legittima l'utilizzazione in fase cautelare).
Cass. civ. n. 1149/2009
Le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia oltre il termine di centottanta giorni dalla manifestazione della volontà di collaborare sono utilizzabili nella fase delle indagini preliminari, in particolare ai fini della emissione delle misure cautelari personali e reali, oltre che nell'udienza preliminare e nel giudizio abbreviato.
Cass. civ. n. 44081/2008
Le questioni relative alla persistenza dei gravi indizi di colpevolezza necessari al mantenimento della misura di cautela personale non sono più proponibili dopo la sentenza di condanna, anche non irrevocabile.
Cass. civ. n. 40997/2008
Sono utilizzabili come gravi indizi di colpevolezza, ai fini della valutazione di legittimità delle misure cautelari personali, atti di altri procedimenti (nella specie, dichiarazioni di collaboranti rese in dibattimento ), indipendentemente dalla circostanza che siano state osservate le condizioni stabilite nell'art. 238 c.p.p., non richiamate dall'art. 273 stesso codice.
Cass. civ. n. 37087/2007
In tema di misure cautelari personali, la norma dell'art. 273 comma secondo c.p.p., nella parte in cui dispone che nessuna misura cautelare può essere applicata se sussiste una causa di estinzione della pena, ha efficacia vincolante e preclusiva per il giudice nel caso in cui la causa estintiva copra per intero la pena astrattamente irrogabile; quando, invece, l'estinzione riguardi soltanto una parte di tale pena è compito del giudice cautelare determinare in via prognostica l'entità della pena presumibilmente irrogabile e stabilire di conseguenza se vi sia un margine residuo per l'applicabilità della misura coercitiva. (Fattispecie in tema di indulto di cui alla L. 31 luglio 2006 n. 241).
Cass. civ. n. 28632/2007
In tema di misure cautelari personali, la semplice prospettiva di applicabilità dell'indulto in relazione ai reati per cui si procede non comporta, di per sé, il divieto di applicare misure coercitive e non legittima la revoca di quelle che sono state imposte, ove la causa estintiva della pena, ai sensi dell'art. 273, comma secondo, c.p.p., non risulti applicabile alla persona che vi è sottoposta in base ad elementi certi, obiettivi e desunti dalla posizione personale dell'indagato. (Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva respinto l'istanza di revoca della misura cautelare in corso, osservando che, in ragione delle precedenti condanne riportate dal ricorrente, il presofferto, detratta la pena massima condonabile per l'indulto, non raggiungeva neanche la metà della pena residua).
Cass. civ. n. 13165/2007
L'emissione del decreto di giudizio immediato non può in alcun modo pregiudicare la diversa e autonoma valutazione che il giudice de libertate è chiamato ad operare circa la sussistenza o no dei «gravi indizi di colpevolezza» richiesti dall'articolo 273 del c.p.p. per l'applicazione e il mantenimento delle misure cautelari personali. (La Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame che, invece, aveva erroneamente ritenuto che il tema di gravi indizi di colpevolezza fosse superato in ragione del fatto che era stato emesso il decreto di giudizio immediato, fondato sull'apprezzamento effettuato dal Gip sulla evidenza della prova di colpevolezza). (Mass. redaz.).
Cass. civ. n. 39366/2006
In tema di misure cautelari, il richiamo ad opera del comma primo bis dell'art. 273 c.p.p. dei commi terzo e quarto dell'art.192 c.p.p., non comporta la necessità che le dichiarazioni della persona offesa trovino riscontro in elementi esterni, così che esse possono ancora costituire da sole fonte di prova quando siano ritenute dal giudice, secondo il suo libero e motivato apprezzamento, attendibili sul piano oggetto e su quello soggettivo (fattispecie in tema di misura cautelare personale).
Cass. civ. n. 35710/2006
Ai fini dell'adozione di una misura di cautela personale, la chiamata in correità può costituire grave indizio di colpevolezza a carico del chiamato, purché risulti suffragata da riscontri esterni individualizzanti, sì da acquisire idoneità dimostrativa in ordine all'attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di essa, fermo restando che la relativa valutazione, siccome formulata nel contesto del procedimento cautelare, non deve mirare alla certezza processuale della responsabilità del chiamato, ma a farne ritenere altamente probabile la prognosi di colpevolezza.
Cass. civ. n. 4132/2005
In tema di misure cautelari e con specifico riguardo al disposto di cui all'art. 273, comma 1 bis, c.p.p., deve ritenersi che i riscontri obiettivi alle dichiarazioni accusatorie, pur indispensabili, non devono tuttavia necessariamente raggiungere quel livello di individualizzazione che sarebbe occorrente per la formazione della prova nel giudizio di merito, essendo, invece, sufficiente una ricostruzione logica degli stessi che consenta di valutare appieno l'attendibilità del dichiarante e di offrire un quadro storico della vicenda narrata del tutto rispondente al vero ed in cui la posizione dell'accusato trovi collocazioni sintomatiche della sua colpevolezza. Può quindi affermarsi che anche la valutazione complessiva di plurime chiamate in correità, munite del comune attributo della «vocazione individualizzante», rispetta il principio di «individualizzazione» del riscontro. (Mass. redaz.).
Cass. pen. n. 46190 del 1 dicembre 2003
L'art. 273, comma 2, c.p.p., nella parte in cui stabilisce che nessuna misura cautelare può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione, non richiede che quest'ultima sia provata con certezza ma solo che esista un elevato o rilevante grado di probabilità in ordine alla sua sussistenza (principio affermato, nella specie, con riguardo ad un caso di omicidio, in cui si prospettava come causa di giustificazione la legittima difesa).
Cass. civ. n. 42748/2003
Alle c.d. dichiarazioni tardive rese da un collaboratore di giustizia al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria non può essere riconosciuta la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza necessari per l'applicazione di una misura cautelare personale, in quanto la regola di esclusione probatoria prevista dall'art. 16 quater, comma 9, della L. 15 marzo 1991, n. 82, configura una specifica sanzione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese contra alios, che le rende radicalmente e funzionalmente inidonee, sotto l'aspetto probatorio, non solo ai fini dell'accertamento sulla colpevolezza dell'imputato all'esito del dibattimento o dei riti speciali, ma anche nel contesto delle indagini preliminari e, in particolare, nell'ambito del procedimento cautelare.
Cass. civ. n. 36767/2003
In tema di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, richiesti per l'adozione di misure cautelari personali, la disposizione dell'art. 273 primo comma bis c.p.p., che rinvia ai criteri di valutazione della prova di cui all'art. 192 terzo e quarto comma c.p.p., impone che le dichiarazioni accusatorie del chiamante in correità siano sottoposte ad una verifica attraverso riscontri parzialmente individualizzanti. Anche la valutazione complessiva di plurime chiamate in correità, munite del comune attributo della “vocazione individualizzante”, rispetta tale “principio di individualizzazione” del riscontro.
Cass. civ. n. 32366/2003
In tema di collaboratori di giustizia, la nuova disciplina prevista dall'art. 16 quater D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (convertito nella L. 15 marzo 1991, n. 82), come modificato dall'art. 14 L. 13 febbraio 2001, n. 45, che stabilisce, a pena di inutilizzabilità, precisi limiti temporali per la raccolta delle dichiarazioni eteroaccusatorie rese dalle persone che hanno manifestato la volontà di collaborare, è applicabile, giusta la norma transitoria di cui all'art. 25 della legge da ultimo citata, alle sole collaborazioni prestate dopo la sua entrata in vigore.
Cass. civ. n. 31205/2003
L'avvenuta citazione dell'imputato a giudizio immediato, ai sensi dell'art. 453 c.p.p., siccome basata sulla valutazione operata dal solo pubblico ministero in ordine alla evidenza della prova, non può in alcun modo pregiudicare la diversa ed autonoma valutazione che il giudice de libertate sia chiamato ad operare circa la sussistenza o meno dei «gravi indizi di colpevolezza» richiesti dal'art. 273 c.p.p. per l'applicazione ed il mantenimento delle misure cautelari personali.
Cass. civ. n. 29671/2003
Il divieto di applicazione di una misura cautelare, sulla base di nuovi elementi di prova, a carico di soggetto nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere, prima che tale pronuncia sia stata revocata, in tanto opera in quanto il fatto sia sempre lo stesso; il che è da escludere quando vi sia diversità in ordine alla condotta, all'evento o al nesso di causalità. Pertanto, quando trattisi di reati permanenti quali, in particolare, i delitti di associazione, e l'incolpazione per la quale vi è stata sentenza di non luogo a procedere sia stata formulata a «contestazione chiusa», cioè con l'indicazione della data iniziale e finale della condotta addebitata, costituendo fatto diverso il ritenuto protrarsi di tale condotta al di là della data finale, può essere legittimamente disposta, per tale fatto, l'applicazione di una misura cautelare senza che sia intervenuta revoca della suddetta declaratoria.
Cass. civ. n. 29403/2003
L'avvenuto inserimento, nel testo dell'art. 273 c.p.p., del comma 1 bis (ove si stabilisce che nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano, fra le altre, le disposizioni dell'art. 192, commi 3 e 4, stesso codice), non ha introdotto la necessità, anche ai fini cautelari, di «riscontri individualizzanti» alle dichiarazioni accusatorie rese da imputati dello stesso reato o di reati connessi o collegati, ma ha avuto il solo effetto di superare taluni precedenti arresti giurisprudenziali secondo cui le disposizioni codicistiche in materia cautelare, affermando espressamente l'operatività della regola secondo cui le suddette dichiarazioni vanno invece valutate «unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità»; il che significa che tali elementi debbono esistere ma non che debbano essere necessariamente costituiti da riscontri «individualizzanti» giacché, altrimenti, verrebbe meno la sostanziale differenza tra la nozione di «prova», funzionale ai fini del giudizio sulla responsabilità penale, e quella di «indizio grave», funzionale all'emissione di una misura cautelare.
Cass. civ. n. 12390/2003
In tema di misure cautelari personali, la valutazione circa la permanenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato che abbia proposto appello avverso l'ordinanza di rigetto di una istanza di revoca della misura in atto non è preclusa dalla sopravvenienza del rinvio a giudizio per il reato in ordine al quale detta misura è stata applicata, atteso che le modificazioni alla disciplina dell'udienza preliminare introdotte dalla legge 16 dicembre 1999 n. 479 non hanno alterato la portata della dichiarazione di incostituzionalità degli artt. 309 e 310 c.p.p., intervenuta con sentenza 15 marzo 1996 n. 71 della Corte costituzionale.
Cass. civ. n. 1278/2003
In tema di misure cautelari, il comma 1 bis dell'art. 273 c.p.p., introdotto dall'art. 11 della legge 1 marzo 2001 n. 63, nello stabilire che nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano, tra le altre, le disposizioni dell'art. 192, commi 3 e 4 c.p.p., comporta soltanto che le dichiarazioni accusatorie provenienti da coimputati o coindagati per il medesimo reato ovvero per reato connesso o interprobatoriamente collegato debbono essere valutate, ai fini del giudizio in ordine alla loro gravità indiziaria, «unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità», senza che ciò implichi anche la necessità che i detti elementi (c.d. «riscontri») abbiano anche carattere individualizzante giacché, altrimenti, verrebbe meno la sostanziale differenza tra «prova» richiesta ai fini del giudizio di responsabilità e «indizio grave», richiesto ai soli fini cautelari.
Cass. civ. n. 319/2003
I gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'art. 273, comma 1, c.p.p., per l'applicazione ed il mantenimento di misure cautelari personali possono essere ricavati da qualsiasi elemento di indagine, con esclusione soltanto di quelli che non hanno, fin dall'origine, alcuna possibilità di divenire prove nel dibattimento. Ne deriva che, ai fini cautelari, possono essere utilizzate anche dichiarazioni di persone informate sui fatti riferite dalla polizia giudiziaria, relativamente alle quali opererebbe, in dibattimento, il divieto di testimonianza de relato di cui all'art. 195, comma 4, c.p.p., non essendovi ragione di dubitare che dette dichiarazioni abbiano un'alta probabilità di divenire prove in sede dibattimentale, mediante l'assunzione come testimone della persona dalla quale esse sono state rese.