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Art. 406 — Proroga del termine

Art. 406 — Proroga del termine

1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, può richiedere al giudice, per giusta causa , la proroga del termine previsto dall’articolo 405. La richiesta contiene l’indicazione della notizia di reato e l’esposizione dei motivi che la giustificano.

2. Ulteriori proroghe possono essere richieste dal pubblico ministero nei casi di particolare complessità delle indagini ovvero di oggettiva impossibilità di concluderle entro il termine prorogato.

2-bis. Ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a sei mesi [ 393 4].

2-ter. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 572, 589, secondo comma, 589 bis, 590, terzo comma, 590 bis e 612 bis del codice penale, la proroga di cui al comma 1 può essere concessa per non più di una volta .

3. La richiesta di proroga è notificata, a cura del giudice, con l’avviso della facoltà di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, alla persona sottoposta alle indagini nonché alla persona offesa dal reato [ 90 ] che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di voler esserne informata . Il giudice provvede entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie.

4. Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza emessa in camera di consiglio senza intervento del pubblico ministero e dei difensori .

5. Qualora ritenga che allo stato degli atti non si debba concedere la proroga, il giudice, entro il termine previsto dal comma 3 secondo periodo, fissa la data dell’udienza in camera di consiglio e ne fa notificare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini nonché, nella ipotesi prevista dal comma 3, alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall’articolo 127.

5-bis. Le disposizioni dei commi 3, 4 e 5 non si applicano se si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 51 comma 3-bis e nell’articolo 407, comma 2, lettera a], numeri 4 e 7-bis]. In tali casi, il giudice provvede con ordinanza entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, dandone comunicazione al pubblico ministero.

6. Se non ritiene di respingere la richiesta di proroga, il giudice autorizza con ordinanza il pubblico ministero a proseguire le indagini.

7. Con l’ordinanza che respinge la richiesta di proroga, il giudice, se il termine per le indagini preliminari è già scaduto, fissa un termine non superiore a dieci giorni per la formulazione delle richieste del pubblico ministero a norma dell’articolo 405.

8. Gli atti di indagine compiuti dopo la presentazione della richiesta di proroga e prima della comunicazione del provvedimento del giudice sono comunque utilizzabili, sempre che, nel caso di provvedimento negativo, non siano successivi alla data di scadenza del termine originariamente previsto per le indagini.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 5782/2013

La richiesta di proroga del termine per la conclusione delle indagini preliminari, da notificare all’indagato per consentirgli di controdedurre, deve contenere, ai sensi dell’art. 406 cod. proc. pen., l’indicazione della notizia di reato – senza che siano necessarie indicazioni temporali e spaziali del fatto né delle norme che si intendono violate in concreto – e l’esposizione dei motivi che giustificano la proroga, i quali costituiscono l’oggetto del contraddittorio.

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Cass. pen. n. 48430/2008

L’ordinanza del G.i.p. che decide sulla richiesta di proroga del termine per la conclusione delle indagini preliminari non è impugnabile, neppure attraverso il ricorso per cassazione.

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Cass. pen. n. 9943/2007

L’interesse ad impugnare un’ordinanza di applicazione di misura cautelare persiste in capo all’indagato rimesso in libertà, purché egli manifesti, in termini positivi ed univoci, l’intenzione di utilizzare in futuro la pronuncia richiesta ai fini dell’azione di riparazione per l’ingiusta detenzione: intenzione che, nel giudizio di cassazione, può essere comunicata dal difensore direttamente in udienza o con memoria scritta. Il meccanismo previsto dall’art. 405, comma 1 bis, c.p.p., introdotto dall’art. 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, che collega la richiesta di archiviazione del pubblico ministero alla pronuncia della Corte di cassazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, non determina sempre e comunque l’interesse all’impugnazione da parte della persona sottoposta alle indagini sul presupposto che la decisione della Corte di cassazione condizionerà la scelta del P.M., in quanto i casi in cui la decisione investe la sussistenza dei gravi indizi sono rari, riguardando il controllo di legittimità, in genere, la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al fumus commissi delicti, a meno che non si tratti di ricorso per saltum che annulli l’ordinanza coercitiva senza rinvio o di rigetto del ricorso del P.M. avverso l’ordinanza di revoca emessa dal tribunale della libertà. [ Mass. redaz. ].

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Cass. pen. n. 4447/2007

A seguito dell’entrata in vigore del comma 1 bis dell’art. 405 c.p.p., introdotto con L. n. 46 del 2006, la decisione della Corte di cassazione sulla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. comporta l’obbligo del P.M. di richiedere l’archiviazione del procedimento penale avviato, se non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico dell’indagato. L’interesse alla decisione della Cassazione, perciò, non può essere automaticamente escluso nel caso appena descritto, e però, stante il criterio di attualità e concretezza con cui deve essere analizzato tale requisito, si pretende che esso sia stato dedotto e giustificato dal ricorrente.

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Cass. pen. n. 13041/2006

È legittima, da parte del Gip che autorizza la prosecuzione delle indagini nei procedimenti contro ignoti, l’apposizione del termine di sei mesi di cui all’art. 406, comma 2 bis, c.p.p., dovendosi applicare a detti procedimenti, per il rinvio operato dall’art. 415, comma 3, c.p.p., la disciplina prevista per la definizione delle indagini nei procedimenti contro soggetti noti.

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Cass. pen. n. 28124/2004

Le prove acquisite dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari, ma in relazione alle quali risulta tempestivamente richiesta la proroga dal P.M., autorizzata dopo la chiusura delle indagini e durante la pendenza del procedimento innanzi al Gup, sono utilizzabili, atteso che ciò che rileva è il controllo da parte del Gip sull’operato del P.M. e sulle ragioni che rendono legittima la proroga, con l’unico limite della assenza di una pronuncia decisoria da parte del giudice in relazione al procedimento.

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Cass. pen. n. 25458/2004

In tema di misure cautelari personali, la durata massima della custodia nella fase delle indagini preliminari è aumentata, ai sensi dell’art. 303, comma primo lett. a] nn. 2 e 3, c.p.p., da sei mesi ad un anno per i delitti consumati indicati nell’art. 407, comma secondo lett. a] n. 7 bis, c.p.p., ma rimane ferma a mesi sei per gli stessi delitti ove integrati a livello di tentativo, ostandovi il principio di tassatività ed atteso che ove il legislatore ha voluto ricomprendervi i delitti tentati, come nel n. 2 della stessa lett. a] del comma secondo del citato art. 407, ciò è avvenuto espressamente

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Cass. pen. n. 37565/2002

I termini di durata delle indagini preliminari previsti dall’art. 407 c.p.p. non hanno più ragione di operare una volta che, all’esito di dette indagini, il pubblico ministero abbia formulato le proprie richieste conclusive. Pertanto, pur quando, a cagione della mancata osservanza dei summenzionati termini, il giudice per le indagini preliminari abbia respinto una richiesta di proroga avanzata ai sensi dell’art. 406 c.p.p., nulla vieta che lo stesso giudice, a fronte della successiva richiesta di archiviazione, respinga anche tale richiesta per la ritenuta necessità di ulteriori indagini e, ai sensi dell’art. 409, comma 4, c.p.p., le indichi al pubblico ministero, fissando il relativo termine per il loro compimento; termine che rimane quindi, a questo punto, l’unico al quale l’organo dell’accusa deve attenersi.

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Cass. pen. n. 34460/1998

La notificazione della richiesta di proroga delle indagini di cui all’art. 406 c.p.p. mira a realizzare il contraddittorio cartolare fra le parti, che il P.M. non deve impedire qualora l’organo dell’accusa sia in possesso, oltre che delle generalità, anche della indicazione del domicilio della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, indicazione eventualmente già comunicata dalla polizia giudiziaria [art. 347 c.p.p.] ovvero altrimenti acquisita direttamente dallo stesso P.M. [art. 330 c.p.p.]. Pertanto, tale indicazione deve, se già emergente dagli atti dell’indagine, essere precisata nella richiesta, formulata ai sensi della seconda parte del primo comma dell’art. 406 c.p.p. Ne consegue ulteriormente che, in presenza di istanza del P.M. di proroga del termine delle indagini preliminari, che non contenga anche l’indicazione di almeno alcuno dei luoghi riferibili alla persona nei cui confronti si procede né altra indicazione sulla impossibilità di acquisizione del dato in questione, non è abnorme il provvedimento con il quale il G.i.p., investito della istanza, richieda all’organo dell’accusa di fornire, eventualmente, il dato mancante, necessario per la notificazione ex art. 406, comma terzo, c.p.p.

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Cass. pen. n. 146/1997

Le prove acquisite dopo la scadenza del termine ordinario di durata massima delle indagini preliminari sono utilizzabili, qualora successivamente intervenga la proroga delle medesime, che ha effetto sanante

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Cass. pen. n. 2726/1996

È abnorme il provvedimento col quale il Gip, richiesto di prorogare il termine delle indagini preliminari, rigetta la richiesta ed assegna al P.M. il termine di cui all’art. 406, settimo comma c.p.p., non già per la formulazione delle richieste a norma dell’art. 405 c.p.p., bensì per l’emissione del decreto di citazione a giudizio.

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Cass. pen. n. 1851/1996

Non può considerarsi abnorme il provvedimento di rigetto della richiesta di proroga emesso dal Gip senza fissare l’udienza camerale prevista dall’art. 406 comma quinto c.p.p. Il provvedimento emesso de plano è perciò, al pari di quello di diniego della proroga emesso all’esito della procedura camerale, inoppugnabile.

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Cass. pen. n. 659/1996

Non è abnorme il provvedimento con il quale il Gip concede la proroga del termine delle indagini preliminari per un tempo già scaduto al momento dell’autorizzazione, poiché una tale limitazione rientra nella discrezionalità del giudice e realizza la ratio dell’art. 406, comma 2 bis c.p.p., rendendo utilizzabili gli atti eventualmente compiuti nel tempo intermedio. [Fattispecie nella quale l’istanza di proroga era stata presentata in prossimità della scadenza del termine di cui all’art. 405 c.p.p.].

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Cass. pen. n. 4416/1995

L’ordinanza del Gip che decide sulla richiesta del P.M. di proroga del termine delle indagini preliminari è inoppugnabile non essendo avverso la medesima esperibile neppure il ricorso per cassazione; il richiamo operato dall’art. 406 comma quinto c.p.p. [in tema di provvedimenti sulla richiesta di archiviazione] alle forme previste dall’art. 127 c.p.p. riguarda esclusivamente le regole di svolgimento dell’udienza e non comporta ricezione completa del modello procedimentale descritto nella norma richiamata, ivi compreso il ricorso in sede di legittimità; d’altro canto siffatto richiamo manca per il provvedimento pretorile né, con riferimento a quest’ultimo, potrebbe assumersi che l’interesse al promovimento dell’azione penale non troverebbe tutela a norma dell’art. 409 c.p.p., che riguarda esclusivamente il procedimento dinanzi a tribunale, attraverso l’indicazione da parte del Gip di un termine indispensabile per lo svolgimento di ulteriori indagini: deve infatti considerarsi che la Corte costituzionale con la sentenza del 12 ottobre 1990 n. 445 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 554, secondo comma, c.p.p. relativo al procedimento pretorile nella parte in cui non prevede un analogo potere del Gip.

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Cass. pen. n. 2491/1994

Ai fini della concessione della proroga dei termini di custodia cautelare, non è sufficiente l’implicito e generico riferimento alla richiesta avanzata dal pubblico ministero per ottenere dal giudice per le indagini preliminari altri sei mesi di proroga per le indagini, ove i motivi indicati in quest’ultima istanza non siano stati riportati anche in quella relativa alla proroga della custodia cautelare e nella relativa ordinanza del Gip, sulla quale deve intervenire, nel contraddittorio delle parti, il riesame del tribunale. [Fattispecie relativa a rigetto di ricorso del P.M. avverso ordinanza di riesame che aveva revocato l’ordinanza di custodia cautelare, negando la proroga dei termini in quanto il P.M. non accennava ad ulteriori indagini da compiere].

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Cass. pen. n. 4163/1993

È abnorme il provvedimento di «proroga a tempo determinato delle indagini contro ignoti». Un tale provvedimento, infatti, non è previsto dall’ordinamento neppure sotto il profilo della sua ordinaria impugnabilità, in quanto avulso da un predisposto schema normativo.

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Cass. pen. n. 4331/1993

Poiché una pronuncia giudiziale può definirsi provvedimento abnorme quando abbia un contenuto del tutto anomalo, sostanziandosi in una decisione che, per la irregolarità o stranezza della sua portata, si ponga al di fuori, non solo delle singole norme, ma anche dell’intero sistema processuale, deve escludersi che la fissazione di un termine per il compimento delle indagini nel procedimento contro ignoti dia luogo ad una simile tipologia di provvedimento. Ciò sia perché l’illegittimità non si riflette sul potere-dovere di proseguire le indagini da parte del pubblico ministero [vitiatur, sed non vitiat] sia perché l’inammissibilità del ricorso per cassazione a causa dell’inoppugnabilità, sotto ogni profilo, del provvedimento in questione non pregiudicherebbe il diritto del pubblico ministero di far valere eventualmente i vizi in sede di merito: ove mai, individuato l’autore del reato, lo stesso dovesse attestarsi sulla tutela degli artt. 406 e 407, eccependo l’inutilizzabilità degli atti di indagine acquisiti per la sua individuazione oltre il termine posto dal giudice nel provvedimento impugnato

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Cass. pen. n. 17/1992

Il rinvio all’art. 127 c.p.p. operato in altre norme dello stesso codice con la formula «secondo le forme previste» o con altre equivalenti riguarda le regole di svolgimento dell’udienza camerale, ma non implica, di per sé, la ricezione completa del modello procedimentale descritto in questa norma, ivi compreso il ricorso in sede di legittimità, tanto che per diverse disposizioni contenenti tale rinvio il legislatore ha previsto espressamente quel rimedio. [Sulla scorta del principio di cui in massima la Cassazione ha escluso l’ammissibilità del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con la quale il Gip decide sulla richiesta di proroga del termine per le indagini preliminari a seguito di procedimento in camera di consiglio ai sensi del quinto comma dell’art. 406 c.p.p.].
L’ordinanza del Gip che decide sulla richiesta di proroga del termine per le indagini preliminari è inoppugnabile, non essendo esperibile avverso di essa neppure il ricorso per cassazione. [La Cassazione ha peraltro evidenziato che l’enunciato principio, da un lato, non pregiudica il diritto dell’indagato di far valere gli eventuali vizi verificatisi nel procedimento relativo alla proroga potendo gli stessi essere comunque eccepiti nell’udienza preliminare al fine di far dichiarare l’inutilizzabilità degli atti di indagine effettuati nel termine prorogato, e, dall’altro, non implica che rimanga senza tutela l’interesse pubblico al promovimento dell’azione penale potendo tale interesse essere perseguito o a norma dell’art. 409, comma quarto, c.p.p., attraverso l’indicazione da parte del Gip, investito dalla richiesta di archiviazione, di un termine indispensabile per lo svolgimento di ulteriori indagini, o a norma dell’art. 414 stesso codice, attraverso la riapertura delle indagini].

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Cass. pen. n. 1152/1992

Nel caso in cui, dopo nuove indagini ed emergenze, si sia proceduto legittimamente a nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato, è dalla data relativa a quest’ultima che decorre il termine semestrale per il compimento delle indagini preliminari, previsto dall’art. 405, secondo comma, c.p.p., e, conseguentemente, è a tale data che occorre fare riferimento al fine di valutare la tempestività [o non] dell’eventuale richiesta di proroga del suddetto termine ex art. 406, primo comma, stesso codice, essendo la precedente iscrizione superata dalle successive vicende processuali.

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Cass. pen. n. 1036/1992

In tema di proroga del termine stabilito per il compimento delle indagini preliminari, soltanto se la richiesta di proroga è pervenuta al Gip prima che il termine sia scaduto, questi è tenuto o a concedere la proroga ovvero, qualora ritenga che allo stato degli atti non si debba concederla, a provvedere a norma del quinto comma dell’art. 406 c.p.p. Nel caso in cui, invece, la richiesta pervenga al Gip quando il termine è già scaduto, detto giudice, atteso il chiaro disposto del settimo comma del succitato articolo, non può che fissare un termine non superiore a dieci giorni per la formulazione delle richieste del P.M. a norma dell’art. 405 c.p.p.

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