Art. 34 – Codice di procedura civile – Accertamenti incidentali
Il giudice, se per legge [124 c.c.] o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato [324; 2909 c.c.] una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio [153] per la riassunzione della causa davanti a lui [50, 307 3; disp. att. 125].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14348/2025
L'istituto della rimessione in termini per l'introduzione di mezzi istruttori presuppone la presenza di un errore ascrivibile ad un fattore impeditivo - avente carattere assoluto e non di mera difficoltà e contrassegnato da un rapporto di causalità diretta e incolpevole rispetto alla decadenza maturata - estraneo alla volontà della parte nei cui confronti si è verificata una decadenza e richiede l'immediata reazione di questa - entro un "termine ragionevolmente contenuto" - dal momento in cui acquisisce la conoscenza e la disponibilità di elementi probatori prima sconosciuti e inaccessibili, nonché la non imputabilità alla parte stessa. (Nella specie, la S.C. ha riconosciuto immune da vizi la decisione della Corte territoriale che aveva considerato tardiva la richiesta di acquisizione della documentazione formatasi in sede penale, poiché avvenuta a distanza di più di sei mesi dall'effettiva conoscenza degli elaborati peritali del pubblico ministero nei procedimenti penali parallelamente pendenti).
Cass. civ. n. 14272/2025
Il ricorso per cassazione, con il quale sono impugnate congiuntamente la sentenza di primo grado e l'ordinanza di inammissibilità dell'appello ex artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., deve contenere la trattazione separata delle censure indirizzate a ciascuno dei due provvedimenti, così da consentire di distinguere quale sia la critica da riferire all'uno e quale all'altro di essi, essendo in mancanza il ricorso inidoneo a raggiungere il suo scopo, che è quello della critica ai provvedimenti impugnati.
Cass. civ. n. 13860/2025
La domanda di regresso ex art. 292, comma 1, del d.lgs. n. 209 del 2005, esercitata dall'impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada che ha risarcito il danno, avendo natura di azione autonoma e speciale ex lege, non assimilabile né allo schema tipico dell'azione di regresso tra coobbligati solidali né allo schema della surrogazione pura nel diritto del danneggiato, va riproposta in appello ex art. 346 c.p.c., ove non sia intervenuta alcuna statuizione su di essa da parte del primo giudice.
Cass. civ. n. 13838/2025
In tema di appello incidentale, il differimento della udienza indicata nell'atto di citazione, ai sensi dell'art.168-bis, comma 4, c.p.c. per il caso che il giudice in quel giorno non tenga udienza, non incide, a differenza di quello previsto dal comma 5 del medesimo art. 168-bis c.p.c., sul termine per la proposizione del gravame incidentale, anche ove il rinvio sia disposto con provvedimento espresso adottato dal Presidente della Corte d'appello.
Cass. civ. n. 13103/2025
Nel giudizio di divisione, le contestazioni alla stima del valore del bene da dividere, formulate per la prima volta in appello, non integrano domande o eccezioni nuove, precluse ex art. 345 c.p.c., atteso che la contestazione mira semplicemente a verificare la legittimità dello svolgimento delle operazioni divisionali e, precisamente, l'esattezza della stima del bene comune, ma sempre in vista del perseguimento del risultato cui mirava la proposizione della domanda originaria.
Cass. civ. n. 13063/2025
Nel giudizio avente ad oggetto l'accertamento della responsabilità del danno da fatto illecito imputabile a più persone, il giudice di merito adito dal danneggiato può e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei condebitori ha esercitato l'azione di regresso verso gli altri oppure se ha chiesto l'accertamento di tale ripartizione interna in vista del regresso; ne consegue che, quando il presunto autore dell'illecito si limita a negare la propria responsabilità senza chiedere espressamente, neppure in via gradata, l'accertamento della percentuale di responsabilità propria e altrui in ordine al verificarsi del fatto dannoso, non formula alcuna domanda nei confronti degli altri convenuti e tale istanza, se proposta per la prima volta in appello, è inammissibile in quanto nuova.
Cass. civ. n. 12791/2025
Nel caso in cui il giudice di primo grado non accolga alcune richieste istruttorie, la parte che le ha formulate ha l'onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, in modo specifico, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, devono ritenersi abbandonate e non più riproponibili in sede di impugnazione; tale presunzione può essere ritenuta, tuttavia, superata dal giudice di merito, qualora, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa, attraverso l'esame degli scritti difensivi. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva ritenuto come implicitamente rinunciata la prova testimoniale, inizialmente ammessa e poi revocata dal giudice istruttore, non espressamente riproposta all'udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado, nel corso della quale la parte si era limitata ad un generico richiamo agli atti difensivi).
Cass. civ. n. 12636/2025
La regola secondo cui, in caso di cd. "doppia conforme", il ricorso per cassazione non può essere proposto per il motivo di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., è applicabile anche alle sentenze d'appello rese in sede di rinvio, perché, non distinguendo l'art. 348-ter, comma 5, c.p.c. tra queste e quelle d'appello rese in via ordinaria, la ratio della norma va individuata nell'esigenza di evitare la proliferazione di ricorsi per cassazione volti alla rivisitazione della ricostruzione dei fatti, qualora la doppia giurisdizione di merito li abbia valutati in senso conforme.
Cass. civ. n. 12258/2025
Qualora fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato, ove non imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell'art. 295 c.p.c., ma può essere facoltativamente disposta ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c. applicandosi, in caso di sopravvenuto conflitto tra giudicati, l'art. 336, comma 2 c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso avverso la decisione che aveva respinto la domanda di sospensione del giudizio di divisione in attesa della definizione, con passaggio in giudicato della relativa sentenza, del giudizio di usucapione introdotto dal convenuto dopo la sentenza di primo grado).
Cass. civ. n. 11594/2025
Nel processo tributario, l'art. 346 c.p.c., riprodotto, per il giudizio di appello davanti alla commissione tributaria regionale, dall'art. 56 del d.lgs. n. 546 del 1992 (oggi sostituito dall'art. 110 del d.lgs. n. 175 del 2024), per cui le questioni ed eccezioni dell'appellato non accolte dalla sentenza di primo grado e non espressamente riproposte in appello si intendono rinunciate, si applica anche quando il contribuente non si è costituito in giudizio, restando contumace, e va riferita a qualsiasi questione proposta dal ricorrente, a condizione che sia suscettibile di essere dedotta come autonomo motivo di impugnazione.
Cass. civ. n. 11455/2025
In caso di esercizio dell'azione negatoria della servitù, di cui all'art. 949 c.c., in un processo soggetto alle regole previgenti rispetto alle modifiche di cui all'art. 3, comma 12, lett. i), e comma 13, lett. b), del d.lgs. n. 149 del 2022, l'attore, anche a fronte della contestazione del diritto di proprietà operata dal convenuto con la comparsa di risposta, può proporre domanda di accertamento del suddetto diritto con efficacia di giudicato, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., non solo nell'udienza di cui all'art. 183 c.p.c. ma anche con la prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c..
Cass. civ. n. 11138/2025
Il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227, comma 1, c.c. integra un'eccezione in senso lato ed è, pertanto, rilevabile d'ufficio anche in appello (così come in sede di rinvio), fermo restando il limite del giudicato interno, sicché, qualora sulla questione vi sia stata una statuizione di primo grado, il giudice di secondo grado può pronunciarsi solo se la decisione gli sia stata devoluta mediante l'impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha escluso la possibilità di ravvisare l'avvenuta eventuale formazione del giudicato interno sulle questioni concernenti l'esistenza dell'illecito commesso dall'ente locale e l'entità delle relative conseguenze dannose, in relazione alla compromissione delle capacità edificatorie del terreno di proprietà degli originari attori, atteso che tali questioni erano state costantemente devolute, dapprima al giudice d'appello, e poi al giudice di legittimità, e quindi al giudice del rinvio, mediante le impugnazioni proposte dalle parti).
Cass. civ. n. 10858/2025
In tema di appello, ciò che rileva, ai fini della decadenza dal diritto di produrre, entro la prima occasione processuale utile, i documenti nuovi, non è la mera conoscenza presuntiva dell'atto, ma la sua conoscenza effettiva ovvero la presunzione di conoscenza assoluta, potendo solo da essa e dalla successiva inerzia dell'interessato discendere la conseguenza della tardività della produzione. (Nella fattispecie in esame, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello, che aveva ritenuto tardiva la produzione in giudizio di una delibera della giunta comunale, sulla base dell'erronea premessa che la conoscenza dell'atto dovesse essere fatta risalire al momento della pubblicazione nell'albo pretorio e non a quello della comunicazione agli interessati).
Cass. civ. n. 10829/2025
In tema di formazione del giudicato, se una sentenza contiene due statuizioni, una di cessazione della materia del contendere (nella specie, in relazione alla domanda di esecuzione dell'obbligo di concludere il contratto definitivo ex art. 2932 c.c.) e l'altra contenente un accertamento (nella specie, di responsabilità del promissario acquirente che non aveva dato esecuzione al preliminare, ai fini della soccombenza virtuale), detta seconda statuizione va impugnata onde evitare che la decisione diventi definitiva, a differenza della prima che è inidonea al giudicato, salvo quanto alla statuizione del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del giudizio.
Cass. civ. n. 9059/2025
Il motivo d'impugnazione è costituito dall'enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un "non motivo" del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l'inammissibilità, ai sensi dell'art. 366, n. 4, c.p.c.. (In applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui il ricorrente, nell'invocare l'ammissibilità dell'opposizione avverso una cartella esattoriale, fondata su ingiunzione di pagamento ex r.d. n. 639 del 1910, perché proponibile senza limiti di tempo, quando volta a contestare il difetto del titolo esecutivo, non si era confrontato con la ratio decidendi della sentenza impugnata nella quale l'inammissibilità dell'opposizione all'esecuzione era stata pronunciata in forza del principio per cui il debitore opponente non può far valere vizi antecedenti alla formazione del titolo).
Cass. civ. n. 416/2025
In tema di intese restrittive della concorrenza, la nullità parziale del contratto di fideiussione "a valle" dipendente da intesa restrittiva "a monte", in quanto eccezione "in senso lato", è deducibile e rilevabile d'ufficio in grado di appello a prescindere dalla relativa allegazione di parte, ma non è consentita, in deroga all'art. 345, comma 3, c.p.c., nel testo introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012, la produzione di nuovi documenti, come anche l'ammissione di nuove prove, diretti a dare dimostrazione della nullità stessa.
Cass. civ. n. 25876/2024
In tema di impugnazioni, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, comma 2, c.p.c. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell'art. 329, comma 2, c.p.c.), né sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della Corte d'appello che, in mancanza di impugnazione incidentale, aveva rilevato il giudicato interno sulla sussistenza del fatto illecito di diffamazione attribuito al convenuto appellato, questione decisa separatamente dal giudice di primo grado e del tutto distinta dall'accertamento della sussistenza dell'esimente di cui all'art. 32 bis della l. n. 195 del 1958, oggetto dell'appello principale dell'attore).
Cass. civ. n. 25409/2024
La procura rilasciata "con ogni più ampia facoltà di legge" in calce alla comparsa di risposta in appello, in quanto comprensiva del potere di compiere ogni attività processuale utile all'appellato, legittima il difensore a proporre l'appello incidentale.
Cass. civ. n. 25191/2024
Nel processo tributario, l'onere d'impugnazione specifica richiesto dall'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, norma speciale rispetto all'art. 342 c.p.c., è assolto anche ove l'Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato già dedotte in primo grado.
Cass. civ. n. 24677/2024
La rinuncia alla prescrizione, integrando un'eccezione in senso lato, non è soggetta all'onere di riproposizione ex art. 346 c.p.c. e può essere rilevata d'ufficio, anche in appello, purché i fatti su cui essa si fonda, benché non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo, sempre che la stessa non sia stata respinta in primo grado con pronuncia espressa o implicita, essendo in tal caso necessario proporre appello, eventualmente in via incidentale, onde evitare la formazione del giudicato interno che ne preclude ogni riesame, anche officioso.
Cass. civ. n. 24639/2024
L'onere di produrre la sentenza di cassazione nel giudizio di rinvio, non grava a pena di decadenza sulla parte che ha riassunto la causa, con la conseguenza che il suo mancato rispetto ad opera di quest'ultima non determina l'improcedibilità del giudizio, ma impone al giudice l'assegnazione alle parti, pena l'estinzione del procedimento, di un termine per procedere al suddetto incombente. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva dichiarato improcedibile il giudizio di rinvio, in materia di protezione internazionale, per avere lo straniero riassumente depositato non la copia autentica della decisione rescindente, ma quella comunicata dalla cancelleria ex art. 133 c.p.c.).
Cass. civ. n. 23880/2024
La domanda di annullamento di un atto tributario, sottoposto ad impugnazione giudiziale mediante sul presupposto della sua illegittimità, mira ad una pronuncia costitutiva, essendo diretta all'eliminazione dell'atto stesso, sicché l'Amministrazione finanziaria, anche in caso di omessa costituzione in primo grado, è legittimata ed ha interesse a sostenere, in appello, la sua legittimità per paralizzare e resistere alla domanda avversaria, senza che ciò determini la violazione degli artt. 57 e ss. del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell'art. 345 c.p.c., trattandosi di esercizio di mere difese e non della proposizione di una domanda o eccezione in senso proprio.
Cass. civ. n. 21080/2024
Nel giudizio di appello non è ammissibile, ai sensi dell'art. 345 c.p.c., la produzione di documenti (nella specie, referti medici) che, ancorché formati successivamente, rappresentano fatti già esistenti all'epoca del giudizio di primo grado e che avrebbero potuto essere formati in precedenza e tempestivamente prodotti.
Cass. civ. n. 20392/2024
Nell'ipotesi in cui il giudice d'appello rigetti il gravame proponendo una interpretazione della sentenza diversa da quella dell'appellante, ma conforme a diritto, non si ha violazione dei principi di cui agli artt. 112, 342 e 345 c.p.c. ed il soccombente, se intende ricorrere per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, ha l'onere di proporre specifica e valida impugnazione della lettura della sentenza di primo grado adottata dal giudice di appello, a pena di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso una sentenza d'appello che aveva interpretato la sentenza di primo grado come accertamento, ex art. 615 c.p.c., dell'estinzione dei crediti erariali per prescrizione quinquennale, in quanto il ricorrente non aveva censurato la lettura data dal giudice d'appello).
Cass. civ. n. 20351/2024
Tra la domanda di risarcimento del danno relativa all'"an debeatur" e quella relativa al "quantum debeatur" non si pone un rapporto di piena alternatività, ma un rapporto di pregiudizialità logica, non soggetta all'applicazione dell'art. 34 c.p.c., che, invece, riguarda la diversa fattispecie della pregiudizialità tecnica; ne consegue che, nell'ipotesi in cui le due domande siano proposte contemporaneamente davanti a due giudici diversi, non deve procedersi alla sospensione necessaria del giudizio sul "quantum" in attesa della definizione di quello sull'"an", mentre, in caso di contemporanea proposizione delle domande al medesimo giudice, quella pregiudiziale non deve essere decisa autonomamente, poiché l'accertamento sul diritto pregiudicato (oggetto della domanda di condanna specifica) implica quello sul rapporto pregiudicante (oggetto della domanda di condanna generica), a cui si estende l'effetto di giudicato.
Cass. civ. n. 19829/2024
Nel rito del lavoro, il giudice di appello deve vagliare l'ammissibilità dei documenti prodotti dall'appellante, già contumace in primo grado, ex art. 437 c.p.c. in base alla loro rilevanza e, cioè, all'indispensabilità ai fini della decisione, valutandone la potenziale idoneità dimostrativa in rapporto al thema probandum, avuto riguardo allo sviluppo assunto dall'intero processo.
Cass. civ. n. 19795/2024
In tema di giudizio di cassazione, la tardività del ricorso incidentale, ai fini della sua inefficacia ex art. 334, comma 2, c.p.c. conseguente alla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, può essere apprezzata con riferimento alla data di comunicazione del decreto a cura della cancelleria, ai sensi dell'art. 99, comma 12, l.fall., indicata dal ricorrente principale, poiché, in assenza di diverse allegazioni del ricorrente incidentale, si deve presumere che il decreto sia stato comunicato alle parti in pari data.
Cass. civ. n. 18222/2024
L'occupazione appropriativa e l'occupazione usurpativa sono caratterizzate l'una dall'irreversibile trasformazione del fondo in assenza del decreto di esproprio, e l'altra dalla trasformazione in mancanza, originaria o sopravvenuta, della dichiarazione di pubblica utilità. Tuttavia, nel caso di proposizione dell'azione di risarcimento del danno in conseguenza di occupazione usurpativa è ammissibile la riqualificazione della domanda, anche da parte del giudice, come relativa ad una occupazione appropriativa, in quanto entrambe fonte di responsabilità risarcitoria della P.A. secondo i principi di cui all'art. 2043 c.c.
Cass. civ. n. 18018/2024
In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel "thema decidendum" del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio.
Cass. civ. n. 17118/2024
In materia di consulenza tecnica d'ufficio, la nullità dell'elaborato disposto nel primo grado di giudizio per avere il c.t.u. utilizzato documenti irritualmente acquisiti, utili a provare i fatti principali, va fatta valere con l'appello, determinandosi nella specie un vizio processuale che, ove non ritualmente impugnato, resta sanato.
Cass. civ. n. 1109/2022
In tema di giudizio d'appello, ai fini della procedibilità dell'impugnazione rileva non la data di perfezionamento dell'iscrizione a ruolo bensì quella di presentazione della relativa nota di iscrizione, non potendo imputarsi alla parte adempiente il ritardo nell'espletamento di un'attività di registrazione degli atti da parte dell'Ufficio di Cancelleria. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 15/09/2020).
Cass. civ. n. 41254/2021
Le regole sull'impugnazione tardiva, sia ai sensi dell'art. 334 c.p.c., che in base al combinato disposto di cui agli artt. 370 e 371 c.p.c., operano esclusivamente per il ricorso incidentale in senso stretto e, cioè, proveniente dalla parte contro cui è stata proposta l'impugnazione principale e non anche per quello che abbia contenuto adesivo al ricorso principale - neppure ove contenga censure aggiuntive rispetto a quest'ultimo - che va proposto, a pena di inammissibilità, nel termine ordinario di impugnazione. (Sospende esecutorietà, CORTE D'APPELLO GENOVA, 21/11/2016).
Cass. civ. n. 41895/2021
Qualora due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, senza che, ai fini della formazione del giudicato esterno sullo stesso, sia necessaria una domanda di parte volta ad ottenere la decisione di una questione pregiudiziale con efficacia di giudicato, atteso che la previsione dell'art. 34 c.p.c. si riferisce alla sola pregiudizialità in senso tecnico e non già a quella in senso logico giuridico.(In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto coperto da giudicato, pur in assenza della relativa eccezione,l'accertamento del contenuto di una convenzione, contenente il richiamo all'art. 2112 c.c., avente per oggetto la garanzia dei lavoratori ad essere riassunti da un Comune). (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO TORINO, 11/06/2019).
Cass. civ. n. 40560/2021
Ai fini della specificità dei motivi d'appello richiesta dall'art. 342 c.p.c. è sufficiente una chiara esposizione delle doglianze rivolte alla pronuncia impugnata, senza necessità di proporre un progetto alternativo di sentenza, sicché l'appellante il quale lamenti l'erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado può limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare "ex novo" le prove già raccolte e sottoporre le argomentazioni già svolte nel processo di primo grado. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 21/11/2018).
Cass. civ. n. 21606/2021
La nuova formulazione dell'art. 345, comma 3, c.p.c., introdotta dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, che prevede il divieto di ammissione, in appello, di nuovi mezzi di prova e documenti, salvo che la parte dimostri di non avere potuto proporli o produrre per causa non imputabile, trova applicazione, in difetto di un'espressa disciplina transitoria ed in base al generale principio processuale "tempus regit actum", quando la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dopo l'11 settembre 2012. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 10/11/2015).
Cass. civ. n. 20315/2021
La parte totalmente vittoriosa nel merito, ma soccombente su questione pregiudiziale di rito e/o preliminare di merito per rigetto (espresso od implicito) o per omesso esame della stessa - che consiste nell'illegittima pretermissione o nella violazione dell'ordine di decisione delle domande e/o delle eccezioni impresso dalla parte medesima - deve spiegare appello incidentale per devolvere alla cognizione del giudice superiore la questione rispetto alla quale ha maturato una posizione di soccombenza teorica. Infatti, non può limitarsi alla mera riproposizione di detta questione, che è sufficiente nei soli casi in cui non vi è la necessità di sollevare una critica nei confronti della sentenza impugnata, ovvero nelle ipotesi di legittimo assorbimento. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto, in assenza di appello incidentale sul punto, che si fosse formato già in appello il giudicato interno sulla questione relativa all'inutilizzabilità di alcuni documenti, eccepita in primo grado, poiché il giudice l'aveva implicitamente respinta, ritenendo nel merito che tali documenti non costituissero prova idonea). (Dichiara inammissibile, COMM.TRIB.REG. ROMA, 19/05/2014).
Cass. civ. n. 25840/2021
In materia di impugnazioni, la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, non ha l'onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni o le questioni superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente, in modo tale da manifestare la volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo ai sensi dell'art. 346 c.p.c. (Nella specie, la S.C., respingendo il ricorso, ha escluso il vizio di ultrapetizione della sentenza che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in grado di appello, aveva accolto l'eccezione di gratuità del servizio di necroscopia, per il cui corrispettivo l'Asl aveva agito in via monitoria, pur essendo stata, tale eccezione, semplicemente riproposta dall'opponente appellato, comunque totalmente vittorioso in primo grado). (Rigetta, TRIBUNALE BERGAMO, 16/06/2015).
Cass. civ. n. 37272/2021
La scelta del giudice d'appello di definire il giudizio prendendo in esame il merito della pretesa azionata (sia con il rigetto che con l'accoglimento) non può dirsi proceduralmente viziata sul presupposto che si sarebbe dovuta affermare l'inammissibilità per assenza di ragionevole probabilità di accoglimento; pertanto, ove il giudice non ritenga di assumere la decisione ai sensi dell'art. 348-ter, comma 1, c.p.c., la questione di inammissibilità resta assorbita dalla sentenza che definisce l'appello, che è l'unico provvedimento impugnabile, ma per vizi suoi propri, "in procedendo" o "in iudicando", e non per il solo fatto del non esservi stata decisione nelle forme semplificate. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 31/10/2018).
Cass. civ. n. 21925/2021
La proroga dei termini processuali che scadono nella giornata di sabato, ex art. 155, comma 5, c.p.c., è applicabile anche al temine per la costituzione in appello, che avviene, ai sensi dell'art. 347, comma 1, c.p.c., secondo le forme ed i termini per i procedimenti davanti al tribunale. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 10/11/2015).
Cass. civ. n. 1887/2020
In tema di intervento del Fondo di garanzia gestito dall'INPS, il presupposto della non assoggettabilità a fallimento dell'imprenditore, sia in astratto che in concreto, costituisce una tipica questione pregiudiziale in senso logico rispetto alla domanda giudiziale concernente la prestazione previdenziale, che può essere accertata dal giudice adito in via incidentale, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., senza che sia necessaria una preventiva verifica da parte del Tribunale fallimentare con il concorso degli altri creditori. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 12/12/2017).
Cass. civ. n. 157/2020
Il divieto di proporre domande nuove in appello, previsto dall'art. 345, comma 1, c.p.c., è posto a tutela di un interesse di natura pubblicistica, sicchè la relativa violazione è rilevabile in sede di legittimità anche d'ufficio, senza che possa spiegare alcuna influenza l'accettazione del contraddittorio. (Cassa senza rinvio, TRIB.SUP. DELLE ACQUE PUBBLICH ROMA, 04/05/2017).
Cass. civ. n. 121/2020
In caso di rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda condizionata di garanzia, la devoluzione di quest'ultima al giudice investito del gravame sulla domanda principale non richiede la proposizione di appello incidentale, essendo sufficiente la riproposizione della domanda, ai sensi dell'art. 346 c.p.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 16/07/2013).
Cass. civ. n. 9847/2020
Se l'opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada, regolata dall'art. 7 del d.lgs. n. 150 del 2011, è stata erroneamente introdotta col rito ordinario, il mutamento del rito può essere disposto, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del medesimo decreto, non oltre la prima udienza di comparizione delle parti, all'esito della quale il rito adottato dall'opponente in primo grado si consolida anche con riguardo alla forma dell'impugnazione; pertanto, in tale fattispecie la tempestività dell'appello deve essere verificata prendendo come riferimento la data di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario per la notificazione, anziché quella del suo deposito in cancelleria. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE ROMA, 11/12/2015).
Cass. civ. n. 22675/2020
In tema di cd. patrocinio autorizzato ex art. 43 del r.d. n. 1611 del 1933, l'erronea indicazione del legale rappresentante dell'ente nell'atto di appello non determina l'inammissibilità del gravame, trattandosi di indicazione ultronea rispetto alla valida instaurazione del rapporto processuale, ai cui fini è sufficiente che il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato sia stato autorizzato nelle forme di cui alla suddetta disposizione e che in capo al difensore consti la qualità di avvocato dello Stato. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO SALERNO, 12/11/2014).
Cass. civ. n. 30782/2019
Il gravame incidentale tardivamente proposto, in quanto processualmente dipendente da quello principale ai sensi dell'art. 334, comma 2, c.p.c., è inefficace anche quando quest'ultimo sia dichiarato improcedibile per difetto di interesse all'impugnazione dell'appellante principale, attesa la similitudine tra inammissibilità e improcedibilità, entrambe incidenti sul procedimento di impugnazione prima della trattazione del merito e con effetti non riferibili alla volontà dell'appellante.
Cass. civ. n. 22854/2019
In presenza di cumulo nello stesso processo di domande nei confronti di soggetti diversi, qualora il giudice si pronunci sul merito di una domanda avanzata verso una parte e, adottando un espresso e formale provvedimento di separazione ai sensi dell'art. 279, comma 2, n. 5, c.p.c., dichiari la necessità di ulteriore istruzione in relazione alla pretesa rivolta verso l'altra, la sentenza assume il carattere di pronuncia definitiva nei confronti del primo soggetto e, come tale, è impugnabile da quest'ultimo solo in via immediata e sottratta alla riserva di impugnazione differita ex artt. 340 e 361 c.p.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello che, oltre a pronunciarsi sul merito della domanda proposta nei confronti di una parte appellata respingendo l'appello, aveva altresì regolato le spese di lite del grado e, contestualmente, provveduto a separare la causa nei confronti dell'altra appellata, rispetto alla quale aveva emesso decisione non definitiva su alcune questioni preliminari, rinviando la disamina del merito all'esito di ulteriore istruttoria).
Cass. civ. n. 3194/2019
In materia di appello, affinché un capo di sentenza possa ritenersi validamente impugnato, è necessario che l'atto di gravame esponga compiute argomentazioni che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, mirino ad incrinarne il fondamento logico-giuridico; tanto presuppone che sia trascritta o riportata con precisione la pertinente parte motiva della sentenza di primo grado, il cui contenuto costituisce l'imprescindibile termine di riferimento per la verifica in concreto del paradigma delineato dagli artt. 342 e 343 c.p.c. e, in particolare, per apprezzare la specificità delle censure articolate.
Cass. civ. n. 11197/2019
L'appello, nei limiti dei motivi di impugnazione, è un giudizio sul rapporto controverso e non sulla correttezza della sentenza impugnata, rispetto ad esso non è quindi concepibile alcun rapporto di autosufficienza ma solo di specificità, che presuppone la specificità della motivazione della sentenza impugnata, sicché, ove manchi quest'ultima, non è esigibile dall'appellante, che intenda dolersi del rigetto in primo grado delle sue istanze istruttorie, altro onere se non quello di riproporre l'istanza o la domanda immotivatamente rigettata.
Cass. civ. n. 11549/2019
In tema di giudizio di appello, se tra la notifica dell'atto di citazione e l'udienza di comparizione intercorre un termine inferiore a novanta giorni, come prescritto dall'art. 163 bis c.p.c., cui rinvia l'art. 359 c.p.c., l'atto è nullo ex art. 164, comma 1, c.p.c. e deve applicarsi il secondo comma di tale norma, secondo cui in caso di mancata costituzione del convenuto, il giudice, rilevata la nullità della citazione, ne dispone la rinnovazione entro un termine perentorio. La sanatoria del vizio ha efficacia ex tunc e l'atto risulta valido ed efficace fin dalla prima notifica, così da impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, non assumendo alcun rilievo che sia già decorso il termine per impugnazione al momento del rinnovo.
Cass. civ. n. 5134/2019
Le parti hanno la facoltà, per effetto del principio dispositivo, di disporre dell'ordine logico delle questioni poste, salvo che queste non siano rilevabili d'ufficio, e, quindi, possono condizionare l'appello incidentale all'accoglimento di quello principale concernente il merito della causa, ancorché, con l'impugnazione incidentale, ripropongano una questione di carattere pregiudiziale o preliminare (di rito o di merito), giacché, se l'appello principale, che deve essere sottoposto ad un preventivo esame, risultasse totalmente infondato, l'appellante incidentale non avrebbe più interesse a che il proprio gravame fosse deciso, poiché il suo eventuale esito positivo non potrebbe portare ad un risultato a lui più favorevole relativamente all'oggetto della controversia.
Cass. civ. n. 26811/2019
L'appello proposto in via principale da chi, essendo stata la sentenza già impugnata da un'altra parte, avrebbe potuto proporre soltanto appello incidentale, non è inammissibile, ma può convertirsi, per il principio di conservazione degli atti giuridici, in gravame incidentale, purché depositato nel termine prescritto per quest'ultima impugnazione.
Cass. civ. n. 6281/2019
In tema di giurisdizione, la parte convenuta che abbia proposto domanda riconvenzionale (o, nel processo amministrativo, ricorso incidentale), rimasta non esaminata in quanto assorbita dal pieno rigetto nel merito della domanda principale, non è legittimata a proporre appello incidentale, eventualmente in via condizionata, contro il capo implicito della sentenza con cui il giudice adito ha affermato la propria giurisdizione, in quanto tale parte, avendo a sua volta implicitamente invocato la giurisdizione del medesimo giudice spiegando domanda riconvenzionale, sul punto è risultata pienamente vittoriosa.
Cass. civ. n. 26495/2019
Il giudice innanzi al quale sia proposta una domanda di nullità contrattuale deve rilevare d'ufficio l'esistenza di una causa di nullità diversa da quella prospettata, che sia desumibile dai fatti dedotti in giudizio ed abbia carattere assorbente, con l'unico limite di dovere instaurare il contraddittorio prima di statuire sul punto. Tale rilievo è doveroso anche in grado di appello, perché si tratta di una questione che attiene ai fatti costitutivi della pretesa azionata ed integra un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio ex art. 345 c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di appello, che non aveva rilevato d'ufficio la nullità del contratto di vitalizio alimentare per difetto di causa, in particolare per difetto di alea, in ragione della grave patologia che affliggeva il vitaliziato e che lasciava presumere l'imminente suo decesso, in un giudizio in cui il medesimo contratto era stato impugnato per altre ragioni).
Cass. civ. n. 26880/2019
L'eccezione riconvenzionale, pur ampliando il tema della controversia, tendendo a paralizzare il diritto della controparte, rimane nell'ambito della difesa e del "petitum" e, quindi, si differenzia dalla domanda riconvenzionale che, invece, è diretta ad ottenere l'accertamento di un diritto con autonomo provvedimento avente forza di giudicato; ne consegue che tale ultima domanda non può essere proposta in appello se in primo grado la relativa questione sia stata sollevata con eccezione riconvenzionale.
Cass. civ. n. 23565/2019
La proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cd. diritti "autodeterminati", individuati, cioè, sulla base della sola indicazione del relativo contenuto sì come rappresentato dal bene che ne forma l'oggetto, con la conseguenza che la "causa petendi" delle relative azioni giudiziarie si identifica con i diritti stessi e non con il relativo titolo - contratto, successione ereditaria, usucapione, ecc. - che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non ha, per l'effetto, alcuna funzione di specificazione della domanda, essendo, viceversa, necessario ai soli fini della prova. Non viola, pertanto, il divieto dello "ius novorum" in appello la deduzione da parte dell'attore - ovvero il rilievo "ex officio iudicis" - di un fatto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda introduttiva del giudizio. (Nella specie, è stata ritenuta ininfluente, sotto il profilo della novità della domanda, la circostanza che il convenuto, nell'esperire in via riconvenzionale un'"actio confessoria servitutis", in primo grado avesse dedotto l'esistenza di una servitù volontaria e, in grado di appello, di una servitù per destinazione del padre di famiglia).
Cass. civ. n. 20322/2019
Ove in primo grado, a fronte di domanda di adempimento, sia opposta dal convenuto soltanto eccezione d'inadempimento, in sede di appello non può essere introdotta dallo stesso convenuto azione di risoluzione per inadempimento, trattandosi di domanda nuova e, quindi, inammissibile (art. 345 c.p.c.), ancorché risulti formulata in primo grado una riserva (nel futuro) di tale azione, la quale costituisce una manifestazione di intenti processualmente irrilevante.
Cass. civ. n. 2037/2019
In tema d'appalto, la domanda di riduzione del prezzo in presenza di difetti dell'opera può essere proposta, in luogo di quella originaria di risoluzione per inadempimento, sia nel giudizio di primo grado sia in quello d'appello, giacché, essendo fondata sulla medesima "causa petendi" e caratterizzata da un "petitum" più limitato, non costituisce domanda nuova. Infatti, all'appalto non può essere esteso il principio, dettato per la vendita dall'art. 1492, comma 2, c.c., dell'irrevocabilità della scelta, operata mediante domanda giudiziale, tra risoluzione del contratto e riduzione del prezzo; inoltre, nel caso di inadempimento dell'appaltatore, il divieto di cui all'art. 1453, comma 2, c.c. impedisce al committente, che abbia proposto domanda di risoluzione, di mutare tale domanda in quella di adempimento, ma non anche di chiedere la riduzione del prezzo.
Cass. civ. n. 24597/2019
È consentito al creditore, anche in grado di appello, modificare la domanda originaria di condanna solidale dei convenuti in una domanda che, sulla base del medesimo titolo, sia diretta a conseguire la condanna "pro quota", perché mediante tale modifica il creditore delimita solo, sul piano quantitativo, il "petitum" fatto valere nei confronti dei singoli condebitori, che resta però, nel complesso, immutato.
Cass. civ. n. 25434/2019
Il rilievo d'ufficio delle eccezioni in senso lato, attesa la distinzione rispetto a quelle in senso stretto, non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, purchè i fatti risultino documentati "ex actis"; ne consegue che in presenza di una eccezione in senso lato il giudice può esercitare anche i propri poteri officiosi al fine di ammettere le prove indispensabili, cioè quelle idonee ad elidere ogni incertezza nella ricostruzione degli eventi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva qualificato il rifiuto di ricevere la lettera di licenziamento, annotato in calce alla lettera prodotta in giudizio dal datore di lavoro, come eccezione in senso lato dunque non soggetta a preclusioni, con conseguente legittimità degli esercitati poteri istruttori).
Cass. civ. n. 15931/2019
Il convenuto in un'azione negatoria di servitù di passaggio, che eccepisca il proprio diritto di passare sul fondo dell'attore per avere usucapito la servitù o per l'esistenza di una servitù di uso pubblico ovvero, ancora, sostenendo la demanialita dell'area su cui intende esercitare il passaggio, dà luogo ad una semplice eccezione (a meno che non tenda ad ottenere, sul suo preteso diritto, non già una semplice pronuncia incidentale, intesa solo a paralizzare la pretesa attrice, ma una pronuncia principale con valore di giudicato), come tale proponibile per la prima volta in appello ai sensi dell'art. 345, comma 2, c.p.c.