Art. 267 – Codice civile – Trasmissibilità dell’azione
Nei casi indicati dagli articoli 265 e 266, se l'autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia scaduto il termine, l'azione può essere promossa dai discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi [246].
Nel caso indicato dal primo comma dell'articolo 263, se l'autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia decorso il termine previsto dal terzo comma dello stesso articolo, sono ammessi ad esercitarla in sua vece i discendenti o gli ascendenti, entro un anno decorrente dalla morte dell'autore del riconoscimento o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti.
Se il figlio riconosciuto è morto senza aver promosso l'azione di cui all'articolo 263, sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio riconosciuto o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti.
La morte dell'autore del riconoscimento o del figlio riconosciuto non impedisce l'esercizio dell'azione da parte di coloro che ne hanno interesse, nel termine di cui al quarto comma dell'articolo 263.
Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e l'articolo 245.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 24662/2024
Qualora, per esplicita richiesta delle parti ovvero per legge, il notaio che ha ricevuto un atto soggetto ad iscrizione o a trascrizione debba procurare che questa venga eseguita nel più breve tempo possibile ovvero immediatamente, spetta al prudente apprezzamento del giudice del merito e alla sua libera valutazione, tenendo conto delle determinanti del caso concreto, attinenti sia ai tempi e ai mezzi di normale impiego per l'esecuzione dell'iscrizione, sia alle evenienze non imputabili al notaio, individuare di volta in volta, con giudizio ex post, il termine nel quale quell'adempimento avrebbe dovuto essere eseguito, con la conseguenza che, prima della scadenza di detto termine, la prestazione deve ritenersi inesigibile e l'inadempimento non configurabile. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso la responsabilità professionale di un notaio che aveva eseguito la trascrizione del contratto di compravendita concluso dalle parti il secondo giorno dopo la stipula dell'atto).
Cass. civ. n. 6749/2024
In tema di iscrizione di ipoteca con riserva, il decreto motivato ed il provvedimento emesso in esito al reclamo avverso il decreto, previsti dagli artt. 2674-bis c.c. e 113-ter disp.att. c.c., che provvedono sulla domanda di iscrizione pleno iure, non sono impugnabili con il ricorso di cui all'art. 111 Cost., poiché non hanno natura definitiva e valenza decisoria, non essendo volti ad incidere definitivamente sul diritto del creditore, la cui tutela può trovare attuazione in un ordinario giudizio di cognizione.
Cass. civ. n. 23851/2023
Il provvedimento adottato dal tribunale, in sede di reclamo, avverso il rifiuto del Conservatore dei registri immobiliari di trascrivere l'accordo di negoziazione assistita con cui viene regolamentata una crisi familiare, ex art. 6 del d.l. n. 132 del 2014, contenente una convenzione di trasferimento al coniuge di una quota dell'immobile, priva della sottoscrizione di un pubblico ufficiale abilitato, non è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, della Costituzione, trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione, privo dei caratteri di decisorietà e definitività, potendo le parti agire in via contenziosa per ottenere una pronuncia sull'esistenza del loro diritto all'adempimento pubblicitario.
Cass. civ. n. 1439/2023
In tema di responsabilità del notaio, l'art. 2671 c.c., richiedendo che la trascrizione dell'atto sia effettuata dal pubblico ufficiale "nel più breve tempo possibile", non effettua una rigida predeterminazione del termine, che spetta al giudice del merito stabilire di volta in volta, avuto riguardo alla particolare sollecitudine con la quale la prestazione contrattuale richiesta al professionista deve essere espletata; ne deriva che in caso di reiterati ritardi nel compiere la trascrizione degli atti ricevuti o autenticati sussiste la responsabilità disciplinare del notaio, senza che assuma alcun rilievo l'eventuale danno subito dalle parti stipulanti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della Corte d'appello che aveva ritenuto sussistere la responsabilità del notaio che aveva ripetutamente registro atti dallo stesso rogati oltre il termine di venti giorni).
Cass. civ. n. 1439/2023
In tema di responsabilità del notaio, l'art. 2671 c.c., richiedendo che la trascrizione dell'atto sia effettuata dal pubblico ufficiale "nel più breve tempo possibile", non effettua una rigida predeterminazione del termine, che spetta al giudice del merito stabilire di volta in volta, avuto riguardo alla particolare sollecitudine con la quale la prestazione contrattuale richiesta al professionista deve essere espletata; ne deriva che in caso di reiterati ritardi nel compiere la trascrizione degli atti ricevuti o autenticati sussiste la responsabilità disciplinare del notaio, senza che assuma alcun rilievo l'eventuale danno subito dalle parti stipulanti.
Cass. civ. n. 41670/2021
La clausola di deroga della competenza territoriale contenuta in un contratto concluso da una società in accomandita semplice è vincolante anche per i singoli soci, agli effetti dell'art. 2267 c.c., operando, pertanto, nei confronti della società e dei soci responsabili per le obbligazioni sociali il medesimo foro convenzionale pattuito come esclusivo. (Fattispecie relativa a procedimento d'ingiunzione promosso nei confronti di socio accomandatario di s.a.s. cancellata dal registro delle imprese). (Regola competenza).
Cass. civ. n. 15080/2018
La cessione di credito, stipulata in occasione di un finanziamento, assume funzione di garanzia atipica, paragonabile nei suoi effetti a quella tipica prevista dalla legge nei casi consimili di pegno di crediti. Qualora, dopo la cessione "pro solvendo" del credito, si verifichi il fallimento del cedente, il credito trasferito al cessionario, il quale, in relazione alla garanzia della solvenza, è tenuto ad escutere in primo luogo il debitore ceduto ex art. 1267, comma 2, c.c., è trattato nei confronti del fallito alla stregua di un credito condizionale, a tenore dell'art. 55, comma 3, l. fall., sicché, ai sensi dell'art. 95, comma 2, l. fall., esso deve essere ammesso al passivo con riserva, con conseguente obbligo di accantonamento, nella distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo fallimentare, delle quote assegnate al creditore.
Cass. civ. n. 4410/2017
Il provvedimento della corte d'appello con il quale si conclude, ex artt. 2674-bis c.c. e 113-ter disp. att. dello stesso codice, il procedimento sul reclamo proposto avverso la trascrizione o l'iscrizione con riserva al fine di conservare gli effetti della formalità, non è impugnabile con il ricorso di cui all'art. 111 Cost., trattandosi di un procedimento "lato sensu" cautelare, a contraddittorio non pieno, nel quale le parti interessate, ai sensi dell’art. 113-ter cit., vengono semplicemente sentite, diretto a far sì che, ove sorgano gravi e fondati dubbi sulla trascrivibilità o iscrivibilità di un determinato atto, l'interessato possa ottenere, in via provvisoria, l'attuazione della pubblicità immobiliare, ed il cui oggetto è il solo accertamento della gravità e fondatezza dei dubbi in questione, essendo la definitiva pronuncia sulla sussistenza del diritto e sull'effettuazione della pubblicità rimessa ad un eventuale giudizio contenzioso.
Cass. civ. n. 3022/2015
La responsabilità illimitata del socio illimitatamente responsabile di una società di persone per le obbligazioni sociali trae origine dalla sua qualità di socio e si configura come personale e diretta, anche se con carattere di sussidiarietà in relazione al preventivo obbligo di escussione del patrimonio sociale. Pertanto, l'atto con cui il socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo rilascia garanzia ipotecaria per un debito della società non può considerarsi costitutivo di garanzia per un'obbligazione altrui, ma per un'obbligazione propria.
Cass. civ. n. 4528/2014
È valida la fidejussione prestata dal socio illimitatamente responsabile in favore della società di persone che, pur se sprovvista di personalità giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia e capacità rispetto ai soci stessi; ne consegue che la predetta garanzia rientra tra quelle prestate per le obbligazioni altrui secondo l'art. 1936 c.c., non sovrapponendosi alla garanzia fissata "ex lege" dalle disposizioni sulla responsabilità illimitata e solidale, potendo invero sussistere altri interessi che ne giustificano l'ottenimento - alla stregua di garanzia ulteriore - in capo al creditore sociale ed essendo lo stesso "beneficium excussionis", di cui all'art. 2304 c.c., posto a tutela dei soci ma disponibile, senza alterazioni del tipo legale di società.
Cass. civ. n. 12765/2011
Allorché l'accertamento ai fini IRPEF ed ILOR nei confronti dei pretesi soci sia fondato sull'esistenza di una società di fatto, l'eventuale annullamento dell'accertamento, per l'insussistenza della società stessa, non determina l'automatico annullamento dell'accertamento in questione, dovendo il giudice accertare se le operazioni economiche ascritte alla società ritenuta inesistente siano state compiute dai soci singolarmente od anche solo da alcuno di essi. Infatti, dal coordinato disposto dell'art. 5 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 e degli artt. 1 e 2 del. d.p.r. 29 settembre 1973, n. 599 discende che, in ipotesi di società di fatto tra due o più soggetti, l'ILOR fa carico alla società e l'IRPEF (o l'IRPEG, se uno dei soci di fatto è una società regolare) al singolo socio proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Pertanto, allorché sia accertata esistenza di una società di fatto, i soci sono soggetti passivi, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, unicamente dell'imposta sui redditi, in quanto è la società il soggetto passivo dell'ILOR; mentre, quando sia accertata l'inesistenza della società di fatto, il soggetto passivo di entrambe le imposte per il reddito prodotto dall'attività economica ascritta (in origine) alla società, risultata inesistente, va individuato nella persona cui sia riconducibile quell'attività; ed invero, la mancanza, nella società di fatto di una personalità distinta da quella dei pretesi soci impone di ritenere comunque riferito, già nella contestazione dell'Ufficio, individualmente ad ogni ipotizzato socio l'avvenuto svolgimento di quell'attività economica produttiva di reddito imponibile, con la conseguenza dell'assunzione "ex lege", da parte del medesimo, della qualità di soggetto passivo di entrambe le imposte.
Cass. civ. n. 9297/2007
In tema di responsabilità aggravata, la norma dell'art. 96, c.p.c., nell'affidare al giudice avanti al quale si è «agito o resistito» (primo comma) ed a quello che ha compiuto l'accertamento «l'inesistenza del diritto» (secondo comma) il compito di essere investito della relativa istanza, non pone una regola di competenza, cioè non indica avanti a quale giudice si può esercitare un'azione di cui l'istanza è espressione, ma disciplina un fenomeno che si colloca all'interno di un processo già pendente e che si esprime nell'esercizio da parte del litigante di un potere all'interno di esso — quello di formulazione di un'istanza (e non della proposizione di un'azione) — il cui esercizio impone al giudice di provvedere sull'oggetto della richiesta, la quale, dunque, è strettamente collegata e connessa all'agire od al resistere in giudizio. Ne discende che il potere di rivolgere l'istanza, essendo previsto come potere endoprocessuale collegato e connesso all'azione od alla resistenza in giudizio, non può essere considerato (salvo il caso eccezionale che il suo esercizio sia rimasto precluso in quel processo da ragioni attinenti alla sua struttura e non dipendenti dall'inerzia della parte) come potere esercitatile al di fuori del processo e, quindi, suscettibile di essere esercitato avanti ad altro giudice, cioè in via di azione autonoma. Pertanto, quando tale esercizio avvenisse non ricorrerebbe una situazione di esercizio di un'azione davanti ad un giudice diverso da quello che sarebbe stato competente, bensì, l'esercizio di un'azione per un diritto non previsto dall'ordinamento, il quale appunto prevede il diritto di vedersi liquidare il danno da responsabilità aggravata (nelle due ipotesi previste dai due commi dell'art. 96) soltanto come diritto espressione del diritto di azione esercitato in un processo a tutela della situazione giuridica soggettiva principale che vi sia dedotta e, quindi, come diritto che di tale situazione è conseguenza e che, perciò lo è anche dell'azione con cui essa è fatta valere (in via attiva o passiva).
Cass. civ. n. 19946/2004
La sentenza di condanna pronunciata in un processo tra il creditore della società ed una società di persone costituisce titolo esecutivo anche contro il socio illimitatamente responsabile, in quanto dall'esistenza dell'obbligazione sociale deriva necessariamente la responsabilità del socio, salvo il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale; ne consegue che in caso di opposizione del socio contro cui sia stato azionato il credito il giudice deve specificamente procedere all'accertamento della sua effettiva qualità. (Nella specie la S.C. ha cassato per difetto di motivazione la sentenza di merito che aveva omesso di considerare i fatti allegati dal ricorrente per dimostrare di aver perduto la qualità di socio).
Cass. civ. n. 8305/2003
Se un socio di una società di persone emette in proprio assegni in favore di un creditore della società, deve presumersi che il pagamento sia effettuato al fine di estinguere il debito della stessa. Egli ha, infatti, in polo socio solidalmente ed illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali (salvo, il beneficio della previa escussione del patrimonio sociale ex art. 2304 c.c.), un interesse diretto ad adempiere le obbligazioni gravanti sulla società, e, pertanto, il suo pagamento non può essere considerato come proveniente da un terzo. Ne consegue che, a fronte della eccezione di pagamento sollevata dalla società, incombe al creditore l'onere di dimostrare la diversa causale del pagamento ricevuto.
Cass. civ. n. 2110/2000
In tema di cessione del credito pro solvendo, la garanzia del cedente per mancata realizzazione del credito da parte del cessionario è condizionata alla dimostrazione, da parte di quest'ultimo, dell'adempimento dell'onere di cui all'art. 1267 c.c. (richiesta di pagamento di quanto dovuto al debitore ceduto, o quantomeno, dimostrazione della totale inutilità delle istanze di pagamento, attesa la notoria insolvenza del debitore al momento della cessione).
Cass. civ. n. 4768/1999
Il fatto illecito colposo di uno dei soci di una società di fatto, commesso nell'ambito dell'attività della stessa e per il raggiungimento dei suoi scopi, costituisce illecito della società, ed impegna tutti i soci solidalmente ed illimitatamente, salvo che la responsabilità del socio operatore sia personale, in quanto correlata ad un atto diretto alla lesione dell'altrui diritto, e non coinvolga, quindi, gli altri soci. Tale principio conserva validità anche nella ipotesi in cui sia intervenuta una sentenza penale di assoluzione (per non aver commesso il fatto) nei confronti di uno dei soci, in quanto, operando le statuizioni del giudice penale e di quello civile su piani diversi, l'assoluzione non esclude che la società ed i soci, cui, congiuntamente ed unitariamente è imputato dall'ordinamento l'evento dannoso, ne rispondano civilmente di fronte ai terzi: in tal caso, nei rapporti interni, le conseguenze che da tale affermazione di responsabilità derivano si ripartiscono tra i soci secondo il criterio della partecipazione di ciascuno alle sorti dell'attività collettiva.
Cass. civ. n. 7018/1999
In tema di cessione del credito, non integra gli estremi della violazione dell'obbligo di diligenza cui all'art. 1267, secondo comma, c.c. (diligenza del cessionario nell'iniziare o proseguire le istanze contro il debitore ceduto) la mancata espressione di un voto favorevole, da parte del cessionario, all'ammissione del debitore ceduto alla procedura di amministrazione controllata, onde evitarne il fallimento, e la conseguente insolvibilità del credito ceduto (nella specie, ceduto un credito ad un istituto bancario, il cedente aveva lamentato che quest'ultimo, chiamato ad esprimere il proprio voto in merito all'ammissione del debitore ceduto alla procedura di amministrazione controllata, avesse omesso di manifestarlo, con ciò causando la dichiarazione di fallimento del debitore: la S.C., dopo aver rilevato, in fatto, che la natura della cessione — pro solvendo — escludeva qualsiasi questione in ordine alle garanzie dovute dal cedente diverse da quella concernente la veritas nominis, ha incidenter tantum enunciato il principio di diritto di cui in massima).
Cass. civ. n. 7940/1997
Il provvedimento della Corte d'appello, con il quale si conclude, a norma dell'art. 2674 bis c.c. e art. 113 ter att. stesso codice, il procedimento sul reclamo proposto avverso la trascrizione o l'iscrizione con riserva al fine di conservare gli effetti della formalità, non è impugnabile con il ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione, trattandosi di un procedimento lato sensu cautelare, a contraddittorio non pieno, nel quale le parti interessate, ai sensi del citato art. 113 ter, vengono semplicemente sentite, diretto a far sì che, nel caso in cui sorgano gravi e fondati dubbi sulla trascrivibilità o iscrivibilità di un determinato atto, l'interessato possa ottenere, in via provvisoria, l'attuazione della pubblicità immobiliare, ed il cui oggetto è il solo accertamento della gravità e fondatezza dei dubbi in questione, essendo la definitiva pronuncia sulla sussistenza del diritto e sull'effettuazione della pubblicità, rimessa ad un eventuale giudizio contenzioso.
Cass. civ. n. 370/1995
È inammissibile il ricorso per cassazione proposto in base all'art. 111 Cost. contro il decreto emesso dal presidente del tribunale in sede di ricorso ex art. 2674 c.c., art. 113 bis att. stesso codice e 745 c.p.c. avverso il rifiuto di trascrizione del conservatore dei registri immobiliari, trattandosi di un provvedimento conclusivo di un procedimento che non comporta esplicazione di una attività giurisdizionale in sede contenziosa, in quanto non ha ad oggetto la risoluzione di un conflitto d'interessi, ma il regolamento secondo legge dell'interesse pubblico alla pubblicità immobiliare, e non suscettibile di passare in giudicato, potendo le parti interessate adire la normale via contenziosa per ottenere una pronuncia sull'esistenza del loro diritto.
Cass. civ. n. 5756/1988
L'obbligo del notaio, ai sensi dell'art. 2671 c.c., di risarcire i danni che abbia provocato al cliente con la ritardata trascrizione di un atto ricevuto e con la conseguente inopponibilità del medesimo ad un terzo, integra un'ipotesi di responsabilità contrattuale, che trova fondamento nel rapporto di prestazione d'opera professionale. Pertanto, l'azione proposta dal cliente contro il notaio, per il ristoro di detti danni, non configura un'azione di rivalsa o di regresso, basata su un obbligo di garanzia e diretta a riversare sul notaio gli effetti pregiudizievoli della pretesa di quel terzo, ma costituisce azione rivolta a far valere un'autonoma responsabilità risarcitoria per illecito contrattuale, con conseguente onere, a carico del professionista inadempiente, di fornire la prova dei fatti giustificativi del ritardo.
Cass. civ. n. 1481/1987
Il notaio che, dopo aver pagato, in sede di registrazione, l'imposta proporzionale ipotecaria su un atto pubblico di trasferimento immobiliare (per il quale la trascrizione è obbligatoria) ometta di richiedere tempestivamente al conservatore dei registri immobiliari la formalità di trascrizione, incorre nella sanzione di cui al secondo comma dell'art. 17 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, riguardando il primo comma della stessa norma la diversa ipotesi che il notaio non provveda nei termini prescritti a pagare l'imposta proporzionale dovuta per la trascrizione, quando questa sia obbligatoria.
Cass. civ. n. 3433/1981
Il legislatore — stabilendo, nel primo comma dell'art. 2671 c.c., che il notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l'atto soggetto a trascrizione ha l'obbligo di curare che questa venga eseguita «nel più breve tempo possibile» — ha escluso la predeterminazione, per tale adempimento, di un termine unico, applicabile in tutti i casi, non potendo tale natura assegnarsi al termine di trenta giorni previsto, a fini meramente fiscali, dalla stessa disposizione citata nonché dall'art. 21 della L. 25 giugno 1943, n. 540 sulle imposte ipotecarie. Ne consegue che, dovendo il notaio usare, nell'assolvimento dell'obbligo suddetto, quella particolare sollecitudine imposta dall'importanza della formalità e dall'esigenza della più pronta tutela dell'interesse delle parti, spetta al giudice del merito di stabilire di volta in volta — tenendo conto della particolarità del caso concreto, della natura dell'atto e di ogni altra utile circostanza — se l'indugio frapposto dal professionista giustifichi l'affermazione della sua responsabilità verso il cliente, la quale non può invece farsi discendere dalla semplice considerazione che detta formalità è stata adempiuta dopo un certo numero di giorni dalla stipula dell'atto o in un momento posteriore ad altre trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli al cliente.