Art. 69 – Codice penale – Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti
Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, e le prime sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tien conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti.
Se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti sulle circostanze aggravanti, non si tien conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti.
Se fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole, esclusi i casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti, ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 32394/2024
In tema di ordinamento penitenziario, l'inerenza ad un diritto soggettivo della situazione oggetto del reclamo presentato dal detenuto ex art. 35-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 non viene meno nel caso in cui siano riconosciuti all'amministrazione penitenziaria poteri conformativi delle modalità di esercizio di quel diritto, sicché in casi del genere la valutazione giudiziale deve investire la ragionevolezza dei limiti alla fruizione del diritto imposti dagli atti regolativi dell'amministrazione, e l'idoneità degli stessi ad incidere sugli aspetti essenziali del diritto, svuotandone il contenuto fondamentale.
Cass. civ. n. 30718/2024
In tema di estradizione per l'estero, al fine di valutare la sussistenza del requisito della doppia incriminazione in riferimento alla fattispecie di detenzione di sostanze stupefacenti, la Corte di appello, ove la richiesta provenga da uno Stato in cui è perseguita anche la detenzione per uso personale, deve esaminare il titolo straniero e verificare se, dalla relativa motivazione, sia deducibile la sussistenza di un fatto penalmente rilevante per il nostro ordinamento. (Fattispecie in tema di estradizione verso la Repubblica di Albania).
Cass. civ. n. 29723/2024
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, comma quarto, cod. pen. per contrasto con gli artt. 3, 25 e 27 Cost., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva reiterata di cui all'art. 99, comma quarto, cod. pen., trattandosi di disposizione derogatoria all'ordinaria disciplina del bilanciamento, non trasmodante nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio, in quanto riferita ad un'attenuante comune che, come tale, non ha la funzione di correggere la sproporzione del trattamento sanzionatorio, ma di valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato qualificata dalla plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penalmente sanzionati.
Cass. civ. n. 29284/2024
L'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza che ha riconosciuto la recidiva sussiste anche nel caso in cui non è conseguito alcun aumento di pena per effetto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, posto che tale aggravante esplica comunque i suoi effetti sia con riguardo alla concessione dei benefici penitenziari, sia in relazione alle condizioni per la riabilitazione, sia rispetto all'estinzione della pena per effetto del decorso del tempo.
Cass. civ. n. 28908/2024
Il delitto punibile con la pena dell'ergastolo, commesso prima della modifica dell'art. 157 cod. pen. introdotta dall'art. 6 legge 5 dicembre 2005, n. 251, è imprescrittibile, pur in presenza del riconoscimento di circostanze attenuanti dalle quali derivi l'applicazione di una pena detentiva temporanea.
Cass. civ. n. 26628/2024
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in rapporto agli artt. 3 e 27 Cost., dell'art. 285 cod. pen., nella parte in cui, prevedendo la pena fissa dell'ergastolo, non consente al giudice di adeguare la risposta sanzionatoria alla differente gravità del fatto e al diverso grado di colpevolezza sotteso all'intera gamma di comportamenti riconducibili alla fattispecie incriminatrice. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'applicabilità della diminuente di cui all'art. 311 cod. pen. e delle altre circostanze attenuanti comuni al delitto di strage "politica", divenuta possibile anche in rapporto di prevalenza sulla recidiva reiterata per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 94 del 2023, permette al giudice di modulare la pena, proporzionandola alla offensività del fatto). (Conf.: n. 1538 del 1978,
Cass. civ. n. 25853/2024
In tema di estradizione processuale per l'estero, l'autorità giudiziaria italiana, sebbene non sia tenuta, secondo il trattato bilaterale con la Repubblica dell'Ecuador del 25 novembre 2015, ratificato e reso esecutivo con la legge 25 novembre 2019, n. 152, entrato in vigore il 16 novembre 2021, a valutare autonomamente ai fini della consegna i gravi indizi di colpevolezza, deve comunque verificare, con una sommaria delibazione, che nella domanda estradizionale siano indicate le ragioni per le quali è stato ritenuto probabile, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, che l'estradando abbia commesso il reato oggetto dell'estradizione.
Cass. civ. n. 25005/2024
Non è manifestamente infondata, in rapporto all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui impedisce di ritenere prevalente la circostanza attenuante della "costituzione in carcere" di cui all'art. 385, comma 4, cod. pen. sulla recidiva a effetto speciale.
Cass. civ. n. 23731/2024
In tema di ordinamento penitenziario, il provvedimento dell'amministrazione di diniego dell'autorizzazione all'acquisto di generi alimentari non previsti dal catalogo approvato dall'istituto (nella specie, lievito e farina) non può essere oggetto di reclamo giurisdizionale al magistrato di sorveglianza, non determinando la lesione di un diritto soggettivo del detenuto. (In motivazione la Corte ha chiarito che il diritto del detenuto ad una sana alimentazione è garantito dalla varietà dei prodotti inseriti nel catalogo e dalla loro idoneità a soddisfare i bisogni nutritivi, e che l'individuazione dei generi alimentari acquistabili, attenendo alle modalità di esercizio del diritto del detenuto, è rimessa alle scelte discrezionali dell'amministrazione penitenziaria e non è giustiziabile in sede giurisdizionale).
Cass. civ. n. 23692/2024
I rapporti di lavoro del personale operaio assunto dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste ai sensi dell'art. 1 della l. n. 124 del 1985 sono disciplinati dalla contrattazione collettiva di diritto privato ed integralmente sottoposti alla disciplina privatistica, sicché è ad essi inapplicabile la previsione dell'art. 69 del d.lgs. n. 165 del 2001 - e, dunque, inoperante l'effetto disapplicativo della normativa preesistente ivi regolato - in ragione della loro estraneità al tipico regime del pubblico impiego contrattualizzato.
Cass. civ. n. 22945/2024
In tema di estradizione per l'estero, non è legittimo l'arresto eseguito a fini estradizionali per un reato punito nell'ordinamento dello Stato richiedente con la pena di morte né può essere applicata una misura cautelare coercitiva funzionale alla consegna. (In motivazione, si è precisato che la Corte di appello, investita della richiesta di convalida e della applicazione di misura provvisoria, non può limitarsi alla verifica formale dei presupposti dell'arresto a fini estradizionali, ma deve operare una valutazione prognostica, allo stato degli atti, sulla sussistenza delle condizioni per una sentenza favorevole alla estradizione ai sensi degli artt. 698 e 705, comma 2, cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 22772/2024
In tema di consecuzione tra procedure concorsuali, la prededuzione prevista dall'art. 182-quinquies l.fall. non si proietta al di là del soggetto a cui essa è stata riconosciuta nella procedura medesima, ancorché il piano concordatario eventualmente contempli o rifletta una correlazione, convenzionale o legale, con altro imprenditore, sicché essa non transita né circola in dipendenza del trasferimento del credito cui si connette, né perdura o persiste in caso di vicende modificative del lato passivo dell'obbligazione.
Cass. civ. n. 21868/2024
Nel processo instaurato per l'accertamento della responsabilità da reato di un ente, non è ammissibile la costituzione di parte civile, non essendo l'istituto contemplato dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. (In motivazione la Corte ha chiarito che l'omissione è frutto di una consapevole scelta legislativa).
Cass. civ. n. 20240/2024
In tema di imposta comunale sugli immobili, il contribuente, pur avendo titolo, in forza della sentenza favorevole esecutiva, per ottenere l'immediata iscrizione a catasto della rendita provvisoriamente stabilita, non può ottenere l'annullamento dell'atto impositivo basato sulla rendita originaria, poiché esso discende dalla retroattività insita nel solo accertamento passato in giudicato e non nella esecutività provvisoria.
Cass. civ. n. 20134/2024
Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, ex art. 69, comma 7, d.lgs. n. 165 del 2001, la domanda volta all'accertamento dell'obbligo contributivo del datore di lavoro pubblico in conseguenza del solo parziale accoglimento dell'istanza di ricostruzione della carriera, a fini giuridici, economici e previdenziali, formulata dal dipendente a seguito della sua riammissione in servizio ai sensi dell'art. 6, comma 6, l. n. 127 del 1997, istnza che incide solo in via mediata sul trattamento pensionistico e sul diritto alla ricongiunzione dei periodi assicurativi e ha ad oggetto un diritto connesso al rapporto di impiego.
Cass. civ. n. 19546/2024
In tema di concorso di circostanze eterogenee, ove sia riconosciuta la sussistenza di più attenuanti, per una sola delle quali opera il divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata ex art. 99, comma quarto, cod. pen., deve operarsi una sola diminuzione, in caso di ritenuta prevalenza dell'attenuante per la quale la preclusione non è operante, fermo restando il divieto di prevalenza sulla recidiva dell'altra attenuante. (Fattispecie in cui concorrevano le attenuanti generiche e l'attenuante di cui all'art.62, comma primo, n. 4, cod. pen., rispetto alla quale la sentenza della Corte costituzionale n. 141 del 2023 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del divieto di prevalenza sulla recidiva ex art. 99, comma quarto, cod. pen.).
Cass. civ. n. 18878/2024
L'istituto della multiproprietà immobiliare, che si caratterizza per il diritto di godimento turnario di un medesimo bene da parte di una pluralità di soggetti, richiede che sia in concreto individuata la quota di ciascun comproprietario, come effettiva entità della partecipazione al godimento dell'alloggio; pertanto, il preliminare avente ad oggetto una quota di multiproprietà, dovendo contenere tutti gli elementi essenziali del futuro contratto definitivo, deve recare l'indicazione della quota nella sua effettiva misura o, comunque, i criteri per la sua determinazione millesimale, incidendo tali elementi sulla determinatezza o determinabilità dell'oggetto del contratto ex art. 1346 c.c., e non risultando sufficiente all'uopo l'indicazione del solo periodo di godimento dell'immobile riservato al promissario acquirente.
Cass. civ. n. 18865/2024
Viola il divieto di "reformatio in pejus" il giudice di appello che, in mancanza di impugnazione del pubblico ministero, pone in comparazione un'attenuante, di cui ritiene la sussistenza, con la recidiva, ritualmente contestata, ma di cui però il primo giudice non ha fatto applicazione nel determinare la pena. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudizio di bilanciamento può operare solo con le aggravanti già valutate e ritenute sussistenti in primo grado).
Cass. civ. n. 17400/2024
Nel regime anteriore alla riforma di cui alla l. n. 69 del 2009, il decreto che provvede sul ricorso straordinario al Capo dello Stato, pur ponendosi al di fuori dell'ordine gerarchico della pubblica amministrazione e su un piano alternativo rispetto alla tutela giurisdizionale, ha natura amministrativa, con conseguente inapplicabilità, in caso di pronunzia di inammissibilità fondata sul difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, del principio della translatio iudicii.
Cass. civ. n. 17316/2024
In tema di estradizione, in assenza di trattato con lo Stato richiedente, la regola prevista dall'art. 698, comma 2, cod. proc. pen. non consente l'estradizione processuale in favore dello Stato estero nel caso in cui il fatto per il quale questa è domandata sia punito con la pena di morte. (Fattispecie in tema di estradizione processuale richiesta dalla Repubblica Islamica del Pakistan in relazione al reato di omicidio volontario).
Cass. civ. n. 16352/2024
In tema di reato continuato, il giudizio di bilanciamento tra circostanze dev'essere effettuato con esclusivo riguardo a quelle relative al reato ritenuto più grave, dovendo tenersi conto di quelle afferenti ai reati "satellite" al solo fine della determinazione dell'aumento di pena ex art. 81, comma secondo, cod. pen., salvo che nel caso in cui il giudizio di bilanciamento tra circostanze di segno opposto relative a un reato satellite incida sul genere di pena applicabile, in ossequio ai principi del "favor rei" e di legalità. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione impugnata limitatamente all'omesso bilanciamento di circostanze relative al reato satellite di cui all'art. 612 cod. pen. sul rilievo che dall'esito del giudizio di bilanciamento dipendeva la possibile applicazione, a titolo di aumento per la continuazione, della pena pecuniaria ovvero di quella detentiva, rispettivamente previste per la minaccia semplice e per la minaccia aggravata al primo e dal secondo comma della norma incriminatrice in oggetto).
Cass. civ. n. 15937/2024
È inammissibile, per carenza di interesse, l'impugnazione dell'imputato finalizzata a ottenere l'esclusione di un'aggravante, nel caso in cui la stessa sia stata già ritenuta subvalente rispetto alle riconosciute attenuanti. (In motivazione, la Corte ha precisato che il riconoscimento dell'aggravante non aveva comunque avuto alcuna incidenza sulla determinazione della pena, irrogata nel minimo edittale).
Cass. civ. n. 12692/2024
L'imputato ha interesse ad impugnare la sentenza che abbia riconosciuto la recidiva in rapporto di equivalenza rispetto alle circostanze attenuanti, solo quando essa sia l'unica aggravante oggetto del giudizio di bilanciamento, posto che, in tal caso, la sua esclusione comporterebbe l'espansione della riduzione di pena per effetto delle attenuanti.
Cass. civ. n. 12074/2024
In tema di processo tributario, le sentenze di condanna dell'amministrazione finanziaria al pagamento di somme in favore del contribuente, se emesse successivamente al 1° gennaio 2016, sono immediatamente esecutive, in applicazione di un principio generale, immanente nell'ordinamento processuale tributario, che non si limita soltanto alle decisioni riconducibili alle fattispecie previste dall'art. 68, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, e perché, con la predetta decorrenza, la novella dell'art. 49 d.lgs. n. 546 del 1992, che estende alle impugnazioni delle pronunce dei giudici tributari le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del c.p.c., ha soppresso l'inciso "escluso l'articolo 337", così eliminando ogni limitazione alle regole del codice di rito civile.
Cass. civ. n. 11886/2024
In tema di rimborso IVA, gli interessi legali, dovuti nella misura e secondo le modalità previste dall'articolo 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, vanno qualificati come interessi moratori e sono dovuti dall'Amministrazione finanziaria in caso di fermo amministrativo illegittimo del credito, ma non anche in caso di fermo amministrativo legittimo ovvero di sequestro conservativo, non maturando in tali ipotesi nemmeno interessi compensativi.
Cass. civ. n. 11594/2024
In tema di disciplina antiriciclaggio, l'art. 69 d.lgs. n. 231 del 2007, introdotto ex art. 5, comma 2, d.lgs. n. 90 del 2017, prevede la retroattività della legge successiva più favorevole, in deroga al principio generale dell'irretroattività in materia di sanzioni amministrative; pertanto, ove sopravvenute in pendenza del giudizio di merito o di legittimità, le norme più favorevoli vanno applicate anche d'ufficio, giacché la natura e lo scopo, squisitamente pubblicistici, del principio del favor rei, prevalgono sulle preclusioni derivanti dalle regole in tema d'impugnazione.
Cass. civ. n. 10810/2024
In tema di cessione delle eccedenze nell'ambito del gruppo, ai sensi dell'art. 43-ter, comma 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dall'art. 11, comma 1, lett. e), n. 1, del d.P.R. n. 542 del 1999 e nel testo anteriore all'introduzione del comma 2-bis, aggiunto dall'art. 2, comma 3, del d.l. n. 16 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 44 del 2012, la cessione senza l'osservanza delle formalità di cui agli artt. 69 e 70 del r.d. n. 2440 del 1923 è efficace nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, a condizione che la società cedente abbia già indicato nella dichiarazione dei redditi gli estremi dei soggetti cessionari e gli importi ceduti.
Cass. civ. n. 10773/2024
In tema di imposta di registro, l'art. 69 del d.P.R. n. 131 del 1986 (TUR), nella formulazione, applicabile ratione temporis, antecedente alle modifiche di cui all'art. 18 del d.lgs. n. 158 del 2015, non sanziona espressamente la tardività nella registrazione dell'atto, la quale, tuttavia, costituisce una violazione punibile con la sanzione prevista dall'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, disposizione, quest'ultima, avente portata generale.
Cass. civ. n. 9299/2024
In tema di liberazione anticipata, può essere legittimamente valorizzato, ai fini del diniego del beneficio, la circostanza che il condannato in detenzione domiciliare non si sia impegnato in attività lavorativa, atteso che lo svolgimento di tale attività è uno degli elementi rappresentativi del reinserimento sociale del condannato, e, quindi, della sua partecipazione all'opera di rieducazione di cui all'art. 54 ord. pen.
Cass. civ. n. 9293/2024
Il decreto di revoca dell'ordinanza di liberazione anticipata può essere impugnato, in virtù del generale principio della revocabilità dei provvedimenti della magistratura di sorveglianza in caso di mutamento della situazione di fatto che li aveva giustificati, mediante reclamo al tribunale di sorveglianza competente per territorio, nei modi di cui all'art. 69 bis, comma terzo, ord. pen., poiché, in assenza di espresse previsioni normative, trova applicazione il medesimo regime delle impugnazioni previsto per l'ordinanza di liberazione anticipata.
Cass. civ. n. 7856/2024
L'omessa denuncia della detenzione di cartucce costituenti, per calibro e numero, il possibile munizionamento di un'arma comune da sparo clandestina integra l'autonomo reato di cui all'art. 697 cod. pen., in quanto la clandestinità dell'arma, in assoluto non detenibile, impedisce di ritenere penalmente irrilevante la mancata denuncia delle relative munizioni.
Cass. civ. n. 2897/2024
In tema di rapporti tra giudizio civile e giudizio penale, mentre il giudice può assumere a fondamento del proprio libero convincimento la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, la sentenza di patteggiamento - della quale l'art. 445, comma 1-bis, c.p.p. sancisce l'inefficacia agli effetti civili - può essere assunta semplicemente come elemento di prova, che può essere considerato in ragione dell'assenza di un principio di tipicità della prova nel giudizio civile e della possibilità delle parti di contestare, in detto giudizio, i fatti accertati in sede penale.
Cass. civ. n. 2642/2024
In materia di rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell'art. 3 della Convenzione EDU nei confronti di soggetti detenuti o internati, quando si succedano più periodi di detenzione - intervallati da periodi di libertà - relativi al medesimo titolo esecutivo, il termine semestrale entro cui l'azione deve essere proposta, previsto dall'art. 35-ter, comma 3, legge 26 luglio 1975, n. 354, decorre dal completamento dell'espiazione, poiché la continuità giuridica dell'esecuzione prevale sulla discontinuità cronologica.
Cass. civ. n. 1698/2024
In tema di sanzioni amministrative per illeciti trasferimenti di denaro contante commessi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n.90 del 2017, se ancora sub iudice, si applica la disciplina più favorevole (lex mitior), ex art. 69 del d.lgs. n. 231 del 2007, come introdotto dal d.lgs. n. 90 del 2017, spettando al giudice verificare in concreto (avuto riguardo alle connotazioni oggettive e soggettive del fatto contestato) se il sopravvenuto trattamento sanzionatorio si renda, in quanto di maggior favore, applicabile al fatto pregresso. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza, che aveva applicato la disciplina vigente all'epoca della commessa violazione, di cui al d.l. n. 143 del 1991 ed al D.Lgs n.231 del 2007, affinché fosse rideterminata la misura della sanzione alla luce dei nuovi parametri introdotti nel 2017, in ragione della non particolare gravità della violazione ritenuta dallo stesso giudice di merito).
Cass. civ. n. 49940/2023
Il rinvio operato, quanto alle aggravanti applicabili al delitto di estorsione, dall'art. 629, comma secondo, cod. pen. all'art. 628, ultimo comma, cod. pen. deve intendersi riferito, a seguito delle modifiche apportate dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, all'attuale comma terzo dell'art. 628 cod. pen. e non al comma quinto, concernente il concorso tra aggravanti e attenuanti. (In motivazione, la Corte ha, altresì, precisato che, nel silenzio normativo, non può ritenersi esteso in "malam partem" al delitto di estorsione il peculiare regime previsto, per il bilanciamento tra circostanze nel delitto di rapina, dall'art.628, comma quinto, cod. pen., che sottrae alla comparazione le aggravanti di cui ai numeri 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater di tale disposizione).
Cass. civ. n. 49331/2023
In tema di estradizione per l'estero, la pronuncia della sentenza di non luogo a provvedere impone la declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare disposta nell'ambito della suddetta procedura, posto che l'art. 300, comma 1, cod. proc. pen. enuncia una regola generale applicabile anche alla materia dell'estradizione.
Cass. civ. n. 46211/2023
In tema di riciclaggio, la circostanza attenuante di cui all'art. 648-bis, comma quarto, cod. pen. trova applicazione nel solo caso in cui la pena edittale prevista per il reato presupposto, computato l'aumento per le aggravanti ritenute sussistenti, anche all'esito di un giudizio effettuato "incidenter tantum" e indipendentemente dall'eventuale bilanciamento ex art. 69 cod. pen., sia inferiore a cinque anni di reclusione. (In motivazione, la Corte ha precisato che depongono in tal senso la lettera della disposizione e la sua "ratio", che si fonda sul minor disvalore di una condotta avente ad oggetto beni provenienti da un delitto presupposto di contenuta gravità).
Cass. civ. n. 45291/2023
In tema di mandato d'arresto europeo, dovendo intendersi pronunziato "allo stato degli atti" il rifiuto alla consegna per l'esistenza del rischio di sottoposizione del consegnando a trattamenti penitenziari inumani o degradanti nello Stato di emissione, l'Autorità giudiziaria nazionale, a fronte della perdurante inerzia, da parte di tale Stato, nell'evadere la richiesta di informazioni complementari, può assegnare, ex art. 15, par. 2, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, un termine ultimo all'Autorità giudiziaria di quello Stato, rapportato alla specificità del caso concreto, affinché siano raccolte le informazioni necessarie, sollecitando, nel contempo, l'evasione della menzionata richiesta attraverso l'intervento di "Eurojust".
Cass. civ. n. 44175/2023
In tema di reato continuato, il giudice, per individuare la violazione più grave, deve tener conto anche delle circostanze, aggravanti e attenuanti, ravvisabili nel caso concreto e operare gli aumenti o le diminuzioni di pena che, entro i limiti previsti dalla legge, ritiene opportuni, effettuando, all'esito, l'aumento sanzionatorio per la ritenuta continuazione. (Fattispecie in cui la Corte ha applicato tale principio in un caso di affermata sussistenza della diminuente di cui all'art. 89 cod. pen., ritenuta una circostanza attenuante). (Conf.: n. 1153 del 1993,
Cass. civ. n. 43273/2023
In tema di confisca per equivalente disposta, ex art. 640-quater cod. pen., in relazione al delitto di truffa aggravata di cui all'art. 640, comma secondo, n. 1, cod. pen., l'affermata applicabilità della previsione dell'art. 322-ter cod. pen. non può essere intesa come afferente al trattamento sanzionatorio edittale suscettibile di elisione nel caso di bilanciamento in termini di prevalenza di eventuali circostanze attenuanti, atteso che il disposto dell'art. 69, comma secondo, cod. pen. si limita a escludere che, in tal caso, possa tenersi conto degli aumenti di pena stabiliti per le aggravanti, sancendo che debba farsi luogo alle sole diminuzioni previste per le attenuanti, senza null'altro prevedere relativamente a diversi effetti penali conseguenti al riconoscimento dell'ipotesi delittuosa aggravata, che, pertanto, continuano a dispiegarsi.
Cass. civ. n. 36068/2023
Il provvedimento cautelare emesso dall'Amministrazione finanziaria volto a sospendere il rimborso di un credito IVA deve essere, fin dall'origine e a pena di nullità, motivato con specifico riferimento alle ragioni di fatto e di diritto che hanno condotto alla sua emissione; detta motivazione non può essere integrata, in corso di causa, con riferimento a ragioni diverse rispetto a quelle richiamate nel provvedimento medesimo.
Cass. civ. n. 35363/2023
un'autonoma rilevanza e si sostanzia nella richiesta di restituzione di una somma corrisposta indebitamente.
Cass. civ. n. 31588/2023
In tema di estradizione per l'estero, è causa obbligatoria di rigetto della domanda la finalità di persecuzione politica dissimulata da una richiesta di consegna per un reato comune, ove siano allegati dall'interessato elementi concreti dai quali desumere che la consegna preluda alla violazione di diritti fondamentali della persona. (Fattispecie relativa a domanda di estradizione passiva verso la Turchia, nella quale la Corte, rifacendosi ai più recenti rapporti informativi di Amnesty International e del Comitato anti-tortura del Consiglio d'Europa, ha ritenuto sussistente il rischio che, pur se indagato per reati comuni, l'estradando, soggetto di etnia curda affiliato ad un partito filo-curdo, potesse essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti per motivi politici).
Cass. civ. n. 30854/2023
Le spese per la consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c., rientrando nelle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite, non hanno natura giudiziale, con la conseguenza che non danno luogo ad un'autonoma liquidazione da parte del giudice che ha disposto la consulenza, ma devono essere liquidate all'esito del giudizio di merito, come danno emergente, purché provate e documentate.
Cass. civ. n. 29850/2023
Le spese dell'accertamento tecnico preventivo a fini di composizione della lite ex art. 696 bis c.p.c. devono essere poste a carico della parte richiedente, e saranno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito, ove l'accertamento tecnico sarà acquisito, come spese giudiziali, da porre, salva l'ipotesi di compensazione, a carico del soccombente.
Cass. civ. n. 29420/2023
Il divieto di cessione dei crediti verso la P.A. senza l'adesione di quest'ultima, sancito dall'art. 70 del r.d. n. 2240 del 1923, non si applica ai crediti vantati nei confronti delle aziende sanitarie locali, da ritenersi enti estranei al novero delle amministrazioni statali; tuttavia, laddove le parti, nell'ambito della loro autonomia negoziale, abbiano richiamato la normativa sulla contabilità di Stato, con specifico riferimento alle modalità di accettazione della cessione di credito, quest'ultima deve avvenire necessariamente mediante forma scritta ad substantiam.
Cass. civ. n. 28542/2023
In tema di elettorato passivo, l'art. 69 del d.lgs. n. 267 del 2000 (cd. "TUEL") prevede un procedimento in più fasi, ciascuna scandita da termini perentori, prima di giungere alla dichiarazione di decadenza del consigliere dell'ente locale in seguito al verificarsi di una causa di incompatibilità con la carica pubblica, con la conseguenza che, scaduti i dieci giorni dall'invito a rimuoverla ed intervenuta la dichiarazione di decadenza, è irrilevante qualsiasi atto o fatto che ponga fine alla situazione di incompatibilità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia della corte territoriale che aveva giudicato irrilevante, in quanto successiva alla scadenza del termine di cui al comma 4 dell'art. 69 e alla delibera di decadenza di cui al comma 5 dello stesso articolo, la dichiarazione di improcedibilità del giudizio amministrativo pendente tra un consigliere comunale e l'ente locale in cui ricopriva la carica).
Cass. civ. n. 27863/2023
In tema si sanzioni amministrative, il provvedimento di carattere generale posto a fondamento dell'ordinanza ingiunzione basato esclusivamente su un accertamento tecnico scientifico, trae le sue condizioni di legittimità dalla correttezza ed esattezza delle conclusioni tecniche presupposte, con conseguente possibilità per il giudice di disapplicarlo, laddove risulti la fallacia o incompletezza dell'accertamento.(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva riconosciuto al parere reso dal Consiglio Superiore di Sanità, secondo cui il superamento di 5 ppb nelle urine dei bovini è indice di trattamento farmacologico, efficacia vincolante, solo per essere stato fatto proprio in un provvedimento amministrativo generale, escludendone, di conseguenza, la possibilità di disapplicazione, senza tener conto dell'assenza di univocità di tali conclusioni).
Cass. civ. n. 27567/2023
In tema di prescrizione, nel caso in cui la connessione con reati attribuisca al giudice penale la cognizione di un'infrazione amministrativa, il processo iniziato a seguito di un rapporto regolarmente notificato all'interessato, ai sensi degli artt. 14 e 24, secondo comma, legge 24 novembre 1981, n. 689 interrompe la prescrizione dell'illecito amministrativo punito con sanzione pecuniaria fino al passaggio in giudicato della sentenza penale, non trovando applicazione la disciplina di cui all'art. 157 cod. pen., bensì quella di cui agli artt. 2943 e 2945 cod. civ.
Cass. civ. n. 26020/2023
In tema di giudizio abbreviato, la riduzione di pena all'esito del dibattimento, ex art. 438, comma 6-ter, cod. proc. pen., è applicabile nei soli casi in cui la diversa qualificazione giuridica o il mancato riconoscimento di un'aggravante rendano il fatto non più punibile con la pena dell'ergastolo e non in quello in cui l'aggravante implicante, in astratto, la pena perpetua sia riconosciuta sussistente, ma sottoposta al giudizio di bilanciamento con una o più attenuanti, con la conseguenza che la richiesta di definizione con rito alternativo resta inammissibile anche con giudizio "ex post".
Cass. civ. n. 25284/2023
In caso di subappalto, la cessione del credito al corrispettivo di appalto è efficace ed opponibile alla pubblica amministrazione (committente, debitrice ceduta), ex art. 115, comma 3, del d.P.R. n. 554 del 1999, ove quest'ultima non la rifiuti con comunicazione da notificarsi al cedente ed al
Cass. civ. n. 21125/2023
In tema di estradizione per l'estero, ove la richiesta sia avanzata dalla Repubblica Popolare Cinese, sussiste il rischio concreto, evidenziato da Corte EDU, 06/10/2022, Liu c. Polonia, di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti, in quanto plurime ed affidabili fonti internazionali, danno atto di sistematiche violazioni dei diritti umani e del tollerato ricorso a forme di tortura, nonché della sostanziale impossibilità, da parte di istituzioni ed organizzazioni indipendenti, di verificare le effettive condizioni dei soggetti ristretti nei centri di detenzione.
Cass. civ. n. 20347/2023
In tema di rimedi risarcitori nei confronti di detenuti o di internati di cui all'art. 35-ter ord. pen., lo Stato italiano non risponde del trattamento inumano subito all'estero, a tale fine non rilevando che il periodo di detenzione subìto all'interno di un istituto straniero sia stato ritenuto fungibile ai sensi dell'art. 657, comma 4, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 20311/2023
In tema di indennità di prima sistemazione, ai dirigenti dell'Inps è inapplicabile l'art. 4, comma 44, prima parte, della l. n. 183 del 2011, che ha previsto la soppressione della predetta indennità, in quanto l'articolo in questione detta una normativa riferibile soltanto ai dipendenti statali e non anche agli enti diversi dallo Stato, qual è l'Inps.
Cass. civ. n. 13628/2023
È inammissibile, per carenza di interesse, l'impugnazione dell'imputato preordinata a ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante quando la stessa sia stata già ritenuta subvalente rispetto alle riconosciute attenuanti. (In motivazione la Corte ha precisato che, in ogni caso, il riconoscimento dell'aggravante non aveva avuto alcuna incidenza sulla determinazione della pena, che era stata comminata nel minimo edittale).
Cass. civ. n. 9019/2023
Sussiste l'interesse dell'imputato ad impugnare onde ottenere l'esclusione di un'aggravante anche nel caso in cui con il provvedimento gravato gli siano state concesse attenuanti valutate in termini di equivalenza o di prevalenza, in quanto l'erroneo riconoscimento della sussistenza dell'aggravante, qualificando il fatto in termini di maggiore gravità, incide sulla determinazione della pena ex art. 133 cod. pen.
Cass. civ. n. 7323/2023
In tema di sanzioni disciplinari ai detenuti, per la configurabilità dell'illecito di cui all'art. 77, comma 1, n. 15, reg. es. ord. pen., è indispensabile che la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, sia diretta all'offeso, che, se presente, sia in grado di percepirla e di interloquire con l'offensore. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità dell'illecito, in quanto le espressioni offensive del detenuto, nei confronti del comandante della polizia penitenziaria e del direttore, erano state pronunciate nel corso di un colloquio in istituto con un familiare).
Cass. civ. n. 6508/2023
Ove il tribunale dichiari l'inammissibilità della domanda di ammissione al concordato preventivo, nel fallimento conseguentemente dichiarato la sospensione del decorso degli interessi (convenzionali o legali), prevista dall'art. 55 l.fall., decorre non dalla sentenza dichiarativa, ma dalla data di presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo.
Cass. civ. n. 4777/2023
In tema di accertamento del passivo fallimentare, i termini decadenziali dettati dall'art. 69 bis l. fall. per l'esercizio dell'azione revocatoria (ordinaria o fallimentare) da parte del curatore non trovano applicazione nel caso in cui la revocatoria sia proposta in via di eccezione ai sensi dell'art. 95, comma 1, l. fall.
Cass. civ. n. 4587/2023
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 25 e 27 Cost., dell'art. 69, comma quarto, cod. pen., nella parte in cui, con riferimento al delitto di cui all'art. 497-bis cod. pen., prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva di cui all'art. 99, comma quarto, cod. pen., poiché l'indicata norma incriminatrice prevede una forbice edittale sufficientemente ampia da consentire al giudice di adeguare la sanzione al fatto pur in presenza della recidiva qualificata, sicché non sono ravvisabili contrasti né con il principio di proporzionalità della pena, né con il principio di offensività.
Cass. civ. n. 1798/2023
Nel caso di condanna per il reato di somministrazione di bevande alcooliche a persona in stato di manifesta ubriachezza, la pena accessoria della sospensione dall'esercizio, prevista dall'art. 691, comma secondo, cod. pen., per il caso in cui il colpevole sia esercente un'osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o bevande, si applica indipendentemente dall'entità della pena inflitta, essendo tale norma speciale rispetto a quella dell'art. 35, comma terzo, cod. pen. e deve essere determinata applicando i parametri di cui all'art. 37 cod. pen.
Cass. pen. n. 42568/2022
In tema di concorso di circostanze del reato, qualora, tra le circostanze attenuanti da bilanciare con la recidiva reiterata, ve ne sia una per la quale non opera il divieto di prevalenza previsto dall'art. 69, comma quarto, cod. pen. - nella specie, l'attenuante del vizio parziale di mente ex art. 89 cod. pen., a seguito della sentenza Corte cost. n. 73 del 2020Corte cost., Sent., (data ud. 06/04/2020) 24/04/2020, n. 73 - il giudizio di comparazione va scisso in due momenti successivi ed operato con modalità differenziate, dovendo, una volta bilanciate in termini di equivalenza con la recidiva le circostanze per le quali vige il divieto, applicarsi la diminuzione sulla pena base per l'altra, se ritenuta prevalente.
Cass. pen. n. 15269/2022
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, comma quarto, cod. pen. per violazione degli artt. 3, 25 e 27 Cost., nella parte in cui è previsto il divieto di prevalenza delle attenuanti generiche rispetto all'aggravante di cui all'art. 112, comma primo, n. 4 cod. pen. e non anche rispetto all'ipotesi di cui al secondo comma della norma medesima, in quanto, nel primo caso, la deroga alla ordinaria disciplina del bilanciamento risponde all'esigenza di contrastare in termini più afflittivi le condotte di chi abbia coinvolto minori in illeciti penali, mentre, nel secondo caso, la ragione dell'esclusione del divieto di prevalenza risiede nella necessità di restituire flessibilità applicativa al giudice, a fronte del particolare inasprimento sanzionatorio.
Cass. pen. n. 28109/2021
Il giudizio di comparazione tra circostanze previsto dall'art. 69 cod. pen. ha carattere unitario e non è pertanto consentito operare il bilanciamento tra le attenuanti ed una sola delle aggravanti, dovendosi invece procedere alla simultanea comparazione di tutte le circostanze contestate e ritenute dal giudice.
Cass. pen. n. 9818/2021
In tema di patteggiamento, è illegale la pena applicata dal giudice che, operando il giudizio di bilanciamento tra le circostanze, compari le attenuanti ed una sola delle aggravanti, in quanto l'art. 69 cod. pen. impone di procedere alla simultanea comparizione di tutte le circostanze ritenute.
Cass. pen. n. 36258/2020
Ai fini della prescrizione del reato, deve tenersi conto della recidiva ad effetto speciale ancorché sia ritenuta subvalente nel giudizio di bilanciamento con le concorrenti circostanze attenuanti, poiché l'art. 157, comma terzo, cod. pen. esclude espressamente che il giudizio di cui all'art. 69 cod. pen. abbia incidenza sulla determinazione della pena massima del reato.
Cass. pen. n. 29601/2019
In tema di circostanze, nel caso in cui una aggravante "rigida" - rispetto alla quale le circostanze attenuanti non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante - concorra con altre circostanze aggravanti ed attenuanti, si deve comunque operare un successivo giudizio di bilanciamento tra queste ultime.
Cass. pen. n. 35617/2019
Ai fini della determinazione della pena per il delitto tentato nel caso di concorso di circostanze anche ad effetto speciale, deve farsi riferimento alla pena-base per il reato consumato e aggravato, qualora il giudizio di comparazione si sia concluso nel senso della prevalenza delle aggravanti, e alla pena-base per il reato semplice, allorché il giudizio di comparazione si sia concluso con la prevalenza delle attenuanti.
Cass. pen. n. 53280/2017
In tema di guida in stato di ebbrezza, qualora concorrano le circostanze ad effetto speciale di aver provocato un incidente (art. 186, comma 2-bis, cod. strada) e di aver commesso il fatto in orario notturno (art. 186, comma 2-sexies, cod. strada) con una circostanza attenuante (nella specie, le attenuanti generiche), deve in primo luogo essere operato l'aumento previsto dall'aggravante di cui all'art. 186, comma 2-sexies, sottratta al giudizio di bilanciamento in virtù del disposto di cui all'art. 186, comma 2-septies, e, quindi, eseguito il giudizio di bilanciamento previsto dall'art. 69 cod. pen. tra la circostanza attenuante e la residua circostanza aggravante, apportando l'eventuale diminuzione sulla componente detentiva e pecuniaria della pena.
Cass. pen. n. 31983/2017
Qualora sia riconosciuta la circostanza attenuante ad effetto speciale della cosiddetta "dissociazione attuosa", prevista dall'art. 8 D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991 n. 203 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa) e ricorrano altre circostanze attenuanti in concorso con circostanze aggravanti, soggette al giudizio di comparazione, va dapprima determinata la pena effettuando tale giudizio e successivamente, sul risultato che ne consegue, va applicata l'attenuante ad effetto speciale.
Cass. pen. n. 31543/2017
Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto.
Cass. pen. n. 27784/2017
In tema di reato continuato, il limite minimo per l'aumento stabilito dalla legge nei confronti dei soggetti per i quali sia stata ritenuta la contestata recidiva reiterata non opera quando il giudice abbia considerato la stessa subvalente alle riconosciute attenuanti, in quanto, in tale ipotesi, la recidiva, pur considerata nel giudizio di bilanciamento, non ha però di fatto potuto paralizzare il loro effetto tipico di riduzione della pena.
Cass. pen. n. 15681/2017
Ai fini del computo del termine di prescrizione, deve ritenersi "applicata" la recidiva che, nel bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti di cui all'art. 69 cod. pen., produce l'effetto di paralizzare un'attenuante, impedendole di svolgere la sua funzione di concreto alleviamento della pena da irrogare.
Cass. pen. n. 24754/2015
Il giudizio di equivalenza o di sub-valenza delle circostanze aggravanti rileva soltanto "quoad poenam" e non rende il reato circostanziato perseguibile a querela di parte, ove questa sia prevista soltanto per la sola ipotesi base.
Cass. pen. n. 6/2014
Il giudizio di comparazione fissato dall'art. 69 cod. pen. presuppone una valutazione complessiva degli elementi circostanziali, siano essi aggravanti o attenuanti, che trova fondamento nella necessità di giungere alla determinazione del disvalore complessivo dell'azione delittuosa ed è funzionale alla finalità di quantificare la pena nel modo più aderente al caso concreto, mentre non è consentito operare la diminuzione della pena stessa solo per effetto del giudizio di prevalenza dell'attenuante speciale sulla ritenuta recidiva e formulare successivamente il giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e la medesima recidiva già sub valente.
Cass. pen. n. 12988/2012
Il giudizio di comparazione tra circostanze previsto dall'art. 69 c.p. ha carattere unitario e non è pertanto consentito operare il bilanciamento tra le attenuanti ed una sola delle aggravanti, dovendosi invece procedere alla simultanea comparazione di tutte le circostanze contestate e ritenute dal giudice.
Cass. pen. n. 45046/2011
Il nesso di continuazione, presentando caratteristiche e finalità del tutto distinte rispetto alle circostanze del reato, non può mai essere oggetto di giudizio comparativo con le circostanze.
Cass. pen. n. 40923/2010
La sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della circostanza aggravante comune della cosiddetta clandestinità (art. 61, n. 11 bis., c.p.) non determina la nullità della sentenza ove il giudice, in sede di giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee, abbia ritenuto prevalente una circostanza attenuante sull'aggravante poi dichiarata incostituzionale.
Cass. pen. n. 35737/2010
L'aggravante della cessione di sostanze stupefacenti a soggetto minore di età è astrattamente compatibile con l'attenuante del fatto di lieve entità; ne consegue che il giudice deve valutarne la compatibilità caso per caso, tenendo conto di tutte le specifiche e concrete circostanze nelle quali la cessione a minore si realizza. (Fattispecie nella quale l'attenuante era stata riconosciuta in relazione alla cessione a soggetto minore di età di un grammo di hashish, posta in essere senza particolari accorgimenti).
Cass. pen. n. 35006/2010
La diminuente del vizio parziale di mente, al pari di ogni altra circostanza inerente alla persona del colpevole, soggiace al giudizio di comparazione con le altre circostanze.
Cass. pen. n. 24497/2010
La circostanza attenuante della minore età è soggetta, al pari di altre circostanze attenuanti, al giudizio di comparazione nel concorso di circostanze aggravanti.
Cass. pen. n. 21263/2010
La disciplina prevista dall'art. 69, comma quarto c.p., che ha sottratto al giudice la facoltà di ritenere prevalenti circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata, è applicabile ai reati commessi dopo l'entrata in vigore della L. 5 dicembre 2005 n. 251, ancorché la recidiva qualificata si sia formata anteriormente.
Cass. pen. n. 10713/2010
L'aggravante della cessione di sostanze stupefacenti a soggetto minore di età è astrattamente compatibile con l'attenuante del fatto di lieve entità; ne consegue che il giudice deve valutarne la compatibilità caso per caso, tenendo conto di tutte le specifiche e concrete circostanze nelle quali la cessione a minore si realizza. (Fattispecie nella quale l'attenuante era stata riconosciuta in relazione alla cessione a soggetto minore di età di un grammo di hashish, posta in essere senza particolari accorgimenti).
L'attenuante ad effetto speciale della cosiddetta "dissociazione attuosa", prevista dall'art. 8 D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991 n. 203 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa), non è soggetta al giudizio di bilanciamento tra circostanze.
Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto.
Cass. pen. n. 5488/2009
Le circostanze attenuanti devono essere oggetto del giudizio di comparazione con la contestata recidiva reiterata soltanto se il giudice ritenga quest'ultima effettivamente idonea ad influire sul trattamento sanzionatorio.
Cass. pen. n. 2134/2009
In tema di stupefacenti, quando la circostanza aggravante ad effetto speciale, prevista dall'art. 80, comma secondo, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, concorre con le circostanze attenuanti generiche, si applica la previsione dell'art. 69, comma quarto c.p., ossia l'obbligatorio giudizio di comparazione, e non la disposizione dell'art. 63, comma terzo stesso codice, che riguarda esclusivamente il concorso di circostanze omogenee.
Cass. pen. n. 45065/2008
In tema di concorso di circostanze aggravanti ed attenuanti, il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti previsto dall'art. 69, comma quarto, c.p., a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, è formulato in modo generale ed assoluto. Ne consegue che tale divieto riguarda sia le circostanze attenuanti comuni, sia le circostanze attenuanti generiche che le circostanze attenuanti speciali. (Fattispecie nella quale la recidiva reiterata, pur riconosciuta dal giudice, era stata ritenuta subvalente all'attenuante della minore gravità prevista per la violenza sessuale dall'art. 609 bis, ultimo comma, c.p.).
Cass. pen. n. 27430/2008
Il divieto di ritenere nel giudizio di comparazione prevalenti le circostanze attenuanti sulla contestata recidiva reiterata riguarda tanto le attenuanti relative alla persona dell'imputato che quelle relative alla modalità del fatto, non avendo il legislatore operato alcuna distinzione in merito.
Cass. pen. n. 25701/2008
In tema di giudizio di comparazione tra circostanze, il divieto di riconoscere la prevalenza delle attenuanti in caso di riconoscimento della recidiva reiterata sussiste anche con riguardo alle circostanze attenuanti ad effetto speciale. (Fattispecie relativa al riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 73, comma quinto, D.P.R. n. 309 del 1990 ).
Cass. pen. n. 23886/2007
È legittima la sentenza con cui il Tribunale applichi la pena, ex art. 444 c.p.p., ritenendo le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva specifica e reiterata contestata ed alle aggravanti, considerato che solo il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata è sancito dall'art. 3 L. n. 251 del 2005, che ha modificato l'art. 69, comma quarto, c.p. (Nella specie, la Corte ha osservato che il giudizio di equivalenza tra le attenuanti e la recidiva reiterata e le circostanza aggravanti è, invece, consentito, essendo la ratio legis preordinata ad evitare che la recidiva possa essere posta completamente nel nulla venendo considerata subvalente rispetto alle attenuanti, senza, tuttavia, escludere la possibilità di un giudizio di equivalenza tra attenuanti, aggravanti e recidiva necessario per evitare automatismi che precluderebbero al giudice l'applicazione di una pena effettivamente commisurata all'entità del fatto commesso ed alla personalità dell'imputato, ex art. 133 c.p.).
Cass. pen. n. 41362/2006
In tema di giudizio di comparazione tra circostanze attenuanti ed aggravanti, una volta riconosciuta una circostanza attenuante e operata la relativa diminuzione di pena, il giudice ha dimostrato implicitamente e inequivocabilmente di valutarla prevalente rispetto alle contestate circostanze aggravanti, senza che sia necessario che espliciti le ragioni che lo hanno indotto a formulare il giudizio di comparazione.
Cass. pen. n. 6221/2006
Il riconoscimento della circostanza attenuante della dissociazione attuosa, prevista dall'art. 8 D.L. 13 maggio 1991, n. 152, conv. con L. n. 203 del 1991, secondo cui «la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà», implica il ricorso, in deroga alla disciplina del bilanciamento delle circostanze di cui all'art. 69 c.p., a speciali criteri di diminuzione della pena, in forza dei quali si applica la reclusione da dodici a venti anni in luogo dell'ergastolo, non rilevando se tale ultima pena sia prevista per la forma aggravata o per la fattispecie criminosa di base.
Cass. pen. n. 41481/2005
Ai fini della determinazione della pena per il delitto tentato nel caso di concorso di circostanze anche ad effetto speciale, deve farsi riferimento alla pena base per il reato consumato e aggravato, qualora il giudizio di comparazione si sia concluso nel senso della prevalenza delle aggravanti, e alla pena base per il reato semplice, allorché il giudizio di comparazione si sia concluso con la prevalenza delle attenuanti.
Cass. pen. n. 45423/2004
Nella determinazione, in misura inferiore a quella massima consentita dalla legge, della riduzione di pena dovuta al giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, il giudice può valorizzare anche i precedenti penali relativi a reati depenalizzati, trattandosi di fattispecie che rimangono significative di una predisposizione dell'imputato a violare la legge penale.
Cass. pen. n. 44408/2004
Il giudizio di comparazione fra le circostanze di cui all'art. 69 c.p. è previsto unicamente per la determinazione della pena e non vale a configurare giuridicamente il reato come ipotesi semplice e non circostanziata, sicchè nel caso di patteggiamento l'accordo delle parti sul punto non può influire sulla competenza funzionale del giudice. (Nella specie la Corte ha ritenuto che nel caso di patteggiamento la concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti per il reato di danneggiamento non comportava la competenza del giudice di pace).
Cass. pen. n. 28006/2004
In base al principio dell'applicazione della legge sopravvenuta più favorevole (art. 2, comma terzo, c.p.), nel caso di reati attribuiti, in assenza di aggravanti, alla competenza del giudice di pace, ai sensi dell'art. 4 del D.L.vo 28 agosto 2000 n. 274, qualora gli stessi siano stati commessi prima dell'entrata in vigore di detto D.L.vo e, pur essendo aggravati, l'effetto delle aggravanti sia stato neutralizzato dall'avvenuto riconoscimento di circostanze attenuanti, la sanzione applicabile dev'essere quella, più favorevole, prevista dalla normativa sopravvenuta (principio affermato in tema di diffamazione).
Cass. pen. n. 39456/2003
Il giudizio di comparazione di cui all'art. 69 c.p. ha carattere unitario ed inscindibile e deve essere effettuato con la comparazione tra le attenuanti nel loro complesso e la recidiva, sicchè una volta riconosciuta in appello una speciale attenuante, ed essendo state riconosciute in primo grado le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, il giudice d'appello deve effettuare la valutazione delle attenuanti globalmente, essendogli inibito diminuire la pena solo per effetto dell'attenuante speciale e mantenere il giudizio di equivalenza tra attenuanti generiche e recidiva. (Nella specie la Corte ha ritenuto che essendo stata riconosciuta in appello la prevalenza sulla recidiva dell'attenuante speciale di cui al quarto comma dell'art. 385 c.p., tale statuizione comportava peraltro l'effetto giuridico della prevalenza anche delle attenuanti generiche).
Cass. pen. n. 37016/2002
In tema di stupefacenti, quando la circostanza attenuante ad effetto speciale della lieve entità del fatto, prevista dall'art. 73 comma 5 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, concorre con una circostanza aggravante, si applica la previsione dell'art. 69, comma 4 c.p., ossia l'obbligatorio giudizio di comparazione - con la conseguenza che, in caso di equivalenza, la pena è determinata senza tener conto di alcuna delle circostanze (art. 69, comma 3) - e non la disposizione dell'art. 63, comma 3 stesso codice, che riguarda esclusivamente il concorso di circostanze omogenee.
Cass. pen. n. 20499/2002
Ai fini dell'applicazione della circostanza aggravante di cui all'art. 7 D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito in L. 12 luglio 1991, n. 203 (aver commesso il delitto avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo), il presupposto ivi previsto della punibilità del delitto cui essa accede con pena diversa dall'ergastolo va inteso con riguardo alla pena inflitta in concreto e non con riferimento a quella edittale.
Cass. pen. n. 43241/2001
La circostanza attenuante ad effetto speciale prevista dall'art. 8 D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991 n. 203 - la quale comporta una diminuzione delle pene temporanee da un terzo alla metà e la sostituzione dell'ergastolo con la pena della reclusione da dodici a venti anni in favore di chi, nei reati di tipo mafioso, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti o per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati - non è soggetta al giudizio di comparazione delle circostanze previsto dall'art. 69 c.p., stante l'obbligatorietà dell'attenuazione delle sanzioni allorché ricorrano le condizioni per la sua applicazione e tenuto conto dell'intento primario perseguito dal legislatore, che è quello di offrire un incentivo concreto e non meramente eventuale alla dissociazione operosa dalla criminalità organizzata.
Cass. pen. n. 10423/2000
La pluralità di atti di bancarotta è considerata, ai sensi dell'art. 219, comma 2, n. 1, L. fall., come semplice circostanza aggravante del reato (assoggettata all'ordinario giudizio di comparazione tra aggravanti ed attenuanti) solo all'interno del medesimo procedimento concorsuale; ne consegue che, nel caso in cui le dichiarazioni di fallimento siano plurime ed autonome, le rispettive condotte illecite realizzano una ipotesi di concorso di reati, con applicazione del cumulo materiale delle pene, ovvero, se ne sussistono i presupposti, dell'istituto della continuazione.
Cass. pen. n. 9387/2000
In tema di circostanze del reato, con riferimento alla globalità del giudizio di comparazione tra circostanze attenuanti ed aggravanti, previsto dall'articolo 69 c.p., tale giudizio può ritenersi adeguatamente motivato se il giudice pone in risalto una sola delle circostanze suscettibili di valutazione di prevalenza o di equivalenza rispetto alle altre circostanze, per dimostrare la ragione del proprio convincimento; infatti, il giudice non è tenuto a specificare analiticamente le singole circostanze e ad indicare le rispettive ragioni che lo hanno indotto a formulare il giudizio di comparazione.
Cass. pen. n. 14745/1999
In tema di giudizio di appello, il giudice è tenuto a motivare sulla prevalenza o equivalenza delle circostanze solo se esse siano state dedotte con i motivi di impugnazione, ovvero, di ufficio, solo nel caso in cui, in secondo grado, vi sia stata una meno grave valutazione in punto di responsabilità, oppure sia stata riconosciuta una nuova attenuante.
Cass. pen. n. 14502/1999
Il giudizio di comparazione delle circostanze è previsto solo “quoad poenam” e non vale a configurare giuridicamente il reato come ipotesi semplice, e non circostanziata, né influisce sulla procedibilità. Ne consegue che la novella introdotta dall'art. 12 legge n. 205 del 1999, che prevede la querela di parte per la procedibilità del furto semplice, riguarda solo il reato così originariamente contestato o, per effetto dell'esclusione delle aggravanti contestate, ritenuto in sentenza e non, quindi, quello in sentenza ritenuto aggravato, ancorché punito per effetto del giudizio di equivalenza o prevalenza delle circostanze attenuanti con la pena prevista per l'ipotesi semplice.
Cass. pen. n. 10212/1999
Il giudizio di equivalenza, o di subvalenza, delle circostanze aggravanti rispetto a quelle attenuanti, ai sensi dell'art. 69 c.p., rilevando solo quoad poenam, non influisce sulla ontologica sussistenza del fatto-reato, come circostanziato dalle indicate aggravanti, e non rende, quindi, il reato medesimo, così circostanziato, perseguibile a querela di parte, ove questa sia prevista per l'ipotesi non circostanziata. (Fattispecie di furto con circostanze aggravanti dichiarate equivalenti a quelle attenuanti: la S.C. ha escluso l'applicabilità del disposto degli artt. 12 e 19, comma 2, L. 25 giugno 1999, n. 205).
Cass. pen. n. 10069/1999
Il giudice di appello che, nel confermare la responsabilità dell'imputato, operi, ferma restando la identità del fatto, derubricazione del reato ritenuto in primo grado, può procedere a nuovo giudizio di prevalenza od equivalenza tra circostanze; non viene infatti violato il divieto della reformatio in peius nel caso in cui, pur in mancanza di impugnazione del P.M., detto giudice riconosca valore equivalente a quella medesima circostanza attenuante, che, dal primo giudice, era stata dichiarata prevalente (con riferimento alla più grave ipotesi criminosa ravvisata in primo grado). (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto corretta la decisione della Corte di appello che, derubricato in lesioni volontarie aggravate il delitto di tentato omicidio, ha ritenuto equivalenti le circostanze attenuanti generiche, già giudicate prevalenti dal tribunale, con riferimento alla più grave fattispecie criminosa di tentato omicidio).
Cass. pen. n. 7200/1999
La diminuente per il rito abbreviato ex art. 442 c.p.p., assolvendo funzione premiale in relazione al rito alternativo prescelto, ha natura processuale e dunque disomogenea rispetto a quella sostanziale che deve caratterizzare le circostanze ex art. 69 c.p.; essa pertanto non è soggetta al giudizio di comparazione da tale disposizione previsto.
Cass. pen. n. 7530/1998
In materia di valutazione del concorso di circostanze attenuanti e aggravanti, il potere discrezionale di cui all'art. 69 c.p. è illegittimo se fondato su un elemento di giudizio che prenda in considerazione il comportamento difensivo o processuale in genere dell'imputato, costituente esplicazione del diritto di difesa, e ne faccia discendere conseguenza di immeritevolezza. (Nella specie, la Corte ha annullato il giudizio di comparazione fra le circostanze, limitato dai giudici di merito all'equivalenza in considerazione del rifiuto dell'imputato di sottoporsi al test del DNA).
Cass. pen. n. 3724/1997
Il giudizio di equivalenza tra circostanze aggravanti ed attenuanti riguarda anche le circostanze inerenti alla persona del colpevole, e cioè anche la recidiva.
Cass. pen. n. 4240/1997
L'aggravante della cessione di sostanza stupefacente a persona minore di età non è incompatibile con l'attenuante del fatto di lieve entità, con cui è oggetto di bilanciamento nell'ambito di un giudizio di globale valutazione della fattispecie.
Cass. pen. n. 2094/1997
Allorquando si ometta il dovuto giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, di qualunque specie, ma venga tuttavia apportata, sulla pena prevista per la fattispecie autonomamente aggravata, una diminuzione per effetto delle circostanze attenuanti, si producono implicitamente gli effetti della comparazione con la conseguenza della prevalenza delle attenuanti.
Cass. pen. n. 8788/1996
Il giudizio di comparazione tra circostanze di diverso segno regolato all'art. 69 c.p. è imposto dalla necessità di una valutazione complessiva del fatto delittuoso, tale che, fermo il principio di proporzione tra pena e reato, consenta nel determinare la pena in concreto di tener conto della particolare personalità del reo, considerata sotto ogni aspetto sintomatico e della sostanziale entità della condotta criminosa. Il giudizio di comparazione predetto è connotato pertanto dal carattere dell'obbligatorietà, apparendo esso imprescindibile nel sistema di legge non soltanto per la valutazione globale del fatto e della personalità del reo, come già detto, ma anche per consentire al giudice sovraordinato di controllare il rispetto del principio di legalità della pena da parte del giudice sottordinato.
Cass. pen. n. 4609/1996
In tema di reato continuato, il giudizio di bilanciamento delle circostanze va distinto dall'aumento di pena ex art. 81 cpv. c.p. La prima operazione deve riguardare il reato più grave, mentre eventuali circostanze che abbiano relazione con i reati satelliti vanno considerati al solo scopo di adeguare l'aumento globale per l'unicità del disegno criminoso. (Fattispecie nella quale il giudice di merito aveva operato il giudizio di comparazione fra l'attenuante ex art. 116 c.p., inerente il reato di omicidio, ritenuto più grave, e le aggravanti per i reati satelliti).
Cass. pen. n. 211/1995
In tema di amnistia di cui al D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, e con riguardo al divieto di applicazione del beneficio nel caso di violenza privata aggravata ai sensi dell'art. 610, comma 2, c.p., giusta quanto previsto dall'art. 3, lettera c), n. 25 del citato decreto di clemenza, deve escludersi che detto divieto venga reso inoperante dalla elisione degli effetti dell'aggravante a seguito della ritenuta prevalenza di attenuanti.
Cass. pen. n. 2208/1995
L'art. 699, comma 2, c.p. contempla una fattispecie autonoma di reato e non una circostanza aggravante della previsione di cui al comma 1, onde rispetto ad essa non è ammesso alcun giudizio di comparazione tra circostanze di opposto segno.
Cass. pen. n. 1901/1995
Poiché il giudizio di comparazione di cui all'art. 69 c.p. ha carattere unitario ed è inscindibile, dovendo comprendere tutte le attenuanti e le aggravanti ravvisate, le circostanze concorrenti devono essere ritenute complessivamente equivalenti fra loro ovvero tutte quelle di un segno devono essere considerate prevalenti rispetto a quelle di segno opposto. (Nella fattispecie, il pretore aveva applicato la pena su richiesta, ritenendo le attenuanti generiche equivalenti e concordando l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. con criterio di prevalenza).
Cass. pen. n. 7346/1994
In tema di cognizione del giudice d'appello, l'art. 597, comma 5, c.p.p., nello stabilire, tra l'altro, che «può essere altresì effettuato, quando occorre, il giudizio di comparazione» tra circostanze a norma dell'art. 69 c.p., ha attribuito al giudice di appello non un ulteriore potere di ufficio, ma solo il compito, conseguenziale all'applicazione di nuove attenuanti, di fare, nuovamente o per la prima volta (se in precedenza erano state applicate solo circostanze aggravanti), il giudizio di comparazione, come si evince appunto dall'uso dell'inciso «quando occorre». Ne deriva che il potere di effettuare il giudizio di comparazione ai sensi della detta norma è subordinato all'applicazione di ufficio da parte del giudice di appello di circostanze attenuanti.
Cass. pen. n. 6329/1994
Il riconoscimento di una o più circostanze attenuanti non comporta la diminuzione della pena nella misura massima possibile, potendo e dovendo il giudice determinare la pena in concreto (compresa la misura della diminuzione per effetto delle attenuanti) secondo i criteri stabiliti nell'art. 133 c.p.
Corte cost. n. 168/1994
È costituzionalmente illegittimo, l'art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede che nei confronti del minore imputabile sia applicabile la disposizione del primo comma dello stesso art. 69 in caso di concorso tra la circostanza attenuante di cui all'art. 98 del codice penale e una o più circostanze aggravanti che comportano la pena dell'ergastolo, nonché nella parte in cui prevede che nei confronti del minore stesso siano applicabili le disposizioni del primo e del terzo comma del citato art. 69, in caso di concorso tra la circostanza attenuante di cui all'art. 98 del codice penale e una o più circostanze aggravanti che accedono ad un reato per il quale è prevista la pena base dell'ergastolo.
Cass. pen. n. 2285/1994
In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice è tenuto unicamente alla verifica, in negativo, della presenza delle cause di non punibilità che potrebbero condurre ad un proscioglimento a norma dell'art. 129 c.p.p. ed ad un controllo, in positivo, dei termini dell'accordo. Una più incisiva e penetrante motivazione può esigersi solo nella ipotesi in cui il giudice si orienti per il rigetto della richiesta di patteggiamento e non quando vi faccia adesione, dando implicita dimostrazione che il controllo demandatogli dalla legge ha avuto esito positivo. Ne consegue che, per quanto attiene in particolare il giudizio di bilanciamento delle circostanze, il medesimo può dirsi adeguatamente motivato anche quando, in assenza di elementi macroscopicamente rivelatori di inadeguatezza, il giudice si limiti ad esplicitare la propria valutazione positiva, richiamandosi, anche se non in modo espresso, a quegli elementi che, nella singola fattispecie, possono assumere rilevanza determinante, sempre che essi siano comunque ricavabili dal contesto della decisione. È sufficiente, pertanto, la semplice enunciazione degli elementi che comportino una valutazione di adeguatezza del giudizio di comparazione quale prospettato dalle parti, non richiedendosi un discorso argomentativo sul punto che chiarisca i motivi della incidenza dei detti elementi sul bilanciamento delle circostanze di segno opposto ricorrenti nel caso specifico.
Cass. pen. n. 3494/1994
Il giudizio di comparazione previsto dall'art. 69 c.p. si riferisce esclusivamente alle circostanze del reato tra le quali non può essere ricompresa la continuazione, che non è costituita da un reato circostanziato, ma da più reati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso.
Cass. pen. n. 1846/1993
L'applicazione di circostanze attenuanti, comuni o ad effetto speciale, ad un reato aggravato dalla recidiva non rende di per sé applicabile il disposto dell'art. 69 c.p. in tema di comparazione. La contestata recidiva, infatti, non incide necessariamente sulla misura della pena, essendo in facoltà del giudice non apportare gli aumenti che da essa dovrebbero conseguire. Ne consegue che correttamente il giudice può applicare la pena richiesta dalle parti, nel caso in cui esse abbiano escluso gli effetti della recidiva sulla misura della pena.
Cass. pen. n. 3700/1993
L'art. 219 comma secondo n. 1 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, il quale prevede un aumento di pena nel caso che siano stati commessi più fatti di bancarotta tra quelli indicati nel precedente comma primo, pur contenendo una speciale disciplina in materia di continuazione, derogatrice di quella ordinaria, configura comunque (come si desume dalla stessa intitolazione della disposizione in questione), una circostanza aggravante assoggettabile, come tale, all'ordinario giudizio di comparazione fra aggravanti e attenuanti previsto dall'art. 69 c.p.
Cass. pen. n. 2106/1993
L'ultimo comma dell'art. 597 c.p.p. attribuisce al giudice di appello anche la facoltà di effettuare il giudizio di comparazione fra circostanze a norma dell'art. 69 c.p. «quando occorre». Tale inciso chiarisce e precisa che il giudice d'appello, se ha riconosciuto d'ufficio circostanze attenuanti non concesse in primo grado, provvede ad effettuare, di conseguenza il giudizio di comparazione «quando occorre», vale a dire se dovuto, con riferimento ai casi in cui l'esigenza di esso venga a postularsi, per la prima volta, dal concorso di circostanze aggravanti, applicate in primo o (sul gravame del P.M.) in secondo grado, e di circostanze attenuanti che egli ha concesso di ufficio, ovvero agli altri casi in cui il giudizio di comparazione deve essere rinnovato, quando, cioè, le attenuanti che egli ha concesso di ufficio si aggiungono, sempre nel concorso eterogeneo, a quelle riconosciute in primo grado e o a quelle che siano state concesse in accoglimento di appello delle parti. A maggior ragione, però, il giudice di appello può riconoscere nelle attenuanti concesse in primo grado la presenza di connotazioni e di elementi fatturali che inducano ad una maggiore valorizzazione delle attenuanti stesse e conseguentemente è imperativo l'obbligo di rimuovere il giudizio di comparazione con le aggravanti per concederlo, se è il caso, in senso più funzionale all'imputato.
Cass. pen. n. 2018/1993
Il giudizio di prevalenza e quello di equivalenza delle circostanze attenuanti su quelle aggravanti impediscono al giudice di irrogare gli aumenti previsti dalla legge per le contestate aggravanti, ma non gli precludono la possibilità di tener conto di queste nella valutazione complessiva del fatto e della personalità del colpevole finalizzata alla concreta determinazione della pena-base. Tuttavia il fatto che esista tale possibilità non postula necessariamente che di essa il giudice si avvalga sempre, per cui non può presumersi che ogni aggravante, dichiarata equivalente o subvalente, abbia cagionato, comunque, un aumento di pena, e che quindi l'eventuale eliminazione di essa in sede di gravame comporti, automaticamente, l'obbligo di ridurla. Ne consegue che nei casi in cui il giudice del gravame escluda la concorrenza di una o più circostanze aggravanti, già dichiarate dal primo giudice equivalenti o subvalenti rispetto alle applicate attenuanti, egli non è tenuto ipso iure a ridurre la pena, ma solo ad accertare se e quale incidenza abbiano avuto quella o quelle aggravanti nella determinazione della pena base, allo scopo di eliminarla.
Cass. pen. n. 1898/1993
In tema di reato continuato, la comparazione fra le circostanze attenuanti generiche ed una o più aggravanti, contestate con un «reato-satellite», è un'operazione che, lungi dall'essere errata, è addirittura necessaria, poiché l'avvenuta unificazione di tutti i reati ex art. 81, secondo comma, c.p. non fa venir meno l'autonomia di ciascuno di essi, ad esempio, ai fini delle cause di estinzione, e, comunque, la maggiore o minore incidenza di circostanze favorevoli o sfavorevoli all'imputato influisce sicuramente sulla misura dell'aumento di pena, da irrogare per la continuazione.
Cass. pen. n. 2205/1993
Il vizio parziale di mente, attenendo alla sfera dell'imputabilità, è una circostanza inerente alla persona del colpevole. Essa quindi è soggetta al giudizio di bilanciamento.
Cass. pen. n. 9725/1992
In assenza di uno specifico motivo di gravame, il giudice di appello ha soltanto la facoltà e non l'obbligo di sottoporre a nuova valutazione il giudizio di minusvalenza o equivalenza tra circostanze aggravanti ed attenuanti, compiuto in primo grado.
Cass. pen. n. 9398/1992
Ai fini del giudizio di comparazione delle circostanze attenuanti ed aggravanti, il giudice di merito non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dalle parti, essendo sufficiente, invece, che egli dia rilievo a quelli ritenuti di valore decisivo. Ne consegue che le argomentazioni e le risultanze non espressamente esaminate, nell'implicito raffronto con gli elementi giudicati fondamentali, devono considerarsi disattese e non già pretermesse.
Cass. pen. n. 1744/1992
Il giudizio di equivalenza o di prevalenza tra attenuanti e aggravanti riguarda esclusivamente la pena e non incide sul titolo del reato. (Fattispecie in materia di liberazione anticipata in cui il ricorrente assumeva l'irrilevanza della aggravante in ordine al delitto di rapina (art. 628 c.p.), essendo state concesse le attenuanti equivalenti nella sentenza di condanna).
Cass. pen. n. 10266/1991
In tema di reato continuato, il giudizio di comparazione ex art. 69 c.p. va instaurato solo tra le circostanze aggravanti e le circostanze attenuanti relative al reato - base, cioè a quello ritenuto in concreto più grave, mentre delle circostanze riguardanti i cosiddetti reati satelliti deve tenersi conto solo ai fini dell'aumento per la continuazione.
Cass. pen. n. 10379/1990
Ai fini del giudizio di comparazione fra circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, anche la sola enunciazione dell'eseguita valutazione delle circostanze concorrenti esaurisce l'obbligo della motivazione in quanto, rientrando tale giudizio nella discrezionalità del giudice, esso non postula un'analitica esposizione dei criteri di valutazione.
Cass. pen. n. 9995/1990
Qualora il giudizio conclusivo di comparazione fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti sia di prevalenza, il giudice non è tenuto ad applicare nel massimo l'aumento stabilito per le prime o la riduzione della pena consentita per le seconde, in quanto l'applicazione delle circostanze e la misura dell'aumento o della diminuzione di pena correlativi non trovano necessariamente rispondenza negli stessi motivi che servono per determinare la pena base del reato. (Nella fattispecie, in applicazione di tale principio, è stato ritenuto che nessuna contraddizione è possibile ravvisare tra il giudizio conclusivo di prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti e la riduzione della pena per le attenuanti in misura inferiore al massimo consentito).
Cass. pen. n. 5913/1990
Ai fini della comparazione delle circostanze, nel sistema penale vigente, il criterio generale che deve essere osservato dal giudice, è quello risultante dallo schema dell'art. 133 c.p.; dal coordinamento di detta norma con quello dell'art. 69 dello stesso codice, si evince che il giudizio di comparazione deve essere fatto dal giudice, nell'esercizio del suo potere discrezionale, allo scopo di ottenere una valutazione complessiva dell'episodio delittuoso che, pur senza rinnegare il principio della proporzione tra la pena ed il reato, tenga conto, nel commisurare la pena da infliggere in concreto, della particolare personalità del reo, considerato sotto ogni aspetto sintomatico, e della sostanziale entità della condotta criminosa. Pertanto le precedenti condanne dell'imputato ben possono essere prese in considerazione non solo come elemento costitutivo della recidiva, ma anche ai fini del giudizio di comparazione, giacché ben può un elemento polivalente, quale quello dei precedenti penali, essere utilizzato più volte per fini e conseguenze diverse.
Cass. pen. n. 1679/1990
Nel giudizio di comparazione fra circostanze attenuanti ed aggravanti, ex art. 69 c.p., il giudice non è tenuto a specificare le ragioni che lo hanno indotto a dichiarare l'equivalenza piuttosto che la prevalenza, a meno che non vi sia stata espressa motivata richiesta.
Cass. pen. n. 12275/1989
Nel caso di unificazione per continuazione di reati dell'attuale procedimento con altri già definitivamente giudicati, i giudici del merito non sono vincolati al precedente giudizio di comparazione — nella specie di prevalenza delle attenuanti generiche — ma possono liberamente operare la comparazione con specifico riferimento al reato considerato più grave.
Cass. pen. n. 7536/1988
In tema di reato continuato, il giudizio di comparazione ai sensi dell'art. 69 c.p., va compiuto soltanto in rapporto alla violazione più grave al fine di determinares la pena base, mentre in relazione ai reati meno gravi le circostanze ad essi inerenti si considerano come semplici modalità del fatto rispetto alle quali il predetto giudizio non è operante. Ciò in quanto in caso contrario si violerebbe il principio della inscindibilità dello aumento per la continuazione che non consente, nel proprio ambito, di distinguere diversi reati - base.
Cass. pen. n. 1450/1987
Nella continuazione di reati circostanziati il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e circostanze attenuanti adempie ad una finalità ed ha, corrispondentemente, una dimensione parzialmente diversa, secondo che si riferisca al reato più grave o agli altri reati legati al primo da un identico disegno criminoso. Nel primo caso, il giudizio di comparazione tende a determinare la misura della pena — base, con riferimento alla pena prevista per il reato più grave e agli eventuali aumenti o alle eventuali riduzioni da applicare, nei limiti legalmente fissati e avuto riguardo ai parametri determinati dall'art. 133 c.p., in relazione, rispettivamente, alle circostanze aggravanti e alle circostanze attenuanti dichiarate prevalenti, fermo restando che la concreta determinazione della misura della pena, nell'ambito dei limiti edittali, non potrà non essere influenzata, anche nell'ipotesi in cui il giudizio di comparazione si concluda con una dichiarazione di equivalenza, dalla coesistenza di circostanze di segno opposto. Nel secondo caso tale giudizio — che deve pur sempre essere compiuto dal giudice del merito, il quale deve fornire sul punto una motivazione adeguata e corretta sia sotto il profilo della logica sia sotto quello del rispetto dei parametri fissati dall'art. 133 c.p. — ha una finalità più ridotta, tendendo alla determinazione, attraverso una valutazione globale della entità del singolo fatto di reato e della personalità del suo autore, della misura dell'aumento da apportare sulla pena — base stabilita per il reato più grave in relazione della continuazione, nell'ipotesi di pluralità di reati cosiddetti satelliti. Il giudizio predetto deve essere effettuato separatamente per ciascun reato al quale il concorso delle circostanze eterogenee si riferisce, al fine sia di consentire alle parti di conoscere i criteri seguiti dal giudice nella determinazione dell'aumento di pena corrispondente ad ogni singolo reato ed al giudice dell'impugnazione di controllare la correttezza del procedimento seguito dal giudice a quo, sia di rendere possibile la comparazione in concreto tra i risultati raggiunti in tema di trattamento sanzionatorio mediante l'applicazione del cumulo giuridico delle pene previsto per la continuazione nel reato e quelli che sarebbero stati ottenuti con l'applicazione del cumulo materiale delle pene stabilito per il concorso materiale dei reati, sia di permettere il recupero dell'autonomia dei singoli reati tutte le volte che dovesse rendersi necessario lo scioglimento del cumulo giuridico delle pene per l'applicazione di disposizioni, come quelle attinenti alle cause estintive del reato e della pena, che siano riferibili ad alcuni soltanto dei reati meno gravi.