Art. 416 – Codice civile – Interdizione e inabilitazione nell’ultimo anno di minore età
Il minore non emancipato può essere interdetto [414] o inabilitato [415] nell'ultimo anno della sua minore età [2]. L'interdizione o l'inabilitazione ha effetto [421] dal giorno in cui il minore raggiunge l'età maggiore [40].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 35870/2024
In tema di giudizio di appello, non viola il divieto di "reformatio in peius" il giudice che, pur delimitando la responsabilità dell'imputato per un reato permanente (nella specie, associazione di tipo mafioso) a un tempo in cui il regime sanzionatorio era più favorevole di quello successivo, non operi alcuna riduzione di pena. (In motivazione, la Corte ha precisato che i criteri di commisurazione della pena di cui all'art. 133 cod. pen. non coincidono con quelli che, ove sussistenti, ne impongono, a norma dell'art. 597, comma 4, cod. proc. pen., la riduzione).
Cass. civ. n. 33693/2024
In tema di concessione del permesso premio, dopo la modifica dell'art. 4-bis, comma 1-bis, ord. pen. ad opera del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, le condizioni di accesso al beneficio in relazione ai reati ivi elencati, per i detenuti che non collaborano con l'autorità giudiziaria, sono diventate più gravose rispetto a quelle sussistenti a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2019, prevedendo, da un lato, la necessità di ulteriori presupposti di ammissibilità della domanda (l'adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l'assoluta impossibilità di tale adempimento) e, codificando, dall'altro, un criterio misto per il giudizio sulla presunzione relativa conseguente alla mancata collaborazione che contempla, accanto all'individuazione di alcuni indicatori valutabili, anche la regola legale dell'insufficienza di alcuni di essi (la regolare condotta carceraria, la partecipazione al percorso rieducativo e la mera dichiarazione di dissociazione). (In motivazione, la Corte ha però affermato che, in ossequio ai principi costituzionali di eguaglianza e del finalismo rieducativo della pena, non può disconoscersi la rilevanza del percorso rieducativo effettivamente compiuto dal condannato che abbia già raggiunto, in concreto, un grado di rieducazione adeguato alla concessione del beneficio.).
Cass. civ. n. 33221/2024
Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice dell'udienza preliminare, rilevata la nullità della notificazione all'imputato dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, pur ritualmente eseguita, disponga la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la rinnovazione della notifica, trattandosi di provvedimento che non determina la stasi del procedimento e non risulta avulso dal sistema, costituendo espressione di un potere riconosciuto dall'ordinamento.
Cass. civ. n. 33152/2024
In tema di associazione per delinquere, l'aggravante del numero delle persone, di cui all'art. 416, comma quinto, cod. pen., non richiede la consapevolezza della partecipazione di altri concorrenti nel numero sufficiente a integrarla.
Cass. civ. n. 28144/2024
In tema di esercizio dell'azione penale con citazione diretta a giudizio, il rinvio alla pena della reclusione "non superiore nel massimo a quattro anni", contenuto nell'art. 550 cod. proc. pen., dev'essere inteso come "fisso", in quanto, per l'inderogabilità del principio "tempus regit actum", è riferito alla norma vigente al momento dell'esercizio dell'azione penale e non a quella di diritto sostanziale in concreto applicabile all'imputato sulla base dei criteri successori di cui all'art. 2 cod. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non abnorme il provvedimento di restituzione degli atti al pubblico ministero che, in relazione a un fatto commesso nel vigore dell'art. 176 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, aveva emesso decreto di citazione diretta a giudizio nonostante l'incriminazione fosse già confluita nella disposizione di cui all'art. 518-bis cod. pen., i cui limiti di pena imponevano la richiesta di rinvio a giudizio con fissazione dell'udienza preliminare).
Cass. civ. n. 28061/2024
In tema di rapina, l'agire professionale, violento e organizzato non è sufficiente "ex se" per la configurabilità dell'aggravante dell'utilizzo del "metodo mafioso", di cui all'art. 416-bis.1 cod. pen., essendo necessaria la ragionevole percezione, anche solo ipotetica, da parte della persona offesa della provenienza dell'attività delittuosa da un contesto di criminalità organizzata di tipo mafioso. (In motivazione, la Corte ha individuato gli indici idonei ad ingenerare nella persona offesa una più accentuata condizione di minorata difesa indotta dalla parvenza di un agire mafioso nella consapevolezza della presenza, nel territorio di riferimento, di sodalizi criminali, negli espliciti richiami all'appartenenza o alla vicinanza a tali sodalizi e nelle concrete modalità di coercizione poste in essere).
Cass. civ. n. 24901/2024
In tema di associazione di tipo mafioso, deve intendersi "gruppo mafioso a soggettività differente" il sodalizio composto da soggetto già condannato, in via definitiva, per partecipazione a una determinata associazione di tipo mafioso che, scontata la pena, abbia ripreso le attività delittuose e da altri individui, originariamente estranei a fattispecie associative di tal genere, che si siano aggregati al pregiudicato mafioso, intraprendendo, insieme a quest'ultimo, attività criminali diffuse sul territorio.
Cass. civ. n. 24553/2024
In tema di misure cautelari personali, la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze di cautela sancita dall'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata, con riguardo ai delitti aggravati ai sensi dell'art. 416-bis.1, cod. pen., a condizione che si dia conto dell'avvenuto apprezzamento di elementi, evidenziati dalla parte o direttamente enucleati dagli atti, significativi in tal senso, afferenti, in specie, alla tipologia del delitto in contestazione, alle concrete modalità del fatto e alla sua risalenza, non essendo sufficiente, a tal fine, il mero decorso del cd. "tempo silente", posto che è escluso, in materia, qualsiasi automatismo valutativo.
Cass. civ. n. 21879/2024
Integra il reato di concorso esterno in associazione mafiosa la condotta dell'"extraneus" che si faccia latore di messaggi dal carcere nell'interesse del sodalizio, nel caso in cui detta attività sia reiterata e non episodica, nonché riferita a messaggi aventi contenuto idoneo a porsi quale elemento condizionante, consapevole e volontario, rispetto alla conservazione o al rafforzamento delle capacità operative dell'associazione mafiosa, a nulla rilevando che l'intermediario conosca o meno tale contenuto, purché sia consapevole dell'aiuto illecito apportato con la finalità di permettere la circolazione delle informazioni e delle direttive provenienti dal carcere.
Cass. civ. n. 21616/2024
In tema di estorsione, nel caso in cui il metodo mafioso si concretizzi in una minaccia "silente", posta in essere da soggetto appartenente ad un'associazione di tipo mafioso ed evocativa della capacità criminale del sodalizio, l'aggravante di cui all'art. 628, comma terzo, n. 3, cod. pen, richiamata dall'art. 629, comma secondo, cod. pen., può concorrere con quella di cui all'art. 416-bis.1 cod. pen., sotto il profilo dell'utilizzo del metodo mafioso, posto che la prima è volta a punire la maggiore pericolosità dimostrata, in concreto, dall'associato dedito anche alla consumazione di rapine ed estorsioni, mentre la seconda sanziona la maggiore capacità intimidatoria della condotta, realizzabile anche dal non è associato.
Cass. civ. n. 20320/2024
In tema di estorsione, l'aggravante dell'utilizzo del metodo mafioso, di cui all'art. 416-bis.1. cod. pen., può concorrere con quella prevista dall'art. 628, comma terzo, n. 3, cod. pen., richiamata dall'art. 629, comma secondo, cod. pen., posto che la prima presuppone che la condotta sia stata tenuta con modalità mafiose, pur non essendo necessario che il soggetto agente appartenga a un sodalizio criminale di tal genere, mentre la seconda postula la provenienza della violenza o della minaccia da persona appartenente ad associazione mafiosa, senza che sia necessario il concreto accertamento delle modalità di esercizio di tali violenza e minaccia, né che esse siano state attuate mercé l'utilizzo della forza intimidatrice derivante dall'appartenenza all'associazione mafiosa.
Cass. civ. n. 19751/2024
In tema di misure cautelari disposte per il delitto di cui all'art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la sussistenza delle esigenze cautelari, nel caso di condotte esecutive risalenti nel tempo, deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l'attualità, posto che tale fattispecie è qualificata dai soli reati-fine e non postula necessariamente l'esistenza dei requisiti strutturali e delle peculiari connotazioni del vincolo associativo previste per il diverso delitto di cui all'art. 416-bis, cod. pen., sicché risulta ad essa inapplicabile la regola di esperienza, per quest'ultimo elaborata, della tendenziale stabilità del sodalizio in difetto di elementi contrari attestanti il recesso individuale ovvero l'avvenuto scioglimento del gruppo.
Cass. civ. n. 19741/2024
In tema di pene detentive brevi, il divieto di sostituzione della pena nei confronti dell'imputato di uno dei reati di cui all'art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, previsto dall'art. 59, comma 1, lett. d), legge 24 novembre 1981, n. 689, opera per tutti i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis, cod. pen. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, inclusi quelli tentati.
Cass. civ. n. 19541/2024
In caso di riforma della sentenza in grado di appello per l'avvenuta riqualificazione in termini di delitto tentato del delitto consumato originariamente contestato, la riduzione della pena inflitta per il delitto come derubricato non implica l'obbligo di ridurre anche gli aumenti sanzionatori per le aggravanti riconosciute nel giudizio di primo grado, posto che la diversa qualificazione giuridica del fatto comporta una diversa incidenza degli elementi circostanziali.
Cass. civ. n. 19109/2024
La restituzione degli atti al pubblico ministero, prevista dall'art. 423, comma 1 bis, cod. proc. pen. come rimedio alla permanente difformità fra l'imputazione formulata dalla pubblica accusa e quella ritenuta dal giudice dell'udienza preliminare, prevale sulla possibilità per il medesimo giudice di riqualificare il fatto all'atto dell'emissione del decreto che dispone il giudizio, in tal modo garantendosi, fin da subito, la corretta instaurazione del giudizio e il pieno esplicarsi del diritto di difesa dell'imputato, anche in relazione all'accesso ai riti deflattivi.
Cass. civ. n. 18866/2024
In caso di condanna per il delitto di associazione per delinquere, può essere ordinata, in presenza di adeguato accertamento della pericolosità sociale, una misura di sicurezza personale ex art. 417, cod. pen., posto che il richiamo ivi previsto ai "due articoli precedenti" deve intendersi riferito agli artt. 416 e 416-bis, cod. pen., e non all'art. 416-ter, cod. pen., introdotto successivamente all'art. 417, cod. pen. e che, pertanto, non lo contemplava.
Cass. civ. n. 17014/2024
In tema di divieto di "bis in idem", l'identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona, sicché non opera il suddetto divieto nel caso di sentenza irrevocabile di condanna per associazione mafiosa e di altro procedimento intentato per associazione di narcotraffico finalizzata all'agevolazione del medesimo clan mafioso.
Cass. civ. n. 16434/2024
In tema di custodia cautelare in carcere disposta per il reato di partecipazione ad associazioni mafiose "storiche", la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con il recesso dell'indagato dall'associazione o con l'esaurimento dell'attività associativa, mentre il cd. "tempo silente" (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l'emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell'irreversibile allontanamento dell'indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un'attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volto a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell'assenza di esigenze cautelari.
Cass. civ. n. 15429/2024
In tema di estorsione, l'aggravante, soggettiva, di cui all'art. 628, comma terzo, n. 3), cod. pen., può concorrere con quella, oggettiva, dell'utilizzo di metodo mafioso, di cui all'art. 416 bis.1., nel caso in cui il delitto sia commesso, con minaccia "silente", da soggetto appartenente ad associazione di tipo mafioso, posto che la prima circostanza è funzionale a sanzionare la maggiore pericolosità individuale dimostrata dall'associato che abbia consumato l'ulteriore delitto, mentre la seconda è volta a punire la maggior capacità intimidatoria di condotte realizzate attraverso l'evocazione della capacità criminale dell'associazione mafiosa, potendo essere agita anche da chi non è associato.
Cass. civ. n. 14654/2024
Nei procedimenti con pluralità di reati plurisoggettivi, la confisca per equivalente non può eccedere il profitto corrispondente ai delitti specificamente attribuiti all'imputato, nel caso in cui quest'ultimo non sia stato condannato per tutti i delitti accertati. (Fattispecie relativa a imputazioni per associazione per delinquere, truffa aggravata e commercio di farmaci anabolizzanti, in cui era stata disposta la confisca, nei confronti di un coimputato, per un ammontare corrispondente anche al profitto di delitti di truffa concretamente accertati, ma per i quali non era stato condannato).
Cass. civ. n. 14403/2024
In caso di associazioni di tipo mafioso delocalizzate, costituite cioè al di fuori dei territori di origine delle "mafie storiche", la configurabilità del delitto di cui all'art. 416-bis, cod. pen. non richiede necessarie forme di esteriorizzazione della forza intimidatrice, caratterizzanti il sodalizio mafioso, in quanto la forza d'intimidazione posseduta e la tangibile percezione della stessa sul territorio di riferimento, in termini di assoggettamento e omertà, possono desumersi dalla replica del modulo organizzativo e dai tratti distintivi della "casa madre", con la quale mantengono uno stretto legame.
Cass. civ. n. 13213/2024
In tema di ricettazione (nella specie, aggravata dalla finalità di agevolazione di associazione di stampo mafioso), il dolo può configurarsi anche nella forma eventuale quando l'agente si rappresenta la concreta possibilità, accettandone il rischio, della provenienza delittuosa del denaro ricevuto e investito.
Cass. civ. n. 13063/2024
In tema di mandato d'arresto europeo, non è configurabile il motivo facoltativo di rifiuto della consegna di cui all'art. 18-bis, comma 1, lett. a), della legge 22 aprile 2005, n. 69, ove nel territorio dello Stato di emissione siano avvenuti anche solo un frammento apprezzabile della condotta, intesa in senso naturalistico, o una parte dell'evento che è conseguenza dell'azione od omissione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistenti le condizioni per la consegna del ricorrente all'Autorità giudiziaria tedesca in relazione ai reati di associazione a delinquere finalizzata alle truffe informatiche e ai reati fine, commessi in Albania ai danni anche di cittadini residenti in Germania, ove erano stati effettuati gli esborsi per via telematica).
Cass. civ. n. 12753/2024
In tema di associazione di tipo mafioso, la mera "contiguità compiacente", anche caratterizzata da atteggiamenti di fascinazione verso un determinato apparato mafioso o di ammirazione verso i partecipi o i capi del gruppo, non costituisce comportamento sufficiente a integrare la condotta di partecipazione all'organizzazione, ove non sia dimostrato che la vicinanza a soggetti mafiosi si sia tradotta in un vero e proprio contributo, avente effettiva rilevanza causale, alla conservazione o al rafforzamento della consorteria.
Cass. civ. n. 11558/2024
In tema di misure alternative, il divieto di cui all'art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, opera per tutti i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, inclusi quelli tentati.
Cass. civ. n. 4458/2024
In tema di licenziamento, le condotte costituenti reato, sebbene realizzate prima dell'instaurarsi del rapporto di lavoro, possono integrare giusta causa di licenziamento, anche a prescindere da un'apposita previsione contrattuale, purché siano state giudicate con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto e si rivelino - attraverso una verifica giurisdizionale da effettuarsi sia in astratto sia in concreto - incompatibili con il permanere del vincolo fiduciario che caratterizza la relazione lavorativa. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha negato la rilevanza disciplinare di una sentenza irrevocabile di condanna per il reato di cui all'art. 416 bis c.p. non solo perché intervenuta prima dell'instaurazione del rapporto lavorativo e per fatti molto risalenti, ma anche in ragione dell'assenza di qualsivoglia potere decisionale e gerarchico del dipendente).
Cass. civ. n. 3087/2024
Non è abnorme la dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio per mancato espletamento dell'interrogatorio chiesto con modalità non consentita, posto che la conseguente regressione del procedimento non comporta alcuna stasi, potendo il pubblico ministero assumere nuovamente le proprie determinazioni sull'esercizio dell'azione penale all'esito del disposto interrogatorio. (Fattispecie in cui l'interrogatorio era stato chiesto dall'indagato mediante PEC anziché attraverso il deposito nel portale del processo telematico (PPT), come previsto dalla disciplina transitoria di cui all'art. 87, comma 6-bis, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in relazione all'art. 111-bis cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 3059/2024
Il giudice del rinvio, chiamato a rivalutare la concedibilità delle circostanze attenuanti generiche a seguito della diversa qualificazione giuridica del fatto operata dalla Corte di cassazione con la pronuncia rescindente (nella specie, dal delitto di partecipazione ad associazione mafiosa a quello di concorso esterno), non ha l'obbligo di adottare una motivazione diversa da quella della pronuncia annullata.
Cass. civ. n. 2062/2024
Non è abnorme, e pertanto non è ricorribile per cassazione, l'ordinanza con cui il giudice, investito del decreto di citazione diretta a giudizio emesso nei confronti di un ente, dispone, in esito alla declaratoria di nullità dello stesso, la restituzione degli atti al pubblico ministero sull'erroneo presupposto che debba procedersi con richiesta di rinvio a giudizio, in ragione del richiamo all'art. 407-bis, comma 1, cod. proc. pen. operato dall'art. 59, comma 1, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, costituendo la decisione espressione dei poteri ordinamentali riconosciuti al giudice del dibattimento, che non determina un'insuperabile stasi processuale, atteso che il rappresentante della pubblica accusa può disporre la rinnovazione del decreto senza incorrere nell'adozione di un atto nullo.
Cass. civ. n. 1791/2024
L'elemento materiale del delitto di associazione per delinquere consiste nell'associarsi di tre o più persone al fine di commettere più delitti, senza che sia richiesta una distribuzione gerarchica di funzioni, l'esistenza di un rapporto di subordinazione e la presenza di un capo o di un organizzatore, figure che la norma, al pari dell'esistenza di promotori, costitutori od organizzatori, considera come eventuali, configurando la loro condotta come autonoma e più grave fattispecie criminosa.
Cass. civ. n. 1061/2024
In tema di successione di leggi, qualora, nel corso del giudizio, sia introdotto per il reato in contestazione il regime di procedibilità a querela, e ne venga poi ripristinata la perseguibilità di ufficio, deve darsi applicazione alla legge le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, cod. pen., attesa la natura mista, sostanziale e processuale, della querela. (Fattispecie relativa al delitto di violenza privata aggravato ai sensi dell'art. 416-bis.1 cod. pen., commesso prima che il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 escludesse la procedibilità d'ufficio, e giudicato dopo la reintroduzione del previgente regime da parte della legge 24 maggio 2023, n. 60).
Cass. civ. n. 574/2024
In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, integra la condizione ostativa della colpa grave la condotta di chi, nei reati associativi, abbia tenuto comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità al sodalizio criminale, mantenendo con gli appartenenti all'associazione frequentazioni ambigue, tali da far sospettare il diretto coinvolgimento nelle attività illecite. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la decisione che aveva respinto la richiesta di riparazione sul rilievo dell'avvenuto accertamento della stretta vicinanza del richiedente, imputato del reato di partecipazione ad associazione mafiosa, a soggetto in posizione apicale nella locale articolazione di "Cosa nostra" e ad altri individui inseriti nel medesimo contesto malavitoso).
Cass. civ. n. 51659/2023
Ai fini della configurabilità del reato di scambio elettorale politico-mafioso di cui all'art. 416-ter cod. pen., l'oggetto materiale dell'erogazione offerta in cambio della promessa di voti può essere costituito non solo dal denaro, ma anche da beni traducibili in valori di scambio immediatamente quantificabili in termini economici, quali i mezzi di pagamento diversi dalla moneta, i preziosi, i titoli o i valori mobiliari, restando invece escluse dal contenuto precettivo della norma incriminatrice le altre "utilità", suscettibili di essere oggetto di monetizzazione solo in via mediata. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso che l'utilità potesse rinvenirsi nel cambio di destinazione urbanistica di un fondo, finalizzato a consentire alla locale parrocchia la realizzazione di una mensa per poveri, dalla quale non derivava alcun vantaggio economica per l'imputato).
Cass. civ. n. 51324/2023
In tema di estorsione, è configurabile l'aggravante del metodo mafioso anche a fronte di un messaggio intimidatorio "silente", in quanto privo di un'esplicita richiesta, nel caso in cui la consorteria abbia raggiunto una forza intimidatrice tale da rendere superfluo l'avvertimento mafioso, sia pure implicito, ovvero il ricorso a specifici comportamenti violenti o minacciosi.
Cass. civ. n. 49790/2023
Ai fini della configurabilità del concorso esterno in associazione di tipo mafioso, la verifica del nesso causale deve essere compiuta ponendo in diretta relazione eziologica l'evento, integrato dalla conservazione, agevolazione o rafforzamento di un organismo criminoso già operante, con la condotta atipica del concorrente, attraverso un accertamento postumo dell'idoneità causale di quest'ultima che, in rapporto alla vita e all'operatività del sodalizio criminoso, deve consistere in un contributo "percepibile" al mantenimento in vita dell'organismo stesso.
Cass. civ. n. 49625/2023
In tema di benefici penitenziari, ai fini della concessione della liberazione anticipata in presenza di un reato ostativo permanente con contestazione cd. aperta (nella specie quello di partecipazione ad associazione di tipo mafioso), è necessario che il giudice verifichi, tenendo conto della motivazione della sentenza di condanna, le date cui deve essere riferita in concreto ed entro le quali deve ritenersi esaurita la condotta partecipativa attribuita al condannato.
Cass. civ. n. 48816/2023
Ai fini della determinazione della competenza per territorio in relazione a reati connessi, tra i quali figuri un delitto associativo, come tale di natura permanente, nel caso in cui la sua consumazione abbia avuto inizio all'estero e sia proseguita in territorio nazionale, trova applicazione la regola suppletiva prevista dall'art. 9, comma 1, cod. proc. pen. per effetto del rinvio ad essa operato dall'art. 10, comma 3, cod. proc. pen., non potendo detta competenza essere determinata secondo le regole generali di cui all'art. 8 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 48560/2023
E' configurabile il delitto di favoreggiamento personale in corso di consumazione del delitto associativo di cui all'art. 416-bis cod. pen. nel caso in cui la condotta dell'agente sia sorretta dall'intenzione di aiutare il partecipe ad eludere le investigazioni dell'autorità e non dalla volontà di prendere parte, con "animus socii", all'azione criminosa. (Fattispecie in cui si è ritenuto sussistente il delitto di favoreggiamento personale a fronte di una condotta consistita nel recupero e nella consegna di una microspia in favore di partecipe a una consorteria mafiosa).
Cass. civ. n. 48448/2023
In tema di associazione a delinquere di tipo mafioso, i contenuti informativi provenienti da soggetti intranei alla consorteria, espressione di un patrimonio conoscitivo condiviso derivante dalla circolazione all'interno della stessa di informazioni e di notizie relative a fatti di interesse comune degli associati, sono utilizzabili in modo diretto e non come mere dichiarazioni "de relato", soggette alla verifica di attendibilità della fonte primaria.
Cass. civ. n. 47768/2023
E' configurabile il delitto di associazione per delinquere nel caso di condotte sistematicamente tese all'arricchimento degli agenti, attuate nell'ambito di un programma illecito, temporalmente indeterminato, anche quando la vittima sia sempre un unico soggetto, laddove il progetto delittuoso perseguito, realizzato pur con comportamenti non costituenti reato, sia espressione dell'evoluzione dell'originario "modus operandi". (Fattispecie in cui la Corte ha valutato corretta la decisione che aveva ritenuto sussistente un'associazione per delinquere, e non il mero concorso di persone nel reato continuato, in presenza di un gruppo di individui, organizzato prevalentemente su base familiare, il cui programma illecito non era limitato alla spoliazione del patrimonio di un'azienda sottoposta ad amministrazione giudiziaria, unica parte offesa, ma si estendeva al procacciamento di fonti continuative e indeterminate di futuri guadagni illeciti).
Cass. civ. n. 47643/2023
In tema di intercettazioni telefoniche, ha natura di norma interpretativa, come tale applicabile retroattivamente, la previsione dell'art. 1 d.l. 10 agosto 2023, n. 105, convertito dalla legge 9 ottobre 2023, n. 137, che ha definito l'ambito applicativo della disciplina "speciale" di cui all'art. 13 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, riguardante i presupposti e le modalità esecutive delle operazioni di captazione nei procedimenti per delitti di criminalità organizzata, tra i quali quelli, consumati o tentati, commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis cod. pen. o al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso contemplate.
Cass. civ. n. 45836/2023
In tema di associazione di tipo mafioso, l'applicazione della misura di sicurezza prevista, in caso di condanna, dall'art. 417 cod. pen., non richiede l'accertamento in concreto della pericolosità del soggetto, dovendosi ritenere operante una presunzione semplice, desunta dalle caratteristiche del sodalizio criminoso e dalla persistenza nel tempo del vincolo criminale di mutua solidarietà, che può essere superata quando siano acquisiti elementi dai quali si evinca l'assenza di pericolosità in concreto. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che tale accertamento dovrà, comunque, essere svolto dal magistrato di sorveglianza al momento dell'esecuzione della misura, tenendo conto degli elementi di cui all'art. 133 cod. pen. e del comportamento del condannato durante e dopo l'espiazione della pena).
Cass. civ. n. 39858/2023
E' configurabile la continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e i reati-fine nel caso in cui questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si è determinato a fare ingresso nel sodalizio, non essendo necessario che tale programmazione sia avvenuta al momento della costituzione dello stesso.
Cass. civ. n. 39836/2023
In tema di estorsione, nel caso in cui il delitto sia commesso, con minaccia "silente", da soggetto appartenente ad un'associazione di tipo mafioso, sussiste l'aggravante di cui all'art. 628, comma terzo, n. 3, cod. pen, richiamata dall'art. 629, comma secondo, cod. pen., la cui configurabilità è correlata alla sola provenienza qualificata della condotta intimidatoria, ma non quella di cui all'art. 416-bis.1 cod. pen., sotto il profilo dell'utilizzo del metodo mafioso, che postula un'ulteriore esternazione, funzionale alla semplificazione delle modalità commissive del reato.
Cass. civ. n. 37154/2023
È inapplicabile l'esimente di cui all'art. 384, comma primo, cod. pen. alla condotta di favoreggiamento personale aggravato ai sensi dell'art. 416-bis.1 cod. pen. realizzata dalla moglie di soggetto latitante il quale rivesta una posizione apicale all'interno di un gruppo criminale mafioso, ove caratterizzata da una generalizzata, preventiva e continuativa messa a disposizione (nella specie, mediante appoggi logistici e la fornitura di veicoli "bonificati" da microspie per gli spostamenti, schede telefoniche, denaro) volta ad eludere le ricerche dell'autorità giudiziaria, trattandosi di condotta non necessitata né riconducibile ai soli rapporti affettivo-familiari.
Cass. civ. n. 34786/2023
Ai fini della configurabilità dell'aggravante del "metodo mafioso", di cui all'art. 416-bis.1 cod. pen., è sufficiente, in un territorio in cui è radicata un'organizzazione mafiosa storica, che il soggetto agente si riferisca implicitamente al potere criminale della consorteria, in quanto tale potere è di per sé noto alla collettività. (Fattispecie relativa al delitto di usura, in cui la Corte ha affermato che la notoria appartenenza del correo a un clan camorristico storico, la spregiudicatezza delle richieste usurarie provenienti dagli indagati e l'utilizzo di espressioni tipiche dell'agire mafioso, consentissero di ritenere integrato "il metodo delinquenziale mafioso").
Cass. civ. n. 33753/2023
È configurabile il delitto di favoreggiamento personale con riguardo ad un'associazione per delinquere la cui permanenza sia in atto, sempre che il reato presupposto abbia raggiunto una soglia minima di rilevanza penale. (Fattispecie di ausilio ad eludere le investigazioni in favore degli aderenti ad un'associazione finalizzata al narcotraffico).
Cass. civ. n. 33580/2023
In tema di associazione per delinquere, è consentito al giudice, pur nell'autonomia del delitto-mezzo rispetto ai delitti-fine, dedurre la prova dell'esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che, attraverso di essi, si manifesta in concreto l'operatività dell'associazione.
Cass. civ. n. 32569/2023
In tema di libertà vigilata, il combinato disposto di cui agli artt. 230, comma primo, e 417 cod. pen. impone, in caso di condanna per il delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen. a pena non inferiore a dieci anni di reclusione, l'applicazione di tale misura per la durata di tre anni, sicché il giudice non è onerato di uno specifico obbligo di motivazione in relazione alla pericolosità sociale del condannato.
Cass. civ. n. 32564/2023
Il giudice d'appello che intenda riformare la sentenza di condanna limitatamente alla configurabilità di una circostanza aggravante, esclusa in primo grado, in base al diverso apprezzamento delle prove dichiarative è tenuto a disporne la rinnovazione. (Fattispecie in cui la Corte di appello, diversamente dal primo giudice, aveva riconosciuto l'aggravante del metodo mafioso senza rinnovare l'istruttoria).
Cass. civ. n. 32126/2023
L'aggravante prevista dall'art. 416-bis.1, comma primo, seconda parte, cod. pen., di natura soggettiva e caratterizzata da dolo intenzionale, si comunica al compartecipe del reato che sia stato consapevole della finalità perseguita dai concorrenti di agevolare il sodalizio mafioso, non potendo, invece, ritenersi sufficiente la semplice consapevolezza, da parte del predetto, dell'esistenza e dell'operatività di un'organizzazione sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 416-bis cod. pen. e dell'appartenenza ad essa dei concorrenti, che rivestano posizioni apicali.
Cass. civ. n. 31775/2023
L'art. 416-bis cod. pen. prevede una pluralità di figure criminose di carattere alternativo ed autonome, che hanno in comune tra loro il solo riferimento ad una associazione di tipo mafioso, per cui la condotta del promotore o del capo costituisce figura autonoma di reato e non circostanza aggravante della partecipazione all'associazione medesima.
Cass. civ. n. 31234/2023
In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, la rituale affiliazione del richiedente ad un'associazione di tipo mafioso costituisce causa ostativa al riconoscimento del diritto, in quanto comportamento gravemente colposo ai sensi dell'art. 314 cod. proc. pen., ancorché non sufficiente a giustificare la condanna del predetto per il delitto associativo, in mancanza della prova di suo un ruolo dinamico e funzionale all'interno del sodalizio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di rigetto della domanda di riparazione avanzata da un soggetto affiliato alla "ndrangheta", con dote di "picciotto", sul rilievo che l'affiliazione rituale a un sodalizio di tipo mafioso costituisce un comportamento percepito all'esterno come espressione di contiguità allo stesso e, quindi, un "quid pluris" rispetto alle mere "frequentazioni ambigue").
Cass. civ. n. 27722/2023
In tema di associazione di tipo mafioso, integra la condotta di "concorso esterno" l'attività del professionista che fornisca un concreto, specifico e volontario contributo idoneo a conservare ovvero a rafforzare le capacità operative del sodalizio, nella consapevolezza di favorirne, in tal modo, la realizzazione del programma criminoso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto la sussistenza del reato nei confronti di un avvocato che, al fine di prevenire l'adozione di provvedimenti ablatori a carico di un esponente di vertice di un'associazione mafiosa in relazione a un immobile di cui questi era proprietario di fatto, ne acquisiva la proprietà formale con un contratto di compravendita e, il giorno stesso, lo rivendeva al fratello del capomafia).
Cass. civ. n. 24950/2023
In tema di circostanze aggravanti, il motivo abietto ricorre quando il proposito di vendetta, pur non suscitando negli appartenenti ad un'associazione il senso di ripugnanza e di disprezzo che caratterizza la circostanza, si accompagni alla finalità di affermazione del potere di un sodalizio criminoso e della capacità di sopraffazione dell'agente. (Fattispecie relativa ad aggressione commessa, a scopo punitivo, dagli appartenenti a una cosca mafiosa in danno di persona che aveva realizzato condotte violente senza l'autorizzazione dei vertici dell'associazione).
Cass. civ. n. 24873/2023
In tema di misure di sicurezza, dopo la modifica introdotta dall'art. 31, comma 2, legge 10 ottobre 1986, n. 633, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, la loro applicazione, ivi compresa quella prevista dall'art. 417 cod. pen., può essere disposta, anche da parte del giudice della cognizione, soltanto dopo l'espresso positivo scrutinio dell'effettiva pericolosità sociale del condannato, da accertarsi in concreto sulla base degli elementi di cui all'art. 133 cod. pen., globalmente valutati, senza possibilità di far ricorso ad alcuna forma di presunzione giuridica, ancorché qualificata come semplice.
Cass. civ. n. 24006/2023
Il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione deve essere escluso nel caso in cui l'assoluzione sia determinata da mutamenti giurisprudenziali estranei al quadro giuridico e fattuale che si presentava al giudice della cautela all'atto dell'adozione del provvedimento custodiale, attesa l'assimilabilità di tale ipotesi a quella di cui all'art. 314, comma 5, cod. proc. pen., relativa al caso della sopravvenuta abrogazione della norma incriminatrice. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione reiettiva della richiesta di riparazione per la custodia cautelare subita in relazione al reato di partecipazione ad associazione a delinquere di tipo mafioso, dal quale l'imputato era stato assolto per insussistenza del fatto in ragione del mutato orientamento giurisprudenziale sulle condizioni per il riconoscimento della natura mafiosa di una cellula delocalizzata di 'ndrangheta).
Cass. civ. n. 22906/2023
concorso di persone nel reato continuato - Prova dell'associazione anche attraverso i reati scopo - Fattispecie. Nel concorso di persone nel reato continuato l'accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto volto alla sola commissione di più reati ispirati da un medesimo disegno criminoso, mentre le condotte di partecipazione e promozione dell'associazione per delinquere presentano i requisiti della stabilità del vincolo associativo e dell'indeterminatezza del programma criminoso, elementi che possono essere provati anche attraverso la valutazione dei reati scopo, ove indicativi di un'organizzazione stabile e autonoma, nonché di una capacità progettuale che si aggiunge e persiste oltre la consumazione dei medesimi. (Fattispecie relativa ad associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine, in cui la Corte ha ritenuto carente la motivazione della decisione di condanna per non aver individuato, con specificità, né gli indicatori dell'autonomia dell'associazione rispetto al mero accordo criminoso funzionale alla consumazione delle azioni predatorie, nè il ruolo dei singoli partecipi al sodalizio).
Cass. civ. n. 22614/2023
Nel reato di estorsione commesso nell'interesse di un'associazione di tipo mafioso, la simultanea presenza di non meno di due persone, necessaria a configurare la circostanza aggravante delle più persone riunite, deve essere individuata in relazione ai plurimi momenti in cui viene effettuata la richiesta estorsiva e alla pluralità dei soggetti che contattano la persona offesa esplicitando la natura collettiva della richiesta proveniente da più soggetti appartenenti al gruppo criminale.
Cass. civ. n. 22364/2023
Il termine di venti giorni dalla notifica dell'avviso di conclusione delle indagini, previsto dall'art. 415-bis cod. proc. pen. per la presentazione delle memorie e delle richieste difensive, ha natura ordinatoria, sicché i diritti difensivi possono esercitarsi fino alla richiesta di rinvio a giudizio ai sensi dell'art. 416 cod. proc. pen. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che la mancata effettuazione dell'interrogatorio, chiesto dopo il decorso di venti giorni dalla notifica dell'avviso, ma prima della richiesta di rinvio a giudizio, integra una nullità generale a regime intermedio per lesione del diritto di difesa).
Cass. civ. n. 20045/2023
In tema di "bis in idem" cautelare, dopo che il giudice della cognizione del procedimento principale asseritamente preclusivo abbia consentito al pubblico ministero di "chiudere" la contestazione "aperta" del reato associativo, così accettando la delimitazione temporale del "thema decidendum", il giudice del subprocedimento cautelare non può sindacare quella decisione - allo stato esistente ed efficace, ancorché non irrevocabile - né eventualmente disapplicarla in via incidentale per affermare che il primo processo abbraccia un ulteriore periodo di tempo rispetto a quello ritenuto dal giudice della cognizione, poiché compete a quest'ultimo evitare eventuali abusi e verificare che la perimetrazione dell'imputazione non si traduca in un'inammissibile ritrattazione dell'azione penale.
Cass. civ. n. 19848/2023
In tema di custodia cautelare in carcere, sussistono esigenze di eccezionale rilevanza ai sensi dell'art. 275, comma 4, cod. proc. pen., ai fini del mantenimento della misura intramuraria, nei confronti di soggetto ultrasettantenne di cui sia riconosciuto il ruolo apicale e di rappresentanza in seno all'articolazione territoriale di un'associazione mafiosa. (Fattispecie in cui il Tribunale ha rilevato che il ricorrente, nonostante l'età molto avanzata, "ha assicurato il presidio del territorio", venendo riconosciuto come referente dell'articolazione territoriale).
Cass. civ. n. 19703/2023
In tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione deve essere provata con puntuale riferimento al periodo temporale considerato dall'imputazione, sicché l'esistenza di una sentenza di condanna passata in giudicato per lo stesso delitto in relazione ad un precedente periodo può rilevare solo quale elemento significativo di un più ampio compendio probatorio, da valutarsi nel nuovo procedimento unitamente ad altri elementi di prova dimostrativi della permanenza all'interno della associazione criminale.
Cass. civ. n. 18797/2023
Il mancato espletamento dell'interrogatorio dell'indagato che ne abbia fatto richiesta dopo aver ricevuto un primo avviso di conclusione delle indagini preliminari non dà luogo a nullità del decreto di citazione a giudizio nel caso in cui, disposta la riunione ad altro procedimento, sia stato notificato un nuovo avviso di conclusione delle indagini relativo a tutti i reati per cui si procede e l'indagato, successivamente ad esso, non abbia rinnovato la richiesta di essere sottoposto ad interrogatorio, con conseguente legittimo esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'adozione e la notifica del secondo avviso di conclusione determina autonomi effetti processuali, tra i quali la decorrenza di un nuovo termine entro il quale l'indagato può esercitare le proprie facoltà difensive).
Cass. civ. n. 17772/2023
Nel procedimento per convalida di sfratto, la domanda riconvenzionale può essere proposta dall'intimato in seno alla comparsa di risposta della fase sommaria, senza necessità di chiedere lo spostamento dell'udienza ai sensi dell'art. 418 c.p.c. né, per il giudice, di concedere termini differenziati per le memorie integrative e fissare l'udienza tenendo conto della possibilità del convenuto di proporre una nuova riconvenzionale.
Cass. civ. n. 15705/2023
Costituisce causa di astensione o ricusazione del giudice l'aver partecipato all'adozione di una decisione di condanna relativa ad associazione per delinquere costituita da tre soli associati, in quanto, in tale ipotesi, la condanna di uno di essi implica un giudizio sulla sussistenza stessa del sodalizio, diversamente dal caso di consorzi criminali coinvolgenti un numero rilevante di persone, nei quali l'idoneità pregiudicante per il giudice della decisione assunta nei confronti di un partecipe deve valutarsi in concreto, in relazione ai profili di responsabilità dei coimputati giudicati in altro procedimento.
Cass. civ. n. 9021/2023
E' configurabile il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa, e non quello di favoreggiamento reale, nel caso in cui l'agente non si limita ad aiutare gli associati a conservare il denaro provento dell'attività del sodalizio, ma collabora costantemente e stabilmente alla sua gestione. (Fattispecie in cui la Corte ha qualificato come partecipazione ad associazione mafiosa la condotta dell'imputata, che aveva ricevuto, detenuto e occultato, con continuità, i guadagni del sodalizio, destinati agli associati detenuti e ai capi latitanti).
Cass. civ. n. 8790/2023
In tema di associazione mafiosa, l'aggravante di cui all'art. 416-bis, comma sesto, cod. pen. non può essere ritenuta sulla base della mera constatazione del reimpiego dei proventi illeciti in attività economiche, dovendo il giudice descriverne le specifiche modalità e la destinazione di tali introiti al finanziamento delle attività produttive, anche con riguardo alla dimensione degli investimenti eseguiti. (In applicazione del principio, la Corte ha censurato la decisione del giudice di merito che aveva configurato l'aggravante in presenza di un generico richiamo al "reimpiego del denaro ricavato nei più disparati settori merceologici").
Cass. civ. n. 7235/2023
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 550 cod. proc. pen, per contrasto con gli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., nella parte in cui prevedono che si proceda con citazione diretta, anziché con richiesta di rinvio a giudizio, anche nel caso in cui il limite di pena di quattro anni, previsto dall'art. 550 cod. proc. pen., sia superato in ragione della contestata recidiva qualificata, trattandosi di scelta legislativa non irragionevole, posto che la recidiva, pur quando si delinea come circostanza ad effetto speciale, resta un'aggravante peculiare, inerente alla persona del colpevole, sicché, se ritenuta applicabile, può legittimamente riverberarsi sul solo trattamento sanzionatorio e non sull'accertamento della competenza o dell'individuazione della pena ai fini cautelari, ove vengono in rilievo criteri che prescindono dalla biografia criminale dell'indagato.
Cass. civ. n. 5644/2023
L'esclusione della gravità indiziaria in relazione ad un reato o ad una circostanza aggravante da cui discende la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale ex artt. 51, comma 3-bis, e 328, comma 1-bis, cod. proc. pen. non fa venir meno la competenza di tale giudice, in quanto, anche nel procedimento cautelare, la decisione sulla competenza va assunta in "limine litis", sulla base della mera descrizione del fatto, prima di ogni valutazione di merito sulla fondatezza dell'accusa come pure sulla gravità degli indizi. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudice deve declinare la propria competenza e limitarsi ad applicare la misura entro i limiti temporali fissati dall'art. 27 cod. proc. pen., nei casi di urgenza delle esigenze di cautela, qualora l'esclusione del reato o dell'aggravante dipenda dalla radicale assenza di elementi a supporto della loro astratta ricorrenza).
Cass. civ. n. 5182/2023
Ai fini della sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, il diritto costituzionalmente garantito della persona detenuta ad accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita deve essere oggetto di una valutazione che, caso per caso, operi un adeguato contemperamento con l'opposto interesse alla tutela della collettività. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del tribunale del riesame che aveva rigettato l'appello avverso il provvedimento reiettivo dell'istanza di sostituzione della misura carceraria con quella autocustodiale, con autorizzazione a recarsi presso un centro medico specializzato, proveniente da detenuta imputata del reato di cui all'art. 416-bis, cod. pen., in ragione dell'acclarato "ruolo nevralgico" da costei ricoperto all'interno del sodalizio criminale di tipo camorristico).
Cass. civ. n. 2875/2023
In tema di misure di sicurezza, a seguito della modifica introdotta dall'art. 31, comma 2, legge 10 ottobre 1986, n. 633, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, la loro applicazione, ivi compresa quella prevista dall'art. 417 cod. pen., può essere disposta, anche da parte del giudice della cognizione, soltanto dopo l'espresso positivo scrutinio dell'effettiva pericolosità sociale del condannato, da accertarsi in concreto sulla base degli elementi di cui all'art. 133 cod. pen., globalmente valutati, senza possibilità di far ricorso ad alcuna forma di presunzione giuridica, ancorché qualificata come semplice.
Cass. civ. n. 2331/2023
L'utilizzo del metodo mafioso nella riscossione di un preteso credito non è incompatibile con il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, non comportando il raggiungimento di una finalità ulteriore rispetto alla riscossione, pur se è possibile valorizzare tale aggravante, in uno ad altri elementi, quale dato sintomatico del dolo di estorsione.
Cass. civ. n. 2159/2023
In tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, la costituzione e l'esistenza della consorteria criminosa non sono esclusi per il fatto che essa sia imperniata, per lo più, su componenti della stessa famiglia, posto che, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, rendono lo stesso ancor più pericoloso. (Fattispecie relativa ad un'associazione mafiosa qualificata come mafia "piccola" o "atipica").
Cass. civ. n. 2121/2023
Integra il delitto di associazione per delinquere aggravato dalla circostanza di cui all'art. 604-ter cod. pen. la condotta di chi si associa, attraverso una struttura dotata di organizzazione e stabilità, al fine di commettere condotte penalmente rilevanti con finalità di discriminazione, mentre integra il delitto di cui all'art. 604-bis, comma secondo, cod. pen. la partecipazione ad un organismo, anche privo di un minimo di organizzazione e di stabilità, che sia caratterizzato, quale elemento costitutivo del gruppo, dalla propaganda discriminatoria e dall'istigazione e incitamento a commettere atti discriminatori. (In motivazione la Corte ha escluso l'applicazione del criterio di specialità, in quanto il confronto strutturale tra le due fattispecie astratte e la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definirle portano a non ravvisare la sussistenza di un rapporto di continenza tra le norme).
Cass. civ. n. 2112/2023
In tema di misure cautelari, ai fini del superamento della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen., anche in relazione al reato di partecipazione ad associazioni mafiose "storiche" deve essere espressamente considerato dal giudice, alla luce di una esegesi costituzionalmente orientata della citata presunzione, il tempo trascorso dai fatti contestati, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell'indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra "gli elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari", cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 1525/2023
In tema di custodia cautelare in carcere disposta per i delitti aggravati ex art. 416-bis.l cod. pen., sebbene l'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. operi una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, in difetto di contestazione di intraneità al contesto associativo di tipo mafioso, ma di mero ricorso alle modalità comportamentali tipiche di tali associazioni, la presunzione di perdurante pericolosità ha carattere marcatamente relativo e il giudice è chiamato a valutare gli elementi astrattamente idonei a escludere tale presunzione, desunti dal tipo di reato per il quale si procede, dalle concrete modalità del fatto e dalla risalenza dei precedenti. (Fattispecie relativa all'applicazione della custodia cautelare in carcere per il reato di tentata estorsione aggravata dall'utilizzo del metodo mafioso nei confronti di persona che annoverava un unico precedente del 2007, in cui la Corte ha annullato, con rinvio al tribunale del riesame, l'ordinanza impugnata rilevando che il notevole arco di tempo trascorso tra il delitto contestato e l'unico precedente gravante sull'indagato, doveva essere valutato alla luce di tutte le condotte, coeve e successive al fatto, poste in essere dal soggetto).
Cass. civ. n. 386/2023
In tema di misure coercitive disposte per il delitto di associazione per delinquere, la sussistenza delle esigenze cautelari, rispetto a condotte partecipative risalenti nel tempo, deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l'attualità, in quanto la fattispecie è qualificata solo dai delitti-fine e non postula necessariamente l'esistenza della struttura e delle connotazioni del vincolo associativo previste per il diverso delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen., di talché risulta ad essa inapplicabile la regola di esperienza, elaborata per quest'ultimo, della tendenziale stabilità del sodalizio, in difetto di elementi contrari, attestanti il recesso individuale o lo scioglimento del gruppo.
Cass. civ. n. 22899/2022
In tema di associazioni di tipo mafioso storiche (nella specie, "Cosa nostra"), per la configurabilità dell'aggravante della disponibilità di armi, non è richiesta l'esatta individuazione delle stesse, ma è sufficiente l'accertamento, in fatto, della disponibilità di un armamento, desumibile anche dalle risultanze emerse nella pluriennale esperienza storica e giudiziaria, essendo questi elementi da considerare come utili strumenti di interpretazione dei risultati probatori. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che, nel caso in cui l'associazione contestata sia storicamente riconducibile a "Cosa nostra", il riferimento alla stabile dotazione di armi costituisce un fatto notorio, certamente conosciuto da chi rivestiva una posizione di vertice nell'interno del sodalizio).
Cass. civ. n. 17366/2022
In tema di procedimento cautelare, sussiste l'interesse concreto e attuale dell'indagato alla proposizione del riesame o del ricorso per cassazione quando l'impugnazione sia volta ad ottenere l'esclusione di un'aggravante ovvero una diversa qualificazione giuridica del fatto, nel solo caso in cui ciò incida sull'"an" o sul "quomodo" della misura. (Fattispecie relativa ad associazione per delinquere di tipo mafioso, in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione dichiarativa dell'inammissibilità del ricorso, in quanto finalizzato alla sola esclusione del ruolo apicale dell'indagato all'interno del sodalizio, elemento privo di riflessi sui presupposti della misura cautelare e sulla sua durata).
Cass. civ. n. 15425/2022
Ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge 21 maggio 2019, n. 43, ove il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi, pur essendo intraneo ad una consorteria mafiosa, operi "uti singulus", è necessaria la prova che l'accordo contempli l'attuazione, o la programmazione, di un'attività di procacciamento di voti con metodo mafioso.