Art. 179 – Codice penale – Condizioni per la riabilitazione
La riabilitazione è conceduta quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
Il termine è di almeno otto anni se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99.
Il termine è di dieci anni se si tratta di delinquenti abituali [102-104], professionali [105] o per tendenza [108] e decorre dal giorno in cui sia stato revocato l'ordine di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro [216].
Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163, primo, secondo e terzo comma, il termine di cui al primo comma decorre dallo stesso momento dal quale decorre il termine di sospensione della pena.
Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi del quarto comma dell'articolo 163, la riabilitazione è concessa allo scadere del termine di un anno di cui al medesimo quarto comma, purché sussistano le altre condizioni previste dal presente articolo.
La riabilitazione non può essere conceduta quando il condannato:
1) sia stato sottoposto a misura di sicurezza [215], tranne che si tratti di espulsione dello straniero dallo Stato [235] ovvero di confisca [240], e il provvedimento non sia stato revocato;
2) non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato [185, 186], salvo che dimostri di trovarsi nella impossibilità di adempierle.
La riabilitazione concessa a norma dei commi precedenti non produce effetti sulle pene accessorie perpetue. Decorso un termine non inferiore a sette anni dalla riabilitazione, la pena accessoria perpetua è dichiarata estinta, quando il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 29284/2024
L'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza che ha riconosciuto la recidiva sussiste anche nel caso in cui non è conseguito alcun aumento di pena per effetto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, posto che tale aggravante esplica comunque i suoi effetti sia con riguardo alla concessione dei benefici penitenziari, sia in relazione alle condizioni per la riabilitazione, sia rispetto all'estinzione della pena per effetto del decorso del tempo.
Cass. civ. n. 19784/2024
In tema di riabilitazione, l'elemento ostativo dell'inadempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato presuppone che ne sia accertata la volontarietà rispetto ad un debito liquido ed esigibile, non potendo avere rilievo né il mancato risarcimento necessitato, né quello comunque ascrivibile a situazioni non addebitabili al condannato. (Fattispecie relativa a condannato per delitti i materia di stupefacenti, la cui richiesta di riabilitazione, accompagnata dalla prova del versamento di € 500 effettuato in favore di un'associazione dedita al recupero dei tossicodipendenti, era stata rigettata a cagione della ritenuta esiguità della somma, nella quale la Corte ha annullato il provvedimento reiettivo rilevando che, in assenza di persone offese e di richieste risarcitorie avanzate da enti esponenziali, il giudice - come, peraltro, espressamente richiestogli dal condannato - avrebbe dovuto fornire indicazioni sulla somma da ritenersi congrua, così da consentire al condannato l'integrale risarcimento).
Cass. civ. n. 14653/2024
L'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza che ha riconosciuto la recidiva sussiste anche nel caso in cui non è conseguito alcun aumento di pena per effetto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, posto che tale aggravante esplica comunque i suoi effetti sia con riguardo alla concessione dei benefici penitenziari, sia in relazione alle condizioni per la riabilitazione, sia rispetto all'estinzione della pena per effetto del decorso del tempo.
Cass. civ. n. 27363/2021
In tema di riabilitazione, nel caso di condanna a pena detentiva congiunta a pena pecuniaria, il computo del termine triennale deve avere riguardo non solo alla data di espiazione della pena detentiva, ma anche a quella di pagamento della pena pecuniaria in quanto quest'ultima contribuisce, allo stesso titolo, a costituire la pena principale del reato.
Cass. civ. n. 13753/2020
In tema di riabilitazione, ai fini della valutazione della sussistenza del presupposto del mantenimento della buona condotta, il giudice può considerare anche l'esistenza di una o più denunce o la sola pendenza di procedimenti penali o amministrativi per fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda, a condizione che ne sia apprezzato il significato concreto, dimostrativo della commissione di condotte devianti o irregolari, tali da provare il mancato recupero del condannato. (Fattispecie in cui l'istanza era stata respinta sulla base del rilievo che l'interessato aveva successivamente riportato diverse denunce per le quali era stata esercita l'azione penale per reati ambientali, alcuni estinti per oblazione, altri per intervenuta prescrizione). (Rigetta, TRIB. SORVEGLIANZA VENEZIA, 22/05/2019)
Cass. civ. n. 17295/2019
In tema di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, la circostanza aggravante prevista dall'art. 319-bis cod. pen., relativa alla stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione, è applicabile anche all'incaricato di pubblico servizio, in quanto il richiamo operato dall'art. 320 cod. pen. all'art. 319 cod. pen. implicitamente contiene anche quello all'art. 319-bis, trattandosi, quest'ultima, di norma accessoria a quella di cui all'art. 319 citato.
Cass. civ. n. 3494/2019
In tema di misure di prevenzione, il soggetto di cui sia stata ritenuta la pericolosità qualificata, in quanto appartenente ad una "mafia storica", può ottenere la riabilitazione solo qualora, oltre alla prova positiva dell'avvenuta rescissione del vincolo associativo, non emergano ulteriori condizioni ostative alla prova di effettiva e costante buona condotta, quali il mancato versamento da parte del soggetto della cauzione, lo stato di perdurante inoccupazione, la mancata denuncia di redditi leciti ed i rapporti con imprese dedite ad attività criminose. (Rigetta, CORTE APPELLO ROMA, 13/02/2019)
Cass. civ. n. 17636/2019
In tema di riabilitazione, l'offerta di una somma manifestamente inadeguata rispetto al danno subito dalla parte lesa, anche se non costituita in giudizio, non può essere ritenuta idonea a configurare una volontà di ristoro e di eliminazione delle conseguenze derivate dal reato, soprattutto quando le condizioni economiche del condannato possano consentirgli di provvedere al risarcimento in maniera maggiormente adeguata anche se non necessariamente integrale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto congruamente motivata la decisione con cui il tribunale di sorveglianza aveva respinto l'opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di riabilitazione in ragione della manifesta inidoneità dell'offerta di euro 500 quale risarcimento dei danni morali per i delitti di sequestro di persona e di atti di libidine violenta commessi in danno di una vittima all'epoca dei fatti molto giovane, a fronte della percezione, da parte del condannato, di una pensione mensile di euro 1.700). (Rigetta, TRIB. SORVEGLIANZA ROMA, 04/05/1980)
Cass. civ. n. 5530/2019
In tema di misure di prevenzione, l'accertamento della buona condotta, necessario per la concessione della riabilitazione, deve essere correlato alle concrete caratteristiche della pericolosità sociale che aveva giustificato la misura e, pertanto, nel caso di soggetto sottoposto a misura di prevenzione in ragione della sua "pericolosità qualificata" derivante dall'appartenenza ad una "mafia storica", richiede la prova positiva dell'avvenuta rescissione del vincolo con l'associazione criminale. (Rigetta, CORTE APPELLO PALERMO, 06/04/2018)
Cass. civ. n. 23359/2018
In tema di riabilitazione, l'assenza di reddito del condannato costituisce un'ipotesi di rimozione del limite alla concedibilità del beneficio, valutabile ai sensi dell'art. 179, comma 6, n. 2, cod. pen., in quanto tale circostanza giustifica l'inadempimento delle obbligazioni civili da reato. (Fattispecie relativa a condannato affetto da cecità, titolare di un assegno di invalidità con accompagnamento, del quale la Corte ha sottolineato la natura solidaristica e non reddituale).
Cass. civ. n. 52493/2016
In tema di riabilitazione del condannato per fatti di criminalità organizzata, la frequentazione da parte dello stesso di soggetti pregiudicati e di persone inserite negli ambienti della criminalità organizzata, è incompatibile con l'accertamento della buona condotta, richiesto quale presupposto per l'accoglimento dell'istanza.
Cass. civ. n. 37829/2015
In tema di riabilitazione, deve escludersi che l'inosservanza dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo possa costituire, di per sé, un elemento ostativo alla concessione del beneficio, in difetto della valutazione di ulteriori elementi dimostrativi del mancato ravvedimento del condannato. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'inadempimento deve essere considerato unitamente ad altri elementi come il fatto per cui era stato imposto l'ordine demolitorio, i destinatari di tale ordine, la sua eseguibilità e le ragioni dell'inottemperanza).
Cass. civ. n. 47889/2013
La dimostrazione di fatti o circostanze favorevoli alla parte privata dichiarante non può essere fornita in sede processuale mediante autocertificazione. (Fattispecie in materia di prova della sussistenza delle condizioni per la riabilitazione).
Cass. civ. n. 1507/2013
In tema di riabilitazione, la valutazione del comportamento dell'interessato ai fini della verifica del requisito della buona condotta deve comprendere non solo il periodo di tre anni dall'esecuzione o dall'estinzione della pena inflitta, ma anche quello successivo, fino alla data della decisione sull'istanza presentata.
Cass. civ. n. 44574/2010
Il termine triennale per la concessione della riabilitazione decorre, in caso di condanna a pena condonata, dalla data del provvedimento di legge che concede il beneficio e non da quello giurisdizionale che lo applica.
Cass. civ. n. 23902/2010
La concessione della riabilitazione in tema di rapina richiede che il condannato provi di avere adempiuto al risarcimento integrale non solo del danno cagionato dall'impossessamento della cosa, ma anche di quello fisico e morale prodotto con l'attentato, attraverso la violenza o le minacce, alla incolumità personale o alla libertà individuale della persona offesa.
Cass. civ. n. 15147/2009
L'istanza di riabilitazione può essere presentata, pur nel caso di condanna a pena condizionalmente sospesa, quando siano decorsi almeno tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza, senza che occorra attendere il decorso del termine di cinque anni per l'operatività dell'effetto estintivo della pena, correlato alla sospensione condizionale.
Cass. civ. n. 45768/2008
La previsione di un termine di almeno otto anni per la concedibilità della riabilitazione in caso di recidiva aggravata trova applicazione solo se detta recidiva sia stata accertata con sentenza di condanna. (Nella specie, è stata dichiarata l'illegittimità del provvedimento del presidente del Tribunale di sorveglianza che aveva ritenuto l'inammissibilità dell'istanza di riabilitazione, proposta prima del decorso dell'indicato termine, da un soggetto condannato, con riconoscimento della recidiva qualificata, con decreto penale).
Cass. civ. n. 45765/2008
Il divieto di concessione della riabilitazione al condannato che non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato non viene meno nel caso in cui sia maturato il termine di prescrizione delle stesse obbligazioni.
Cass. civ. n. 39809/2008
Ai fini della riabilitazione da misura di prevenzione, il giudice deve accertare non tanto l'assenza di ulteriori elementi negativi, bensì prove effettive e costanti di buona condotta ; ne consegue che, mentre il totale silenzio sulla condotta dell'istante risulta insufficiente a fornire prove effettive e costanti di buona condotta, qualsiasi nota negativa in ordine al suo comportamento costituisce prova esattamente contraria a quella richiesta dal legislatore. (Fattispecie relativa ad istanza di riabilitazione, in relazione a misura di prevenzione, presentata da persona nei cui confronti era intervenuta una sentenza di condanna per abusi edilizi ).
Cass. civ. n. 18852/2008
L'impossibilità, per il condannato istante per la riabilitazione, di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato non può essere identificata con la pendenza di una causa civile relativa alle obbligazioni stesse. (In motivazione, la S.C. ha precisato che una causa civile non può che essere riferita alla volontà delle parti e che se la pretesa dell'una fosse ritenuta sproporzionata dall'altra, questa avrebbe sempre la possibilità di corrispondere, nelle more del procedimento, quanto ritenuto dovuto ).
Cass. civ. n. 7115/2008
Ai fini dell'individuazione del termine per la concessione della riabilitazione, non deve tenersi conto della condanna per fatti non più costituenti reato per abolitio criminis. (Nel caso di specie, è stata esclusa l'applicabilità del termine previsto dall'art. 179, comma secondo, c.p., in relazione ad una sentenza di condanna per emissione di assegni a vuoto che aveva ritenuto sussistente la recidiva ex art. 99, comma quarto, c.p.).
Cass. civ. n. 46270/2007
Le condanne e le denunce per fatti successivi alla sentenza cui si riferisce l'istanza di riabilitazione non sono automaticamente ostative alla concessione della stessa, pur potendo essere valutate per trarre da esse, in considerazione della natura e gravità dei nuovi reati, elementi di persuasione in ordine al giudizio globale, positivo o negativo, di mantenimento della buona condotta e di conseguimento dell'emenda.
Cass. civ. n. 43000/2007
In tema di riabilitazione, l'adempimento dell'obbligo risarcitorio non è condizionato dalla proposizione della richiesta della persona danneggiata e spetta all'interessato l'iniziativa della consultazione con quest'ultima per l'individuazione di un'adeguata offerta riparatoria. (La Corte ha precisato che il principio deve trovare applicazione pur quando danneggiata e persona offesa sia la P.A., nella specie un'amministrazione comunale, in riferimento ad un delitto di abuso di ufficio finalizzato alla realizzazione di un ingiusto vantaggio patrimoniale).
Cass. civ. n. 39468/2007
L'impossibilità, per il condannato istante per la riabilitazione, di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato comprende tutte le situazioni a lui non ascrivibili, che gli impediscano l'esatta osservanza dell'obbligo cui è tenuto per conseguirla, non potendosi frapporre ingiustificato ostacolo al suo reinserimento sociale qualora abbia dato prova, con la condotta tenuta, di esserne meritevole.
Cass. civ. n. 36232/2007
In tema di condizioni per la riabilitazione, l'impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato, da valutare non solo come impossidenza economica, ma anche alla luce delle situazioni che di fatto impediscono al condannato di adempiere, non esclude la sussistenza, a suo carico, di un preciso onere probatorio, in base al quale egli è tenuto alla dimostrazione dell'emenda e della condotta di ravvedimento successiva alla condanna.
Cass. civ. n. 28683/2007
Ai fini del conseguimento della riabilitazione in relazione a reato connesso a concessione edificatoria illecitamente ottenuta, è onere del condannato, per realizzare la condizione dell'avvenuto adempimento delle obbligazioni civili che non risultino già individuate ex actis sollecitare nelle forme previste l'Amministrazione competente alla valutazione del danno e all'accettazione della somma risarcitoria conseguentemente determinata, in quanto l'indebita concessione produce un danno che, se non quantificabile da un punto di vista economico, è sicuramente valutabile da un punto di vista equitativo in relazione alla gravità della lesione dell'interesse della collettività.
Cass. civ. n. 28469/2007
La riabilitazione opera anche con riferimento alla sentenza di applicazione della pena su richiesta, in quanto, ai sensi dell'art. 179 c.p., come modificato dall'art. 3, comma primo, lett. a) L. 11 giugno 2004, n. 145 il termine minimo per chiedere la riabilitazione è di tre anni dal giorno in cui la pena principale è stata eseguita o si è in altro modo estinta, sicchè il condannato potrebbe avere interesse ad ottenere la riabilitazione prima che maturi in termine di cinque anni previsto dall'art. 445, secondo comma, c.p.p. per l'estinzione del delitto.
Cass. civ. n. 22775/2007
In sede di pronuncia su una domanda di riabilitazione, la prova della buona condotta necessita della acquisizione di indici che abbiano un significato univoco di recupero del condannato ad un corretto, anche se non esemplare, modello di vita, non potendosi per contro riconnettere ad un singolo episodio di intemperanza — che non sia espressivo di una generale condotta di vita — valore sintomatico di non completamento dell'emenda. (In applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio la decisione con la quale il Tribunale di sorveglianza aveva respinto l'istanza di riabilitazione, basando la valutazione negativa su un unico episodio di ingiurie, senza valutare il contesto dello stesso e il generale modello di vita seguito dall'istante).
Cass. civ. n. 20650/2007
In tema di riabilitazione, la riduzione da cinque a tre anni, per effetto della novella introdotta con L. n. 145 del 2004, del termine con decorrenza, fuori dal caso di esecuzione, dal giorno di estinzione in altro modo della pena principale e necessario per la concessione del beneficio, non ha comportato l'implicita modifica per equiparazione del termine quinquennale previsto per l'estinzione del reato in caso di condanna con sospensione condizionale.
Cass. civ. n. 35714/2006
Ai fini della riabilitazione del condannato, non ha efficacia liberatoria in ordine all'adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato la mancata richiesta di risarcimento del danno da parte della persona offesa che non può essere considerata equivalente alla rinuncia. (Nella specie, relativa ad istanza di riabilitazione da condanna per abuso di ufficio, il condannato aveva trasmesso al Comune, persona offesa del delitto, un assegno, non rifiutato, di 5.000 euro, erroneamente ritenuto dal giudice di merito satisfattivo, in assenza di indicazioni in senso contrario, delle pretese risarcitorie della P.O.).
Cass. civ. n. 18030/2006
Tra le obbligazioni civili derivanti da reato che il condannato deve soddisfare per ottenere la riabilitazione va compresa anche quella del pagamento delle spese processuali che deve essere soddisfatta nel rispetto della regola della solidarietà. Pertanto tra i condannati per lo stesso reato o per reati connessi l'obbligazione non si estingue con il pagamento pro quota ma con il pagamento per l'intero importo.
Cass. civ. n. 7269/2006
In tema di riabilitazione, la dimostrazione, spettante al condannato e idonea a prevalere sull'onere all'adempimento stabilito dall'art. 179, ultimo comma n. 2, c.p., di non avere potuto adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato, deve fondarsi su dati oggettivi, relativi agli introiti disponibili e al carico familiare, e non può ritenersi raggiunta con un'autocertificazione generica, di contenuto valutativo, con la quale si faccia riferimento a un concetto di sufficienza delle entrate limitata al mantenimento della famiglia, implicante un giudizio meramente soggettivo che non consente al tribunale un controllo di conformità al vero.