Art. 2907 – Codice civile – Attività giurisdizionale
Alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l'autorità giudiziaria su domanda di parte [99 c.p.c.] e, quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero [67, 85 comma 2, 102 comma 5, 117, 119, 125, 336, 417, 418, 848, 2098, 2409, 2487; 69 c.p.c.] o d'ufficio [6 l. fall.].
La tutela giurisdizionale dei diritti, nell'interesse delle categorie professionali, è attuata su domanda delle associazioni legalmente riconosciute, nei casi determinati dalla legge e con le forme da questa stabilite [409 c.p.c. ss.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 1436/2024
In caso di automatico trasferimento del diritto di uso di area destinata a parcheggio, il diritto del venditore al corrispettivo integrativo dell'originario prezzo, attribuitogli in forza della sostituzione automatica della clausola che riservi allo stesso la proprietà esclusiva dell'area destinata a parcheggio con la norma imperativa che sancisce il proporzionale trasferimento del diritto d'uso a favore dell'acquirente di unità immobiliari comprese nell'edificio, deve costituire oggetto di autonoma domanda, che la parte ha facoltà di proporre anche successivamente al giudizio sul riconoscimento del diritto d'uso sugli spazi vincolati.
Cass. civ. n. 15023/2023
L'azione volta alla delibazione di una sentenza straniera non integra una domanda diretta a far valere un diritto ex art. 2907 c.c., dovendosi riconoscere alla stessa un'efficacia meramente processuale, consistente nel dare impulso ad un procedimento di giurisdizione oggettiva, con la conseguenza che essa, oltre ad essere imprescrittibile, non è idonea ad interrompere la prescrizione del diritto di credito posto a fondamento dell'accertamento contenuto nel giudicato estero.
Cass. civ. n. 17026/2006
L'interesse ad agire con un'azione di mero accertamento non implica necessariamente l'attuale verificarsi della lesione d'un diritto o una contestazione, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva sull'esistenza di un rapporto giuridico o sulla esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, non superabile se con con l'intervento del giudice. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva dichiarato improponibile, per difetto di interesse, in considerazione della mancata contestazione della controparte, l'azione promossa dagli acquirenti di un bene immobile per accertare che il loro titolo di acquisto si estendeva anche ad un vano i cui estremi catastali non erano stati indicati nel contratto).
Cass. civ. n. 3880/2006
Con la istituzione del ruolo unico dei dirigenti - previsto dall'art. 15 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che ha sostituito l'art. 23 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e le cui modalità di costituzione e tenuta sono disciplinate dal d.P.R. 26 febbraio 1999, n. 150 - il legislatore ha riconosciuto al datore di lavoro pubblico ampia potestà discrezionale sia nel ritenere di non avvalersi di un determinato dipendente mettendolo così a disposizione del ruolo unico, sia nella scelta dei soggetti ai quali conferire incarichi dirigenziali; rispetto a tale potestà discrezionale la posizione soggettiva del dirigente aspirante all'incarico non può atteggiarsi come diritto soggettivo pieno, bensì come interesse legittimo di diritto privato, da riportare, quanto alla tutela giudiziaria, nella più ampia categoria dei "diritti" di cui all'art. 2907 cod. civ.. La tutela di tale posizione giuridica soggettiva, affidata al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, non è dissimile da quella già riconosciuta al partecipante ad una procedura di selezione concorsuale adottata dal datore di lavoro privato ed è estesa a tutte le garanzie procedimentali di selezione previste dalla legge e dai contratti collettivi.
Cass. civ. n. 123/1987
La legge n. 425 del 1984, escludendo che gli aumenti periodici e l'indennità di rischio siano estensibili, in base al diritto previgente, ai magistrati di tutte le carriere, introduce - in via di interpretazione autentica, opposta a quella accolta dai giudici amministrativi - uno "ius superveniens" non satisfattivo delle pretese degli interessati. In tale contesto, la norma processuale che dispone l'estinzione "ex officio" dei processi pendenti e l'inefficacia dei provvedimenti non ancora passati in giudicato, viola il diritto del cittadino ad ottenere una pronuncia di merito senza onerose reiterazioni, in quanto preclude al giudice di interpretare lo "ius superveniens" per decidere nel merito la controversia pendente. Pertanto, è costituzionalmente illegittimo - per contrasto con l'art. 24 Cost. - l'art. 10, comma primo, della legge 6 agosto 1984, n. 425.