Art. 179 – Codice penale – Condizioni per la riabilitazione
La riabilitazione è conceduta quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
Il termine è di almeno otto anni se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99.
Il termine è di dieci anni se si tratta di delinquenti abituali [102-104], professionali [105] o per tendenza [108] e decorre dal giorno in cui sia stato revocato l'ordine di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro [216].
Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163, primo, secondo e terzo comma, il termine di cui al primo comma decorre dallo stesso momento dal quale decorre il termine di sospensione della pena.
Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi del quarto comma dell'articolo 163, la riabilitazione è concessa allo scadere del termine di un anno di cui al medesimo quarto comma, purché sussistano le altre condizioni previste dal presente articolo.
La riabilitazione non può essere conceduta quando il condannato:
1) sia stato sottoposto a misura di sicurezza [215], tranne che si tratti di espulsione dello straniero dallo Stato [235] ovvero di confisca [240], e il provvedimento non sia stato revocato;
2) non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato [185, 186], salvo che dimostri di trovarsi nella impossibilità di adempierle.
La riabilitazione concessa a norma dei commi precedenti non produce effetti sulle pene accessorie perpetue. Decorso un termine non inferiore a sette anni dalla riabilitazione, la pena accessoria perpetua è dichiarata estinta, quando il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 35857/2024
La violazione del divieto, non derogabile, di destinazione del giudice onorario di pace a comporre i collegi che giudicano i reati elencati nell'art. 407, comma 2, lett. a), cod. proc. pen., introdotto dall'art. 12, d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, determina, stante il radicale difetto di capacità del magistrato onorario, la nullità assoluta della sentenza in relazione a tutti i reati giudicati, anche quelli connessi estranei a tale elenco.
Cass. civ. n. 30589/2024
La disposizione di cui all'art. 604, comma 5-bis, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 89, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nella parte in cui prevede che la nullità legata alla celebrazione del processo in assenza per difetto dei presupposti di cui all'art. 420 bis, commi 1, 2 e 3, cod. proc. pen. è sanata se non è stata eccepita nell'atto di appello, si applica solo se la dichiarazione di assenza è successiva al 30 dicembre 2022.
Cass. civ. n. 29371/2024
È inammissibile la richiesta di rescissione del giudicato ex art. 629-bis cod. proc. pen. nel caso di omessa comunicazione alle parti del provvedimento di differimento di udienza, trattandosi di nullità che, non rientrando tra quelle relative alla "vocatio in iudicium", deve essere eccepita nel giudizio di merito con gli ordinari mezzi di impugnazione.
Cass. civ. n. 29348/2024
In tema di giudizio di appello, nel vigore della disciplina emergenziale di contenimento della pandemia da Covid-19, ove il difensore dell'imputato abbia inoltrato rituale e tempestiva richiesta di trattazione orale, lo svolgimento del processo con rito camerale non partecipato ha luogo secondo un modello procedimentale del tutto difforme da quello prescelto, con assenza del difensore in un caso in cui ne è obbligatoria la presenza, così determinandosi una nullità assoluta e insanabile agli effetti dell'art. 179, comma 1, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 29284/2024
L'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza che ha riconosciuto la recidiva sussiste anche nel caso in cui non è conseguito alcun aumento di pena per effetto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, posto che tale aggravante esplica comunque i suoi effetti sia con riguardo alla concessione dei benefici penitenziari, sia in relazione alle condizioni per la riabilitazione, sia rispetto all'estinzione della pena per effetto del decorso del tempo.
Cass. civ. n. 28144/2024
In tema di esercizio dell'azione penale con citazione diretta a giudizio, il rinvio alla pena della reclusione "non superiore nel massimo a quattro anni", contenuto nell'art. 550 cod. proc. pen., dev'essere inteso come "fisso", in quanto, per l'inderogabilità del principio "tempus regit actum", è riferito alla norma vigente al momento dell'esercizio dell'azione penale e non a quella di diritto sostanziale in concreto applicabile all'imputato sulla base dei criteri successori di cui all'art. 2 cod. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non abnorme il provvedimento di restituzione degli atti al pubblico ministero che, in relazione a un fatto commesso nel vigore dell'art. 176 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, aveva emesso decreto di citazione diretta a giudizio nonostante l'incriminazione fosse già confluita nella disposizione di cui all'art. 518-bis cod. pen., i cui limiti di pena imponevano la richiesta di rinvio a giudizio con fissazione dell'udienza preliminare).
Cass. civ. n. 26805/2024
Il divieto, non derogabile, di destinazione del giudice onorario di pace a comporre i collegi del tribunale del riesame, introdotto dall'art. 12 d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, determina una limitazione alla capacità del giudice ai sensi dell'art. 33 cod. proc. pen., la cui violazione è causa di nullità assoluta ex art. 179 cod. proc. pen. (Fattispecie relativa a ordinanza emessa, in sede di riesame, da un collegio composto anche da un giudice onorario di pace, in cui la Corte ha precisato che il provvedimento, pur viziato da nullità, non avrebbe potuto ritenersi inesistente, sicché, ove intervenuto entro il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti di cui all'art. 324, comma 5, cod. proc. pen., la misura cautelare con esso adottata conservava efficacia).
Cass. civ. n. 25519/2024
E' affetta da nullità assoluta la sentenza di proscioglimento per mancanza di condizione di procedibilità emessa in assenza della parte offesa, in orario antecedente a quello indicato nell'invito a comparire all'udienza comunicato alla stessa, contenente l'avviso che la sua eventuale mancata comparizione avrebbe configurato una remissione tacita di querela. (In motivazione la Corte ha precisato che l'impedimento alla parte offesa di intervenire in giudizio e di esercitare il proprio diritto di difesa equivale a omessa citazione).
Cass. civ. n. 19784/2024
In tema di riabilitazione, l'elemento ostativo dell'inadempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato presuppone che ne sia accertata la volontarietà rispetto ad un debito liquido ed esigibile, non potendo avere rilievo né il mancato risarcimento necessitato, né quello comunque ascrivibile a situazioni non addebitabili al condannato. (Fattispecie relativa a condannato per delitti i materia di stupefacenti, la cui richiesta di riabilitazione, accompagnata dalla prova del versamento di € 500 effettuato in favore di un'associazione dedita al recupero dei tossicodipendenti, era stata rigettata a cagione della ritenuta esiguità della somma, nella quale la Corte ha annullato il provvedimento reiettivo rilevando che, in assenza di persone offese e di richieste risarcitorie avanzate da enti esponenziali, il giudice - come, peraltro, espressamente richiestogli dal condannato - avrebbe dovuto fornire indicazioni sulla somma da ritenersi congrua, così da consentire al condannato l'integrale risarcimento).
Cass. civ. n. 16080/2024
Nel giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale pandemica da Covid-19, ove il difensore dell'imputato abbia inoltrato rituale e tempestiva richiesta di trattazione orale, lo svolgimento del processo con rito camerale non partecipato ha luogo secondo un modello procedimentale del tutto difforme da quello prescelto, con l'assenza del difensore in un caso in cui ne è obbligatoria la presenza, così determinandosi una nullità assoluta e insanabile agli effetti dell'art. 179, comma 1, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 14710/2024
E' affetta da nullità assoluta di ordine generale, per violazione del principio del contraddittorio, la sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. per carenza della prescritta condizione di procedibilità del reato, alla luce del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel caso in cui il giudice abbia consentito l'interlocuzione delle parti solo sulla questione della procedibilità, ritenendo irrilevante, poiché tardiva, la modifica dell'imputazione da parte del pubblico ministero, mediante la contestazione di un'aggravante idonea, in astratto, a rendere il reato procedibile d'ufficio. (In motivazione, la Corte ha precisato che, ai fini della pronuncia di proscioglimento, anche per ragioni di rito introdotte da modifiche normative intervenute nel corso del giudizio, il giudice deve tenere conto della contestazione suppletiva di un'aggravante che renda il reato procedibile di ufficio, nonché valutare le sopravvenienze istruttorie acquisite nel corso del giudizio, suscettibili di confortare la plausibilità della contestazione suppletiva medesima).
Cass. civ. n. 14653/2024
L'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza che ha riconosciuto la recidiva sussiste anche nel caso in cui non è conseguito alcun aumento di pena per effetto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, posto che tale aggravante esplica comunque i suoi effetti sia con riguardo alla concessione dei benefici penitenziari, sia in relazione alle condizioni per la riabilitazione, sia rispetto all'estinzione della pena per effetto del decorso del tempo.
Cass. civ. n. 14256/2024
Non sussiste alcun rapporto di specialità tra il d.lgs. n. 104 del 1996, integrato col d.l. n. 351 del 2001, conv. nella l. n. 41 del 2001 (concernente i requisiti richiesti per l'attribuzione agli assegnatari di immobili di proprietà dell'INPDAP e loro familiari conviventi di un diritto di opzione per l'acquisto dell'immobile assegnato) e gli articoli 177, comma 1, lett. a), e 179 c.c.; pertanto la comunione legale fra coniugi si estende all'acquisto avvenuto esercitando il diritto personale di opzione, non rientrante tra le eccezioni tassative previste dall'art. 179 c.c., attribuito all'assegnatario dell'immobile di proprietà dell'INPDAP, indipendentemente dalla provenienza delle risorse utilizzate.
Cass. civ. n. 14024/2024
La trattazione congiunta del rito abbreviato e di quello ordinario nei confronti di imputati diversi non è causa di abnormità o di nullità della decisione, né tantomeno di una situazione di incompatibilità suscettibile di tradursi in motivo di ricusazione, poiché la coesistenza dei procedimenti comporta solo la necessità che, al momento della decisione, siano tenuti rigorosamente distinti i regimi probatori rispettivamente previsti per ciascuno di essi.
Cass. civ. n. 9914/2024
In tema di nomina del difensore di fiducia, è necessario che l'autorità giudiziaria abbia la certezza della riferibilità alla parte della volontà di avvalersi del professionista incaricato, la prova della quale può inferirsi anche da comportamenti concludenti idonei a documentare l'esistenza di un rapporto fiduciario. (In motivazione, la Corte ha precisato che la disposizione di cui all'art. 96 cod. proc. pen. ha natura di norma ordinatoria e regolamentare, suscettibile di interpretazione in "bonam partem", in conformità al principio del "favor defensionis").
Cass. civ. n. 8635/2024
In tema di procedimento di prevenzione, la volontà di comparire all'udienza da parte del proposto, manifestata tempestivamente, produce i suoi effetti non solo in relazione all'udienza per la quale essa sia formulata, ma anche, qualora non si verifichi una espressa rinuncia, per quelle successive, fissate a seguito di rinvio a udienza fissa, sicché, in tal caso, la mancata traduzione del proposto all'udienza di rinvio determina la nullità assoluta e insanabile del giudizio camerale e del relativo provvedimento conclusivo.
Cass. civ. n. 8016/2024
La mancata fonoregistrazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa di reato di particolare impatto sociale ex art. 407, comma 2, lett. a). cod. proc. pen. non ne determina l'inutilizzabilità, non essendo tale sanzione espressamente prevista, né dà luogo a una nullità generale a regime intermedio, funzionale a garantire il diritto di difesa, potendo l'imputato contestare, nel giudizio di merito o nel corso dell'incidente cautelare, sia l'attendibilità di quanto dichiarato che la credibilità della fonte, ma il giudice è tenuto ad adottare, con riguardo a tali profili, una motivazione rafforzata.
Cass. civ. n. 3057/2024
In tema di rescissione di giudicato, non è esperibile il rimedio di cui all'art. 629-bis cod. proc. pen. nel caso di omessa comunicazione alle parti del provvedimento di differimento di udienza, trattandosi di nullità che, non rientrando tra quelle relative alla "vocatio in iudicium", deve essere eccepita nel giudizio di merito con gli ordinari mezzi di impugnazione. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 629-bis cod. proc. pen. basato sull'omessa notifica al difensore, ex art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., del verbale di udienza con indicazione della data di rinvio, a seguito dell'accoglimento dell'istanza fondata sul legittimo impedimento del medesimo).
Cass. civ. n. 576/2024
In tema di appello cautelare, la cognizione del giudice, in ossequio al principio della "doppia devoluzione", è circoscritta ai motivi dedotti con l'atto di impugnazione, che, a loro volta, non possono esorbitare dal "thema decidendum" sottoposto al giudice di prima istanza, salvo il potere di quello del gravame di dichiarare le nullità assolute, rilevabili anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato l'ordinanza, pronunciata in sede di appello cautelare reale, che aveva accolto la richiesta di dissequestro di un'aviopista, non formulata con l'istanza originaria, volta ad ottenere la mera autorizzazione all'uso temporaneo del bene da parte di terzi, ma avanzata, per la prima volta, mediante impugnazione).
Cass. civ. n. 321/2024
La previsione dell'art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen. si applica anche nel procedimento che si instaura a seguito della presentazione di un'istanza di ricusazione, sicché il legittimo impedimento del difensore costituisce una causa di rinvio che, se disattesa, dà luogo alla nullità dell'udienza camerale.
Cass. civ. n. 51573/2023
È affetto da nullità assoluta a norma degli artt. 178, lett. b), e 179 cod. proc. pen. il provvedimento del giudice che, applicando la misura degli arresti domiciliari, impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono, in difetto di previa conforme richiesta del pubblico ministero. (Fattispecie in cui il pubblico ministero aveva formulato istanza di applicazione degli arresti domiciliari senza chiedere l'imposizione di ulteriori limiti o divieti).
Cass. civ. n. 50237/2023
In tema di rescissione del giudicato - nella disciplina anteriore alla riforma c.d. Cartabia - allorché sia stata accertata la notifica all'imputato di atti da cui poteva evincersi la pendenza del processo (nella specie, avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. e verbale di rinvio dell'udienza dibattimentale), non rileva che lo stesso non ne abbia compreso il contenuto per analfabetismo, non potendo in tal caso ritenersi incolpevole la mancata conoscenza del processo.
Cass. civ. n. 49953/2023
Nel giudizio di appello, la trattazione congiunta delle posizioni di imputati in precedenza giudicati con rito abbreviato e con rito ordinario non è causa di abnormità o di nullità della decisione, né può dar vita a una causa di incompatibilità del giudice, suscettibile di tradursi in motivo di ricusazione, posto che la coesistenza delle due diverse tipologie di procedimenti comporta solo la necessità che, al momento della decisione, siano tenuti distinti i regimi probatori rispettivamente previsti per ciascuno di essi.
Cass. civ. n. 48467/2023
In tema di estradizione per l'estero, il difetto di rituale emissione e notificazione all'estradando del decreto di citazione previsto dall'art. 704, comma 1, cod. proc. pen., concernendo l'omessa citazione in giudizio del soggetto nei cui confronti è in corso la procedura, determina una nullità assoluta incidente sul diritto di difesa, non sanabile dalla conoscenza "aliunde" acquisita della data d'udienza, né dalla comparizione della parte. (Fattispecie in cui l'estradando aveva ricevuto solo un avviso di cancelleria per l'udienza fissata per deliberare sulla richiesta di estradizione).
Cass. civ. n. 48102/2023
In tema di traduzione degli atti, l'omessa nomina di un interprete all'imputato di cui sia stata accertata la mancata conoscenza della lingua italiana dà luogo ad una nullità a regime intermedio.
Cass. civ. n. 47562/2023
In tema di giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, la nullità, derivante dall'omesso avviso al difensore di fiducia dell'imputato della richiesta di trattazione orale del giudizio avanzata da una delle altre parti, può essere eccepita con il ricorso per cassazione a condizione che sia allegata specificamente la concreta ed effettiva menomazione che l'imputato abbia subito nell'esercizio del suo diritto di difesa per effetto della mancata comparizione in udienza del suo difensore. (Fattispecie in cui il difensore si era limitato ad eccepire di non aver potuto conoscere l'esito del procedimento in udienza).
Cass. civ. n. 46491/2023
L'omessa allegazione del decreto di citazione per il giudizio di appello alla comunicazione inoltrata a mezzo p.e.c. al difensore domiciliatario, determina una nullità d'ordine generale insanabile, in quanto non consente all'imputato di avere contezza di tutti gli elementi fondamentali per una corretta "vocatio in ius". (Nella specie la Corte, stante la mancata partecipazione dell'imputato e del difensore al giudizio d'appello, ha ritenuto inficiato lo svolgimento del processo, in quanto la comunicazione riportava la data di udienza e il numero di ruolo del procedimento, senza alcuna indicazione dell'orario e del luogo di celebrazione dell'udienza, nonché del giudice dinanzi al quale la stessa si sarebbe tenuta).
Cass. civ. n. 46371/2023
La disposizione di cui all'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., che consente la notifica degli atti mediante consegna al difensore, trova un temperamento, nella sua rigida applicazione, quando si abbia "aliunde" notizia precisa del luogo in cui il destinatario abbia trasferito la sua residenza o la dimora, perché in tal caso la notifica deve essere disposta ed effettuata, a pena di nullità, in tale luogo, in modo da assicurare l'effettiva e non meramente presunta conoscenza dell'atto.
Cass. civ. n. 46173/2023
L'imputato sottoposto all'obbligo di dimora che abbia tempestivamente manifestato, in qualunque modo, la volontà di comparire ha diritto di presenziare all'udienza camerale che si svolge in un comune diverso, sicché la mancata autorizzazione ad allontanarsi determina la nullità della sentenza emessa in esito a giudizio celebrato in sua assenza. (Fattispecie relativa a giudizio camerale di appello avverso decisione emessa all'esito di rito abbreviato, in cui l'imputato, dichiarato assente nonostante fosse soggetto a misura limitativa della libertà personale, aveva manifestato, già con l'atto di appello, la volontà di comparire all'udienza).
Cass. civ. n. 42333/2023
In tema di legittimo impedimento a comparire del difensore, l'omessa valutazione, da parte del giudice, dell'istanza di differimento dell'udienza determina il difetto di assistenza dell'imputato, con conseguente nullità assoluta degli atti successivamente compiuti, ivi compresa la sentenza, ai sensi degli artt. 178, lett. c) e 179, comma 1, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 40434/2023
In tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, nel procedimento di riesame delle misure cautelari reali l'ente nel cui interesse è proposta impugnazione ha diritto alla notificazione dell'avviso d'udienza almeno tre giorni liberi e consecutivi prima della detta udienza ai sensi dell'art. 324, comma 6, cod. proc. pen., in forza del disposto di cui all'art. 53, comma 1, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, richiamante l'art. 322 cod. proc. pen., sicché l'inosservanza del detto termine, attenendo all'intervento e alla difesa della parte, determina una nullità generale e a regime intermedio ai sensi degli artt. 178, lett. c), e 180 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 39119/2023
Il divieto, non derogabile, di destinazione del giudice onorario di pace a comporre i collegi che giudicano i reati indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a), cod. proc. pen., introdotto dall'art. 12 d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, determina una limitazione alla capacità del giudice ex art. 33 cod. proc. pen., la cui violazione è causa di nullità assoluta ai sensi dell'art. 179 cod. proc. pen., in relazione all'art. 178, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., insanabile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto viziata da nullità derivata ex art. 185 cod. proc. pen. la decisione della corte di appello, in ragione della nullità di quella di primo grado).
Cass. civ. n. 38772/2023
Nel procedimento camerale di appello avverso le misure cautelari personali sussiste il diritto dell'interessato di comparire in udienza, sicché la mancata traduzione o la mancata partecipazione a distanza, dell'indagato o dell'imputato detenuto o internato - anche in luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice - che nell'atto di appello abbia tempestivamente richiesto di presenziare, determina la nullità assoluta ed insanabile dell'udienza e del provvedimento conclusivo, senza che ne consegua tuttavia l'inefficacia della misura cautelare adottata.
Cass. civ. n. 37438/2023
La rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia comporta l'obbligo per il giudice, a pena di nullità, di nominare tempestivamente all'imputato che ne sia rimasto privo un difensore di ufficio non potendo ritenersi equipollente la designazione in udienza di un difensore immediatamente reperibile in sostituzione di quello non comparso, ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc. pen., poiché siffatta designazione ha natura episodica e temporanea e non può tradursi in una situazione permanente, pena la violazione dell'effettività del diritto di difesa.
Cass. civ. n. 34523/2023
In tema di giudizio in assenza, la mancanza di diligenza dell'imputato nel tenersi informato della celebrazione del processo a proprio carico, dopo l'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio effettuata al momento dell'arresto, non integra automaticamente la "volontaria sottrazione alla conoscenza del processo" e non fonda alcuna - non consentita - presunzione di conoscenza della "vocatio in iudicium", la quale deve essere accertata dal giudice in positivo al fine di procedere in assenza, quale conoscenza effettiva, senza inversione del relativo onere probatorio.
Cass. civ. n. 33398/2023
La mancata sottoscrizione dell'ordinanza del tribunale del riesame da parte del presidente del collegio e del giudice è causa di nullità relativa del provvedimento e, non incidendo sulla regolarità del giudizio, né determinando l'inesistenza della decisione, comporta la restituzione degli atti al tribunale affinché provveda nuovamente.
Cass. civ. n. 33374/2023
L'assistenza dell'imputato nel processo penale, per la sua natura tecnica, presuppone l'iscrizione del difensore nell'albo professionale, da escludersi nel caso di avvocato cancellatosi dallo stesso, sicché, in tal caso, si verifica una nullità assoluta e insanabile degli atti, rilevabile in ogni stato e grado del processo, a norma degli artt. 178, lett. c), e 179, comma 1, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 31783/2023
È viziata di nullità assoluta la notifica eseguita al difensore ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., non preceduta dalla verifica dell'insufficienza o dell'inidoneità della dichiarazione di elezione di domicilio dell'imputato, trattandosi di vizio che integra l'omessa citazione di quest'ultimo e che incide sulla formazione del contraddittorio.(Fattispecie in cui la Corte ha annullato sia la sentenza di primo grado che quella di appello sul rilievo che la notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare e del decreto che dispone il giudizio era stata eseguita direttamente presso il difensore e non presso il domicilio dichiarato, senza che fosse previamente verificata la sua idoneità alla ricezione delle notifiche).
Cass. civ. n. 30499/2023
E' causa di nullità a regime intermedio, sanata se non tempestivamente dedotta, l'omessa traduzione all'udienza fissata per la requisitoria del Procuratore Generale dell'imputato detenuto o la sua mancata partecipazione in videocollegamento, posto che l'assenza non lede irreversibilmente il diritto di difesa del predetto, trattandosi di udienza in cui non sono svolte attività rispetto alle quali costui avrebbe avuto la facoltà o il diritto di interloquire. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva escluso la sussistenza di nullità assoluta sul rilievo che l'eccezione relativa alla mancata traduzione non era stata proposta né all'udienza in cui ciò si era verificato, in cui il difensore era presente, né in quelle successive).
Cass. civ. n. 29349/2023
In tema di giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, è causa di nullità assoluta, ex artt. 178, comma 1, lett. c) e 179, comma 1, cod. proc. pen., l'omesso avviso ai difensori di fiducia dell'imputato dell'accoglimento della richiesta della parte civile di trattazione orale del giudizio, prevedendo tale rito la presenza obbligatoria dei predetti difensori e non rilevando la partecipazione all'udienza di un sostituto, nominato ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 27546/2023
In tema di notificazioni, ove il decreto di citazione per il giudizio di appello sia notificato all'imputato in luogo diverso rispetto al domicilio validamente eletto o dichiarato, si determina una nullità di ordine generale a regime intermedio, che va dedotta entro i termini decadenziali previsti dall'art. 182 cod. proc. pen., salvo che l'irrituale notifica risulti, in concreto, inidonea a consentire l'effettiva conoscenza dell'atto da parte del destinatario, configurandosi, in tal caso, una nullità assoluta per omessa notificazione di cui all'art. 179 cod. proc. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto valida la notificazione avvenuta presso il domicilio precedentemente eletto dall'imputato - lo studio del difensore di fiducia poi revocato - piuttosto che presso il domicilio successivamente dichiarato - l'abitazione di residenza -, rilevando che i nuovi difensori di fiducia dell'imputato nulla avevano eccepito davanti ai giudici di appello e che il ricorso non aveva fornito specifica indicazione di una tale assoluta inidoneità della notifica).
Cass. civ. n. 24657/2023
In tema di disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, è causa di nullità assoluta e insanabile dell'udienza ex art. 179, comma 1, cod. proc. pen., nonché di nullità derivata della sentenza pronunziata al suo esito la mancata partecipazione alla prima del difensore di fiducia dell'imputato, dovuta all'omessa predisposizione dell'autorizzato collegamento telematico, non risultando osservate le modalità di celebrazione idonee a salvaguardare il contraddittorio prescritte dall'art. 23, comma 5, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137.
Cass. civ. n. 22719/2023
In tema di procedimento di esecuzione, l'omessa acquisizione del parere del pubblico ministero nel caso di dichiarazione di inammissibilità della richiesta adottata "de plano", ex art. 666, comma 2, cod. proc. pen., dà luogo a una nullità deducibile a iniziativa sia del medesimo pubblico ministero che della parte privata. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'acquisizione del parere dell'organo requirente è prevista anche nell'interesse del condannato, che è, pertanto, legittimato a dolersi dell'adozione del provvedimento emesso in assenza dell'instaurazione del contraddittorio).
Cass. civ. n. 21375/2023
L'omessa notificazione all'interessato dell'avviso di fissazione dell'udienza dinanzi al tribunale di sorveglianza dà luogo a nullità assoluta del provvedimento conclusivo del procedimento, ai sensi del combinato disposto degli artt. 178, comma 1, lett. c), e 179, comma 1, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 20834/2023
In tema di giudizio abbreviato, non possono formare oggetto di valutazione gli atti affetti da nullità assoluta e da inutilizzabilità patologica, non essendo prevista alcuna deroga alla rilevabilità di ufficio ed alla insanabilità di tali vizi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto inutilizzabile "erga omnes" la deposizione resa dal soggetto escusso dalla polizia giudiziaria in qualità di persona informata sui fatti, che, invece, avrebbe dovuto essere sentito, sin dall'inizio, in veste di indagato).
Cass. civ. n. 19471/2023
In tema di mandato di arresto europeo, in conformità all'interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea degli artt. 27, parr. 3, lett. g), e 4 e 28, par. 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 26/02/2009, nella procedura di estensione della consegna allo Stato di emissione deve essere necessariamente rispettato il principio del contraddittorio, garantendo al consegnato, in applicazione analogica di quanto previsto dall'art. 710, comma 1, cod. proc. pen. per la procedura di estensione dell'estradizione, la possibilità di manifestare opposizione, per il tramite del proprio difensore, in un'udienza camerale all'uopo fissata, la cui mancata celebrazione determina una nullità ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 17103/2023
In tema di concordato preventivo, la proposta concordataria, pur lasciata alle valutazioni dei creditori quanto a convenienza, rispetto all'alternativa fallimentare, e a realizzabilità della singola percentuale di soddisfazione per ciascuno prospettata, è sindacabile dal Tribunale sotto il profilo economico nei limiti in cui appaia implausibile, in quanto il piano si mostri "prima facie" irrealizzabile.
Cass. civ. n. 16993/2023
In tema di comunione legale, i proventi dell'attività separata svolta da ciascuno dei coniugi cadono nella comunione differita o "de residuo", ai sensi dell'art. 177 lett. c), c.c., quando non siano stati consumati, anche per fini personali, in epoca precedente allo scioglimento della comunione, sicché vi rientrano, in difetto di previsione in tal senso, anche quelli che non siano stati ancora percepiti o non siano esigibili al momento dello scioglimento della comunione, purché costituiscano il corrispettivo di prestazioni o del godimento di beni relativi al periodo di vigenza della comunione legale, ivi compresi, dunque, i crediti vantati dal professionista nei confronti del cliente per prestazioni già eseguite e non ancora pagate.
Cass. civ. n. 11170/2023
In tema di giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, è causa di nullità assoluta, ex artt. 178, comma 1, lett. c) e 179, comma 1, cod. proc. pen., l'omesso avviso ai difensori di fiducia dell'imputato dell'accoglimento della richiesta della parte civile di trattazione orale del giudizio, prevedendo tale rito la presenza obbligatoria dei predetti difensori e non rilevando la partecipazione all'udienza di un sostituto, nominato ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 9314/2023
In tema di citazione a giudizio, il fatto deve ritenersi enunciato in forma chiara e precisa quando i suoi elementi strutturali e sostanziali sono descritti in modo tale da consentire un completo contraddittorio e il pieno esercizio del diritto di difesa da parte dell'imputato, che viene a conoscenza della contestazione non solo per il tramite del capo d'imputazione, ma anche attraverso gli atti che fanno parte del fascicolo processuale. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la genericità o l'indeterminatezza di un'imputazione che collocava il contestato episodio di violenza sessuale in un arco temporale di ventidue giorni).
Cass. civ. n. 7340/2023
In tema di disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da COVID-19, è legittima, nel giudizio cartolare d'appello, la richiesta di partecipazione all'udienza formulata dall'imputato detenuto personalmente e non per il tramite del difensore, non essendo sanzionata con l'inammissibilità o con l'irricevibilità la difformità dal modello legale di cui all'art. 23-bis, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, in legge 18 dicembre 2020, n. 176, sicché il mancato accoglimento della richiesta determina la nullità dell'udienza e della conseguente sentenza per violazione del diritto alla partecipazione, quale garanzia del giusto processo ex artt. 111 Cost. e 6, comma 3, lett. c), d) ed e), Convenzione EDU.
Cass. civ. n. 1209/2023
All'imputato non comparso senza allegare alcun legittimo impedimento, di cui non sia stata dichiarata l'assenza, deve essere data comunicazione del rinvio dell'udienza, la cui omissione non integra un'ipotesi di mancata citazione, ma dà luogo a una nullità di ordine generale a regime intermedio, da eccepire nella prima occasione processuale utile.
Cass. civ. n. 363/2023
In tema di contraddittorio nel procedimento di esecuzione, l'interessato che sia detenuto in un luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice che procede non ha diritto di essere tradotto in udienza, ma soltanto, su sua richiesta, di essere sentito mediante collegamento a distanza, ovvero, qualora non vi consenta, di essere sentito, prima del giorno fissato per l'udienza, dal magistrato di sorveglianza del luogo in cui si trova, con la conseguenza che la sua omessa audizione non è causa di nullità assoluta, ma integra una nullità del procedimento di ordine generale e a regime intermedio, ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 14033/2022
In tema di notificazioni a mezzo posta, ai fini del perfezionamento della procedura notificatoria dell'atto rifiutato dal destinatario ovvero non consegnato per la sua temporanea assenza o per l'assenza o l'inidoneità di altre persone legittimate a riceverlo, non è sufficiente la sola spedizione della raccomandata con ricevuta di ritorno contenente la comunicazione dell'avvenuto deposito dell'atto presso l'ufficio postale, ma è necessario che l'operatore postale attesti, nella ricevuta della raccomandata, il compimento di tutti gli incombenti, quali l'affissione alla porta dell'abitazione o l'immissione nella cassetta della corrispondenza dell'avviso di deposito del piego raccomandato presso l'ufficio postale.
Cass. pen. n. 27363/2021
In tema di riabilitazione, nel caso di condanna a pena detentiva congiunta a pena pecuniaria, il computo del termine triennale deve avere riguardo non solo alla data di espiazione della pena detentiva, ma anche a quella di pagamento della pena pecuniaria in quanto quest'ultima contribuisce, allo stesso titolo, a costituire la pena principale del reato.
Cass. pen. n. 13753/2020
In tema di riabilitazione, ai fini della valutazione della sussistenza del presupposto del mantenimento della buona condotta, il giudice può considerare anche l'esistenza di una o più denunce o la sola pendenza di procedimenti penali o amministrativi per fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda, a condizione che ne sia apprezzato il significato concreto, dimostrativo della commissione di condotte devianti o irregolari, tali da provare il mancato recupero del condannato. (Fattispecie in cui l'istanza era stata respinta sulla base del rilievo che l'interessato aveva successivamente riportato diverse denunce per le quali era stata esercita l'azione penale per reati ambientali, alcuni estinti per oblazione, altri per intervenuta prescrizione). (Rigetta, TRIB. SORVEGLIANZA VENEZIA, 22/05/2019)
Cass. pen. n. 3494/2019
In tema di misure di prevenzione, il soggetto di cui sia stata ritenuta la pericolosità qualificata, in quanto appartenente ad una "mafia storica", può ottenere la riabilitazione solo qualora, oltre alla prova positiva dell'avvenuta rescissione del vincolo associativo, non emergano ulteriori condizioni ostative alla prova di effettiva e costante buona condotta, quali il mancato versamento da parte del soggetto della cauzione, lo stato di perdurante inoccupazione, la mancata denuncia di redditi leciti ed i rapporti con imprese dedite ad attività criminose. (Rigetta, CORTE APPELLO ROMA, 13/02/2019)
Cass. pen. n. 17295/2019
In tema di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, la circostanza aggravante prevista dall'art. 319-bis cod. pen., relativa alla stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione, è applicabile anche all'incaricato di pubblico servizio, in quanto il richiamo operato dall'art. 320 cod. pen. all'art. 319 cod. pen. implicitamente contiene anche quello all'art. 319-bis, trattandosi, quest'ultima, di norma accessoria a quella di cui all'art. 319 citato.
Cass. pen. n. 17636/2019
In tema di riabilitazione, l'offerta di una somma manifestamente inadeguata rispetto al danno subito dalla parte lesa, anche se non costituita in giudizio, non può essere ritenuta idonea a configurare una volontà di ristoro e di eliminazione delle conseguenze derivate dal reato, soprattutto quando le condizioni economiche del condannato possano consentirgli di provvedere al risarcimento in maniera maggiormente adeguata anche se non necessariamente integrale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto congruamente motivata la decisione con cui il tribunale di sorveglianza aveva respinto l'opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di riabilitazione in ragione della manifesta inidoneità dell'offerta di euro 500 quale risarcimento dei danni morali per i delitti di sequestro di persona e di atti di libidine violenta commessi in danno di una vittima all'epoca dei fatti molto giovane, a fronte della percezione, da parte del condannato, di una pensione mensile di euro 1.700). (Rigetta, TRIB. SORVEGLIANZA ROMA, 04/05/1980)
Cass. pen. n. 5530/2019
In tema di misure di prevenzione, l'accertamento della buona condotta, necessario per la concessione della riabilitazione, deve essere correlato alle concrete caratteristiche della pericolosità sociale che aveva giustificato la misura e, pertanto, nel caso di soggetto sottoposto a misura di prevenzione in ragione della sua "pericolosità qualificata" derivante dall'appartenenza ad una "mafia storica", richiede la prova positiva dell'avvenuta rescissione del vincolo con l'associazione criminale. (Rigetta, CORTE APPELLO PALERMO, 06/04/2018)
Cass. pen. n. 23359/2018
In tema di riabilitazione, l'assenza di reddito del condannato costituisce un'ipotesi di rimozione del limite alla concedibilità del beneficio, valutabile ai sensi dell'art. 179, comma 6, n. 2, cod. pen., in quanto tale circostanza giustifica l'inadempimento delle obbligazioni civili da reato. (Fattispecie relativa a condannato affetto da cecità, titolare di un assegno di invalidità con accompagnamento, del quale la Corte ha sottolineato la natura solidaristica e non reddituale).
Cass. pen. n. 52493/2016
In tema di riabilitazione del condannato per fatti di criminalità organizzata, la frequentazione da parte dello stesso di soggetti pregiudicati e di persone inserite negli ambienti della criminalità organizzata, è incompatibile con l'accertamento della buona condotta, richiesto quale presupposto per l'accoglimento dell'istanza.
Cass. pen. n. 37829/2015
In tema di riabilitazione, deve escludersi che l'inosservanza dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo possa costituire, di per sé, un elemento ostativo alla concessione del beneficio, in difetto della valutazione di ulteriori elementi dimostrativi del mancato ravvedimento del condannato. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'inadempimento deve essere considerato unitamente ad altri elementi come il fatto per cui era stato imposto l'ordine demolitorio, i destinatari di tale ordine, la sua eseguibilità e le ragioni dell'inottemperanza).
Cass. pen. n. 47889/2013
La dimostrazione di fatti o circostanze favorevoli alla parte privata dichiarante non può essere fornita in sede processuale mediante autocertificazione. (Fattispecie in materia di prova della sussistenza delle condizioni per la riabilitazione).
Cass. pen. n. 1507/2013
In tema di riabilitazione, la valutazione del comportamento dell'interessato ai fini della verifica del requisito della buona condotta deve comprendere non solo il periodo di tre anni dall'esecuzione o dall'estinzione della pena inflitta, ma anche quello successivo, fino alla data della decisione sull'istanza presentata.
Cass. pen. n. 44574/2010
Il termine triennale per la concessione della riabilitazione decorre, in caso di condanna a pena condonata, dalla data del provvedimento di legge che concede il beneficio e non da quello giurisdizionale che lo applica.
Cass. pen. n. 23902/2010
La concessione della riabilitazione in tema di rapina richiede che il condannato provi di avere adempiuto al risarcimento integrale non solo del danno cagionato dall'impossessamento della cosa, ma anche di quello fisico e morale prodotto con l'attentato, attraverso la violenza o le minacce, alla incolumità personale o alla libertà individuale della persona offesa.
Cass. pen. n. 15147/2009
L'istanza di riabilitazione può essere presentata, pur nel caso di condanna a pena condizionalmente sospesa, quando siano decorsi almeno tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza, senza che occorra attendere il decorso del termine di cinque anni per l'operatività dell'effetto estintivo della pena, correlato alla sospensione condizionale.
Cass. pen. n. 45768/2008
La previsione di un termine di almeno otto anni per la concedibilità della riabilitazione in caso di recidiva aggravata trova applicazione solo se detta recidiva sia stata accertata con sentenza di condanna. (Nella specie, è stata dichiarata l'illegittimità del provvedimento del presidente del Tribunale di sorveglianza che aveva ritenuto l'inammissibilità dell'istanza di riabilitazione, proposta prima del decorso dell'indicato termine, da un soggetto condannato, con riconoscimento della recidiva qualificata, con decreto penale).
Cass. pen. n. 45765/2008
Il divieto di concessione della riabilitazione al condannato che non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato non viene meno nel caso in cui sia maturato il termine di prescrizione delle stesse obbligazioni.
Cass. pen. n. 39809/2008
Ai fini della riabilitazione da misura di prevenzione, il giudice deve accertare non tanto l'assenza di ulteriori elementi negativi, bensì prove effettive e costanti di buona condotta ; ne consegue che, mentre il totale silenzio sulla condotta dell'istante risulta insufficiente a fornire prove effettive e costanti di buona condotta, qualsiasi nota negativa in ordine al suo comportamento costituisce prova esattamente contraria a quella richiesta dal legislatore. (Fattispecie relativa ad istanza di riabilitazione, in relazione a misura di prevenzione, presentata da persona nei cui confronti era intervenuta una sentenza di condanna per abusi edilizi ).
Cass. pen. n. 18852/2008
L'impossibilità, per il condannato istante per la riabilitazione, di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato non può essere identificata con la pendenza di una causa civile relativa alle obbligazioni stesse. (In motivazione, la S.C. ha precisato che una causa civile non può che essere riferita alla volontà delle parti e che se la pretesa dell'una fosse ritenuta sproporzionata dall'altra, questa avrebbe sempre la possibilità di corrispondere, nelle more del procedimento, quanto ritenuto dovuto ).
Cass. pen. n. 7115/2008
Ai fini dell'individuazione del termine per la concessione della riabilitazione, non deve tenersi conto della condanna per fatti non più costituenti reato per abolitio criminis. (Nel caso di specie, è stata esclusa l'applicabilità del termine previsto dall'art. 179, comma secondo, c.p., in relazione ad una sentenza di condanna per emissione di assegni a vuoto che aveva ritenuto sussistente la recidiva ex art. 99, comma quarto, c.p.).
Cass. pen. n. 46270/2007
Le condanne e le denunce per fatti successivi alla sentenza cui si riferisce l'istanza di riabilitazione non sono automaticamente ostative alla concessione della stessa, pur potendo essere valutate per trarre da esse, in considerazione della natura e gravità dei nuovi reati, elementi di persuasione in ordine al giudizio globale, positivo o negativo, di mantenimento della buona condotta e di conseguimento dell'emenda.
Cass. pen. n. 43000/2007
In tema di riabilitazione, l'adempimento dell'obbligo risarcitorio non è condizionato dalla proposizione della richiesta della persona danneggiata e spetta all'interessato l'iniziativa della consultazione con quest'ultima per l'individuazione di un'adeguata offerta riparatoria. (La Corte ha precisato che il principio deve trovare applicazione pur quando danneggiata e persona offesa sia la P.A., nella specie un'amministrazione comunale, in riferimento ad un delitto di abuso di ufficio finalizzato alla realizzazione di un ingiusto vantaggio patrimoniale).
Cass. pen. n. 36232/2007
In tema di condizioni per la riabilitazione, l'impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato, da valutare non solo come impossidenza economica, ma anche alla luce delle situazioni che di fatto impediscono al condannato di adempiere, non esclude la sussistenza, a suo carico, di un preciso onere probatorio, in base al quale egli è tenuto alla dimostrazione dell'emenda e della condotta di ravvedimento successiva alla condanna.
Cass. pen. n. 39468/2007
L'impossibilità, per il condannato istante per la riabilitazione, di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato comprende tutte le situazioni a lui non ascrivibili, che gli impediscano l'esatta osservanza dell'obbligo cui è tenuto per conseguirla, non potendosi frapporre ingiustificato ostacolo al suo reinserimento sociale qualora abbia dato prova, con la condotta tenuta, di esserne meritevole.
Cass. pen. n. 28683/2007
Ai fini del conseguimento della riabilitazione in relazione a reato connesso a concessione edificatoria illecitamente ottenuta, è onere del condannato, per realizzare la condizione dell'avvenuto adempimento delle obbligazioni civili che non risultino già individuate ex actis sollecitare nelle forme previste l'Amministrazione competente alla valutazione del danno e all'accettazione della somma risarcitoria conseguentemente determinata, in quanto l'indebita concessione produce un danno che, se non quantificabile da un punto di vista economico, è sicuramente valutabile da un punto di vista equitativo in relazione alla gravità della lesione dell'interesse della collettività.
Cass. pen. n. 28469/2007
La riabilitazione opera anche con riferimento alla sentenza di applicazione della pena su richiesta, in quanto, ai sensi dell'art. 179 c.p., come modificato dall'art. 3, comma primo, lett. a) L. 11 giugno 2004, n. 145 il termine minimo per chiedere la riabilitazione è di tre anni dal giorno in cui la pena principale è stata eseguita o si è in altro modo estinta, sicchè il condannato potrebbe avere interesse ad ottenere la riabilitazione prima che maturi in termine di cinque anni previsto dall'art. 445, secondo comma, c.p.p. per l'estinzione del delitto.
Cass. pen. n. 20650/2007
In tema di riabilitazione, la riduzione da cinque a tre anni, per effetto della novella introdotta con L. n. 145 del 2004, del termine con decorrenza, fuori dal caso di esecuzione, dal giorno di estinzione in altro modo della pena principale e necessario per la concessione del beneficio, non ha comportato l'implicita modifica per equiparazione del termine quinquennale previsto per l'estinzione del reato in caso di condanna con sospensione condizionale.
Cass. pen. n. 22775/2007
In sede di pronuncia su una domanda di riabilitazione, la prova della buona condotta necessita della acquisizione di indici che abbiano un significato univoco di recupero del condannato ad un corretto, anche se non esemplare, modello di vita, non potendosi per contro riconnettere ad un singolo episodio di intemperanza — che non sia espressivo di una generale condotta di vita — valore sintomatico di non completamento dell'emenda. (In applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio la decisione con la quale il Tribunale di sorveglianza aveva respinto l'istanza di riabilitazione, basando la valutazione negativa su un unico episodio di ingiurie, senza valutare il contesto dello stesso e il generale modello di vita seguito dall'istante).
Cass. pen. n. 35714/2006
Ai fini della riabilitazione del condannato, non ha efficacia liberatoria in ordine all'adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato la mancata richiesta di risarcimento del danno da parte della persona offesa che non può essere considerata equivalente alla rinuncia. (Nella specie, relativa ad istanza di riabilitazione da condanna per abuso di ufficio, il condannato aveva trasmesso al Comune, persona offesa del delitto, un assegno, non rifiutato, di 5.000 euro, erroneamente ritenuto dal giudice di merito satisfattivo, in assenza di indicazioni in senso contrario, delle pretese risarcitorie della P.O.).
Cass. pen. n. 7269/2006
In tema di riabilitazione, la dimostrazione, spettante al condannato e idonea a prevalere sull'onere all'adempimento stabilito dall'art. 179, ultimo comma n. 2, c.p., di non avere potuto adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato, deve fondarsi su dati oggettivi, relativi agli introiti disponibili e al carico familiare, e non può ritenersi raggiunta con un'autocertificazione generica, di contenuto valutativo, con la quale si faccia riferimento a un concetto di sufficienza delle entrate limitata al mantenimento della famiglia, implicante un giudizio meramente soggettivo che non consente al tribunale un controllo di conformità al vero.
Cass. pen. n. 18030/2006
Tra le obbligazioni civili derivanti da reato che il condannato deve soddisfare per ottenere la riabilitazione va compresa anche quella del pagamento delle spese processuali che deve essere soddisfatta nel rispetto della regola della solidarietà. Pertanto tra i condannati per lo stesso reato o per reati connessi l'obbligazione non si estingue con il pagamento pro quota ma con il pagamento per l'intero importo.
Cass. pen. n. 44934/2005
In tema di riabilitazione, in caso di condanna a pena condizionalmente sospesa, per determinare la decorrenza del termine allo spirare del quale, a norma dell'art. 179 c.p., può essere presa in esame la richiesta, occorre fare riferimento al momento in cui risulti passata in giudicato la sentenza di condanna, e non al termine stabilito per l'estinzione del reato.
Cass. pen. n. 43433/2005
In tema di riabilitazione è meramente apparente la motivazione del provvedimento concessivo, consistente nell'impiego in un modulo prestampato, recante la mera pedissequa riproduzione della formulazione della norma di cui all'art. 179 c.p., nella parte in cui essa determina le condizioni per una pronuncia favorevole o contraria, senza alcuna personalizzazione dello stampato da parte del giudice. (Nel caso di specie il modulo faceva generico riferimento alle condizioni di legge per denegare la riabilitazione e conteneva una mera indicazione, inserita a penna, di una nota «in atti»).
Cass. pen. n. 9755/2005
Ai fini della riabilitazione, l'attivazione per l'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato non deve essere valutata solo alla stregua delle regole proprie del c.c., ma anche quale onere imposto al condannato in funzione del valore dimostrativo dell'emenda.
Cass. pen. n. 46933/2004
Ai fini del conseguimento della riabilitazione, l'adempimento dell'obbligazione del risarcimento del danno è condizione prevista dalla legge e discendente dal fatto stesso del reato, sicchè non occorre che essa risulti dalla sentenza di condanna.
Cass. pen. n. 44668/2004
Le condanne — e, a maggior ragione, le denunzie — per fatti posteriori a quelli oggetto dell'istanza non possono essere ritenute, di per sé, ostative all'applicazione dell'istituto della riabilitazione, in assenza di una precisa indagine, condotta dal giudice, circa le circostanze, la consistenza, la portata e il carattere degli episodi in esame sotto il profilo della loro sintomaticità della permanenza di atteggiamenti antisociali, da porsi peraltro in relazione con ogni altro aspetto della condotta complessiva del richiedente.
Cass. pen. n. 47715/2004
Nell'ipotesi di applicazione di pena detentiva congiunta a quella pecuniaria, ai fini del calcolo del termine quinquennale previsto per la riabilitazione occorre avere riguardo non solo alla data di espiazione della pena detentiva, ma anche a quella di pagamento della pena pecuniaria, giacché anche quest'ultima contribuisce, allo stesso titolo, a costituire la pena principale del reato.
Cass. pen. n. 17952/2004
In tema riabilitazione, sussiste a carico dell'interessato uno specifico onere probatorio di avere fatto quanto in suo potere per adempiere alle obbligazioni civili derivanti dal reato ovvero di dimostrare la impossibilità di adempiervi. (Fattispecie relativa alla condanna per il reato di contrabbando, in relazione alla quale l'interessato non aveva adempiuto all'onere di provare di aver versato le imposte evase o di non aver potuto adempiervi).
Cass. pen. n. 665/2002
In tema di riabilitazione, non è ostativo alla concessione del beneficio il mancato adempimento delle obbligazioni civili nascenti da condanna relativa alla violazione della normativa in materia di stupefacenti, sotto il profilo del ristoro delle spese sostenute dal comune per il recupero dei tossicodipendenti, qualora il riabilitando non sia stato posto in condizione di attivarsi per provvedere all'eliminazione delle conseguenze civili della condotta criminosa, in assenza di qualsivoglia richiesta da parte dell'ente locale o di qualche significativa indicazione in sentenza, in ordine ad entità e modalità del risarcimento.
Cass. pen. n. 43423/2001
La riabilitazione speciale prevista per i minorenni dall'art. 24 del R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404, sopravvissuto all'entrata in vigore del codice di procedura penale del 1988, può essere concessa solo in relazione ad istanza presentata dall'interessato prima del compimento del venticinquesimo anno di età, superato il quale per la riabilitazione non può prescindersi dalla verifica delle condizioni generali stabilite dall'art. 179 c.p. e, quindi, dall'adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato.
Cass. pen. n. 25525/2001
In tema di domanda di riabilitazione proposta ai sensi dell'art. 179, comma 4, n. 2, c.p., dal condannato che intende dimostrare l'impossibilità di adempiere alle obbligazioni civili derivanti dal reato, non è consentito al Presidente del collegio di dichiarare «de plano» l'inammissibilità della richiesta, ai sensi dell'art. 666, comma 2, c.p.p., ma è necessario che si dia luogo ad un giudizio di merito sull'esistenza delle obbligazioni civili non soddisfatte e sulla capacità economica posseduta dal richiedente.
Cass. pen. n. 4255/2000
In presenza di una istanza di riabilitazione avanzata da un soggetto residente all'estero, spetta al giudice acquisire, attraverso i canali istituzionali, ogni informazione utile sulla condotta tenuta dal medesimo dopo la condanna durante il periodo di tempo di permanenza in Italia, spetta invece allo stesso istante, per il periodo di permanenza all'estero, fornire documentazione idonea a consentire la decisione sul merito, da presentare nel termine all'uopo fissato dal giudice; l'attribuzione di un onere latamente probatorio all'interessato è compatibile con la natura del procedimento in esame, essenzialmente di volontaria giurisdizione, nel quale non sono previsti strumenti istituzionali per accedere alle dette notizie.
Cass. pen. n. 3372/2000
Tra le condizioni essenziali per il conseguimento della riabilitazione deve farsi rientrare non solo l'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, ma anche il pagamento delle spese di giustizia, il cui inadempimento è sintomatico — una volta che il condannato abbia interamente soddisfatto le prime e non abbia ottenuto la remissione del debito — dell'assenza del requisito della buona condotta.
Cass. pen. n. 1147/2000
In tema di riabilitazione, l'adempimento delle obbligazioni civili ha valore dimostrativo dell'emenda del condannato, onde la stessa non può essere concessa se il richiedente si sia limitato semplicemente ad affermare di non essere riuscito a reperire le parti offese, anche perché a tale impossibilità potrebbe ovviarsi mediante un'offerta reale.
Cass. pen. n. 685/2000
In tema di condizioni per la riabilitazione, l'impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato ricomprende tutte le situazioni non addebitabili al condannato che gli impediscano l'adempimento cui è tenuto per conseguire il beneficio, non potendosi frapporre ingiustificato ostacolo al reinserimento sociale del riabilitando che abbia, per altro verso, dato prova, con la buona condotta tenuta, di essere meritevole della riabilitazione.
Cass. pen. n. 57/2000
In tema di riabilitazione l'articolo 179 c.p. richiede due condizioni positive: il decorso di cinque o di dieci anni per i recidivi reiterati dal giorno dell'esecuzione della pena principale ovvero dell'estinzione della stessa e l'aver dato prova effettiva e costante di buona condotta. Ed invero dette condizioni sono ontologicamente diverse e indipendenti, una avendo natura temporale e l'altra natura comportamentale, sicché il comportamento sintomatico che il giudice deve prendere in considerazione a tali fini non ha limiti di tempo, salvo quello iniziale dato dalla esecuzione o estinzione della pena per cui si chiede la riabilitazione.
Cass. pen. n. 833/2000
La competenza ad emettere provvedimento di riabilitazione in relazione alle misure di prevenzione appartiene al Tribunale di sorveglianza avente giurisdizione nel distretto di corte d'appello in cui ha sede l'autorità giudiziaria che ha disposto l'applicazione della misura.
Cass. pen. n. 7178/2000
La competenza ad emettere provvedimento di riabilitazione in relazione alle misure di prevenzione appartiene funzionalmente alla corte d'appello nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria che ha disposto l'applicazione della misura.
Cass. pen. n. 4731/2000
In tema di condizioni per la riabilitazione, mentre, da un lato, la impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato non va intesa in senso restrittivo e cioè come conseguenza della sola impossidenza economica (ma ricomprende tutte le situazioni non imputabili al condannato che, comunque, gli impediscono l'adempimento delle obbligazioni civili, al quale è tenuto al fine di conseguire il beneficio richiesto), dall'altro, si deve ritenere sussistente a carico dell'interessato uno specifico onere probatorio, in base al quale egli è tenuto alla dimostrazione dell'emenda e della condotta di ravvedimento successiva alla condanna. (Nell'enunciare il principio sopra riportato, la Suprema Corte ha precisato che non occorre, sul punto, una rigorosa dimostrazione, essendo sufficiente anche un mero principio di prova, che sia comunque tale da sollecitare il ricorso ad autonomi poteri di indagine da parte del giudice, poteri che ben possono essere attivati dalla dimostrazione che il condannato si è adoperato per la ricerca degli eredi del danneggiato, dalla prova dell'avvenuto contatto con costoro, dalla acquisizione di una dichiarazione liberatoria proveniente dagli stessi, ecc.).
Cass. pen. n. 5048/1999
In tema di riabilitazione, qualora sia certa ed incontestata la percezione di un reddito da parte dell'interessato, quest'ultimo deve dimostrare quantomeno un suo intento risarcitorio in misura compatibile con le proprie entrate e per l'ipotesi in cui egli assuma un'inesigibilità assoluta è tenuto ad allegare elementi oggettivi concernenti gli introiti disponibili ed il carico familiare: solo in tal modo è consentito al giudice di merito il necessario controllo circa la ricorrenza della condizione posta dall'articolo 179, comma quarto n. 2, c.p. per la concessione del beneficio in questione.
Cass. pen. n. 3002/1999
In tema di riabilitazione, qualora il condannato non abbia adempiuto alle obbligazioni civili derivanti dal reato, spetta a lui dimostrare di essersi trovato nell'impossibilità di farlo. Tale dimostrazione deve basarsi su elementi oggettivi, non essendo all'uopo sufficiente una generica autocertificazione; e ciò pur considerando la possibilità, per il tribunale, di svolgere indagini al fine di acquisire ulteriori elementi di conoscenza circa le condizioni economiche dell'interessato, atteso che tale facoltà, rientrante nel potere discrezionale del giudice di merito, deve comunque trovare un aggancio negli elementi di prova offerti dall'interessato stesso.
Cass. pen. n. 5470/1999
In sede di pronuncia su una domanda di riabilitazione, la personalità dell'istante va verificata alla luce di tutto quanto accaduto nel periodo intermedio fra quello del fatto per il quale è pronuncia negativa (sia essa di condanna o di applicazione di misura di prevenzione) e quello della decisione. In tale valutazione globale bisogna ricercare e trovare non tanto un'assenza di ulteriori elementi negativi, bensì delle prove effettive e costanti di buona condotta. Ne consegue che, mentre il totale silenzio sulla sua condotta risulta insufficiente a fornire prove effettive e costanti di buona condotta, qualsiasi nota negativa del di lui comportamento costituisce prova esattamente contraria a quella richiesta dal legislatore per concedergli una patente di buona condotta atta, addirittura, a cancellare gli effetti penali di precedenti condanne. (Fattispecie relativa ad istanza di riabilitazione, in relazione a misura di sorveglianza speciale di p. s. presentata da persona nei cui confronti pendevano due procedimenti penali, rispettivamente per evasione fiscale e per concorso in alterazione di stato).
Cass. pen. n. 5751/1999
In tema di riabilitazione, l'esito positivo del c.d. periodo legale di prova ex art. 178 e 179 c.p. non comporta, di per sé, la concessione del beneficio in quanto il ravvedimento, che deve essere processualmente certo e storicamente costante, non postula soltanto la non commissione di reati ma anche la doverosa astensione da comportamenti moralmente riprovevoli e da condotte oggettivamente sintomatiche, con il tenore di vita, di pericolosità sociale, ex art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto giuridicamente corretto il diniego di riabilitazione dalla sorveglianza speciale a soggetto gravato da numerosi precedenti giudiziari rispetto a quelli posti a base della misura e, altresì, destinatario di una successiva diffida del questore, data la presunzione di pericolosità sociale, implicita in detto provvedimento che, sintomatico di una concreta condotta negativa, rimane condizione di procedibilità per l'applicazione di una ulteriore sorveglianza speciale).
Cass. pen. n. 3644/1998
Ai fini della riabilitazione del condannato, il mancato pagamento della pena pecuniaria è un fatto che, per la sua ambiguità, non assume, in modo automatico e ineluttabile, il significato di mancato ravvedimento del colpevole e non è, pertanto, idoneo ad escludere il requisito della buona condotta. Ed invero, al colpevole la legge non richiede, per la riabilitazione, il compimento di atti positivi di particolare rilievo morale o sociale, ma semplicemente la prova di essersi reinserito pienamente nella comunità, rispettandone, nei limiti del possibile, le regole, attraverso l'applicazione assidua al lavoro, un tenore di vita onesto e corretto e l'abbandono assoluto di ogni rapporto illecito.
Cass. pen. n. 1485/1998
È ammissibile l'istanza di riabilitazione limitata ad alcune sentenze di condanna, per le quali sia maturato il termine di cui all'art. 179 c.p., mentre la presenza di condanne per fatti posteriori alle sentenze cui si riferisce l'istanza di riabilitazione va presa in considerazione dal giudice competente solo in ordine alla valutazione di merito circa il requisito della buona condotta.
Cass. pen. n. 2314/1997
In tema di riabilitazione, ai fini della verifica del requisito della buona condotta, la valutazione del comportamento tenuto dall'interessato deve comprendere non solo il periodo minimo di cinque anni dall'esecuzione o dall'estinzione della pena inflitta, ma anche quello successivo, fino alla data della decisione sulla istanza prodotta, per cui, qualora il condannato abbia, per un primo periodo, tenuto cattiva condotta e successivamente, per un periodo di cinque anni o superiore, dato prove effettive e costanti di buona condotta, la possibilità della riabilitazione non può ritenersi preclusa dalla iniziale condotta negativa, dovendo la valutazione essere attuata globalmente, tenendosi conto anche, e soprattutto, del comportamento tenuto nell'ultimo quinquennio.
Cass. pen. n. 316/1997
Poiché alla riabilitazione non sono di ostacolo, di per se stesse, eventuali condanne riportate successivamente alla sentenza cui specificamente la richiesta di riabilitazione si riferisce, per determinare la decorrenza del termine allo spirare del quale, a norma dell'art. 179 c.p.p., può essere presa in esame la richiesta (di norma cinque anni o, in caso di recidiva, dieci anni) occorre fare riferimento al momento in cui risulti eseguita o si sia in altro modo estinta la pena principale portata dalla sentenza per cui la riabilitazione è stata chiesta.
Cass. pen. n. 6400/1996
La dimostrazione, da parte del condannato, di non aver potuto adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato, idonea a prevalere sull'onere all'adempimento indicato dall'art. 179, ultimo comma, n. 2, c.p., come presupposto necessario per la riabilitazione, deve consistere in elementi oggettivi concernenti gli introiti disponibili e il carico familiare, e non può ritenersi raggiunta con un'autocertificazione generica, di contenuto valutativo, con la quale si faccia riferimento a un concetto di sufficienza delle entrate limitata al mantenimento della famiglia, implicante un giudizio meramente soggettivo che non consente al tribunale un controllo di conformità al vero.
Cass. pen. n. 4367/1996
In tema di riabilitazione, i termini stabiliti dall'art. 179 c.p., decorrono, nel caso di condanna all'ergastolo, dalla scadenza dei cinque anni dalla data del provvedimento di concessione della liberazione condizionale, verificandosi solo alla detta data, ai sensi dell'art. 177, comma secondo, c.p., e non a quella di emanazione del suindicato provvedimento, l'effetto estintivo al quale fa riferimento il citato art. 179 stesso codice. (In motivazione, a sostegno di detto principio, la S.C. ha, fra l'altro, rilevato che, altrimenti costituendo il regime di libertà vigilata al quale il condannato è sottoposto durante la liberazione condizionale, una prosecuzione del rapporto esecutivo, giusta quanto affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 282/89, detta prosecuzione, con le relative limitazioni della libertà personale, risulterebbe, ex post, priva di titolo giuridico).
Cass. pen. n. 1274/1996
A norma dell'art. 179 c.p. la riabilitazione può essere concessa quando, in presenza degli altri presupposti di legge, il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta. La condotta da considerarsi è quella successiva alla condanna, e la valutazione di essa non può fondarsi sui precedenti penali dell'arrestato.
Cass. pen. n. 820/1996
Presupposto necessario per la concessione della riabilitazione è che il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta, serbando, dopo la condanna, un comportamento rispettoso delle leggi e delle regole di comune convivenza. Ne consegue che non può ritenersi meritevole del beneficio in questione il soggetto che, successivamente alla condanna, sia stato più volte denunciato per reati di vario genere, anche se le diverse denunzie non sono ancora sfociate in sentenze di condanna definitive. Ed invero, ai fini della concessione della riabilitazione, ben possono essere valutati fatti storicamente accertati costituenti ipotesi di reato riferibili al richiedente senza necessità di attendere la definizione del relativo procedimento penale, in quanto quel che conta è la valutazione globale della condotta del richiedente al fine di stabilire se lo stesso — prescindendo dall'accertamento giudiziale della sua responsabilità — abbia dato prova di essere rispettoso delle leggi e delle norme di comportamento che regolano la società civile.
Cass. pen. n. 5768/1996
Quantunque la pendenza di procedimenti penali non possa ritenersi, di per sè, preclusiva della riabilitazione, assume, tuttavia, rilevanza, al fine di valutare la prova costante ed effettiva di buona condotta, il loro esito, in quanto, in caso di accertata condanna, sussiste l'obbligo del giudice di spiegare le ragioni in base alle quali la condanna stessa viene ritenuta compatibile con la prova della buona condotta.
Cass. pen. n. 4721/1995
Ai fini della concessione della riabilitazione in relazione al reato di furto aggravato consumato mediante l'uccisione di un esemplare di fauna selvatica appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato (art. 1, L. 27 dicembre 1977, n. 968), grava sull'interessato, per realizzare la condizione dell'avvenuto adempimento delle obbligazioni civili di cui all'art. 179, comma 4, n. 2, c.p., l'onere di sollecitare nelle forme previste l'amministrazione competente alla valutazione del danno ed all'accettazione della somma risarcitoria conseguentemente quantificata: la sottrazione al servizio pubblico della tutela dell'ambiente faunistico verificatasi con il cosiddetto furto venatorio, ha prodotto un danno, se non quantificabile da un punto di vista economico, sicuramente valutabile da un punto di vista equitativo in relazione alla gravità della lesione dell'interesse della collettività.
Cass. pen. n. 823/1995
Ai fini del decorso del maggior termine per la riabilitazione, occorre che la recidiva sia contestata e ritenuta in una sentenza di condanna emessa in sede di giudizio di cognizione. Non è sufficiente, pertanto, che essa risulti da un certificato del casellario giudiziale, che riporti una condanna emessa in sede di emissione di decreto penale di condanna diventato esecutivo.
Cass. pen. n. 1378/1995
In tema di concessione della riabilitazione, quando il reato in relazione al quale essa viene richiesta è estinto per amnistia, il termine quinquennale previsto dall'art. 179 c.p. assume rilevanza dalla emissione del provvedimento giudiziale di applicazione della causa estintiva, che ha mera natura dichiarativa, per cui i relativi effetti retroagiscono al momento della emissione del provvedimento generale di clemenza. Nessuna rilevanza può avere il fatto che la pena estinta sia una pena pecuniaria per la quale l'amministrazione non aveva ancora avviato la procedura esecutiva di esazione non mettendo così l'imputato in condizione di pagare dal momento del passaggio in giudicato della sentenza fino al verificarsi della causa estintiva.
Cass. pen. n. 350/1995
In tema di riabilitazione, nel caso in cui neanche si prospetti che l'istante versi in una situazione di impossibilità ad adempiere, né si fornisca un inizio di prova idonea a dimostrare che lo stesso si sia in qualsiasi maniera attivato nei confronti della persona offesa dalla condotta delittuosa posta da lui in essere in danno di questa al fine di ristorarla dei danni materiali e morali a lei provocati, è irrilevante la circostanza — nella specie dedotta dal ricorrente come revoca di costituzione di parte civile, ma, invece, trattasi di remissione di querela — dalla quale non potrebbe ricavarsi l'avvenuta emenda del soggetto, sottostante alla soddisfazione dell'esigenza materiale voluta dal legislatore. Né la mancata richiesta di risarcimento della persona offesa, non equivalendo a rinuncia, potrebbe, di per sè, esplicare efficacia liberatoria in ordine all'omesso adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato che impedisce la concessione della riabilitazione.
Cass. pen. n. 1831/1994
Costituisce motivazione meramente apparente del provvedimento con il quale viene concessa la riabilitazione, l'impiego, in un modulo a stampa, della locuzione «risulta . . . che il condannato ha dato prove effettive e costanti di buona condotta», senza alcuna esplicitazione in ordine alla natura ed al contenuto di tali asserite condotte e senza alcuna integrazione e personalizzazione, sul punto, dello stampato, recante la predisposizione di espressione riproducente pedissequamente la formulazione della norma (art. 179, primo comma, ult. parte, c.p.), nella parte in cui essa determina le condizioni per una pronuncia favorevole
Cass. pen. n. 1589/1994
Un decreto penale, emesso nel quinquennio successivo alla condanna per la quale si chiede la riabilitazione, non è, di per sé, ostativo alla concessione di quest'ultima. (In motivazione, la Suprema Corte ha affermato che è sempre necessaria un'analisi circa la natura, l'entità, la valenza sintomatica del nuovo reato al fine di poter escludere quella buona condotta che è requisito indispensabile della riabilitazione).
Cass. pen. n. 640/1994
Il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti da reato non osta alla concessione della riabilitazione quando esso derivi, come risulta dal quarto comma n. 2 dell'art. 179 c.p., dall'impossibilità di adempiere, ossia quando il condannato dimostri di non essere in condizioni di adempiere, nel senso che egli, pur non essendo indigente, non dispone di mezzi patrimoniali che gli consentano di eseguire il risarcimento stesso senza subire un sensibile sacrificio o le parti offese abbiano rinunciato al risarcimento oppure siano irreperibili. In definitiva, la suddetta impossibilità, non potendosi frapporre un ingiustificato ostacolo al reinserimento sociale del riabilitando che abbia, per altro verso, dato prova, attraverso la buona condotta tenuta, di essere meritevole della riabilitazione, non va intesa in senso restrittivo, ma deve essere valutata in relazione a tutti quegli eventi che comunque possono impedire l'adempimento.
Cass. pen. n. 4737/1994
In tema di condizioni per la riabilitazione, l'impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato, di cui all'art. 179, quarto comma, n. 2 c.p., ricomprende tutte le situazioni non addebitabili al condannato che gli impediscono l'adempimento cui è tenuto al fine di conseguire il beneficio.
Cass. pen. n. 4414/1994
In materia di riabilitazione, la denunzia e le condanne riportate dal riabilitando dopo l'emissione delle sentenze oggetto dell'istanza di riabilitazione non escludono di per sé solo il requisito della buona condotta, essendo invece indispensabile che il giudice di merito ricavi da tali accadimenti il convincimento, logicamente corretto, che non sussiste l'anzidetto requisito e motivi in tal senso la conseguente decisione.
Cass. pen. n. 4362/1994
In tema di riabilitazione, non vale a dimostrare l'impossibilità economica del condannato di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato la mera produzione del verbale di udienza del giudizio di sfratto per morosità.
Cass. pen. n. 4331/1994
In tema di riabilitazione non può riconoscersi valore preclusivo alla concessione del beneficio a fatti successivi alle sentenze per cui la riabilitazione viene richiesta se isolatamente riguardati e senza l'esame della loro portata sintomatica negativa in ordine alla condotta complessiva del soggetto. (Nella specie la corte ha annullato il provvedimento che aveva negato la riabilitazione senza esaurientemente motivare circa l'incidenza di un reato contravvenzionale, dichiarato estinto per amnistia, sul requisito della buona condotta).
Cass. pen. n. 4519/1993
Le condanne o le denunzie per fatti posteriori a quelli ai quali si riferisce l'istanza di riabilitazione non sono di per sé ostative alla concessione di tale beneficio, ma occorre che il giudice di merito conduca una penetrante indagine sui fatti posti a base dei relativi procedimenti e sull'esito del giudizio, indicando, nel caso di reiezione della domanda, gli specifici elementi dai quali è tratto il giudizio in ordine all'assenza del ravvedimento del riabilitando.
Cass. pen. n. 4158/1993
Ai fini dell'accertamento della buona condotta richiesta per la riabilitazione, difetta di qualsiasi fondamento logico e di esperienza l'affermazione che la frequentazione di pregiudicati o di tossicodipendenti non merita di essere considerata negativamente, allorché tale frequentazione avvenga in un piccolo centro di paese. La bontà della condotta di cui all'art. 179 c.p., richiedendo comportamenti significativi del ravvedimento del condannato, non si concilia con i rapporti che si instaurano con persone di dubbi costumi e di dubbia moralità perché con ciò il soggetto non mostra di rifuggire da concezioni di vita irregolari di cui le suddette persone sono portatrici.
Cass. pen. n. 3794/1993
In tema di riabilitazione, l'attivarsi del reo al fine della eliminazione, per quanto possibile, di tutte le conseguenze di ordine civile derivanti dalla condotta criminosa costituisce condizione imprescindibile per l'ottenimento del beneficio, anche nel caso in cui nel processo penale sia mancata la costituzione di parte civile e non vi sia stata quindi alcuna pronuncia in ordine alle obbligazioni civili conseguenti al reato.
Cass. pen. n. 3630/1993
In tema di riabilitazione non viene soddisfatto l'obbligo della motivazione quando il giudice di merito si limiti ad accettare acriticamente le informazioni di polizia relative alla condotta serbata dal riabilitando. In tale ipotesi, infatti, si attribuisce alla polizia di sicurezza un compito che è proprio del giudice, cioè la valutazione del comportamento del condannato, ed il cui espletamento deve consistere nell'analisi anche di elementi concreti riferiti a fatti storici e non di generici, anche se qualificati, apprezzamenti, così da pervenire in modo organico a un meditato giudizio.
Cass. pen. n. 3588/1993
L'effetto dell'estinzione della pena — previsto dall'ultimo comma dell'art. 47 dell'ordinamento penitenziario quale conseguenza dell'effetto positivo del periodo di affidamento in prova al servizio sociale — deve essere rapportato alla sola pena detentiva e non anche a quella pecuniaria; ed invero tale disposizione — nonostante la genericità dell'espressione usata («l'effetto positivo del periodo di prova estingue la pena ed ogni altro effetto penale») — non avendo riguardo specificamente agli effetti penali della condanna (a differenza di quanto risulta invece nel testo letterale dell'art. 178 c.p. sulla riabilitazione), deve essere interpretata alla luce dell'intera norma che, nei commi precedenti, fa riferimento alla sola pena detentiva. (Nella fattispecie, il tribunale di sorveglianza, a seguito dell'esito positivo del periodo di affidamento in prova al servizio sociale, aveva ritenuto estinta non solo la pena detentiva ma anche quella pecuniaria che rimaneva ancora in gran parte da espiare mediante pagamento della relativa somma ed aveva quindi concesso la riabilitazione al condannato, ritenendo decorso il termine stabilito per la riabilitazione stessa. La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso del procuratore generale il quale aveva denunciato l'erroneità della ritenuta estinzione della pena pecuniaria, ha affermato il principio di cui in massima).
Cass. pen. n. 3162/1993
La riabilitazione non può essere concessa quando il condannato non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle. Al fine di dimostrare tale impossibilità, colui che abbia tratto lucro dall'azione delittuosa compiuta deve innanzitutto provare di non aver potuto, per una qualche ragione, usufruire dei proventi del reato; deve altresì dimostrare, nel caso in cui abbia svolto (e o svolga) attività lavorativa, che il modesto reddito — appena sufficiente per il proprio sostentamento e per quello dei suoi stretti congiunti — non gli ha consentito di risarcire, neppure in minima parte, le vittime del reato da lui commesso.
Cass. pen. n. 2382/1993
L'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, stabilito come presupposto della riabilitazione dall'art. 179, quarto comma, n. 2, c.p., ha valore dimostrativo dell'emenda del condannato e non deve essere valutato sotto il profilo strettamente civilistico, essendo sufficiente che risulti la volontà di adempiere, anche in minima parte, secondo le possibilità economiche del soggetto interessato. L'assoluta impossibilità di adempiere dev'essere provata da colui che richiede la riabilitazione ed il relativo apprezzamento fatto dal giudice di merito sfugge al sindacato di legittimità, ove sia basato su corrente argomentazioni, non inficiate da vizi logici.
Cass. pen. n. 2125/1993
Il mancato adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato non è ostativo alla concessione della riabilitazione quando derivi dall'impossibilità di prestare le dette obbligazioni, ossia quando il condannato dimostri di non essere in condizioni di effettuarne l'adempimento — nel senso che, pur non essendo indigente, non dispone di mezzi economico-patrimoniali sufficienti al riguardo — o quando le parti offese rinunciano al risarcimento o siano irreperibili. La dichiarazione di fallimento del debitore e la successiva sua ammissione al concordato fallimentare, poi omologato ed eseguito, costituiscono prova dello stato di insolvenza dello stesso e della di lui impossibilità di adempiere in maniera integrale anche le obbligazioni civili nascenti dal reato.
Cass. pen. n. 1821/1993
Atteso il carattere meramente dichiarativo del provvedimento giurisdizionale di applicazione dell'indulto, deve ritenersi che il termine previsto dall'art. 179 c.p. per la concessione della riabilitazione decorra, in caso di pena condonata, non dalla data in cui il detto provvedimento è divenuto esecutivo, sebbene da quella di entrata in vigore del decreto di clemenza.
Cass. pen. n. 1145/1993
Affinché le condanne per fatti posteriori a quelli cui si riferisce l'istanza di riabilitazione possano essere ritenute preclusive di quest'ultima, è necessario che il giudice conduca una penetrante indagine sui fatti posti a base di tali procedimenti indicando gli specifici elementi da cui è tratto il giudizio dell'assenza del ravvedimento del riabilitando, fondato su un ragionamento esauriente, ancorché sintetico e immune da fratture logiche. (Nella specie è stato ritenuto corretto il rigetto dell'istanza di riabilitazione, motivato non già con il meccanico riferimento a condanna successiva ai fatti cui l'istanza si riferiva (peraltro coperta da amnistia), quanto alla sua sintomaticità dell'assenza di prove di buona condotta, avvalorata anche dalla radiazione dell'istante dell'albo professionale).
Cass. pen. n. 606/1993
Non può riconoscersi valore preclusivo della concessione della riabilitazione alla condanna successiva alla sentenza per la quale la riabilitazione è richiesta, se isolatamente riguardata e senza valutazione del contenuto, che va invece esaminato nella sua portata sintomatica e posto in relazione, per un più ampio giudizio, a quant'altro possa riguardare la condotta complessiva del soggetto.
Cass. pen. n. 5260/1993
In tema di riabilitazione il maggior termine di dieci anni previsto dall'art. 179 c.p.p. per la concessione dell'anzidetto beneficio ai recidivi qualificati, decorre, nel caso di pluralità di sentenze di condanna, dalla data in cui la pena inflitta con l'ultima di esse è stata espiata o si è altrimenti estinta, anche se la recidiva sia stata riconosciuta con una sentenza precedente.
Cass. pen. n. 3549/1992
Ai fini della decorrenza del termine per la concessione della riabilitazione, il provvedimento giudiziale applicativo di un provvedimento di clemenza ha natura meramente dichiarativa, per cui gli effetti dell'estinzione del reato retroagiscono alla data di emissione del secondo. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso del P.M., la Suprema Corte ha osservato che non poteva essere condiviso l'assunto che non era decorso il termine quinquennale di cui all'art. 179 c.p. (condizioni per la riabilitazione) per essere stato il provvedimento applicativo dell'amnistia impropria emesso nel 1988).
Cass. pen. n. 2995/1992
Poiché il diritto al risarcimento del danno morale conseguente a reato si trasmette, anche in assenza di determinazione del quantum, agli eredi della persona offesa, non è concedibile, ostandovi il disposto di cui all'art. 179 comma quarto n. 2 c.p., la riabilitazione al soggetto che, pur essendo stati rintracciati i detti eredi (nella specie trattavasi del coniuge della persona offesa), non abbia effettuato né offerto di effettuare il risarcimento, in loro favore, del danno in questione.
Cass. pen. n. 2803/1992
Il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato è ostativo alla concessione della riabilitazione. La dimostrazione da parte del condannato di trovarsi nell'impossibilità di adempiervi, per incapacità economica, non può essere superata col riferimento a mezzi economici costituenti il profitto del reato per cui viene richiesta la riabilitazione appartenente al soggetto passivo del reato stesso. L'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato deve, infatti, avvenire con mezzi di cui il condannato possa disporre legittimamente per ciascuna delle obbligazioni da adempiere. (Fattispecie di riabilitazione richiesta per il reato di bancarotta fraudolenta).
Cass. pen. n. 1132/1992
Il rigetto della richiesta di riabilitazione non può essere motivato facendo riferimento ad un decreto penale anteriore alle condanne per le quali era stata chiesta la riabilitazione ed a procedimenti penali di cui non è stato accertato l'esito, senza considerare i fatti oggetto di questi procedimenti in relazione anche agli altri elementi acquisiti, in modo da giungere ad una valutazione complessiva circa l'esistenza o meno delle prove della buona condotta.
Cass. pen. n. 80/1992
In tema di riabilitazione, è priva di motivazione l'ordinanza del tribunale di sorveglianza che rigetta la richiesta dell'interessato indicando riassuntivamente le cause ritenute ostative alla concessione della riabilitazione, senza l'indicazione del loro contenuto, in modo da porre il giudice di legittimità nelle condizioni di non poter eseguire il controllo sulla completezza, la correttezza e l'assenza di vizi logici. (Nella specie la Corte di cassazione ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale di sorveglianza che aveva ritenuto ostative alla concessione della riabilitazione l'inadempimento nei confronti della parte civile, per quanto dovutole in relazione al fatto di cui alla sentenza di condanna, e la condotta successiva non «assiduamente corretta», del condannato essendo stato l'istante querelato per reato poi dichiarato estinto per intervenuta amnistia).
In tema di riabilitazione, non può essere ritenuto indicativo di cattiva condotta il solo fatto della presentazione di una querela contro l'istante per reato dichiarato estinto per amnistia. La presentazione della querela e l'estinzione del reato per amnistia sono entrambi elementi di giudizio neutri, nel senso che dal secondo non è possibile inferire l'infondatezza dell'accusa e dal primo non è possibile far discendere la dimostrazione della sua fondatezza, e ciò nemmeno ai fini dell'accertamento di una buona o cattiva condotta del querelato. (Nella specie la Corte di cassazione ha annullato con rinvio, per carenza di motivazione, l'ordinanza del tribunale di sorveglianza che aveva ritenuto ostativa alla concessione della riabilitazione la non «assiduamente corretta condotta dell'istante, considerato il fatto di cui alla querela» per reato estinto per amnistia).
In tema di riabilitazione, per potersi valutare il mancato risarcimento dei danni a favore della parte offesa, o comunque l'omessa tacitazione delle sue ragioni creditorie, alla stregua di un elemento condizionante la concessione della riabilitazione, occorre accertare se il debito sia liquido ed esigibile, se vi sia stata quantificazione di esso da parte del creditore, se, in sintesi, l'inadempimento sia stato volontario o non già, per qualsiasi ragione, necessitato (dalla constatata povertà del debitore, dalla inesistenza di richieste risarcitorie da parte del creditore, dalla impossibilità di quantificare il danno nel silenzio della sentenza o da altri elementi capaci di incidere sulla volontarietà dell'inadempimento in questione).
Cass. pen. n. 3906/1992
La semplice esistenza di una o più denunce o la sola pendenza di un procedimento penale a carico dell'istante non vale a legittimare il diniego della riabilitazione.
Cass. pen. n. 1765/1991
Il tossicodipendente attivo e refrattario all'intrapresa di un programma di recupero non può essere considerato «di buona condotta» e non può quindi essere riabilitato, quando abbia subito in precedenza condanna penale, potendosi soltanto ammettere, a temperamento di tale principio, la possibilità di una prova contraria relativa all'esistenza di un comportamento sociale che, nonostante la tossicodipendenza, rientri nei canoni di quella che è comunemente definita come «buona condotta». A maggior ragione, poi, non può essere considerato di buona condotta il soggetto che, senza essere tossicodipendente (e senza essere mosso, ovviamente da riconoscibili intenti di recupero), frequenti abitualmente i tossicodipendenti nei luoghi nei quali costoro usano riunirsi e, addirittura, venga trovato in possesso di sostanze stupefacenti. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso avverso diniego di riabilitazione, non è risultato essere stata fornita una prova di positiva valenza, sotto il profilo della buona condotta, del comportamento del ricorrente, tale da obliterare il dato negativo della tossicodipendenza).
Cass. pen. n. 4509/1991
Il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti da reato non osta alla concessione della riabilitazione quando esso derivi, come risulta dal quarto comma n. 2 dell'art. 179 c.p., dall'impossibilità di adempiere, ossia quando il condannato dimostri di non essere in condizioni di adempiere, nel senso che egli, pur non essendo indigente, non dispone di mezzi patrimoniali che gli consentano di eseguire il risarcimento stesso senza subire un sensibile sacrificio; o le parti offese abbiano rinunciato al risarcimento oppure siano irreperibili. Il relativo accertamento deve formare oggetto di adeguate indagini allo scopo di non frapporre un ingiustificato ostacolo al reinserimento sociale del riabilitando che abbia, per altro verso, dato prova, attraverso la buona condotta tenuta, di essere meritevole della riabilitazione.
Cass. pen. n. 1805/1990
In tema di decorrenza del termine previsto per la riabilitazione dall'art. 179 c.p. nel caso di condanna a pena condizionalmente sospesa, conseguendo l'estinzione del reato all'impossibilità di eseguire la pena per il decorso del termine previsto dall'art. 163 c.p., tale impossibilità, siccome l'estinzione stessa, non possono che retroagire al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna posto che l'evento dedotto in condizione (mancata commissione, nei cinque anni per i delitti e nei due anni per le contravvenzioni, di un delitto o di una contravvenzione della stessa indole in una con l'adempimento degli obblighi imposti) s'è avverato.
Cass. pen. n. 473/1990
Il termine stabilito dalla legge per poter ottenere la riabilitazione di cui all'art. 179 c.p. relativa ad una condanna in ordine alla quale il condannato sia stato ammesso alla liberazione condizionale, decorre dalla data del provvedimento di ammissione alla liberazione condizionale e non da quella in cui sia stata dichiarata estinta la pena, attesa l'efficacia retroattiva del verificarsi della condizione unicamente alla liberazione medesima.