Art. 276 – Codice di procedura penale – Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte
1. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell'entità, dei motivi e delle circostanze della violazione . Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva [287 ss.], il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva [280, 299 4].
1-bis. Quando l'imputato si trova nelle condizioni di cui all'articolo 275, comma 4-bis, e nei suoi confronti è stata disposta misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, il giudice, in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti alla diversa misura cautelare, può disporre anche la misura della custodia cautelare in carcere. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.
1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora e, comunque, in caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all'articolo 275 bis, anche quando applicati ai sensi degli articoli 282 bis e 282 ter, il giudice dispone la revoca della misura e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 21859/2024
L'art. 276, comma 2, c.p.c., impone al giudice di esaminare preliminarmente le questioni di rito (proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio), dal momento che la relativa soluzione è astrattamente suscettibile di precludere la decisione nel merito della causa. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto ammissibile il ricorso incidentale con il quale era stata dedotta l'inammissibilità per tardività di un'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., sul presupposto che il tribunale, nel pronunciarsi sul merito della stessa, avesse reso un'implicita pronuncia di rigetto della relativa eccezione di intempestività).
Cass. civ. n. 16446/2024
Il provvedimento, emesso in forma di ordinanza, con il quale il giudice collegiale di appello dichiari l'estinzione del processo, ha natura sostanziale di sentenza ed è pertanto necessario, ai fini della sua validità, che esso sia sottoscritto dal presidente e dal giudice relatore, salvo che il presidente sia anche il relatore e l'estensore del provvedimento.
Cass. civ. n. 14657/2024
In tema di misure cautelari personali, l'ordinanza di aggravamento del vincolo emessa nei confronti dell'imputato alloglotto, che non abbia conoscenza della lingua italiana, deve essere tradotta, a pena di inammissibilità, in una lingua a lui nota, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 143 e 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., incidendo sensibilmente sulla libertà personale.
Cass. civ. n. 14318/2024
In tema di vizio di costituzione del giudice collegiale, è al momento della pronuncia della sentenza, ossia della sua deliberazione in camera di consiglio, che il magistrato deve essere legittimamente preposto all'ufficio per poter validamente esercitare la potestas iudicandi, mentre i successivi momenti dell'iter formativo, e cioè la stesura della motivazione, la sottoscrizione e la pubblicazione, non incidono sulla sostanza della pronuncia, pertanto diviene irrilevante che dopo la decisione uno dei componenti dell'organo collegiale, sia trasferito, collocato fuori ruolo o a riposo.
Cass. civ. n. 693/2024
L'applicabilità del principio della "ragione più liquida" postula che essa, pur essendo logicamente subordinata ad altre questioni sollevate, si presenti comunque equiordinata rispetto a queste ultime nella capacità di condurre alla definizione del giudizio; tale principio non opera nell'ipotesi in cui le diverse ragioni si caratterizzino per il fatto di condurre potenzialmente ad esiti definitori reciprocamente non sovrapponibili, con la conseguenza che l'illegittimo assorbimento in tal modo disposto comporta il vizio di omessa pronuncia.
Cass. civ. n. 47542/2023
In tema di falsità documentale, il dispositivo redatto in camera di consiglio ai sensi dell'art. 276, ultimo comma, cod. proc. civ., pur non avendo rilevanza giuridica esterna, ma solo valore interno, è atto pubblico fidefacente, in quanto destinato a provare, fino a querela di falso, che la decisione riportata corrisponde a quella adottata in esito alla discussione in camera di consiglio, svoltasi in una determinata data tra i componenti di un determinato collegio giudicante. (Fattispecie relativa a soppressione del dispositivo di sentenza emesso da una Commissione tributaria regionale).
Cass. civ. n. 36189/2023
Nel caso in cui sia stata depositata una copia autentica della sentenza impugnata, dalla quale non si evinca la data della relativa pubblicazione, il ricorso per cassazione è inammissibile ove sia stato notificato in data che risulti intempestiva in relazione al termine di cui all'art. 327, comma 1, c.p.c., calcolato dal giorno della deliberazione della sentenza medesima. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso, sul presupposto che la data di pubblicazione della sentenza impugnata, non riportata nella copia depositata dal ricorrente, non potesse desumersi dall'indicazione contenuta nell'attestazione di conformità all'originale del provvedimento, e tenuto conto che il ricorso medesimo era stato notificato oltre il termine di cui all'art. 327, comma 1, c.p.c., calcolato dalla data di deliberazione della sentenza suddetta).
Cass. civ. n. 34821/2023
La domanda per il riconoscimento della paternità o maternità, quando non vi siano eredi immediati e diretti del presunto genitore premorto, deve essere proposta nei confronti di un curatore speciale (unico legittimato passivo, salva la facoltà di intervento degli eredi degli eredi), la cui nomina deve essere richiesta prima dell'introduzione del giudizio secondo la regola stabilita dalla disposizione speciale di cui all'art. 276 c.c., anche in sede di riassunzione del giudizio a seguito di cassazione della sentenza d'appello per violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, per la natura autonoma del relativo procedimento.
Cass. civ. n. 34782/2023
In tema di processo tributario, la sostituzione del relatore dopo la comunicazione dell'avviso di trattazione dell'udienza non viola il principio dell'immutabilità del giudice, che, essendo volto ad assicurare che i giudici che pronunciano la sentenza siano gli stessi che hanno assistito alla discussione della causa, trova applicazione esclusivamente dall'apertura di quest'ultima fino alla deliberazione della decisione, restando ininfluente il deposito di memorie nella fase antecedente.
Cass. civ. n. 30507/2023
L'operatività del principio della ragione più liquida nel giudizio di appello è soggetta al limite derivante dall'effetto devolutivo del gravame, in virtù del quale la decisione non può esorbitare dal thema decidendum delineato dai motivi di impugnazione, pena la violazione dell'art. 112 c.p.c.
Cass. civ. n. 2221/2023
In tutti i casi nei quali il presidente sia anche l'estensore (come accade quando egli stesso abbia proceduto all'istruzione e abbia poi effettuato la relazione al collegio) la sentenza non può che essere sottoscritta soltanto da lui.
Cass. pen. n. 13348/2018
In tema di violazione degli arresti domiciliari, il fatto di lieve entità di cui all'art. 276, comma 1-ter, cod. proc. pen. si riferisce a violazioni di modesto rilievo ovvero a quelle che non sono in grado di smentire la precedente valutazione di idoneità della misura degli arresti domiciliari a tutelare le esigenze cautelari. (Nella fattispecie la Suprema Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva rigettato l'appello avverso il provvedimento che aveva disposto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere, ai sensi dell'art. 276, comma 1-ter, cod.proc.pen. nei confronti di imputato che si era allontanato dal luogo di detenzione domiciliare recandosi nella contigua abitazione dei genitori sita nel medesimo pianerottolo, per sottoporsi ad una visita medica non autorizzata).
Cass. pen. n. 7925/2017
Il provvedimento con cui è disposta la sostituzione della misura cautelare con altra più grave ex art. 276 cod. proc. pen., non è immediatamente ricorribile per cassazione, ai sensi dell'art. 311, comma secondo, dello stesso codice, ma è impugnabile solo con l'appello davanti al tribunale della libertà, ai sensi del precedente art. 310. (Nella specie, la Corte ha qualificato l'impugnazione come appello, disponendo la trasmissione degli atti al tribunale competente).
Cass. pen. n. 43971/2015
Nella previsione di cui all'art. 276 cod. proc. pen., relativa alla trasgressione delle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare, rientrano, per il principio di tassatività, solo le inosservanze agli obblighi espressamente previsti nel provvediemnto cautelare e non anche ogni condotta, ancorchè costituente reato, genericamente elusiva della finalità perseguita con l'imposizione del provvedimento limitativo della libertà personale. (Fattispecie in cui la Corte, ritenendo irrilevante agli specifici fini previsti dall'art. 276 cod. proc. pen. la circostanza che l'indagato, sottoposto alla misura del divieto di dimora e dell'obbligo di presentazione alla P.G., avesse commesso, senza trasgredire le prescrizioni, il reato previsto dall'art. 73, comma V, d.P.R. n. 309 del 1990, ha precisato che il fatto avrebbe potuto tuttavia assumere rilievo, ex art. 299 cod. proc. pen., per sostituire la misura, atteso l'aggravamento delle esigenze di cautela, fermo restando i limiti posti dall'art. 280, comma secondo, cod. proc. pen.).
Cass. pen. n. 42767/2015
Non può essere disposto, a norma dell'art. 276 cod. proc. pen., il ripristino della custodia in carcere nel caso in cui il giudice ritenga che la pericolosità del soggetto possa essere neutralizzata con gli arresti domiciliari presso una struttura sanitaria solo perché questa, in un momento successivo alla collocazione dell'indagato presso di essa, rappresenti l'impossibilità di protrarre il ricovero.
Cass. pen. n. 489/2015
Può essere disposto d'ufficio l'aggravamento della misura cautelare a seguito della segnalazione, da parte degli organi di polizia giudiziaria, della trasgressione delle prescrizioni inerenti alla misura meno grave precedentemente applicata, trattandosi di procedura in cui le esigenze cautelari restano inalterate e che si conclude con un provvedimento sanzionatorio dovuto al comportamento trasgressivo dell'indagato e, pertanto, alla sua inaffidabilità; né, in tal caso, rileva l'ipotesi di cui all'art. 299, comma quarto, che prevede l'adozione di una misura cautelare più grave a seguito di richiesta del P.M. e presuppone l'aggravamento delle esigenze cautelari, l'accertamento della cui sussistenza richiede il contraddittorio di tutte le parti.
Cass. pen. n. 46093/2014
La condotta del detenuto agli arresti domiciliari, che, autorizzato a svolgere attività lavorativa fuori dalle mura domestiche, trasgredisce alle prescrizioni imposte durante il tragitto di ritorno a casa e nell'ambito della fascia oraria assegnata per assentarsi dall'abitazione, è riconducibile all'ipotesi prevista dall'art. 276, comma primo, cod.proc.pen. e non a quella di cui al comma primo ter del medesimo articolo. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del giudice d'appello in procedimento "de libertate", che aveva disposto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della coercizione intramuraria, ai sensi dell'art. 276 comma primo ter, cod.proc.pen. nei confronti di imputato sorpreso all'interno di una sala giochi, durante il tragitto di ritorno dal luogo di lavoro alla sua abitazione, negli orari e nel percorso autorizzati, senza procedere ad alcuna valutazione "dell'entità, dei motivi e delle circostanza della violazione").
Cass. pen. n. 46271/2013
In tema di misure cautelari, l'ordinanza con cui il giudice sostituisce, ex art. 276 cod. proc. pen., una misura non custodiale con quella degli arresti domiciliari determina la decorrenza "ex novo" del termine proprio di quest'ultima. (In motivazione, la Corte ha giustificato l'affermazione sulla scorta della diversa tipologia delle misure e del diverso termine di durata massima).
Cass. pen. n. 3744/2013
Configura il delitto di evasione e non l'ipotesi di trasgressione alle prescrizioni imposte, sanzionabile ex art. 276 c.p.p., l'allontanamento della persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari dal luogo di detenzione in un orario che si ponga in termini di inconciliabilità con la fascia oraria prefissata dall'autorità giudiziaria nel provvedimento cautelare. (Fattispecie nella quale l'imputato era stato sorpreso fuori della propria abitazione più di mezz'ora oltre l'orario previsto per farvici rientro).
La trasgressione alle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari determina, ex art. 276, comma primo ter, c.p.p., la revoca obbligatoria degli arresti domiciliari, seguita dal ripristino della custodia cautelare in carcere, senza che al giudice, una volta accertata la trasgressione, sia riconosciuto un potere di rivalutazione delle esigenze cautelari.
Cass. pen. n. 40680/2012
La previsione di cui all'art. 275 bis c.p.p., che consente al giudice di prescrivere, con gli arresti domiciliari, l'adozione del c.d. "braccialetto elettronico" non ha introdotto una nuova misura coercitiva, ma solo una mera modalità di esecuzione di una misura cautelare personale. (In motivazione la Corte ha precisato che il braccialetto rappresenta una cautela che il Giudice può adottare, non già ai fini della adeguatezza della misura più lieve, vale a dire per rafforzare il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione, ma ai fini del giudizio sulla capacità effettiva dell'indagato di autolimitare la propria libertà personale di movimento, assumendo l'impegno di installare il braccialetto e di osservare le relative prescrizioni).
Cass. pen. n. 15053/2012
In tema di arresti domiciliari, la trasgressione alle prescrizioni - concernente l'allontanamento volontario del soggetto dal luogo di esecuzione della misura (art. 276 comma primo ter, c.p.p.) - comporta che il giudice, accertata la trasgressione, revochi gli arresti domiciliari e disponga automaticamente la custodia in carcere.
Cass. pen. n. 4932/2009
Nell'ipotesi di aggravamento delle misure cautelari personali a seguito della trasgressione alle prescrizioni imposte, il giudice non deve procedere all'interrogatorio di garanzia in alcuno dei casi contemplati dall'art. 276, commi primo e primo-ter, c.p.p.
Cass. pen. n. 40965/2008
In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare diversa dagli arresti domiciliari, la sostituzione di tale misura con un'altra più grave, ai sensi dell'art. 276, comma primo, c.p.p., siccome non automatica ma subordinata ad un giudizio di valore che il giudice è chiamato a compiere, implica che una volta eseguito il relativo provvedimento si dia luogo all'interrogatorio di garanzia previsto dall'art. 294 c.p.p., a pena di perdita di efficacia della nuova misura. (Fattispecie in cui la misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare è stata sostituita con quella della custodia cautelare in carcere per violazione degli obblighi inerenti alla prima misura ).
Cass. pen. n. 21487/2008
In caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari, concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo di detenzione per ragioni diverse da quelle autorizzate, deve escludersi che la norma di cui all'art. 276, comma primo ter, c.p.p. imponga automaticamente l'aggravamento della misura degli arresti domiciliari con la misura della custodia cautelare in carcere, dovendosi ritenere che essa richieda comunque al giudice una valutazione in concreto del disvalore della condotta di trasgressione. (Fattispecie in cui la persona sottoposta agli arresti domiciliari era stata autorizzata ad allontanarsi dalla propria abitazione per partecipare all'udienza dinanzi al Tribunale, e al termine dell'udienza, anzichè fare rientro nell'abitazione, si era recata presso un ufficio postale ove era stata tratta in arresto dalla P.G. per il reato di evasione ).
Cass. pen. n. 5690/2008
In caso di trasgressione alle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, l'art. 276, comma primo ter, c.p.p., rende obbligatoria la revoca degli arresti domiciliari, seguita dal ripristino della custodia cautelare in carcere, senza che al giudice, una volta accertata l'avvenuta trasgressione, possa essere riconosciuto un potere di rivalutazione delle esigenze cautelari. (Fattispecie nella quale il ricorrente si era allontanato per circa un'ora e mezza dal luogo degli arresti domiciliari).
Cass. pen. n. 36928/2007
Nel caso di sostituzione degli arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere in conseguenza della violazione dell'obbligo di non allontanarsi dall'abitazione, non è necessario procedere all'interrogatorio di garanzia.
Cass. pen. n. 35480/2007
Il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, quando non abbia comportato l'immediata estinzione della custodia cautelare che fosse al momento in atto, ai sensi dell'art. 300 c.p.p., non impedisce, di per sé, che venga disposto un aggravamento della misura cautelare, ai sensi degli artt. 276 e 299 c.p.p., per pregresse trasgressioni. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che legittimamente fosse stata disposta l'applicazione della custodia in carcere nei confronti di soggetto resosi inottemperante all'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria).
Cass. pen. n. 29907/2006
L'applicazione cumulativa di misure cautelari personali può essere disposta soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge agli artt. 276, comma primo, e 307, comma primo bis, c.p.p. (La Corte ha altresì precisato che, al di fuori dei casi in cui siano espressamente consentite da singole norme processuali, non sono ammissibili né l'imposizione «aggiuntiva» di ulteriori prescrizioni non previste dalle singole disposizioni regolanti le singole misure, né l'applicazione «congiunta» di due distinte misure, omogenee o eterogenee, che pure siano tra loro astrattamente compatibili).
Cass. pen. n. 21400/2006
Atteso il carattere di automaticità attribuito dall'art. 276, comma primo ter, c.p.p., alla sostituzione, ivi prevista, della custodia cautelare in carcere agli arresti domiciliari, in caso di trasgressione delle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o altro luogo di privata dimora, deve escludersi che la suddetta sostituzione comporti anche l'obbligo dell'interrogatorio di garanzia, ai sensi dell'art. 294, comma primo bis, c.p.p.
Cass. pen. n. 24961/2005
Qualora, ai sensi dell'art. 276 c.p.p., sia stata disposta la sostituzione degli arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere, la eventuale perdita di efficacia di detta ultima misura per ragioni processuali, quali previste dall'art. 302 o dall'art. 309, comma 10, c.p.p. (e non invece per intervenuta decorrenza del termine di durata massima), non comporta il venir meno anche dell'efficacia dell'altra misura precedentemente in atto. (Mass. redaz.).
Cass. pen. n. 23595/2004
Non deve farsi luogo all'interrogatorio cosiddetto di garanzia, nel caso in cui la custodia cautelare in carcere è disposta, ex art. 276, comma primo ter c.p.p., in sostituzione della misura degli arresti domiciliari, a seguito della avvenuta trasgressione, da parte dell'imputato, alle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione e, di conseguenza, deve escludersi che la conservazione degli effetti della misura stessa sia subordinata a tale adempimento. (In motivazione la Corte ha precisato che il meccanismo procedurale previsto dall'art. 276, comma primo ter c.p.p., a differenza di quello di cui al comma primo del medesimo articolo, non necessita della garanzia dell'interrogatorio dal momento che il giudice, nel determinare la misura, non ha alcuno spazio di discrezionalità, essendo automatica la sostituzione degli arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere, una volta accertata l'avvenuta trasgressione alle prescrizioni imposte).
Cass. pen. n. 20105/2003
Poiché la legge speciale in materia di repressione del traffico di stupefacenti, D.P.R. n. 309/90, non contiene alcuna disciplina generale derogatoria del codice di procedura penale al tossicodipendente che ha in corso un programma di recupero, se viola le disposizioni degli arresti domiciliari, può essere ripristinata la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'art. 276 c.p.p. Infatti la norma di cui all'art. 97 D.P.R. n. 309/90 prevede una deroga al c.p.p. per il momento in cui deve essere intrapreso il programma di recupero, costituendo ostacolo solo esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, ma non quando si siano violate nel corso del programma le disposizioni della detenzione domiciliare.
Cass. pen. n. 12653/2002
In tema di prescrizioni relative alla applicazione degli arresti domiciliari, qualora all'interessato sia stato inibito di frequentare persone diverse da quelle che compongono il suo nucleo familiare, non costituisce violazione di tale divieto la semplice comunicazione con persona non legata da vincoli di parentela, coniugio od affinità con il soggetto destinatario della misura custodiale, atteso che, mentre la comunicazione è atto puntuale, che può esaurirsi anche in un'unica azione, la frequentazione implica il concetto di abituale reiterazione del contatto con terzi. (Fattispecie nella quale l'indagato fu sorpreso, sull'uscio di casa, mentre dialogava con una persona).
Cass. pen. n. 45543/2001
In tema di interrogatorio di garanzia, qualora la misura cautelare sia aggravata ai sensi dell'art. 276 c.p.p. a seguito della trasgressione alle prescrizioni imposte, trova applicazione il comma 1 bis dell'art. 294 c.p.p. che impone, nei dieci giorni dalla esecuzione o dalla notificazione del provvedimento, l'interrogatorio della persona già sottoposta ad altra misura cautelare, e non l'art. 299 comma 3 ter c.p.p. che, nel disciplinare la diversa ipotesi di sostituzione di misura in melius, esige l'effettuazione dell'interrogatorio solo ove ricorrono taluni presupposti (richiesta dell'imputato e allegazione di nuove o diverse emergenze rispetto a quelle precedentemente valutate).
Cass. pen. n. 270/2000
In tema di provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, di cui all'art. 276 c.p.p., è da riconoscere il potere del giudice di attivarsi d'ufficio a seguito della segnalazione ad opera degli organi di polizia della trasgressione. L'attivazione di tale procedura, che ha carattere sanzionatorio, prescinde infatti dalla situazione descritta dall'art. 299, comma quarto, c.p.p., che attiene invece al caso di misure più gravi applicate dal giudice su richiesta del pubblico ministero ricorrendo un aggravamento delle esigenze cautelari.
Cass. pen. n. 780/2000
Nel caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare applicata nel contesto di una scarcerazione per decorrenza del termine massimo di custodia cautelare, il ripristino della custodia in carcere è subordinato, a norma dell'art. 276 c.p.p., in sistematico collegamento con gli artt. 307 e 299, comma 4, stesso codice, al giudizio di inadeguatezza della misura violata, sulla base degli elementi indicati dall'art. 276 (entità, motivi e circostanze della violazione) — senza che sia necessaria l'inconciliabilità della misura con le esigenze di tutela della collettività, ovvero che gli elementi di parametro siano tutti suscettibili di valutazione in malam partem, essendo invece sufficiente la prevalenza di alcuni di essi, rappresentativi del periculum — nonché al giudizio di adeguatezza e proporzionalità della misura prescelta (ex art. 275 c.p.p.), discrezionalmente motivato sulla base di altri elementi, quali i precedenti penali e la gravità dei reati contestati, mentre prescinde dalla dimostrazione di esigenze cautelari ulteriori rispetto a quelle già accertate dall'ordinanza genetica e ribadite da quella di scarcerazione. (Nella fattispecie, la Corte di cassazione ha ritenuto corretta l'applicazione di tali principi da parte del giudice di merito, il quale, in relazione alla violazione della misura della dimora obbligata, aveva espresso il giudizio di inadeguatezza della misura violata con riferimento a: — la mancata giustificazione dei motivi della trasgressione; — la neutralità, in astratto, nonostante un tentativo d'inseguimento; — la neutralità, in astratto, della vicinanza del luogo della sorpresa al comune di dimora obbligata, che però assumeva aspetto negativo, in concreto, per la presenza nelle stesse circostanze di luogo e di tempo, di altro soggetto inserito nel medesimo ambito criminoso. Il giudizio di adeguatezza della nuova misura coercitiva prescelta, della custodia in carcere, era stato ancorato ai precedenti penali, alla gravità delle imputazioni di duplice omicidio e associazione per delinquere, ed al comportamento del soggetto che riusciva a darsi alla fuga al momento della tentata esecuzione della nuova misura).
Cass. pen. n. 3937/2000
In presenza di imputato che si trovi nelle condizioni di salute, particolarmente gravi, di cui all'art. 275, comma 4 bis, c.p.p., introdotto dalla L. 12 luglio 1999, n. 231, il giudice, per applicare o mantenere la custodia cautelare in carcere nel caso previsto dall'art. 276 comma 1 bis (trasgressione agli obblighi imposti con una precedente misura di minor gravità impostagli per ragioni di salute) non può prendere meccanicamente atto dell'avvenuta trasgressione, ma deve valutare e quindi congruamente motivare la sua decisione all'interno del quadro di bilanciamento degli interessi in gioco, riguardanti le esigenze cautelari e la tutela delle condizioni di salute; e ciò anche quando l'aggravamento della misura sia stato disposto nella vigenza della precedente normativa e, sopraggiunta la nuova legge, l'interessato chieda la revoca.
Cass. pen. n. 2397/1997
Il problema dell'inosservanza delle prescrizioni che rappresentano il contenuto delle singole misure cautelari è disciplinato, nel codice di rito vigente, dall'art. 276, il quale prevede la possibilità o del cumulo delle misure ovvero quella della sostituibilità di quella originariamente applicata con altra più grave, sicché la finalità di tale disposizione ha carattere tipicamente sanzionatorio, a differenza di quanto previsto nell'art. 299 c.p.p., ove la sostituzione della misura deriva esclusivamente da una diversa valutazione delle esigenze cautelari in riferimento alla personalità del soggetto. Pertanto, considerata la finalità della norma da applicare, il legislatore ha previsto, quali elementi di cui il giudice deve tenere conto all'atto della decisione, solo quelli relativi all'entità, motivi e circostanze della violazione: è pur vero che non può in ogni caso prescindersi dai criteri generali di cui all'art. 275 stesso codice, i quali valgono per ogni situazione e che debbono essere tenuti presenti anche nelle ipotesi di modificazione della misura cautelare, ma non può negarsi che il criterio dell'adeguatezza deve essere valutato soprattutto in riferimento al tipo di comportamento trasgressivo dell'imputato. (La S.C., nel rigettare il ricorso, ha osservato che è esatto, come rilevava l'imputato, che non può parlarsi di “automaticità” della trasformazione, dovendosi valutare la gravità dell'inadempimento ed i motivi dello stesso onde ritenere l'inconciliabilità della vecchia misura e l'adeguatezza della nuova, ma, nella specie, il Tribunale aveva fatto esatto uso dei criteri innanzi esposti, richiamando la ripetuta violazione dell'obbligo da parte dell'imputato senza alcuna spiegazione; dal che ha implicitamente ritenuto l'incapacità della misura a provvedere alle esigenze cautelari del caso).
Cass. pen. n. 6682/1995
Nel caso di violazione degli obblighi imposti con la misura coercitiva degli arresti domiciliari, il legislatore ha previsto, anche se limitatamente al profilo processuale, la possibilità di sostituire la misura cautelare con altra più grave. Non vi è dubbio che tale sanzione, stabilita dall'art. 276 c.p.p., pur se di natura processuale, è applicabile in conseguenza di una condotta integrante l'inosservanza di prescrizione imposta dall'autorità giudiziaria e, come tale, è sufficiente ad escludere l'applicazione dell'art. 650 c.p. che ricorre solo nel caso in cui l'inosservanza all'ordine non sia comunque sanzionata.
Cass. pen. n. 3629/1994
In tema di ripristino della misura cautelare della detenzione in carcere, nel caso di trasgressione alle prescrizioni imposte all'imputato-condannato in primo grado (che fruisce dell'arresto a domicilio), il giudice dell'appello, che non ravvisi ragione di revoca d'ufficio della misura, non ha obbligo di fornire motivazione né in relazione alle esigenze di cautela, posto che esse furono già valutate in sede di applicazione della misura custodiale detentiva (a domicilio), né specificamente sul giudizio di adeguatezza della misura, il quale scaturisce direttamente dalle ragioni che indussero il giudice che procedeva ad applicare la misura di maggior rigore e da quelle che sostengono il rigetto del gravame.