Art. 39 – Codice di procedura civile – Litispendenza e continenza di cause
Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara con ordinanza la litispendenza [42, 43] e dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo [279].
Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con ordinanza la continenza e fissa un termine perentorio [153] entro il quale le parti debbono riassumere la causa [50; disp. att. 125] davanti al primo giudice. Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate [42, 44].
La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione [137, 163] ovvero dal deposito del ricorso.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 4189/2025
Non è configurabile il delitto di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetto detenuto nel caso in cui il detenuto riceve l'apparecchio telefonico o altro dispositivo idoneo alla comunicazione senza essersi previamente accordato con il soggetto che l'ha introdotto abusivamente nell'istituto penitenziario, pur potendo la condotta di ricezione, per effetto della clausola di riserva prevista dall'art. 391-ter, comma terzo cod. pen., integrare il più grave delitto di ricettazione, posto che il bene ricevuto costituisce provento del menzionato delitto di accesso indebito a dispositivi funzionali alla comunicazione.
Cass. civ. n. 2211/2025
Tra la causa di opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali e la causa di impugnazione della delibera di approvazione e ripartizione della spesa su cui il medesimo decreto ingiuntivo è fondato può ravvisarsi la relazione di continenza, ai sensi dell'art. 39, comma 2, c.p.c., stante l'identità di soggetti e il collegamento di interdipendenza tra le domande contrapposte con riferimento ad un unico rapporto, essendo la validità e l'efficacia della delibera il necessario presupposto logico-giuridico per la definizione del giudizio sulla pretesa monitoria. Ne consegue che, laddove non possa farsi luogo alla riunione del procedimenti o alla declaratoria di continenza per ragioni di ordine processuale, il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo può sospendere la causa, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. o dell'art. 337, comma 2, c.p.c., in relazione alla pendenza del giudizio pregiudiziale in cui sia stata impugnata la relativa delibera condominiale.
Cass. civ. n. 1997/2025
In tema di definizione agevolata dei carichi affidati all'agente della riscossione ex art. 3 del d.l. n. 119 del 2018, conv. con modif. dalla l. n. 136 del 2018 (c.d. rottamazione ter), la rinuncia al giudizio - presentata dal contribuente in adempimento dell'impegno assunto contestualmente alla dichiarazione di volersi avvalere della definizione - è revocabile quando la regolamentazione sostanziale del rapporto sottesa alla definizione non si perfeziona.
Cass. civ. n. 1861/2025
In tema di imposte sui redditi di impresa, le imprese minori, che fruiscono del regime di contabilità semplificata, ai sensi dell'art. 18 del d.P.R. n. 600 del 1973, sono tenute ad indicare ogni anno nel registro degli acquisti, tenuto ai fini IVA, il valore delle rimanenze di magazzino, distinguendo i beni per categorie omogenee, del medesimo tipo e della stessa quantità, secondo la normativa sulla valutazione delle rimanenze, non potendosi limitare ad annotare solo quello globale; in assenza di tali indicazioni - che, ove fatte oggetto di una richiesta da parte dei verificatori, possono essere fornite dal contribuente anche in sede procedimentale durante l'accesso, l'ispezione e la verifica - l'Amministrazione finanziaria può ritenere inattendibile la contabilità e procedere all'accertamento induttivo.
Cass. civ. n. 512/2025
In tema di revocazione di una sentenza della Corte di cassazione, l'erronea supposizione del mancato invio dell'avviso di avvenuta consegna del ricorso per cassazione al portiere dello stabile ha natura di errore revocatorio, ove risulti presente negli atti l'attestazione della spedizione di tale raccomandata, traducendosi nella falsa supposizione dell'inesistenza di un fatto incontrastabilmente esclusa dalla presenza negli atti processuali del relativo documento; tale errore, qualora la suddetta attestazione contenga la sola indicazione del numero della raccomandata e della data del suo invio e non anche del nome e dell'indirizzo del destinatario, è dotato del carattere della decisività, poiché la S.C., anziché dichiarare inammissibile il ricorso, avrebbe dovuto rilevare la nullità della notificazione e ordinarne la rinnovazione; la predetta nullità è tuttavia sanata dalla rituale notifica del ricorso per revocazione, contenente anche i motivi rilevanti ai fini della fase rescissoria, con conseguente potere della S.C. di procedere direttamente alla fase rescissoria.
Cass. civ. n. 132/2025
Qualora, proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello che abbia riformato una pronuncia non definitiva, il procedimento di primo grado sia stato sospeso ex art. 129-bis disp. att. c.p.c., la mancata riassunzione di esso, nel prescritto termine di sei mesi dalla comunicazione della sentenza che accoglie il ricorso, non spiega effetti estintivi sul giudizio di rinvio, che sia stato tempestivamente instaurato a norma dell'art. 392 c.p.c..
Cass. civ. n. 33855/2024
Non integra il reato di esercizio abusivo della professione di avvocato la condotta di colui che provveda, in un'unica occasione, ad autenticare la sottoscrizione della persona offesa apposta in calce alla querela, trattandosi di un atto non esclusivamente riservato a detta professione, purché le modalità non siano tali da rivelare l'esistenza di un'attività organizzata o continuativa.
Cass. civ. n. 30607/2024
In tema di mandato di arresto europeo, non è di ostacolo alla applicazione della misura cautelare la circostanza che il destinatario si sia reso latitante, o comunque irreperibile, nel caso in cui difetti la prova che costui non si trovi più nel territorio italiano.
Cass. civ. n. 29537/2024
In tema di reati concernenti le armi, commette il delitto di cui all'art. 2 legge 2 ottobre 1967, n. 895, il soggetto che detenga un'arma dopo che il prefetto, ai sensi dell'art. 39 r.d. 18 giugno 1931, n. 773, gli abbia fatto divieto di possederne, mentre commette il delitto di cui all'art. 3 della stessa legge il soggetto che non ottemperi al decreto con il quale il prefetto gli abbia imposto, ai sensi dell'art. 40 r.d. 18 giugno 1931, n. 773, di consegnare all'autorità di pubblica sicurezza armi, munizioni e materie esplodenti da lui detenute, indicando nel dettaglio termini, luogo e modalità della consegna.
Cass. civ. n. 26886/2024
In tema di reati di bancarotta, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., dell'art. 236, comma 2, n. 1, legge fall. nella parte in cui impone anche per la bancarotta fraudolenta "da concordato preventivo" il medesimo trattamento sanzionatorio previsto per la bancarotta fraudolenta fallimentare, in quanto anche il concordato preventivo, come la procedura fallimentare, ha una dimensione concorsuale e eventualmente liquidatoria.
Cass. civ. n. 26507/2024
Il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, aggravato dall'essere stato il fatto commesso con violenza anche sulle cose, in quanto reato complesso ex art. 84 cod. pen., assorbe il delitto di danneggiamento, aggravato dall'uso di violenza alla persona o di minaccia, nel caso in cui i fatti posti in essere non risultino sproporzionati rispetto alle esigenze correlate alla realizzazione del preteso diritto, determinandosi, in caso contrario, un concorso di reati.
Cass. civ. n. 25417/2024
Nel giudizio di revocazione dei crediti ammessi allo stato passivo, il giudice, in ragione del carattere di necessaria pregiudizialità logico-giuridica della fase rescindente rispetto alla fase rescissoria, soltanto dopo aver accertato l'effettiva sussistenza del vizio dedotto, come il rinvenimento di documenti decisivi prima ignorati, ed aver pronunciato la revocazione del provvedimento impugnato, può e deve procedere, alla luce delle nuove e decisive prove documentali acquisite, al nuovo giudizio di merito in ordine all'esistenza o al contenuto del diritto, sul quale la pronuncia impugnata aveva a suo tempo giudicato.
Cass. civ. n. 25176/2024
Il provvedimento dichiarativo dell'estinzione ex art. 75 c.p.p. è impugnabile con reclamo ex art. 308 c.p.c., tale essendo il rimedio tipico apprestato dal legislatore per la verifica dei presupposti integrativi della fattispecie estintiva, e non con regolamento di competenza, operante per le sole ipotesi di litispendenza interne alla giurisdizione civile.
Cass. civ. n. 25154/2024
In tema di determinazione dell'indennità di espropriazione, la sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del criterio del VAM (valore agricolo medio), trova applicazione ai rapporti non ancora definitivamente esauriti, con riguardo ai quali l'indennità va stimata utilizzando il criterio generale del valore venale pieno.
Cass. civ. n. 23850/2024
Il rappresentante sindacale, nell'esercizio delle proprie funzioni, si trova su un piano paritetico con il datore di lavoro, in quanto l'attività sindacale, tutelata dall'art. 39 Cost. e diretta alla tutela degli interessi collettivi dei lavoratori contrapposti a quelli del datore di lavoro, non può essere subordinata alla volontà di quest'ultimo; ciononostante, l'esercizio da parte del lavoratore sindacalista del diritto di critica, anche aspra, garantito dagli artt. 21 e 39 Cost., non si sottrae ai limiti della correttezza formale, imposti dall'esigenza di tutela della persona umana assicurata dall'art. 2 della Cost., sicché, qualora tali limiti siano superati con l'attribuzione all'impresa datoriale o a suoi dirigenti di qualità apertamente disonorevoli e di riferimenti denigratori non provati, il comportamento assume rilevanza disciplinare.
Cass. civ. n. 23833/2024
Non sussiste violazione del principio del ne bis in idem tra il giudizio civile introdotto dalla P.A., avente ad oggetto l'accertamento del danno derivante dalla lesione di un suo diritto soggettivo conseguente alla violazione di un'obbligazione civile, contrattuale o legale, o della clausola generale di danno aquiliano, da parte di soggetto investito di rapporto di servizio con essa, ed il giudizio promosso per i medesimi fatti innanzi alla Corte dei conti dal Procuratore contabile, nell'esercizio dell'azione obbligatoria che gli compete, poiché la prima causa è finalizzata al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell'interesse particolare della singola Amministrazione attrice, mentre l'altra, invece, è volta alla tutela dell'interesse pubblico generale, al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, con funzione essenzialmente o prevalentemente sanzionatoria.
Cass. civ. n. 23469/2024
In tema di revocazione di una pronuncia della Corte di cassazione, la falsa rappresentazione, in capo al giudice, della realtà processuale in cui consiste l'allegazione di un decisivo "error facti" addotto a fondamento dell'azione revocatoria deve - già in astratto, sulla base, cioè, delle mere deduzioni del ricorrente in revocazione, alla stregua di una prospettazione che è suo onere esplicitare e supportare documentalmente - costituire l'antecedente di un preciso determinismo causale rispetto alla concreta decisione adottata dal giudice sulla base di tale errore.
Cass. civ. n. 23260/2024
In tema di contenzioso tributario, il giudizio di impugnazione della cartella di pagamento, emessa ex art. 68 del d.lgs. n. 546 del 1992, non è soggetto a sospensione, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., sino alla conclusione di quello di impugnazione della sentenza in base alla quale risulta emessa la cartella, non sussistendo alcun rapporto di pregiudizialità necessaria, in quanto la pretesa erariale azionata con la cartella è fondata su una sentenza e, quindi, su un titolo diverso rispetto all'avviso di accertamento la cui legittimità è ancora sub iudice, atteso che, in caso contrario, la sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza in questione sarebbe surrettiziamente surrogata con la sospensione del giudizio di impugnazione della cartella di pagamento.
Cass. civ. n. 22874/2024
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l'estinzione del giudizio di rinvio, conseguente alla cassazione della sentenza di accoglimento dell'opposizione, comporta, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione dell'intero procedimento e l'inefficacia del decreto ingiuntivo opposto, anche ove esso sia stato erroneamente dichiarato esecutivo, trattandosi di un provvedimento meramente dichiarativo privo di carattere decisorio, che, seppur non impugnabile, neanche con il ricorso ex art. 111 Cost., non è sottratto al sindacato del giudice, che può verificarne la legittimità, sia in sede di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., ove l'esecutorietà sia dichiarata per mancata proposizione dell'opposizione o mancata costituzione dell'opponente, sia in sede di opposizione all'esecuzione, ove il decreto ingiuntivo costituisca il titolo dell'azione esecutiva, sia infine in altro giudizio, nel quale se ne faccia valere l'efficacia.
Cass. civ. n. 22687/2024
Nel ricorso per cassazione avverso una sentenza del Consiglio di Stato pronunciata su impugnazione per revocazione può sorgere questione di giurisdizione solo con riferimento al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima, in quanto ogni diversa censura sulla decisione di merito non avrebbe ad oggetto una violazione dei limiti esterni alla giurisdizione del giudice amministrativo, rispetto alla quale soltanto è consentito ricorrere in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 22615/2024
In tema di indagini difensive finalizzate alla ricerca e all'individuazione di elementi di prova per l'eventuale promovimento del giudizio di revisione, il giudice dell'esecuzione deve valutare l'ammissibilità e la fondatezza della richiesta del condannato, onde verificare che la stessa abbia ad oggetto una prova nuova, ossia sopravvenuta o scoperta dopo la condanna, e decisiva, ossia in grado di dimostrare che il condannato deve essere prosciolto, e non sia meramente esplorativa, ma indichi il diverso specifico risultato al quale si intende pervenire grazie al chiesto accertamento.
Cass. civ. n. 21543/2024
A seguito dell'irrevocabilità della sentenza di condanna, nel caso in cui le indagini difensive funzionali all'eventuale richiesta di revisione comportino un intervento dell'autorità giudiziaria, è, in generale, competente a provvedere il giudice dell'esecuzione, pur in assenza di specifica previsione nelle disposizioni di cui agli artt. 665 e ss. cod. proc. pen., disciplinanti la fase esecutiva.
Cass. civ. n. 21158/2024
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la previsione di cui all'art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, con la conseguente inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale non può limitarsi a denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, ma deve dimostrare – eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva – che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati dalla società e che quest'ultima non li ha distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne è appropriato altro soggetto.
Cass. civ. n. 20626/2024
In tema di definizione agevolata dei carichi affidati all'agente della riscossione ex art. 3 del d.l. n. 119 del 2018, conv. con modif. dalla l. n. 136 del 2018 (cd. "rottamazione-ter"), il comma 6 della norma delinea una fattispecie di estinzione del processo che non postula il pagamento dell'intero ammontare dovuto in ragione del piano rateale concordato, presupponendo ex lege esclusivamente che si sia perfezionata la procedura amministrativa di rottamazione - in virtù della dichiarazione del contribuente di volersi avvalere della procedura rinunciando ai giudizi in corso, seguita dalla comunicazione dell'Agenzia su numero, ammontare delle rate e relative scadenze - e che siano documentati in giudizio i soli pagamenti già effettuati con riferimento alla procedura di definizione prescelta.
Cass. civ. n. 20423/2024
La configurazione del giudizio di rinvio quale giudizio ad istruzione sostanzialmente chiusa - in cui è preclusa la formulazione di nuove conclusioni e quindi la proposizione di nuove domande o eccezioni e la richiesta di nuove prove, salvo che la necessità di nuove conclusioni sorga dalla stessa sentenza di cassazione - non osta all'esercizio, in sede di rinvio, dei poteri istruttori esercitabili d'ufficio dal giudice del lavoro anche in appello, limitatamente ai fatti già allegati dalle parti, o comunque acquisiti al processo ritualmente, nella fase processuale antecedente al giudizio di cassazione, in quanto i limiti all'ammissione delle prove concernono l'attività delle parti e non si estendono ai poteri del giudice, ed in particolare a quelli esercitabili d'ufficio.
Cass. civ. n. 20268/2024
In tema di società a ristretta base partecipativa, l'annullamento in autotutela dell'accertamento ai fini Ires degli utili extracontabili della società, nella specie azzerati dal computo delle perdite pregresse, esclude che possa operare, nei confronti del socio, una presunzione di distribuzione di tali utili, con conseguente incremento ai fini Irpef dei suoi redditi di capitale in ragione della partecipazione detenuta nella società.
Cass. civ. n. 20013/2024
In tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l'errore rilevante ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c.: a) consiste nell'erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell'esistenza o dell'inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell'asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l'attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell'evidenza assoluta e dell'immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale il ricorrente, lungi dall'evidenziare un errore di fatto percettivo, ha lamentato un omesso esame dei motivi articolati nel ricorso introduttivo, così sollecitando un rinnovato giudizio sui disattesi motivi del ricorso per cassazione).
Cass. civ. n. 19976/2024
Nell'ipotesi di causa di inammissibilità, sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione, non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. doppio contributo unificato. (Fattispecie in tema di sopravvenuto difetto di interesse alla decisione ravvisato dalla S.C. nella richiesta di cessazione della materia del contendere, avanzata dal ricorrente e rimasta indimostrata in ragione della tardiva produzione dei documenti a sostegno di essa).
Cass. civ. n. 19319/2024
In sede di accertamento di costi non documentati, lo smarrimento della contabilità non esonera il contribuente dalla prova a suo carico, avendo, tuttavia, la facoltà di dimostrare di essere nell'incolpevole impossibilità di produrla a causa di un furto e di non potere neppure acquisire copia delle fatture presso i fornitori dei beni o dei servizi, in applicazione della regola generale prevista dall'art. 2724, n. 3, c.c. secondo cui la perdita incolpevole del documento, occorrente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole, non costituisce motivo di esenzione dall'onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico dell'Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti.
Cass. civ. n. 18990/2024
In materia di prelievo erariale unico (cd. PREU) sulle somme giocate mediante gli apparecchi da intrattenimento privi del prescritto nulla osta, di cui all'articolo 38, comma 5, della l. n. 388 del 2000 e successive modificazioni, l'imposta, avendo base imponibile annuale, in caso di accertamento induttivo ai sensi dell'art. 39-quater, comma 3, del d.l. n. 269 del 2003, conv. con modif. dalla l. n. 326 del 2003, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 84, della l. n. 296 del 2006, è calcolata dall'inizio dell'anno solare di riferimento, fatta salva la dimostrazione, a cura del soggetto obbligato, che l'installazione è avvenuta in un momento successivo. Legge 23/12/2000 num. 388 art. 38 com. 5, Legge 24/11/2003 num. 326 CORTE COST. PENDENTE
Cass. civ. n. 17521/2024
Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari rigetta la richiesta, ex art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen., di esame in incidente probatorio della persona offesa vulnerabile, trattandosi di provvedimento che non si pone al di fuori dal sistema processuale, che rimette al potere discrezionale del giudice la decisione sulla fondatezza della istanza, né determina la stasi del procedimento.
Cass. civ. n. 16535/2024
La qualificazione dell'azione come opposizione all'esecuzione nella pronuncia di inammissibilità del ricorso per cassazione determina la formazione di un giudicato vincolante tra le stesse parti sulla predetta qualificazione in ogni altro giudizio in cui essa assume rilievo, con la conseguenza che al termine per proporre la revocazione non si applica la sospensione feriale, a nulla rilevando l'allegazione di un errore qualificatorio, che può essere dedotto soltanto introducendo il giudizio nelle forme e nei tempi previsti dalla legge rispetto alla domanda così qualificata dal giudice.
Cass. civ. n. 16528/2024
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il giudizio di complessiva o intrinseca inattendibilità delle scritture contabili, ancorché formalmente corrette, costituisce il presupposto per procedere con il metodo analitico-induttivo, che consente valutazioni sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell'art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, ma anche quello per procedere con l'accertamento induttivo "puro", fondato su presunzioni cd. "supersemplici", prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in presenza di una delle tassative condizioni previste dallo stesso art. 39, comma 2, il quale, inoltre, costituendo una facoltà per l'Amministrazione, può prescindere anche solo in parte dalle scritture contabili e dal bilancio e non richiede alcuna specifica motivazione per l'utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o comunque provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di complessiva inattendibilità della contabilità, nel rispetto di una ricostruzione operata sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva.
Cass. civ. n. 16039/2024
In tema di equa riparazione per irragionevole durata del giudizio di revocazione avverso la sentenza di appello, non sussiste il diritto all'indennizzo ove non venga formulata istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell'art.281-sexies c.p.c. - applicabile in forza dell'ultimo comma dell'art. 352 c.p.c. ratione temporis vigente e costituente rimedio preventivo ex art. 1-ter, comma 1, della l. n. 89 del 2001 - essendo richiesto alla parte, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 121 del 2020, un comportamento collaborativo con il giudicante, al quale manifestare la propria disponibilità al passaggio al rito semplificato o al modello decisorio concentrato, in tempo potenzialmente utile ad evitare il superamento del termine di ragionevole durata del processo, restando di competenza del giudice verificare l'utilizzabilità del diverso modello decisorio.
Cass. civ. n. 15926/2024
La notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale, sia per la parte notificante che per la parte destinataria, alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, onde la tempestività del successivo ricorso per cassazione va accertata non soltanto con riguardo al termine lungo dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione della citazione per revocazione, a meno che il giudice della revocazione, a seguito di istanza di parte, abbia sospeso il termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell'art. 398, comma 4, c.p.c., con effetto dalla data di comunicazione del provvedimento di sospensione.
Cass. civ. n. 14882/2024
La firma digitale del difensore apposta sull'istanza di restituzione nel termine sottoscritta dalla parte e depositata telematicamente dallo stesso difensore in conformità al disposto dell'art. 87-bis d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, unitamente alla contestuale nomina fiduciaria, ha valore di autenticazione tacita della sottoscrizione del richiedente, pur in mancanza di una formula espressa in tal senso.
Cass. civ. n. 14620/2024
In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il dies a quo del termine semestrale di proponibilità della relativa domanda, previsto dall'art. 4 della legge n. 89 del 2001, decorre dalla data in cui è divenuta definitiva la decisione che conclude il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero dalla scadenza del termine previsto per la sua impugnazione. Ne consegue che quando la decisione sia stata emessa all'esito del giudizio di revocazione c.d. ordinaria, ai sensi dei nn. 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c., essa diviene "definitiva", nel senso richiesto dalla disposizione, non nel giorno della sua pubblicazione ma in quello in cui è divenuta irrevocabile e passata, quindi, in giudicato.
Cass. civ. n. 13247/2024
In tema di operazioni oggettivamente inesistenti, la sproporzione fra la prestazione ed il prezzo, che esorbita la normalità di mercato tenuto conto anche della particolarità e della specialità della prestazione offerta, costituisce indice sintomatico di un'operazione parzialmente inesistente, sotto il profilo oggettivo, per la parte di prezzo eccessivo e non giustificato, presupponendo una attività realmente svolta e pagata al fine di simularne l'esistenza.
Cass. civ. n. 13109/2024
Il ricorso per errore revocatorio di una sentenza della Corte di cassazione, ai sensi degli artt. 391-bis, comma 1, e 395, n. 4, c.p.c., è inammissibile quando è diretto a censurare l'interpretazione che il provvedimento impugnato, sulla scorta di un'esatta percezione dei fatti, ha dato del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, quale corollario del principio di specificità sancito dall'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., mentre lo stesso rimedio, ex art. 391-bis c.p.c., è ammissibile quando l'errore di fatto circa la non autosufficienza del ricorso emerge
Cass. civ. n. 13003/2024
In tema di responsabilità da reato degli enti, il legale rappresentante, indagato o imputato del reato presupposto, non può provvedere alla nomina del difensore dell'ente ex art. 39 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, a causa del conflitto di interessi, da ritenersi presunto "iuris et de iure", senza che sia necessario, a tal fine, un concreto accertamento del giudice, che, per l'effetto, non ha un onere motivazionale sul punto.
Cass. civ. n. 11660/2024
La responsabilità, prevista dall'art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, del d.lgs. n. 241 del 1997 (ratione temporis applicabile), dei soggetti che rilasciano il visto di conformità o l'asseverazione infedeli, relativamente alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all'art. 13 del d.m. n. 164 del 1999, ha una funzione anche punitiva; ne consegue che, ai sensi del comma 2 del citato art. 39, la competenza all'iscrizione a ruolo, nei confronti dei medesimi soggetti, di una somma pari all'importo dell'imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, appartiene alla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate, individuata in ragione del domicilio fiscale del trasgressore e non può essere derogata, pena l'illegittimità dell'atto compiuto in violazione di tale attribuzione.
Cass. civ. n. 11608/2024
In tema di espropriazione per pubblica utilità, la declaratoria di incostituzionalità dell'art. 40, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 327 del 2001, di cui alla sentenza della Corte cost. n. 181 del 2011, intervenuta nel corso del procedimento di espropriazione, ma prima dell'atto ablativo, comportando la sopravvenuta invalidità dell'accordo sull'indennità delle aree non edificabili in precedenza raggiunto, consente al proprietario del bene di agire per chiedere, previo accertamento della predetta invalidità, la determinazione dell'indennità ai sensi dell'art. 54 d.P.R. n. 327 del 2001.
Cass. civ. n. 11057/2024
In tema di irragionevole durata del processo, in ipotesi di giudizio riassunto dinanzi al giudice competente l'errore sulla decorrenza del termine ex art. 4 della l. n. 89 del 2001 non integra errore di fatto ex art. 395, n. 4, c.p.c., trattandosi di errore di giudizio conseguente a una errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali.
Cass. civ. n. 10337/2024
In caso di cassazione con rinvio, per erronea applicazione del criterio legale di determinazione del "quantum" del diritto accertato dalla sentenza impugnata, e di successiva estinzione del giudizio per mancata riassunzione, ai sensi dell'art. 310, comma 2, c.p.c. resta efficace il giudicato di merito formatosi non solo sull'"an" del diritto, ma anche sulla parte del "quantum" non travolta dall'annullamento della sentenza di merito. (Nella specie, in relazione ad una opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per la restituzione di somme corrisposte in esecuzione di una sentenza di condanna al risarcimento del danno per tardiva attuazione delle direttive comunitarie in tema di retribuzione dei medici specializzandi, pronunciata in un giudizio estintosi in ragione della mancata riassunzione a seguito della cassazione con rinvio di tale pronuncia, la S.C. ha riconosciuto il giudicato nell'accertamento della spettanza del diritto nei limiti quantitativi di cui all'art. 11 della l. n. 370 del 1999, residuati alla intervenuta cassazione della pronuncia d'appello).
Cass. civ. n. 10274/2024
Nel rito tributario, il divieto di produrre nuovi documenti in sede di rinvio (salvo che la loro produzione fosse impossibile in precedenza ovvero sia scaturita dalla pronuncia di legittimità) è posto a tutela di un interesse di natura pubblicistica, sicché la relativa violazione è rilevabile in sede di legittimità anche d'ufficio, in caso di mancata eccezione d'inammissibilità o di accettazione del contraddittorio.
Cass. civ. n. 10005/2024
In caso di intermediazione vietata di manodopera, la liquidazione dell'indennità di cui all'art. 39 del d.lgs. n. 81 del 2015 va effettuata senza detrazione dell'aliunde perceptum, in applicazione sia del criterio ermeneutico letterale, considerato che la decurtazione non è prevista dalla norma citata, sia di quello teleologico, stante la sovrapponibilità della formulazione dell'art. 39 con quella del risarcimento forfettizzato di cui all'art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010.
Cass. civ. n. 9965/2024
Il provvedimento giurisdizionale, avente contenuto decisorio, emesso nei confronti delle parti del giudizio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, non è affetto da "error facti", rilevante ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c., ma da radicale nullità, che può essere dedotta o mediante gli ordinari mezzi di impugnazione (tra cui, in caso di sentenza d'appello, il ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per totale assenza di motivazione) ovvero mediante un'autonoma azione di accertamento negativo ("actio nullitatis"), esperibile in ogni tempo.
Cass. civ. n. 9895/2024
In tema di personale scolastico, la c.d. carta elettronica del docente, prevista, al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, dall'art. 1, comma 121, della l. n. 107 del 2015, quale beneficio economico utilizzabile per l'acquisto di materiale o per la partecipazione ad iniziative utili all'aggiornamento professionale, spetta anche al personale educativo, atteso che questo, seppur impegnato in una funzione differente rispetto a quella propriamente didattica e di istruzione, tipica del personale docente, partecipa al processo di formazione e di educazione degli allievi ed è soggetto a precisi oneri formativi.
Cass. civ. n. 9723/2024
In tema di IVA, l'onere della prova relativa alla presenza di operazioni oggettivamente inesistenti è a carico dell'Amministrazione finanziaria e può essere assolto mediante presunzioni semplici, come l'assenza di una idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell'IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l'effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l'esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia.
Cass. civ. n. 9701/2024
Il delitto di cui all'art. 291-bis, comma 1, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, che sanziona chiunque introduce, vende, trasporta, acquista o detiene nel territorio dello Stato tabacco lavorato estero di contrabbando in quantità superiore a dieci chilogrammi convenzionali, recepisce la nozione di chilogrammo convenzionale contenuta nell'art. 39-quinquies d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, corrispondente a: a) duecento sigari; b) quattrocento sigaretti o c) mille sigarette.
Cass. civ. n. 9664/2024
In tema di deducibilità dei costi in sede di accertamento, l'Amministrazione finanziaria, non essendo vincolata ai valori o corrispettivi indicati dal contribuente nel bilancio e nelle dichiarazioni, ha il potere di valutare la congruità dei costi e dei ricavi rilevati e, conseguentemente, anche se non ricorrono irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi negli atti giuridici d'impresa, ha la facoltà di non riconoscere la deducibilità di un costo ritenuto insussistente o sproporzionato rispetto all'attività svolta o contabilizzata.
Cass. civ. n. 8920/2024
In caso di querela inoltrata a mezzo posta elettronica certificata da parte di un avvocato, l'apposizione della firma digitale dello stesso non costituisce autenticazione della sottoscrizione del querelante qualora il professionista non sia stato nominato prima della redazione dell'atto di querela, in quanto l'art. 39 disp. att. cod. proc. pen. attribuisce potere di autenticazione della sottoscrizione al "difensore".
Cass. civ. n. 8873/2024
In tema di compensi per lo svolgimento di incarichi pubblici, al Presidente di sezione della Commissione tributaria che sostituisca il Presidente di Commissione, nel regime previsto dagli artt. 2 e 13 del d.lgs. n. 545 del 1992 e 39 del d.l. n. 98 del 2011, non può essere riconosciuto alcun compenso, fisso o variabile, aggiuntivo rispetto a quelli dallo stesso percepiti in relazione alle funzioni di Presidente di sezione ricoperte, ancorché lo stesso sia stato designato come reggente della Commissione con delibera del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria.
Cass. civ. n. 8759/2024
Nel giudizio di cassazione, tanto nell'ipotesi di estinzione per rinunzia (accettata), quanto nel caso di declaratoria di cessazione della materia del contendere, deve essere giudizialmente ordinata la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale, essendo siffatte pronunzie sostanzialmente assimilabili all'ipotesi di estinzione del processo per rinunzia all'azione, espressamente regolata dal comma 2 dell'art. 2668 c.c..
Cass. civ. n. 8647/2024
L'assunzione della perizia in incidente probatorio implica l'esposizione orale del perito e il suo conseguente esame in udienza, nel contraddittorio delle parti, che dev'essere rinnovato in dibattimento ove ne sia fatta richiesta ex art. 468 cod. proc. pen., rientrando nelle legittime prerogative delle parti la possibilità di ottenere dal perito gli ulteriori chiarimenti che si rendano opportuni alla luce delle emergenze istruttorie acquisite dopo l'incidente probatorio.
Cass. civ. n. 8620/2024
L'istanza di correzione di errore materiale proposta dalla parte personalmente è inammissibile per violazione dell'art. 82, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 8012/2024
E'affetto da abnormità strutturale e funzionale, in quanto adottato in carenza di potere ed idoneo a cagionare un'indebita regressione del procedimento, il provvedimento, emesso fuori udienza, con cui il presidente di sezione del tribunale, senza essersi pronunziato sulla richiesta di convalida dell'arresto in flagranza e di giudizio direttissimo, restituisce gli atti al pubblico ministero sul rilievo che non era stato previsto un turno per la celebrazione collegiale del richiesto giudizio direttissimo.
Cass. civ. n. 7952/2024
Nel processo tributario, qualora tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, va disposta la sospensione, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., della causa dipendente allorché la causa pregiudicante sia ancora pendente in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, opera la sospensione facoltativa di cui all'art. 337, comma 2, c.p.c., con la conseguenza che, in tale ultimo caso, il giudice della causa pregiudicata può, alternativamente, sospendere il giudizio e attendere la stabilizzazione della sentenza con il passaggio in giudicato oppure proseguire il giudizio medesimo ove ritenga, sulla base di una valutazione prognostica, che la decisione possa essere riformata.
Cass. civ. n. 7360/2024
Qualora il contribuente sia stato vanamente invitato a rendere giustificazioni sugli esiti di indagini bancarie, ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, le operazioni effettuate dal contribuente su conti correnti intestati a terzi legittimamente confluiscono nell'accertamento induttivo puro, ai sensi dell'art. 39, comma 2, del citato d.P.R., con la conseguenza che l'Amministrazione non è gravata di alcun ulteriore onere probatorio in punto di riferibilità dei conti al contribuente e delle somme di cui alle suddette operazioni, spettando invece allo stesso contribuente l'onere di fornire rigorosa prova contraria.
Cass. civ. n. 5355/2024
L'acquisto, da parte dell'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 186-quater c.p.c., dell'efficacia di sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza può derivare tanto da un comportamento espresso dell'intimato che, come prevedeva il testo originario della norma, rinunci formalmente alla pronuncia della sentenza, quanto, nel testo attualmente vigente a seguito della modifica apportata dall'art. 2, comma 1, lett. m) della l. n. 263 del 2005, anche per effetto di una rinuncia tacita alla pronuncia della sentenza, derivante dalla mancata formulazione dell'istanza di emissione del provvedimento finale a opera dell'intimato.
Cass. civ. n. 5253/2024
L'oggetto e i limiti del giudizio di rinvio impongono di escludere che il giudice, al quale la causa sia rimessa dopo la pronuncia cassatoria, possa sindacare la correttezza in iure del principio stabilito dalla sentenza pronunciata in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il giudice del rinvio potesse rimettere in discussione l'applicabilità del principio di non contestazione affermata in sede cassatoria, così come la ritualità della notifica dell'atto di deferimento dell'interrogatorio formale, pure affermata in sede di legittimità, essendogli unicamente consentito di valutare le conseguenze probatorie derivanti dalla mancata risposta all'interpello ex art. 232 c.p.c.).
Cass. civ. n. 5082/2024
In caso di omessa pronuncia sull'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile, in assenza di un'espressa indicazione legislativa, è costituito non già dagli ordinari mezzi di impugnazione (non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi alla stregua di domanda autonoma), bensì dal procedimento di correzione dell'errore materiale di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., il quale, oltre ad essere in linea con il disposto dell'art. 93, comma 2, c.p.c. (che ad esso si richiama per l'ipotesi in cui la parte dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e spese), consente il migliore rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore distrattario di ottenere un titolo esecutivo ed è applicabile, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c., anche nei confronti delle pronunce della Corte di cassazione.
Cass. civ. n. 4861/2024
La presunzione di riparto degli utili extrabilancio tra i soci di una società di capitali a ristretta base partecipativa non è neutralizzata dallo schermo della personalità giuridica, ma estende la sua efficacia a tutti i gradi di organizzazione societaria per i quali si riscontri la ristrettezza della compagine sociale, operando il principio generale del divieto dell'abuso del diritto, che trova fondamento nei principi costituzionali di capacità contributiva e di eguaglianza, nonché nella tendenza all'oggettivazione del diritto commerciale ed all'attribuzione di rilevanza giuridica all'impresa, indipendentemente dalla forma giuridica assunta dal suo titolare. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, secondo cui l'imputazione presuntiva di utili extrabilancio al socio di maggioranza di un s.r.l. estinta per cancellazione - e, a sua volta, socia della s.r.l. sottoposta a verifica fiscale - presupponeva il previo accertamento a carico della società partecipante).
Cass. civ. n. 4814/2024
La litispendenza presuppone la contemporanea pendenza della stessa causa dinnanzi a giudici diversi, assumendo all'uopo rilievo la situazione processuale, anche sopravvenuta, rispetto all'introduzione dei giudizi per come sussistente al momento della decisione. (Nella specie, la S.C. ha negato la sussistenza della litispendenza parziale, affermata dal giudice di merito relativamente alla riconvenzionale, atteso che il giudizio precedentemente instaurato, al momento della pronuncia, si era già estinto in ragione della sua mancata tempestiva riassunzione a seguito della disposta cancellazione dal ruolo).
Cass. civ. n. 4182/2024
In tema di prova, il ricorso alle nozioni di comune esperienza attiene all'esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, il cui giudizio circa la sussistenza di un fatto notorio può essere censurato in sede di legittimità solo se sia stata posta a base della decisione una inesatta nozione del notorio (da intendere come fatto conosciuto da un uomo di media cultura, in un dato tempo e luogo) e non anche per inesistenza o insufficienza di motivazione, non essendo il giudice tenuto ad indicare gli elementi sui quali la determinazione si fonda; peraltro, allorché si assuma che il fatto considerato come notorio dal giudice non risponde al vero, l'inveridicità può formare esclusivamente oggetto di revocazione, ove ne ricorrano gli estremi, non già di ricorso per cassazione. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso con il quale si lamentava l'insussistenza di un uso negoziale relativo alla cadenza mensile dei pagamenti per servizi di telefonia fissa, uso accertato, invece, dalla sentenza impugnata per fatto notorio unitamente alla ricorrenza, alla luce della sentenza della CGUE 8 giugno 2023 in causa C-468/2020, di una condotta contrattuale scorretta, consistita nell'utilizzo di clausole volte a stabilire una diversa e inferiore cadenza periodica dei pagamenti da parte dell'utenza).
Cass. civ. n. 3870/2024
In tema di riscossione dei crediti a mezzo ruolo ai sensi del d.P.R. n. 602 del 1973, la legittimazione passiva rispetto alle opposizione esecutive non "recuperatorie" compete unicamente all'agente della riscossione, con la conseguenza che quelle proposte nei confronti dell'ente titolare del credito devono essere dichiarate inammissibili, senza che possa darsi corso all'integrazione del contraddittorio di cui all'art. 102 c.p.c., non vertendosi in una fattispecie di litisconsorzio necessario cd. sostanziale.
Cass. civ. n. 3752/2024
Le decisioni della Corte di cassazione passano in giudicato al momento della loro pubblicazione, anche quando la formula decisoria sia di cassazione con decisione di merito, senza che rilevi ai fini dell'immediatezza del giudicato la astratta suscettibilità della revocazione per errore di fatto, poiché il rimedio revocatorio non incide sulla formazione della cosa giudicata formale delle pronunce di legittimità, né la funzione nomofilattica può indurre a superare la applicazione del criterio temporale in caso di contrasto di giudicati.
Cass. civ. n. 3729/2024
Ai fini della configurabilità del delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, il rinvenimento presso il terzo destinatario dell'atto di uno dei due esemplari in cui dev'essere compilata la fattura, documento di cui è obbligatoria la conservazione a fini fiscali, può indurre a ritenere che il mancato rinvenimento dell'altro esemplare presso l'emittente sia conseguenza della sua distruzione o del suo occultamento.
Cass. civ. n. 3726/2024
In tema di mandato d'arresto europeo, il soggetto richiesto in consegna che non conosca la lingua italiana ha diritto ad essere assistito da un interprete ai fini della sottoscrizione del modulo redatto presso l'istituto penitenziario, contenente la sua dichiarazione di rinuncia a partecipare all'udienza, determinandosi altrimenti una nullità generale ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., assoluta e insanabile, che si estende alla sentenza pronunciata in detta udienza.
Cass. civ. n. 3513/2024
In tema di dirigenza medica, la retribuzione di posizione variabile non contrattuale non può essere corrisposta ai dirigenti in assenza di provvedimento di graduazione delle funzioni e di pesatura degli incarichi; pertanto, ove la P.A. effettui illegittimamente il relativo pagamento in favore di alcuni di tali dirigenti, gli altri, che da tale pagamento siano stati esclusi, non possono dolersi dell'avvenuta disparità di trattamento, dovendo, piuttosto, il datore di lavoro recuperare quanto indebitamente versato a coloro che non ne avevano diritto.
Cass. civ. n. 3150/2024
Il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati dalla sentenza cassata e, se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività, conserva il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione che, in sede di giudizio di rinvio in tema di divisione ereditaria, non aveva verificato se per tutti gli eredi fosse stato provato l'effettivo possesso dei beni per i fini di cui all'art. 485 c.c. limitandosi a ritenere provata tale circostanza in forza della mera cassazione della precedente sentenza della Corte d'Appello, sebbene la decisione della S.C. avesse solamente emendato l'errore di diritto in cui era incorso il giudice di merito rimanendo impregiudicato l'accertamento dell'effettiva ricorrenza della condizione prevista dalla norma).
Cass. civ. n. 2604/2024
Il potere di disapplicazione delle sanzioni per violazioni di norme tributarie è esercitabile d'ufficio dal giudice tributario, qualora accerti che le stesse sono state commesse in presenza ed in connessione con una situazione di oggettiva incertezza nell'interpretazione normativa, e non postula una domanda di parte, la quale, se avanzata, ha natura di mera sollecitazione.
Cass. civ. n. 2399/2024
L'ordinanza dichiarativa della litispendenza è equiparabile a una declaratoria di incompetenza, dovendo pertanto essere corredata dalla statuizione sulle spese, tipica di ogni pronuncia che definisce un processo.
Cass. civ. n. 2383/2024
Ai fini della verifica del superamento delle soglie di punibilità previste con riguardo ai reati tributari, i costi non contabilizzati sostenuti dal contribuente per il conseguimento dei maggiori ricavi egualmente non contabilizzati concorrono alla determinazione dell'imposta evasa ex artt. 1, comma 1, lett. f) e 4 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, nel caso in cui il reddito imponibile sia ricostruito incrociando la contabilità di impresa con quella "in nero", sempreché siano offerte allegazioni fattuali da cui risulti la certezza probatoria, diretta o indiziaria, o anche solo il ragionevole dubbio circa la loro esistenza.
Cass. civ. n. 1696/2024
Il perfezionamento della definizione agevolata ex art. 6 d.l. n. 119 del 2018 in pendenza del giudizio di legittimità, in conseguenza di domanda presentata prima del deposito della sentenza della S.C., rende "inutiliter data" la pronuncia giurisdizionale, senza che sia necessario il deposito della comunicazione, da parte della Amministrazione finanziaria, di avvenuta definizione della lite, giacché l'effetto di estinzione del giudizio si produce automaticamente.
Cass. civ. n. 716/2024
Il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa riconosciuto, per ogni anno di servizio, dall'art. 80, comma 3, della l. n. 388 del 2000, rileva ai soli fini del diritto a pensione e della connessa anzianità contributiva e non è utile al raggiungimento dell'anzianità contributiva pari o superiore a dieci anni, prescritta per la fruizione dell'indennità disciplinata dall'art. 39, comma 1, della l. n. 448 del 2001, non avente carattere pensionistico.
Cass. civ. n. 526/2024
La cessione dell'azienda di noleggio con conducente, attività d'impresa esercitata con l'organizzazione del mezzo proprio e dell'autorizzazione comunale per il trasporto di persone, fa presumere la sussistenza di una plusvalenza, che concorre alla formazione del reddito d'impresa, ai sensi dell'art. 86, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 917 del 1986, determinabile, ove il contribuente abbia omesso di fornire la relativa documentazione, dall'Ufficio in via induttiva ex art. 39, comma 1, lett. d-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, poiché il trasferimento in favore di un terzo dell'autorizzazione comunale, in presenza delle condizioni di cui all'art. 9 della l. n. 21 del 1992, si presume effettuato a titolo oneroso.
Cass. civ. n. 92/2024
Il termine semestrale per la riassunzione del giudizio a seguito dell'annullamento con rinvio comporta il necessario computo della sospensione feriale, che interessa indistintamente tutti i termini processuali, i quali, dopo tale periodo, riprendono a decorrere.
Cass. civ. n. 50318/2023
In tema di reati edilizi, ogni procedimento di condono dev'essere valutato in base alla disciplina afferente alla relativa domanda, sicché non può essere evocata alcuna automatica e non prevista estensione di altre diverse, successive discipline, pur se, in astratto, relative al medesimo istituto del condono, ostandovi sia la diversità dei requisiti di accesso ad esso, previsti dalle molteplici discipline, sia il principio di tipicità degli atti e dei procedimenti amministrativi, che impone la correlazione tra la domanda, la relativa disciplina e la decisione finale.
Cass. civ. n. 49757/2023
In tema di fermo di indiziato di delitto, quando il decreto sia stato emesso dal procuratore distrettuale antimafia e il fermo risulti eseguito nel territorio di altra giurisdizione, spetta al pubblico ministero presso il tribunale del luogo di esecuzione del fermo richiederne la convalida e l'emissione della misura cautelare. (In motivazione, la Corte ha precisato che la competenza funzionale in capo al giudice per le indagini preliminari del luogo in cui il fermo è stato eseguito, prevista, per la convalida, dall'art. 390, comma 1, cod. proc. pen. e, per l'applicazione di misure coercitive, dall'art. 391, comma 5, dello stesso codice, determina un intervento surrogatorio in via d'urgenza, rispetto al quale l'impulso deve provenire dall'ufficio requirente del luogo di esecuzione del fermo). (Conf.: n. 2160 del 1996,
Cass. civ. n. 46821/2023
Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari rigetti la richiesta, ex art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen., di esame, con le forme dell'incidente probatorio, di una persona offesa maggiorenne, escludendone la condizione di particolare vulnerabilità per l'età, l'inserimento sociale e la reazione opposta alla condotta delittuosa mercé la proposizione di querela, in quanto trattasi di provvedimento che non determina la stasi del procedimento, né si pone fuori dal sistema processuale, che rimette al potere discrezionale del giudice la valutazione sulla fondatezza dell'istanza. (Fattispecie in tema di atti persecutori).
Cass. civ. n. 46440/2023
Nel caso in cui una misura cautelare disposta dal giudice incompetente sia rinnovata dal giudice competente ai sensi dell'art. 27 cod. proc. pen. non è necessario procedere a un nuovo interrogatorio di garanzia ex art. 294 cod. proc. pen., conservando piena efficacia quello effettuato nel corso dell'udienza di convalida del fermo a norma dell'art. 391, comma 3, cod. proc. pen. e ciò anche qualora il provvedimento di fermo di indiziato di delitto, cui la misura si ricolleghi, non sia stato convalidato.
Cass. civ. n. 46036/2023
In tema di misure cautelari, il Tribunale adito in sede di riesame è privo di poteri istruttori in ordine ai fatti relativi all'imputazione, siccome incompatibili con la speditezza del procedimento incidentale "de libertate", dovendo decidere in ordine alla legittimità della misura sulla base delle risultanze processuali già acquisite o di quelle eventualmente allegate dalle parti nel corso dell'udienza. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il rigetto della richiesta di acquisizione, presso la struttura carceraria, di documentazione non resa ostensibile a seguito di istanza formulata dalla difesa ai sensi dell'art. 391-quater cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 46026/2023
Sussiste il concorso formale fra il delitto di favoreggiamento personale e quello di procurata inosservanza di pena nel caso in cui la condotta di ausilio valga a consentire al soggetto favorito sia di sottrarsi all'esecuzione di una pena inflitta in via definitiva sia, al contempo, di eludere le indagini per reati non ancora giudicati e di sfuggire alle conseguenti ricerche.
Cass. civ. n. 40797/2023
L'avvio della procedura fallimentare non osta all'adozione o alla permanenza, ove già disposto, del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari.
Cass. civ. n. 40434/2023
In tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, nel procedimento di riesame delle misure cautelari reali l'ente nel cui interesse è proposta impugnazione ha diritto alla notificazione dell'avviso d'udienza almeno tre giorni liberi e consecutivi prima della detta udienza ai sensi dell'art. 324, comma 6, cod. proc. pen., in forza del disposto di cui all'art. 53, comma 1, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, richiamante l'art. 322 cod. proc. pen., sicché l'inosservanza del detto termine, attenendo all'intervento e alla difesa della parte, determina una nullità generale e a regime intermedio ai sensi degli artt. 178, lett. c), e 180 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 37985/2023
Non costituisce causa di incompatibilità e di ricusazione del giudice chiamato all'assunzione delle prove nell'incidente probatorio la circostanza che egli abbia emesso, nell'ambito del medesimo procedimento, ordinanza applicativa di una misura cautelare nei confronti della persona sottoposta ad indagini, atteso che nell'attività processuale da compiere manca qualsivoglia connotazione decisoria implicante una valutazione delibativa sulla fondatezza dell'accusa.
Cass. civ. n. 37634/2023
663 INDAGINI PRELIMINARI - 110 casi INDAGINI PRELIMINARI - FERMO DI INDIZIATI - CASI - Mancata convalida del fermo - Interesse all'impugnazione del pubblico ministero - Sussistenza - Ragioni. In tema di impugnazioni, sussiste l'interesse del pubblico ministero a ricorrere avverso l'ordinanza di rigetto della richiesta di convalida del fermo di indiziato di delitto, in ragione del principio generale per cui è sempre necessaria la verifica di legittimità dell'arresto e del fermo. (Conf.: n. 3410 del 1993,
Cass. civ. n. 36580/2023
In tema di reati edilizi, nel caso in cui l'abuso risulti realizzato in area sottoposta a vincolo paesaggistico, il procedimento amministrativo per il rilascio del provvedimento autorizzativo in sanatoria, in ragione della già avvenuta commissione dell'illecito penale, è disciplinato con maggior rigore, prevedendosi che la soprintendenza, per la formulazione del parere di sua competenza, prescritto dall'art. 32, comma 1, legge 28 febbraio 1985, n. 47, fruisca di uno "spatium deliberandi" più ampio di quello assegnatole dall'art. 146 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica preventiva (180 giorni, anziché 45) e che l'infruttuoso decorso di detto termine valga quale silenzio-rifiuto, impugnabile innanzi al giudice amministrativo.
Cass. civ. n. 35907/2023
In materia tributaria, ove la definitività dell'avviso di accertamento derivi dall'estinzione del processo per mancata riassunzione e non si formi, dunque, alcun giudicato sulla pretesa impositiva, si applicano i termini di prescrizione e decadenza, decorrenti dall'estinzione del giudizio, propri dell'attività di riscossione, e non già quello decennale ex art. 2953 c.c.. (Nella specie, la S.C., cassando la sentenza impugnata e decidendo nel merito, ha accolto il ricorso poiché, dopo l'estinzione del giudizio sull'avviso di accertamento per mancata riassunzione, l'azione di riscossione era stata esercitata oltre il termine di decadenza di cui all'art. 25, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 602 del 1973).
Cass. civ. n. 35376/2023
Il mancato riconoscimento della copertura previdenziale, in favore dei medici specializzandi soggetti alla l. n. 428 del 1990 e al d.lgs. n. 257 del 1991, non si pone in contrasto con la CEDU, dovendosi escludere - secondo quanto statuito dalla Corte EDU nella sentenza del 29 agosto 2023, Ruggeri c. Italia - che i diritti a una pensione di vecchiaia o ad una prestazione sociale rientrino tra quelli garantiti dalla Convenzione.
Cass. civ. n. 34098/2023
La condotta agevolativa incriminata dal delitto di cui all'art. 391-bis cod. pen. presuppone l'"elusione delle prescrizioni" imposte al detenuto sottoposto al regime differenziato di cui all'art. 41-bis ord. pen., ossia una violazione delle prescrizioni inerenti a tale regime, da parte del soggetto agente, sorretta da malizia o astuzia.
Cass. civ. n. 32557/2023
In tema di trattamenti retributivi dei dirigenti medici, ove non sia stata fatta tempestiva applicazione delle regole per la riduzione dei fondi contrattuali, prevista dall'art. 9, comma 2-bis, del d.l. n. 78 del 2010, conv. con modif. dalla l. n. 122 del 2010, l'operazione rideterminativa ex post va compiuta nel modo che segue: 1) innanzitutto, va effettuato il ricalcolo del fondo con cristallizzazione nell'importo corrispondente a quello dell'anno 2010; 2) successivamente, l'importo così ricalcolato va riproporzionato in conseguenza della riduzione del numero dei dirigenti cessati dal servizio; 3) infine, occorre procedere alla suddivisione dell'ammontare complessivo delle risorse per i trattamenti accessori, come cristallizzato e riproporzionato, per il numero dei dirigenti in servizio in ragione della graduazione; ne consegue che, qualora le somme percepite dai dirigenti siano superiori a quanto ad essi spettante in virtù del ricalcolo così effettuato, occorrerà detrarre dal percepito il minor importo spettante, così individuando, per ciascun dirigente medico, gli importi da restituire.
Cass. civ. n. 32288/2023
L'accoglimento della domanda di revocazione concernente solo una parte della sentenza o dell'ordinanza della S.C. comporta la rescissione solo della parte impugnata e di quelle strettamente connesse e/o conseguenziali, a cui, dunque, va limitato il giudizio rescissorio, essendosi formato il giudicato sulle altri parti del provvedimento, che non sono state oggetto di impugnazione.
Cass. civ. n. 32270/2023
Il ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale venga dichiarata l'inammissibilità della revocazione della sentenza d'appello, nel caso in cui venga previamente accolto il ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello oggetto del predetto ricorso per revocazione, è inammissibile per difetto d'interesse, stante l'intervenuto soddisfacimento della pretesa fatta valere, salvo che il ricorrente faccia valere una pretesa specifica sul capo relativo alle spese invocando e giustificando, ad esempio, la possibilità di pervenire ad una compensazione delle stesse malgrado la declaratoria di inammissibilità.
Cass. civ. n. 31173/2023
Il procedimento di convalida dell'arresto in flagranza dinanzi al tribunale in composizione monocratica può svolgersi anche nel caso in cui gli agenti o gli ufficiali di polizia giudiziaria che hanno eseguito la misura precautelare non possano effettuare, per una qualsiasi ragione, la relazione orale prevista dall'art. 558, comma 3, cod. proc. pen., potendo, in tal caso, essere utilizzati, purché ritualmente trasmessi, il verbale di arresto e la relazione di servizio redatti dagli operanti, in ragione del richiamo alla previsione dell'art. 122 disp. att. cod. proc. pen. operato dall'art. 558, comma 4, cod. proc. pen. o comunque, ove predisposta e trasmessa, la relazione scritta dei predetti, in quanto ciò che il procedimento in oggetto intende assicurare non è l'oralità della relazione afferente l'eseguito arresto, ma la celere definizione della convalida, consentendo la presentazione dell'arrestato anche prima della scadenza del termine di ventiquattro ore previsto dall'art. 386, comma 3, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 29879/2023
Atteso il carattere chiuso del giudizio di rinvio ex art. 394 c.p.c., è preclusa alle parti in tale fase non solo la possibilità di proporre domande nuove, ma anche di prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio in cui è stata pronunciata la sentenza cassata. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva ritenuto ammissibile in fase di rinvio la domanda di accertamento del trasferimento della proprietà, nonostante che la domanda originariamente formulata avesse ad oggetto esclusivamente l'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.).
Cass. civ. n. 29662/2023
Il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza, cosicché è inammissibile il ricorso proposto dalla parte che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, proposto al solo scopo di risollevare questioni che non sono state decise dal giudice di merito perché assorbite dall'accoglimento di altra tesi, avente carattere preliminare, salva la facoltà di riproporle dinanzi al giudice del rinvio in caso di annullamento della sentenza.
Cass. civ. n. 29620/2023
Il contratto individuale che conferisce ad un dirigente della Regione Sicilia l'incarico di direttore generale di un ente pubblico non economico, ai sensi dell'art. 39 della l.r. Sicilia n. 6 del 2009, è nullo in quanto la citata norma ammette unicamente il comando del dipendente pubblico presso altro ente (qualora sussistano i presupposti della temporaneità dell'assegnazione e dell'impossibilità di conferire l'incarico a personale interno), ma non l'instaurazione di un autonomo e distinto rapporto di lavoro fra il dipendente comandato e l'ente presso il quale è momentaneamente destinato.
Cass. civ. n. 29363/2023
Il provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio finalizzato all'assunzione della prova dichiarativa di una parte lesa vulnerabile è affetto da abnormità funzionale per carenza di potere in concreto nel caso in cui non esponga le cogenti ragioni che, nello specifico, prevalgono sulle esigenze di tutela della vittima e della genuinità della prova. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto abnorme il provvedimento reiettivo della richiesta di incidente probatorio strumentale all'assunzione delle testimonianze delle persone offese del delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen., adottato dal giudice per le indagini preliminari sul rilievo che gli atti persecutori risultavano assorbiti negli ulteriori delitti contestati di rapina e di estorsione, che non avrebbero consentito l'anticipazione della testimonianza, anche in ragione dell'età dei dichiaranti e della natura economica dei fatti denunciati).
Cass. civ. n. 29122/2023
La revocazione straordinaria, ai sensi dell'art. 395, n. 3, c.p.c., presuppone l'impossibilità di produrre nel giudizio di merito un documento che, ignorato a causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario e ritrovato dopo la sentenza, risulti decisivo, ossia astrattamente idoneo a formare un diverso convincimento del giudice, conducendo ad una decisione diversa da quella revocanda; conseguentemente, la parte impugnante è onerata di dimostrare la tempestività ed ammissibilità dell'impugnazione, indicando nell'atto introduttivo, a pena di inammissibilità, le prove di tali circostanze, nonché del giorno della scoperta o del ritrovamento del documento.
Cass. civ. n. 27946/2023
Il contemporaneo svolgimento del giudizio di revocazione e di quello di cassazione avverso la medesima sentenza di appello comporta, qualora ancora pendente il giudizio ex art. 395 c.p.c. venga cassato il capo della decisione oggetto di revocazione, il venir meno dell'oggetto della revocazione e dunque dell'interesse ad agire, con conseguente inammissibilità dell'impugnazione che, se non constatata dal giudice, ridonda in nullità della sentenza. Ove, invece, la decisione del giudice di legittimità intervenga dopo quella del giudice della revocazione, la parte può far valere la nullità della sentenza pronunziata ai sensi dell'art. 402 c.p.c. proponendo nei confronti della stessa il ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 27523/2023
Nell'ipotesi di revoca della sentenza dichiarativa di fallimento, è onere del curatore, il quale agisca per il pagamento del compenso, individuare sin dall'atto introduttivo il soggetto che reputi gravato del pagamento, mentre è compito del tribunale verificare, illustrandolo, quale sia stato il contributo causale di quel soggetto sull'apertura della procedura; in mancanza, non è possibile porre tale compenso a carico del patrimonio del fallito, dovendo esso essere sopportato, stante il carattere di officiosità della procedura fallimentare, dall'amministrazione dello Stato. (Affermando tale principio la S.C. ha cassato la decisione impugnata, che aveva posto a carico della società fallita tornata "in bonis" il compenso del curatore, in ragione del risultato utile dell'attività da questi svolta nell'ambito della procedura revocata).
Cass. civ. n. 27442/2023
In tema di fallimento, la regola dell'art. 146 del d.P.R. n. 115 del 2002 (cd. T.U. "Spese di giustizia"), in forza della quale qualora tra i beni compresi nel fallimento non vi sia denaro per gli atti richiesti dalla legge le spese ed onorari del curatore sono anticipati dall'erario, ancorché dettata per il caso tipico del fallimento privo di attivo, si estende per identità di ratio al caso del fallimento con attivo insufficiente; la somma liquidabile al curatore va computata al netto degli oneri fiscali (compresi Iva e accessori), essendo il curatore un ausiliario di giustizia che ripete i suoi poteri dal tribunale fallimentare, esercitandoli su un piano pubblicistico e nell'ambito di un processo, con criteri, modalità e responsabilità particolari, estranei a quelli che caratterizzano la prestazione dell'attività professionale vera e propria.
Cass. civ. n. 27409/2023
Il giudizio di rinvio e quello per le restituzioni ex art. 389 c.p.c. sono autonomi e possono essere instaurati separatamente, fermo restando che, ove il giudice del rinvio si sia pronunciato nel senso della conferma della sentenza cassata, prima che giunga a decisione la causa sulle restituzioni, il giudice di quest'ultima può omettere la pronuncia di accoglimento della domanda restitutoria o risarcitoria, essendo stato nuovamente posto in essere il titolo giustificativo del corrispondente spostamento patrimoniale.
Cass. civ. n. 27177/2023
Deve escludersi che la lettera di garanzia sul benessere dei minori bielorussi adottandi, ai sensi dell'art. 9 del Protocollo di collaborazione per le adozioni internazionali sottoscritto tra l'Italia e la Bielorussia, costituisca un atto di natura politica, in quanto, non essendo libera nei fini e non attenendo alla direzione suprema generale dello Stato, vale piuttosto a certificare la conformità dell'adozione al benessere del minore e ad assicurare tutela alla persona dell'adottando e ai suoi diritti fondamentali nella situazione concreta; conseguentemente, la lettera in questione non interessa soltanto le relazioni fra gli Stati aderenti, ma integra un atto amministrativo suscettibile di produrre effetti positivi nei confronti dei soggetti interessati alla legittima conclusione delle procedure finalizzate alle adozioni internazionali, il cui mancato rilascio (c.d. silenzio-inadempimento), da parte della Commissione per le adozioni internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è assoggettabile a tutela giurisdizionale.
Cass. civ. n. 26970/2023
La mancata riassunzione del giudizio di rinvio determina, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione dell'intero processo, con conseguente caducazione di tutte le sentenze emesse nel corso dello stesso, eccettuate quelle già passate in giudicato in quanto non impugnate, non essendo applicabile al giudizio di rinvio l'art. 338 dello stesso codice, che regola gli effetti dell'estinzione del procedimento di impugnazione.
Cass. civ. n. 26566/2023
Nel procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e 391 bis c.p.c. non è ammessa alcuna statuizione sulle spese processuali, trattandosi di procedimento di natura amministrativa senza una parte soccombente in senso proprio.
Cass. civ. n. 24357/2023
Nel giudizio di rinvio, il quale è un procedimento chiuso, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, onde neppure le questioni rilevabili d'ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema possono essere dedotte o comunque esaminate, giacché, diversamente, si finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice del rinvio che, disattendendo il giudicato interno, aveva escluso la sussistenza di un danno risarcibile, non provvedendo alla sua liquidazione, sebbene lo stesso fosse stato ritenuto in re ipsa dalla sentenza di cassazione con rinvio).
Cass. civ. n. 22563/2023
La concessione di un'ipoteca a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni nascenti da un mutuo fondiario è revocabile, ai sensi dell'art. 67, l.fall., qualora le somme oggetto di tale contratto siano destinate a ripianare una precedente esposizione debitoria e l'atto si inserisca in un'operazione unitaria a ciò funzionale, non rilevando, in senso contrario, l'esenzione da revocatoria prevista dall'art. 39, comma 4, TUB, in quanto a fronte di un'operazione anormalmente solutoria l'ipoteca perde la qualificazione di ipoteca iscritta a garanzia del mutuo fondiario e, con essa, il beneficio dell'esenzione.
Cass. civ. n. 22063/2023
In tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, al conduttore non spettano il diritto di prelazione ed il conseguente diritto di riscatto dell'immobile, secondo la disciplina degli artt. 38 e 39 della l. n. 392 del 1978, qualora il locatore intenda alienare a terzi una quota del bene oggetto del rapporto di locazione. (Nella specie, con riferimento ad un immobile i cui comproprietari avevano dato in locazione allo stesso soggetto, con distinti contratti, la rispettiva quota di un terzo, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che al conduttore competesse il diritto di prelazione ex art. 38 della l. n. 392 del 1978 in ordine alla quota posta in vendita da uno dei contitolari, in virtù dell'assimilabilità della fattispecie a quella che si sarebbe avuta laddove questi ultimi avessero concesso in locazione il bene mediante un unico contratto).
Cass. civ. n. 21980/2023
L'omessa dichiarazione di un evento interruttivo relativo alla parte costituita - se integrante violazione dell'obbligo, posto in capo al procuratore, di lealtà e probità previsto dall'art. 88 c.p.c. - può integrare la fattispecie del dolo processuale idoneo a giustificare la revocazione della sentenza d'appello, ai sensi dell'art. 395 c.p.c., ma non costituisce vizio di legittimità della sentenza che definisce il giudizio. (Fattispecie relativa all'omessa dichiarazione, nel corso dell'appello, del sopravvenuto decesso della parte - che aveva agito per il ristoro dei pregiudizi conseguenti a un infortunio sul lavoro -, con conseguente liquidazione del danno alla salute in misura maggiore a quella che sarebbe spettata dall'applicazione dei criteri per il risarcimento del danno cd. da "premorienza").
Cass. civ. n. 20054/2023
L'onere della prova dell'osservanza del termine d'impugnazione e, quindi, della sua tempestività e ammissibilità, anche in ragione della ricorrenza di cause ostative al decorso del termine stesso, incombe sulla parte impugnante, sicché il mancato assolvimento di tale onere comporta che il gravame debba essere dichiarato d'ufficio inammissibile. (Nella specie la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione di una sentenza d'appello, già impugnata per revocazione dallo stesso ricorrente, il quale aveva omesso di indicare e di provare la data di notifica della citazione per revocazione, equivalente alla notificazione della sentenza ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione).
Cass. civ. n. 19471/2023
In tema di mandato di arresto europeo, in conformità all'interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea degli artt. 27, parr. 3, lett. g), e 4 e 28, par. 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 26/02/2009, nella procedura di estensione della consegna allo Stato di emissione deve essere necessariamente rispettato il principio del contraddittorio, garantendo al consegnato, in applicazione analogica di quanto previsto dall'art. 710, comma 1, cod. proc. pen. per la procedura di estensione dell'estradizione, la possibilità di manifestare opposizione, per il tramite del proprio difensore, in un'udienza camerale all'uopo fissata, la cui mancata celebrazione determina una nullità ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 19216/2023
La decadenza dall'impugnativa del contratto di somministrazione di lavoro ex art. 39 del d.lgs. n. 81 del 2015 si applica anche all'ipotesi di nullità del contratto stesso per mancanza di forma scritta ai sensi del precedente art. 38, comma 1, poiché attraverso il rinvio operato dal citato art. 39 all'art. 38, comma 2, del d.lgs. in questione, che, a sua volta, richiama le condizioni di cui all'art. 33, comma 1, la predetta ipotesi della nullità viene ad essere inclusa nell'ambito di operatività della disciplina in tema di decadenza.
Cass. civ. n. 19214/2023
La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste sia quando il giudice trascuri di esaminare una domanda od una eccezione, sia quando sostituisca d'ufficio
Cass. civ. n. 18653/2023
In tema di accertamento dei redditi con il metodo analitico-induttivo, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 10 del 2023, che ha operato un'interpretazione adeguatrice dell'art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. del 1973, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre opporre la prova presuntiva contraria, eccependo una incidenza percentuale forfettaria di costi di produzione, che vanno quindi detratti dall'ammontare dei maggiori ricavi presunti.
Cass. civ. n. 18486/2023
In tema di rescissione del giudicato, l'istanza relativa a una sentenza emessa dal giudice di pace deve essere presentata presso la Corte di appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento, posto che, in assenza di specifiche disposizioni dettate dal d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, trova applicazione la disciplina codicistica.
Cass. civ. n. 18145/2023
argomentazioni giuridiche, determinando quest'ultima, "in limine", un errore soltanto valutativo e quindi inidoneo ad assurgere ad errore revocatorio.
Cass. civ. n. 17225/2023
In tema di indagini difensive, sono inutilizzabili le dichiarazioni scritte ricevute dal difensore, alle quali non sia allegata la relazione di autenticazione scritta di cui all'art. 391-ter cod. proc. pen., posto che le modalità di documentazione ivi previste, prescritte dal disposto di cui al comma 2 dell'art. 391-bis cod. proc. pen., assicurano l'adempimento degli oneri informativi imposti dal successivo comma 3, richiesto, a pena di inutilizzabilità, dal comma 6 della medesima disposizione.
Cass. civ. n. 17134/2023
In materia di spese processuali, nel caso di annullamento della sentenza penale ai soli effetti civili da parte della Cassazione, con rinvio in sede civile, sussiste il potere del giudice del rinvio di provvedere sulle spese, non solo del giudizio di rinvio e di quello di legittimità, ma dell'intero processo, anche se svolto in sede penale, posto che egli conclude il giudizio sulle statuizioni civili che era stato iniziato davanti ai giudici penali e che è proseguito davanti a quello civile dopo l'annullamento in Cassazione, dovendo trovare applicazione il principio di soccombenza all'esito globale del processo.
Cass. civ. n. 16825/2023
L'omessa valutazione della dichiarazione - presente nelle conclusioni del ricorso e nel fascicolo di ufficio - di esonero dal pagamento delle spese nei giudizi per prestazioni previdenziali di cui all'art. 152 disp. att. c.p.c., cui sia seguita, sia nella parte motiva che nel dispositivo della decisione, una condanna alle spese, configura un'ipotesi di errore revocatorio, essendo la statuizione di condanna frutto di un errore di percezione circa il contenuto del ricorso e della dichiarazione ad esso allegata.
Cass. civ. n. 15893/2023
Nel giudizio di cassazione, è inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa nel giudizio di merito sollevi questioni che siano rimaste assorbite, ancorché in virtù del principio cd. della ragione più liquida, non essendo ravvisabile alcun rigetto implicito, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio. (Nella specie, è stato dichiarato inammissibile il ricorso incidentale condizionato proposto dalla compagnia assicuratrice, evocata dall'agenzia di viaggi, già ritenuta responsabile nel giudizio di merito per inadempimento agli obblighi informativi nei confronti dei clienti, sul presupposto che la questione dei limiti di polizza e della natura del risarcimento risultavano assorbite nella decisione impugnata e destinate, in esito all'accoglimento del ricorso principale, a riemergere davanti al giudice del rinvio).
Cass. civ. n. 15790/2023
In tema di concordato preventivo, i criteri stabiliti con il decreto del Ministro della Giustizia 25 gennaio 2012, n. 30, emanato sulla base dell'art. 39, comma 1, l. fall., richiamato dall'art. 165 l. fall., si applicano anche alla determinazione del compenso spettante al commissario giudiziale nominato ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall.
Cass. civ. n. 15427/2023
In sede di convalida dell'arresto, il giudice, verificata l'osservanza dei termini stabiliti agli artt. 386, comma 3, e 390, comma 1, cod. proc. pen., deve valutare l'operato della polizia giudiziaria secondo il parametro della ragionevolezza, sulla base degli elementi al momento conosciuti, in relazione allo stato di flagranza ed alla ipotizzabilità di uno dei reati indicati dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen., in una prospettiva che non deve riguardare la gravità indiziaria e le esigenze cautelari, né la responsabilità dell'indagato, in quanto apprezzamenti riservati a distinte fasi del procedimento. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza di mancata convalida dell'arresto, siccome contenente pregnanti valutazioni di merito inerenti alla credibilità della alternativa versione dei fatti prospettata dall'indagato).
Cass. civ. n. 15302/2023
Il ricorso per correzione di errore materiale di una sentenza della S.C. per omessa pronuncia sulla distrazione delle spese non deve essere notificato anche alla parte difesa dall'avvocato antistatario, atteso che il difensore agisce, ex art. 287 e ss. c.p.c., in forza della procura rilasciatagli nel giudizio concluso con la pronuncia da correggere, non potendosi distinguere una proposizione "in proprio" dell'istanza di distrazione avanzata dal difensore (tale da imporre la notificazione della richiesta di correzione anche alla parte rappresentata) da una proposizione della domanda in rappresentanza di parte e in base all'originaria procura.
Cass. civ. n. 14813/2023
Nel giudizio di cassazione non trova applicazione il disposto dell'art. 346 c.p.c., relativo alla rinuncia alle domande ed eccezioni non accolte in primo grado; pertanto, sulle questioni esplicitamente o implicitamente dichiarate assorbite dal giudice di merito, e non riproposte in sede di legittimità all'esito di tale declaratoria, non si forma il giudicato implicito, ben potendo le suddette questioni, in caso di accoglimento del ricorso, essere riproposte e decise nell'eventuale giudizio di rinvio.
Cass. civ. n. 14624/2023
In tema di giudizio di rinvio, poiché il giudice nazionale deve verificare la compatibilità del diritto interno con le disposizioni unionali vincolanti, applicandole anche d'ufficio, nel caso di ricorso per cassazione avverso la decisione adottata in sede di rinvio, il giudice di legittimità è tenuto a rendere la decisione finale conforme alle regole eurounitarie, anche discostandosi dal principio di diritto precedentemente formulato e superando il vincolo derivante dall'art. 384, comma 2, c.p.c. in caso di contrasto con il diritto unionale.
Cass. civ. n. 14006/2023
L'errore del giudice nella determinazione della misura delle spese vive, sostenute dalla parte vittoriosa, può essere emendato o con il procedimento di correzione di cui all'art. 287 c.p.c., ovvero per mezzo del procedimento di revocazione del provvedimento che le ha liquidate, ma non col ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 13253/2023
In tema di locazione di beni immobili ad uso diverso dall'abitativo, perché ricorra la vendita in blocco non è indispensabile che essa riguardi l'intero edificio in cui è compreso quello locato, ma è sufficiente che i vari beni alienati, tra loro confinanti, costituiscano un "unicum" e siano venduti non come una pluralità di immobili casualmente appartenenti ad un unico proprietario, ma come complesso unitario, costituente un "quid" diverso dalla mera somma delle singole unità immobiliari. Pertanto, l'indagine del giudice del merito non deve essere condotta solo sulla base della situazione oggettiva, esistente al momento della vendita, ma dal punto di vista soggettivo deve accertare se le parti hanno o meno considerato la vendita dei vari cespiti come un complesso unitario non frazionabile. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata che aveva affermato l'esistenza di una vendita in blocco dando esclusiva rilevanza alla circostanza che i cespiti venduti si trovavano sul medesimo piano e che erano stati alienati con il medesimo atto, senza indagare sulla loro unità funzionale).
Cass. civ. n. 12570/2023
I diritti di uso civico gravanti su beni collettivi non possono essere posti nel nulla (ovvero considerati implicitamente estinti) per effetto di un decreto di espropriazione per pubblica utilità, poiché la loro natura giuridica assimilabile a quella demaniale lo impedisce, essendo, perciò, necessario, per l'attuazione di una siffatta forma di espropriazione, un formale provvedimento di sdemanializzazione, la cui mancanza rende invalido il citato decreto espropriativo che implichi l'estinzione di eventuali usi civici di questo tipo ed il correlato trasferimento dei relativi diritti sull'indennità di espropriazione.
Cass. civ. n. 12183/2023
In tema di esecuzione forzata, ove il titolo esecutivo di formazione giudiziale sia stato oggetto di cassazione parziale, la mancata riassunzione del giudizio di rinvio comporta, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione non solo di quest'ultimo ma dell'intero processo, con conseguente caducazione dello stesso titolo esecutivo giudiziale, ad eccezione di quelle statuizioni di esso già coperte dal giudicato, in quanto non impugnate o non cassate; ne deriva che è nullo sia il precetto intimato sulla base delle statuizioni direttamente formanti oggetto di cassazione parziale, che avrebbero dovuto essere "sub iudice" nel processo di rinvio, poi estinto, sia quello intimato sulla base delle statuizioni da esse dipendenti le quali, in forza dell'effetto espansivo "interno" di cui all'art. 336, comma 1, c.p.c., sono anch'esse travolte e caducate dalla cassazione parziale.
Cass. civ. n. 11691/2023
L'omesso esame di una questione processuale (anche ove questa sia rilevabile d'ufficio) non integra l'errore di fatto revocatorio di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c., dal momento che non comporta l'erronea supposizione dell'esistenza o inesistenza di un fatto ma si traduce in una mancata attività, cui la legge ricollega unicamente un eventuale vizio della motivazione o una violazione processuale, non ulteriormente rilevabili in relazione alle sentenze emesse in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 10420/2023
In tema di accertamento analitico-induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d, del d.P.R. n. 600 del 1973, ai fini della determinazione del reddito di impresa per omessa contabilizzazione di ricavi e IVA relativa ad operazione commerciale tra società del medesimo gruppo, aventi sede in Italia, per l'individuazione del valore da attribuire ad una prestazione di servizi, lo scostamento dal "valore normale" del canone di affitto di cui all'art. 9 TUIR può assumere rilievo quale parametro indiziario dell'antieconomicità manifesta e macroscopica dell'operazione, esulante dal normale margine di errore di valutazione anche dell'inerenza della destinazione del bene o servizio, così da giustificare l'accertamento, con conseguente onere di prova contraria a carico del contribuente; ciò non determina la violazione del criterio della neutralità del tributo armonizzato, né della norma di interpretazione autentica contenuta nell'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 147 del 2015, che è diretta ad escludere l'applicazione dell'art. 110 TUIR al "transfer pricing" interno e non a limitare la portata logico-giuridica dell'art. 9 TUIR.
Cass. civ. n. 10183/2023
Gli istituti della litispendenza e della continenza, operando soltanto tra cause pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, non sono applicabili se le cause identiche o connesse pendano dinanzi al medesimo ufficio giudiziario, anche se in gradi diversi, di talché, non essendo l'omessa riunione motivo di invalidità, sarà opponibile il giudicato prima intervenuto, ovvero, qualora non dedotto o rilevato, opererà la regola della prevalenza del successivo, salvo l'utilizzo dell'art. 337, comma 2, c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che, nell'ambito di un giudizio di risoluzione contrattuale, nel quale era stata proposta domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni, non aveva ritenuto motivo di invalidità la mancata declaratoria di litispendenza o l'omessa riunione con altro precedente giudizio, in cui era stata proposta autonomamente identica domanda risarcitoria).
Cass. civ. n. 9786/2023
In tema di revocazione, l'errore di fatto, di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c., deve risultare dagli "atti e documenti della causa", tra cui vanno compresi, in attuazione dei principi del giusto processo e di effettività della difesa, anche quelli che, seppur ritualmente depositati, siano stati inseriti, per mero disguido della cancelleria non imputabile alla parte, in un diverso fascicolo d'ufficio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non provato l'errore revocatorio dell'ordinanza, che aveva dichiarato inammissibile un ricorso per cassazione per l'omesso deposito degli avvisi di ricevimento della notifica, poiché non era stato documentato che i suddetti avvisi fossero stati allegati, in tale giudizio, al momento della costituzione del ricorrente e che, pertanto, fossero conoscibili dal collegio al momento della decisione).
Cass. civ. n. 9660/2023
Nel procedimento per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione (ex artt. 391-bis e 395, n. 4, c.p.c.), la sospensione prevista dall'art. 401 c.p.c. è ammissibile per le sole sentenze astrattamente suscettibili di esecuzione e, quindi, solo per quelle emesse ai sensi dell'art. 384, comma 2, ultima parte, c.p.c..
Cass. civ. n. 8981/2023
In tema di liquidazione delle spese processuali, l'applicazione del principio di soccombenza postula l'apprezzamento di una situazione giuridica, sicché la sua violazione o cattiva applicazione integra un errore di giudizio, impugnabile con gli ordinari mezzi di gravame, e non già un errore percettivo, sindacabile con il mezzo della revocazione.
Cass. civ. n. 7846/2023
In tema espropriazione di un bene avente rilevante valore storico e ambientale (nella specie un antico castello in rovina, circondato da una vasta area caratterizzata da secolari essenze arboree), sottoposto a vincolo in quanto "di interesse particolarmente importante", l'indennizzo non deve essere determinato sulla base del criterio del valore agricolo medio dell'area, applicabile per i suoli inedificabili, ma deve tener conto delle potenzialità extra-agricole del bene, considerando lo sfruttamento economico dello stesso attraverso la valorizzazione della sua natura di bene avente una rilevante connotazione storica e ambientale, e quindi, una specifica vocazione turistica. Peraltro, l'area di sedime non può essere distinta dalla costruzione, dovendo l'indennità essere determinata in modo unitario, ad eccezione dei casi in cui il fabbricato sia privo di autonomia funzionale o abbia scarsa consistenza economica.
Cass. civ. n. 7758/2023
Il ricorso per revocazione delle pronunce di cassazione con rinvio deve ritenersi inammissibile soltanto se l'errore revocatorio enunciato abbia portato all'omesso esame di eccezioni, questioni o tesi difensive che possano costituire oggetto di una nuova, libera ed autonoma valutazione da parte del giudice del rinvio ma non anche se la pronuncia di accoglimento sia fondata su di un vizio processuale dovuto ad un errore di fatto o se il fatto di cui si denuncia l'errore percettivo sia assunto come decisivo nell'enunciazione del principio di diritto, o, nell'economia della sentenza, sia stato determinante per condurre all'annullamento per vizio di motivazione.
Cass. civ. n. 7323/2023
In tema di sanzioni disciplinari ai detenuti, per la configurabilità dell'illecito di cui all'art. 77, comma 1, n. 15, reg. es. ord. pen., è indispensabile che la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, sia diretta all'offeso, che, se presente, sia in grado di percepirla e di interloquire con l'offensore. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità dell'illecito, in quanto le espressioni offensive del detenuto, nei confronti del comandante della polizia penitenziaria e del direttore, erano state pronunciate nel corso di un colloquio in istituto con un familiare).
Cass. civ. n. 7110/2023
In tema di dirigenza medica, l'obbligo della P.A. di attivare e completare il procedimento finalizzato all'adozione del provvedimento di graduazione delle funzioni e di pesatura degli incarichi non viene meno né per il mancato rispetto dei termini endoprocedimentali relativi alla fase di consultazione sindacale, né per l'omessa conclusione delle trattative, ma la sua violazione non legittima il dirigente medico interessato a chiedere l'adempimento di tale obbligo, bensì a domandare giudizialmente il risarcimento del danno per perdita della "chance" di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione, allegando la fonte legale o convenzionale del proprio diritto e l'inadempimento del datore di lavoro, sul quale grava l'onere di provare i fatti estintivi o impeditivi della pretesa oppure la non imputabilità dell'inadempimento.
Cass. civ. n. 7103/2023
La revocazione ex art. 98, comma 4, l.fall. dei provvedimenti di accoglimento o rigetto delle domande di insinuazione al passivo fallimentare per mancata conoscenza di documenti decisivi, diversamente dall'art. 395, n. 3), c.p.c. non presuppone che l'omessa tempestiva produzione dei documenti in parola debba essere dipesa da causa di forza maggiore o fatto dell'avversario, postulando come sufficiente l'ignoranza di essi, sempre che si sia rivelata idonea ad impedirne la produzione tempestiva per causa non imputabile.
Cass. civ. n. 6456/2023
In tema di opposizioni esecutive, la revocazione della pronuncia della Corte di cassazione dev'essere proposta entro il termine semestrale di cui all'art. 391-bis, comma 1, c.p.c., al quale, in forza dell'art. 3 della l. n. 742 del 1969, non si applica la sospensione feriale.
Cass. civ. n. 5682/2023
Passata in giudicato la sentenza di revocazione per dolo del giudice che abbia disposto anche la restituzione di quanto in buona fede conseguito per effetto della sentenza revocata, se tale credito restitutorio rimane insoddisfatto all'esito dell'inutile escussione di chi ha ricevuto il pagamento non dovuto, il debito risarcitorio dell'autore del reato di corruzione in atti giudiziari ha ad oggetto non soltanto il danno patrimoniale, nei limiti del mancato guadagno dal giorno del pagamento a quello della domanda di revocazione, e il danno non patrimoniale, ma anche l'oggetto dell'obbligazione restitutoria derivante dalla sentenza di revocazione.
Cass. civ. n. 5058/2023
con riferimento a vicenda in cui la querela di falso era stata proposta ai fini dell'accertamento della falsità di firme apposte su avvisi di ricevimento di raccomandate - ha altresì rilevato che nel giudizio di legittimità non può procedersi ad una mera declaratoria di invalidità e/o nullità dei precedenti gradi di merito, in virtù dell'accertata falsità degli atti).
Cass. civ. n. 4893/2023
In tema di revocazione di sentenza della Corte di cassazione, la dedotta omissione del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea in violazione dell'art. 267, comma 3, TFUE, non integra errore revocatorio ai sensi degli artt. 391-bis e 395, n. 4, c.p.c., in quanto la relativa valutazione è di diritto e non di fatto.
Cass. civ. n. 4353/2023
In tema di correzione degli errori materiali, l'inammissibilità o improcedibilità del ricorso ex art. 391 bis, comma 1, c.p.c., non impedisce alla Corte di cassazione di correggere d'ufficio le proprie statuizioni, purché sia instaurato il contraddittorio e ricorrano le condizioni per l'intervento emendativo, prevalendo l'esigenza di rimediare all'incoerenza tra la manifestazione formale della volontà giurisdizionale ed il suo reale contenuto. (Nella specie, la S.C. ha corretto l'omessa statuizione relativa alla distrazione delle spese anche se il difensore aveva rinunciato all'istanza di correzione).
Cass. civ. n. 2759/2023
In tema di convalida dell'arresto, la mancata presenza dell'arrestato all'udienza, dovuta o meno a legittimo impedimento, non osta a che il giudice, nella sussistenza dei requisiti di legge, provveda alla convalida, essendo la non comparizione dell'arrestato evenienza considerata possibile dall'art. 391, commi 3 e 7, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 2661/2023
In tema di mutuo fondiario, ex artt. 38 e ss. del d.lgs. n. 385 del 1993, l'acquirente di singola unità immobiliare che abbia integralmente corrisposto al costruttore il prezzo di acquisto, senza parziale accollo del mutuo a garanzia del quale era stata iscritta ipoteca sull'intero fabbricato, ha diritto ad ottenere la suddivisione del finanziamento in misura proporzionale all'unità medesima, nonché il correlativo frazionamento, nei limiti di tale quota, dell'ipoteca predetta, ma non la cancellazione di quest'ultima, a tal fine occorrendo, invece, che, contestualmente o successivamente al frazionamento, venga corrisposto, alla banca mutuante, l'importo di tale quota, giacché, in caso contrario, l'istituto di credito pur senza essere stato soddisfatto, perderebbe la propria garanzia ipotecaria per la sola ragione che "inter alios" si è conclusa una vendita o un'assegnazione senza nessun accollo del mutuo.
Cass. civ. n. 2082/2023
In tema di convalida dell'arresto, la valutazione del giudice, pur non potendo estendersi all'accertamento dell'esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, deve, comunque, avere ad oggetto la sussistenza delle condizioni legittimanti la privazione della libertà personale, tra le quali è inclusa la configurabilità del reato per cui si procede e la sua attribuibilità alla persona arrestata. (Fattispecie relativa ad arresto in flagranza per il reato di reingresso, senza autorizzazione, successivo ad espulsione, di cui all'art. 13, comma 13-bis, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, in cui la Corte ha ritenuto la necessità di verificare l'effettiva esecuzione dell'espulsione e la conseguente trasgressione del divieto di reingresso).
Cass. civ. n. 14971/2022
L'annullamento, su ricorso del pubblico ministero, dell'ordinanza di non convalida dell'arresto deve essere disposto senza rinvio, posto che il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai perenta, è finalizzato alla sola definizione della correttezza dell'operato della polizia giudiziaria, sicché l'eventuale rinvio solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di concreti effetti giuridici.
Cass. civ. n. 18808/2021
Nel caso di riunione di cause, tra loro in rapporto di continenza e pendenti davanti al medesimo giudice, le preclusioni maturate nel giudizio preveniente anteriormente alla riunione rendono inammissibili nel giudizio prevenuto - in osservanza del principio del "ne bis in idem" e allo scopo di non favorire l'abuso dello strumento processuale - solo le attività, soggette alle scansioni processuali dettate a pena di decadenza, svolte con riferimento all'oggetto di esso che sia comune al giudizio preveniente e non si comunicano, pertanto, né alle attività assertive che, come le mere difese e le eccezioni in senso lato, non soggiacciono a preclusione, né alle attività assertive e probatorie che, pur soggette a preclusione, concernono la parte del giudizio prevenuto non comune con quello preveniente. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 29/01/2018).
Cass. civ. n. 29432/2019
Non è configurabile un rapporto di litispendenza tra l'opposizione a decreto ingiuntivo e l'opposizione a precetto intimato in virtù dello stesso titolo, atteso che con la prima si contesta, in sede di giudizio di cognizione, la sussistenza del credito azionato in via monitoria, mentre con la seconda è negato il diritto della controparte a procedere ad esecuzione forzata, sicché non ricorre identità né del "petitum" e neppure della "causa petendi".
Cass. civ. n. 16077/2019
In tema di continenza tra cause, l'obbligazione di garanzia, pur essendo sussidiaria rispetto a quella garantita, in quanto diretta ad assicurare l'adempimento di una prestazione risultante da un rapporto a cui il fideiussore è rimasto estraneo, è tuttavia caratterizzata da una propria individualità giuridica, cioè da un oggetto e un titolo distinti dall'obbligazione principale, potendo la fideiussione semplice farsi valere non appena il debitore si sia reso inadempiente, senza che sia necessario escuterlo inutilmente in tutto o in parte esperendo un separato giudizio per conseguire la prestazione principale; ne consegue che non sussiste pregiudizialità tra la domanda proposta nei confronti del debitore principale e quella proposta nei confronti del fideiussore, legate al più da un rapporto di connessione impropria, in quanto la diversità dei soggetti delle due cause, impedendo alla decisione dell'una di spiegare efficacia di giudicato nei confronti dell'altra, può evidenziare una mera comunanza di questioni, inidonea a giustificare lo spostamento di competenza in favore del giudice del rapporto principale.
Cass. civ. n. 13500/2019
Per effetto della dichiarazione di litispendenza, il processo innanzi al giudice successivamente adito si esaurisce definitivamente, salvo il regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., con la conseguenza che non è più possibile la ripresa del suo svolgimento attraverso la proposizione di un'istanza di riassunzione ma la parte può far valere il suo diritto nel diverso processo preventivamente instaurato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la corte d'appello avesse erroneamente fatto discendere dall'ipotizzata - ma insussistente - inadempienza a un presunto obbligo di impugnare o in alternativa di proporre nuova azione di merito, anche rispetto a quella proposta e definita con dichiarazione di litispendenza, la conseguenza della prescrizione del diritto al risarcimento).
Cass. civ. n. 7617/2019
Tra il giudizio di divisione intrapreso da alcuni dei partecipanti alla comunione e quello cd. endoesecutivo, instaurato in seno al processo di espropriazione forzata della quota di pertinenza di altro condividente, sussiste un rapporto di litispendenza, da disciplinare applicando il criterio della prevenzione di cui all'art. 39 c.p.c., avuto riguardo, da un lato, alla data della notificazione dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di divisione ordinario e, dall'altro, a quella della pronuncia (o della notifica alle parti non presenti) dell'ordinanza del G.E. che disponga la divisione nell'ambito del procedimento esecutivo.
Cass. civ. n. 26835/2017
In tema di continenza di cause, le norme dettate dall'art. 39 c.p.c. non operano con riguardo alla situazione di pendenza di una causa in primo grado e dell'altra in appello, ma l'esigenza di coordinamento sottesa alla disciplina dell'art. 39, comma 2, dev'essere assicurata comunque ai sensi dell'art. 295 c.p.c., ossia a mezzo della sospensione della causa che avrebbe dovuto subire l'attrazione all'altra se avesse potuto operare detta disciplina, in attesa della definizione, con sentenza passata in giudicato, della causa che avrebbe esercitato l'attrazione.
Cass. civ. n. 19056/2017
A norma dell'art. 39, comma 1, c.p.c., qualora una stessa causa venga proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito è tenuto a dichiarare la litispendenza, anche se la controversia iniziata in precedenza sia stata già decisa in primo grado e penda ormai davanti al giudice dell'impugnazione, senza che sia possibile la sospensione del processo instaurato per secondo, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. o dell'art. 337, comma 2, c.p.c., a ciò ostando l'identità delle domande formulate nei due diversi giudizi.
Cass. civ. n. 6826/2017
Qualora il giudice abbia dichiarato la litispendenza tra due giudizi, in relazione alle domande svolte, nel secondo, dalla parte chiamata in causa, in quanto già anteriormente proposte davanti a diverso giudice, e, contestualmente, preso in esame la domanda formulata dalla parte attrice, accogliendola nel merito, al pari di quella di garanzia formulata dal convenuto nei confronti della chiamata, la sentenza, benché unica sotto il profilo formale, contiene diverse decisioni, ciascuna relativa alle varie domande proposte. Ne consegue che il capo relativo alla pronuncia sulla litispendenza – essendo autonomo dagli altri e di tipo esclusivamente processuale – può, giusta l'art. 42 c.p.c., essere impugnato soltanto con l'istanza di regolamento di competenza.
Cass. civ. n. 18252/2015
Le questioni in tema di litispendenza vanno decise con riferimento alla situazione processuale esistente al momento della relativa pronuncia, dovendosi tenere conto anche delle vicende processuali sopravvenute, sicché, in caso di intervenuta definizione di uno dei due giudizi pendenti, cessano le condizioni per l'applicabilità dell'art. 39 c.p.c.
Cass. civ. n. 16454/2015
Due cause pendenti tra le stesse parti e con identità di "causa petendi" e di "petitum" sono in rapporto di litispendenza e non di continenza anche nel caso in cui una di esse abbia ad oggetto più domande, una sola delle quali identica a quella avanzata nell'altro procedimento, ben potendo in tale ipotesi la litispendenza essere dichiarata con riferimento ad una soltanto delle domande proposte.
Cass. civ. n. 10509/2015
In materia di litispendenza, ai fini dell'applicazione del principio di prevenzione tra cause in rapporto di continenza, l'una iniziata con ricorso monitorio e l'altra con citazione, occorre avere riguardo, per quest'ultima, al perfezionamento del procedimento di notificazione tramite consegna dell'atto al destinatario anche in caso di nullità della notificazione se il vizio sia stato sanato, con effetto "ex tunc", a seguito di rinnovazione ex art. 291 cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 24790/2014
Tra la causa proposta con il rito di cui all'art. 1, commi 48 e segg. della legge 28 giugno 2012, n. 92, per l'accertamento della legittimità del recesso datoriale, pendente in fase di opposizione, e quella concernente l'impugnativa del medesimo licenziamento, pendente nella fase sommaria dello stesso rito dinanzi a diverso tribunale, pure in astratto territorialmente competente, sussiste un rapporto di continenza, sicché, ai fini della determinazione del giudice competente, occorre aver riguardo esclusivamente al criterio della prevenzione - con riferimento alla data di deposito del ricorso - a prescindere dall'individuazione della causa contenente e di quella contenuta, nonché dall'esame di profili processuali relativi alla domanda proposta davanti al giudice preventivamente adito.
Cass. civ. n. 23675/2014
Per determinare la litispendenza ai fini della prevenzione tra cause in rapporto di continenza, una iniziata con ricorso monitorio e una iniziata con citazione, per quest'ultima si ha riguardo al perfezionamento del procedimento di notificazione tramite consegna dell'atto al destinatario, non operando la scissione soggettiva del momento perfezionativo per il notificante e il destinatario, che vale solo per le decadenze non addebitabili al notificante; né può invocarsi il principio di uguaglianza tra gli attori, in rapporto alla pendenza della lite monitoria già al momento del deposito del ricorso, atteso che la maggiore o minore incidenza dell'impulso di parte nell'individuazione del giudice naturale della controversia è solo l'effetto indiretto della differente disciplina processuale, discrezionalmente prevista dal legislatore.
Cass. civ. n. 18312/2014
Non si versa in ipotesi di litispendenza nel caso siano proposti avverso lo stesso provvedimento due diversi mezzi di impugnazione, dei quali uno solo previsto dalla legge, perché il giudice dinanzi al quale è stato proposto il gravame ammissibile dovrà decidere sulla impugnazione, mentre l'altro dovrà dichiarare inammissibile il mezzo del quale è stato investito.
Cass. civ. n. 17443/2014
Ai fini della dichiarazione di litispendenza, occorre avere riguardo esclusivamente al criterio della prevenzione, mentre è irrilevante ogni indagine sull'effettiva competenza del giudice preventivamente adito a conoscere della controversia pur se il giudice successivamente adito sia titolare della competenza a conoscere della causa, rispondendo tale istituto all'esigenza di evitare la contemporanea pendenza di due giudizi con gli stessi elementi processuali, e, dunque, un'inammissibile duplicità di azioni giudiziarie in relazione al medesimo diritto soggettivo, con conseguente pericolo di contraddittorietà di giudicati.
La litispendenza si realizza quando vi sia identità, oltre che dei soggetti coinvolti nella lite, anche del "petitum", inteso quale bene della vita del quale si chiede la tutela, e di "causa petendi", ossia del fatto costitutivo della domanda, senza che rilevi che un soggetto assuma in una causa la qualità di attore e nell'altra quella di convenuto. (Principio affermato con riguardo a giudizi relativi ad un licenziamento, del quale, in un primo giudizio, il datore di lavoro aveva chiesto accertarsi la legittimità e il lavoratore, in via riconvenzionale, l'illegittimità, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento dei danni, domande poi riproposte, a ruoli invertiti, in un secondo giudizio innanzi ad altro giudice).
Cass. civ. n. 18024/2013
La situazione processuale della litispendenza postula la contemporanea pendenza di più processi relativi alla stessa causa presso uffici giudiziari diversi, ma appartenenti al medesimo ordine giudiziario; ne consegue che, nell'ipotesi di rapporto di ripartizione esterno alla medesima giurisdizione, il concorso tra processi va risolto a mezzo di una pronuncia sulla giurisdizione e, in caso di decisioni contrastanti, con i rimedi che sono appositamente previsti per questa specifica ipotesi, soccorrendo pertanto l'art. 362 c.p.c. e non l'art. 39 c.p.c., per il quale si finirebbe con il fare applicazione, come erroneamente ritenuto dal giudice tributario con riguardo a pretesa litispendenza avanti al giudice amministrativo, di un inammissibile criterio di prevenzione.
Cass. civ. n. 8170/2013
La sussistenza di un rapporto di continenza tra cause, in quanto oggetto di eccezione in senso lato, può essere rilevata anche di ufficio dal giudice, e deve, altresì, essere decisa con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della pronuncia della relativa statuizione.
Cass. civ. n. 13161/2012
Ai sensi dell'art. 39, comma secondo, cod. proc. civ., sussiste il rapporto di continenza quando due cause, pendenti contemporaneamente davanti a giudici diversi, hanno ad oggetto una questione comune, quale quella diretta a stabilire chi dei contraenti, nell'ambito dell'unico rapporto controverso, sia creditore dell'altro, essendo una domanda volta ad ottenere l'accertamento dell'inadempimento della controparte e la conseguente condanna al risarcimento dei danni, e l'altra volta all'esecuzione del medesimo contratto.
Cass. civ. n. 8188/2012
Sussiste un rapporto di continenza, ai sensi dell'art. 39 c.p.c., e non di connessione, tra la domanda di adempimento proposta dal creditore cedente nei confronti del debitore, e quella proposta, nei confronti del medesimo debitore, dal cessionario del credito azionato nel primo giudizio.
Cass. civ. n. 6511/2012
Nel caso di continenza tra una causa introdotta col rito ordinario ed una introdotta col rito monitorio, ai fini dell'individuazione del giudice preventivamente adìto, il giudizio introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo deve ritenersi pendente alla data di deposito di quest'ultimo, trovando applicazione il criterio di cui all'ultimo comma dell'art. 39 cod. proc. civ., come modificato dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, senza che rilevi la circostanza che l'emissione del decreto e la sua notifica siano avvenuti successivamente, agli effetti dell'art. 643, terzo comma, cod. proc. civ..
Cass. civ. n. 12411/2011
In tema di litispendenza internazionale, ai sensi dell'art. 27 del Regolamento CE n. 44/01 del Consiglio del 22 dicembre 2000, spetta al giudice preventivamente adito accertare la sussistenza o meno della propria giurisdizione. Se, pertanto, per primo sia adìto il giudice italiano, nel corso del relativo giudizio è possibile proporre il regolamento preventivo di giurisdizione nei confronti del convenuto domiciliato all'estero.
Cass. civ. n. 24376/2010
Il giudice successivamente adito, al fine di stabilire se sussista la litispendenza, deve fare riferimento alla situazione processuale esistente al momento della sua pronuncia e deve respingere la relativa eccezione allorquando a tale data il giudizio preventivamente instaurato non sia più pendente per intervenuta estinzione. Tale situazione si verifica nel caso in cui nel primo giudizio sia intervenuta rinuncia agli atti prima ancora che la controparte si sia costituita, così da determinare l'estinzione del giudizio medesimo - che, in quanto operante di diritto ai sensi dell'art. 306 c.p.c., può essere incidentalmente accertata dal giudice - giacché, in siffatta ipotesi, la rinuncia non è condizionata dalla relativa accettazione. (Fattispecie in tema di identico credito azionato in via monitoria in due diverse sedi).
Cass. civ. n. 19411/2010
Le sezioni distaccate di tribunale costituiscono articolazioni interne del medesimo ufficio giudiziario di tribunale e, in quanto tali, prive di rilevanza esterna, con la conseguenza che i rapporti tra sede principale e sezione distaccata non possono mai dare luogo a questioni di competenza. Ne consegue che, qualora, in relazione alla pendenza di identico giudizio avanti a sezione distaccata del medesimo tribunale, sia dichiarata la litispendenza, versandosi fuori dallo schema legale previsto dall'art. 39 c.p.c., va dichiarata la nullità della sentenza impugnata con regolamento di competenza, senza necessità di indicare il giudice competente, sia perché la pronunzia di litispendenza non è assimilabile ad una pronunzia di competenza, sia perché in caso di insussistenza della litispendenza o di nullità della relativa sentenza il processo prosegue (Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, comma 1, c.p.c.).
Cass. civ. n. 17037/2010
Sussiste litispendenza, e non continenza né connessione, tra una opposizione a precetto, proposta ai sensi dell'art. 615, comma primo, c.p.c., ed un'opposizione all'esecuzione, successivamente proposta ai sensi dell'art. 615, comma secondo, c.p.c., avverso il medesimo titolo esecutivo e fondate su fatti costitutivi dell'inesistenza del diritto di procedere all'esecuzione forzata identici. (Nella specie, la nullità del titolo esecutivo costituito da un contratto di mutuo stipulato per atto pubblico).
Cass. civ. n. 26977/2007
Né la litispendenza nè la continenza di cause possono configurarsi tra un procedimento per l'adozione di provvedimenti d'urgenza a norma dell'art. 700 c.p.c. ed un giudizio ordinario di merito, in quanto l'insuscettibilità dei richiamati provvedimenti d'urgenza di costituire giudicato — essendo essi idonei ad assicurare «provvisoriamente» gli effetti della decisione sul merito e presentandosi l'introduzione del relativo giudizio solo come successiva ed eventuale — esclude la ragione stessa di una pronuncia di litispendenza o di continenza di cause.
Cass. civ. n. 20600/2007
Ai sensi dell'art. 39, comma secondo, c.p.c., la continenza di cause ricorre non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti (identità non esclusa, peraltro, dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso) e di titolo e da una differenza quantitativa dell'oggetto, ma anche quando fra le cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui sono prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi nonché quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell'ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, le Sezioni unite hanno ritenuto la sussistenza di un rapporto di continenza tra la domanda proposta nelle forme monitorie da una società nei confronti di un'altra società, avente ad oggetto il pagamento di alcune prestazioni eseguite e per le quali non era stato corrisposto il prezzo, e quella proposta dalla società ingiunta nei riguardi di quella ingiungente, avente ad oggetto la risoluzione dello stesso rapporto contrattuale al quale si riferivano le prestazioni dedotte a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo).
Cass. civ. n. 13514/2007
In tema di scontro fra veicoli, la relazione fra le controversie che due soggetti, rimasti danneggiati nella qualità di proprietari dei veicoli coinvolti e, quindi, di responsabili ai sensi dell'art. 2054, terzo comma, c.c. (come nella specie: ma la stessa cosa vale in caso di domande contrapposte fra i due conducenti o fra un conducente ed un responsabile o fra conducente e responsabile da un lato e conducente e responsabile dall'altro), introducano avanti a diversi giudici, ognuno nei confronti dell'altro ed eventualmente - come nella specie - dei rispettivi assicuratori per la responsabilità civile di ciascuno dei responsabili, addebitandosi la responsabilità esclusiva della causazione del sinistro stesso, si caratterizza come situazione di connessione nel contempo per parziale o totale coincidenza del fatto storico della dinamica dello scontro e, quindi, di una parte della causa petendi e per l'esistenza di un nesso di incompatibilità delle rispettive causae petendi delle domande e, quindi, anche del petitum di ognuna, posto che dette causae petendi sono basate o su una ricostruzione della dinamica del sinistro e, quindi, del fatto storico diversa, di modo che l'una esclude l'altra, oppure, nel caso di deduzione coincidente di quella dinamica, su un opposto apprezzamento delle condotte dei conducenti sotto l'aspetto soggettivo, di modo che nell'uno e nell'altro caso l'accertamento della invocata responsabilità esclusiva dell'uno è, non solo logicamente, ma anche giuridicamente incompatibile con quello della responsabilità civile dell'altro. Peraltro, in ciascuna delle cause il nesso di incompatibilità al livello di decisione si presenta soltanto eventuale, in quanto il giudice investito di ciascuna delle due domande può ravvisare una situazione di concorrente ed eguale responsabilità, ai sensi della norma particolare del secondo comma dell'art. 2054 c.c., che può rendere le decisioni perfettamente fra loro compatibili sia sul piano logico che su quello giuridico. La descritta situazione, allorquando i due danneggiati non abbiano coinvolto i rispettivi assicuratori, non è riconducibile, sia in ragione della coincidenza soltanto parziale della causa petendi sia per la detta incompatibilità delle causae petendi e dei petita in alcun modo alla litispendenza, in quanto le domande non presentano per l'una e l'altra ragione né identità di causa petendi né identità di petitum e nemmeno alla continenza, atteso che non sussiste tale nesso, che ricorre allorquando una causa (intesa come ragione dedotta in giudizio) comprenda in sé l'altra (mentre in questo caso l'una esclude l'altra). Allorquando, poi, siano stati evocati nei giudizi i rispettivi assicuratori l'esclusione della litispendenza (o continenza) emerge anche per il venir meno della identità dei soggetti. In entrambi i casi ricorre una situazione di connessione ed il coordinamento fra le cause, ove non sia possibile attraverso l'art. 40, primo comma, c.p.c., è possibile solo nella prima ipotesi attraverso la sospensione della causa prevenuta in attesa della definizione di quella preveniente, mentre nella seconda ipotesi, non essendo possibile la sospensione per la diversità soggettiva, l'eventuale accertamento in modo difforme del fatto storico non dà luogo ad un contrasto pratico di giudicati, ma soltanto ad un contrasto logico, atteso che i crediti risarcitori riconosciuti a ciascuno dei danneggiati sulla base di tale diverso accertamento, concernono pretese a beni della vita diversi, che, attesa la fungibilità del danaro, possono entrambe trovare soddisfazione senza che ne venga implicata la negazione dell'altro.
Cass. civ. n. 9313/2007
Non sussiste litispendenza tra una causa pendente in primo grado e un'altra definita con sentenza da un giudice di secondo grado, ancorché non siano decorsi i termini per impugnarla, sia perché, per la configurabilità della litispendenza, è necessario che cause identiche pendano dinanzi a giudici diversi, ma nel medesimo grado, sia perché, finché l'impugnazione non è proposta, non c'è un giudice investito della lite, con conseguente inconfigurabilità della contemporanea pendenza di due giudizi sull'identica causa.
Cass. civ. n. 4089/2007
Sussiste la continenza quando due cause sono caratterizzate da identità di soggetti e titolo e da una differenza soltanto quantitativa dell'oggetto, o quando le stesse sono legate da un rapporto di interdipendenza per contrapposizione o alternatività. (Nella specie, la S.C. ha escluso un nesso di continenza tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal creditore nei confronti del fideiussore e il giudizio promosso da debitore principale e fideiussore per l'accertamento negativo del credito, uniti soltanto da un rapporto di connessione per garanzia ex art. 32 c.p.c.).
Cass. civ. n. 3364/2007
In tema di litispendenza internazionale, già regolata dall'art. 21 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 e attualmente dagli artt. 27 e 30 del Regolamento CE n. 44/2001, il giudice successivamente adito deve sospendere d'ufficio il giudizio finché sia stata dichiarata la competenza giurisdizionale del giudice straniero preventivamente adito e deve poi declinare la propria competenza in favore del giudice straniero ove la competenza di quest'ultimo risulti accertata, ovvero proseguire il processo se il primo giudice si dichiara incompetente. Conseguentemente, si versa in ipotesi di sospensione necessaria, soggetta al rimedio del regolamento di competenza, senza che rilevi la clausola di proroga della competenza in base alla quale sussiste la competenza del giudice successivamente adito, che deve comunque sospendere il procedimento.
Cass. civ. n. 15905/2006
Ai sensi dell'art. 39, secondo comma, c.p.c., il giudice che ravvisi la continenza tra una causa propostagli ed altra precedentemente instaurata dinanzi a un giudice diverso deve verificare la competenza (per materia, territorio, derogabile e inderogabile, e valore) di quest'ultimo in relazione non soltanto alla causa da rimettergli ma anche a quella presso di lui già pendente, con indagine estesa a tutti i criteri di competenza.
Cass. civ. n. 10943/2006
In tema di litispendenza, nel caso in cui la stessa causa, in ragione di un'incertezza dell'indicazione dell'ufficio giudiziario adìto nella citazione e, quindi, della sua nullità, venga iscritta a ruolo avanti a due giudici diversi, rispettivamente dall'attore e dal convenuto, la prevenzione di cui all'art. 39, primo comma, c.p.c., non si può determinare sulla base dell'anteriorità della notificazione della citazione, cioè dell'efficacia della vocatio in ius, atteso che vi è stata una sola notificazione e si deve d'altro canto escludere - in base al secondo comma dell'art. 164 c.p.c. (nel testo vigente ex lege n. 353 del 1990) - che, in caso di ordine di rinnovo della citazione rivolto all'attore dal giudice avanti al quale egli abbia compiuto l'iscrizione a ruolo, la notificazione da assumersi agli effetti della litispendenza sia quella eseguita in esecuzione di quell'ordine e non l'originaria notificazione della citazione nulla. Ne consegue che la litispendenza dev'essere individuata, per analogia iuris, dando rilievo al momento di efficacia dell'attività processuale successiva alla notificazione originaria, cioè alla costituzione in giudizio e, quindi, attribuendo la prevenzione a quella fra le due costituzioni che risulti avvenuta per prima.
Cass. civ. n. 1626/2006
La litispendenza, che essendo rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo può essere pronunciata anche nel giudizio di cassazione, presuppone la contemporanea ed effettiva pendenza della stessa causa dinanzi a giudici diversi, e non è ravvisabile nell'ipotesi in cui il giudizio precedente sia stato cancellato dal ruolo ai sensi dell'art. 309 c.p.c., e non sia stata fornita la prova dell'avvenuta riassunzione nel termine annuale previsto dall'art. 307 c.p.c.
Cass. civ. n. 18819/2004
In tema di continenza di cause, le norme dettate dall'art. 39 c.p.c. non operano sia con riguardo a cause pendenti in gradi diversi che nella ipotesi in cui la causa preveniente sia già in fase di decisione.
Cass. civ. n. 14557/2004
Il fenomeno della litispendenza e l'operatività del principio della prevenzione, di cui all'art. 39 c.p.c., sono configurabili con riferimento a procedimenti pendenti dinanzi a giudici parimenti muniti di competenza e non anche, pertanto, in ipotesi di contemporanea pendenza della medesima causa davanti all'autorità giudiziaria e ad un collegio arbitrale. Tale vicenda, infatti, investendo sfere di competenza a carattere esclusivo e inderogabile, va risolta con l'affermazione o negazione della competenza del giudice adito, in relazione all'esistenza, al contenuto e ai limiti di validità del compromesso o della clausola compromissoria.
Cass. civ. n. 8748/2004
In tema di litispendenza internazionale ed in applicazione dell'art. 11, par. 2, del Reg. CE 29 maggio 2000, n. 1347 — il quale stabilisce che, «qualora dinanzi a giudici di Stati membri diversi e tra le stesse parti siano state proposte domande relative al divorzio, alla separazione personale o all'annullamento del matrimonio, non aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza del giudice preventivamente adito» — avverso il provvedimento di sospensione adottato dal giudice italiano successivamente adito, da annoverarsi tra le ipotesi di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., è proponibile non il regolamento di giurisdizione, ma il regolamento necessario di competenza ai sensi dell'art. 42 c.p.c.
Cass. civ. n. 3529/2004
La litispendenza è istituto che concorre alla identificazione in concreto del giudice che deve decidere la causa, sicchè la pronuncia con cui il giudice dichiari la litispendenza, essendo sostanzialmente assimilabile al provvedimento con cui vengono decise le questioni di competenza, può essere impugnata soltanto con il regolamento necessario di competenza, a meno che sia stata emessa dal giudice di pace.
Cass. civ. n. 1302/2004
La litispendenza è un rapporto tra due o più cause - e non tra più procedimenti - che consente di individuare il giudice competente in base al criterio della prevenzione, qualora tra esse vi sia identità di causa pretendi, di petitum ed esse pendano tra le stesse parti; ne consegue che, se il secondo procedimento è stato iniziato in relazione a due domande, per una sola delle quali sussistano i presupposti della litispendenza, essa può essere dichiarata in relazione a quella domanda, rimanendo irrilevante che in relazione all'altra domanda, proposta congiuntamente, siano stati convenuti in giudizio soggetti che non siano parte dell'altro giudizio.
Cass. civ. n. 12666/2003
La domanda di risarcimento di danni per responsabilità extracontrattuale è diversa da quella di risarcimento di danni per responsabilità contrattuale perché dipende da elementi di fatto diversi sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo, non solo per quanto attiene all'accertamento della responsabilità, ma anche per quanto riguarda la determinazione dei danni. Ne consegue che non ricorre l'ipotesi di continenza ex art 39 c.p.c. tra la domanda risarcitoria fondata soltanto su titolo contrattuale nei confronti del lavoratore e altra domanda proposta, sempre dal datore di lavoro, in relazione ai medesimi fatti addebitati al dipendente, ma limitatamente ai titoli extracontrattuali in essa implicati.
Cass. civ. n. 10073/2003
La pendenza della lite è determinata dalla notifica dell'atto di citazione davanti ad un determinato giudice, senza che l'erronea costituzione dell'attore davanti a giudice diverso, sia tale da radicare la causa davanti a quest'ultimo, per cui, indipendentemente dai provvedimenti di competenza del giudice della costituzione, cui spetterebbe dichiarare la litispendenza e cancellare la causa dal ruolo, ben può l'attore riassumere la causa davanti al giudice primieramente adito, nel termine previsto per l'ipotesi di mancata costituzione delle parti.
Cass. civ. n. 268/2003
Tenuto conto che la litispendenza, prevista dall'art. 39 c.p.c. per evitare l'eventuale conflitto di giudicati, presuppone che la medesima causa sia pendente dinanzi a giudici diversi, non sussiste la litispendenza, in considerazione della diversità dei soggetti convenuti, fra la causa promossa dal danneggiato nei confronti del danneggiante e quella proposta nei confronti dell'assicuratore ai sensi dell'art. 18 legge n. 990 del 1969, posto che soltanto in quest'ultima ipotesi è previsto dall'art. 23 legge n. 990 del 1969 il litisconsorzio necessario fra l'assicuratore e il responsabile del danno.
Cass. civ. n. 13548/2002
Ai fini dell'accertamento della litispendenza nel giudizio d'appello, deve prescindersi del tutto dalla valutazione circa la eventuale irritualità della riproposizione delle domande, in grado di appello, da parte di uno dei soggetti in lite.
Cass. civ. n. 12995/2002
La nozione di continenza di causa ai sensi dell'art. 39 c.p.c. comprende anche quelle situazioni caratterizzate dalla pendenza di cause in cui le questioni dedotte con la domanda, ed anche con le eccezioni, anteriormente proposte, e da risolvere con efficacia di giudicato, costituiscano il necessario presupposto per la definizione del giudizio successivo, nel senso che tra le due cause sussiste un nesso di pregiudizialità logico-giuridica, come nel caso in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni. Sussiste, pertanto, continenza tra due giudizi, il primo dei quali promosso dalla società committente per ottenere decreto ingiuntivo per il pagamento delle penali da ritardo nella consegna delle opere appaltate - decreto opposto dalla intimata, che abbia eccepito in via riconvenzionale il mancato guadagno per le opere appaltate e non fatte eseguire dalla stessa committente - ed il secondo dei quali promosso dalla curatela del fallimento della società appaltatrice per ottenere decreto ingiuntivo per il pagamento del corrispettivo residuo delle opere eseguite - decreto opposto dalla committente che abbia eccepito la compensazione in forza dei crediti fatti valere nel giudizio preventivamente proposto.
Cass. civ. n. 3109/2002
Tra la domanda di adempimento del contratto e quella di nullità o di risoluzione dello stesso è configurabile una relazione di continenza, in quanto sia la dichiarazione di nullità che la pronuncia di risoluzione si presentano come alternative a quella di condanna all'adempimento.
Cass. civ. n. 13701/2001
In caso di contemporanea pendenza di due giudizi, uno di opposizione all'esecuzione minacciata o promossa per la realizzazione di un determinato diritto e l'altro relativo all'accertamento del medesimo diritto fra le stesse parti, deve escludersi una situazione di litispendenza (o eventualmente di continenza) allorché l'opposizione all'esecuzione riguardi il profilo strettamente processuale della promovibilità dell'esecuzione forzata, essendo in tale caso diverse le rispettive causae petendi dei due giudizi, ravvisabili l'una nel rapporto giuridico da cui sorge il diritto di credito per il cui accertamento è stata proposta la domanda introduttiva del giudizio di cognizione e l'altra nella insussistenza delle condizioni che determinano la soggezione del debitore all'azione esecutiva (nella specie, l'opposizione si fondava sull'indeterminatezza dell'ammontare del credito azionato in executivis, ex art. 474 c.p.c., mentre il contemporaneo giudizio di merito concerneva la quantificazione del diritto di credito in contestazione).
Cass. civ. n. 5837/2001
Sussiste continenza di cause, ai sensi dell'art. 39 comma secondo c.p.c., tra la domanda del venditore in via monitoria di condanna del compratore al pagamento del prezzo e quella preventivamente proposta in via ordinaria davanti ad un diverso giudice avente ad oggetto la domanda del compratore di risoluzione del contratto di compravendita e di risarcimento dei danni scaturendo le opposte domande dal medesimo rapporto contrattuale. Pertanto la competenza a decidere su entrambe le cause va accertata secondo il criterio della prevenzione rimanendo affidato al giudice della causa d'opposizione a decreto ingiuntivo il compito di valutare gli effetti su tale procedimento del rapporto di continenza. (Nel caso di specie la Corte ha cassato la sentenza con cui il tribunale di Como, preventivamente adito nella causa di risoluzione per inadempimento proposta dal compratore, aveva declinato la propria competenza in favore del giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo chiesto dal venditore, sul presupposto che detta competenza è funzionale e, perciò, inderogabile).
Cass. civ. n. 5602/2001
In tema di continenza di cause, la prevenzione è determinata dalla notifica dell'atto di citazione e non dalla conoscenza che ne abbia il destinatario cosicché, quando la notifica avviene a mezzo posta occorre tener conto del momento in cui viene completata l'attività incombente sul notificante, e, dunque, della data del deposito del piego presso l'ufficio postale, e non di quello in cui si realizza il risultato della conoscenza da parte del destinatario il cui comportamento, ove se ne ritenesse la rilevanza, verrebbe ad incidere sulla precedenza indipendentemente da qualsiasi difetto di diligenza da parte dell'attore, penalizzandolo, così, anche senza sua colpa.
Cass. civ. n. 5273/2001
Non è ravvisabile un rapporto di litispendenza fra causa di opposizione all'esecuzione e quella di opposizione agli atti esecutivi proposta dallo stesso debitore contro l'atto di precetto perché fra le due cause non esiste identità di petitum e di causa petendi. Infatti nell'opposizione all'esecuzione l'oggetto della domanda è dato dall'accertamento negativo del diritto dell'intimante di promuovere un giudizio di esecuzione; nell'opposizione agli atti esecutivi l'oggetto del giudizio è invece costituito dalla richiesta di dichiarare la nullità formale dell'atto preliminare all'azione esecutiva.
Cass. civ. n. 3340/2001
La parte che eccepisce la litispendenza ha l'onere di dimostrare non solo l'esistenza, ma anche la persistenza, fino all'udienza di discussione, pur nella fase di giudizio di legittimità, delle condizioni per l'applicabilità dell'art. 39 c.p.c. perché la questione deve esser decisa con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della relativa pronuncia, e dunque avuto riguardo anche agli eventi processuali sopravvenuti. Pertanto l'eccipiente deve produrre la relativa idonea documentazione anche in Cassazione, non essendo soggetti alla preclusione disposta dall'art. 372 c.p.c. gli atti concernenti questioni proponibili in ogni grado di giudizio e rilevabili d'ufficio, quale quella della litispendenza.
Cass. civ. n. 792/2001
Ai fini del giudizio sulla litispendenza, l'identità delle cause può essere desunta dai limiti oggettivi del potenziale giudicato, nel senso che tale identità deve essere riconosciuta quando il bene della vita attribuibile ad una parte nei confronti dell'altra, ove fosse oggetto di giudicato in una delle due cause, non potrebbe più essere posto in discussione nella seconda causa, fra le medesime parti, quali che siano i profili di fatto e di diritto preesistenti al giudicato in base al quale il detto bene venga ad essere nuovamente contestato.
Cass. civ. n. 15193/2000
Le norme dettate in tema di continenza dall'art. 39 c.p.c. non operano con riguardo a procedimenti pendenti dinanzi ad uffici giudiziari diversi e che si trovino l'uno in fase di gravame, l'altro in primo grado, in considerazione del carattere funzionale della competenza del giudice di secondo grado, da individuarsi inderogabilmente in base al criterio fissato dall'art. 341 c.p.c., nonché delle peculiarità del processo d'impugnazione, circoscritto alle questioni specificamente riproposte e non compatibili con l'inserimento a posteriori di problematiche ulteriori (ancorché incluse nel dibattito del precedente grado).
Cass. civ. n. 11404/2000
Il fenomeno della litispendenza e l'operatività del principio della prevenzione, di cui all'art. 39 c.p.c., sono configurabili con riferimento a procedimenti pendenti dinanzi ai giudici parimenti muniti di competenza e non anche, pertanto, in ipotesi di contemporanea pendenza della medesima causa davanti all'autorità giudiziaria e ad un collegio arbitrale. Tale vicenda, infatti, investendo sfere di competenza a carattere esclusivo e inderogabile, va risolta con l'affermazione o negazione della competenza del giudice adito, in relazione all'esistenza, al contenuto e ai limiti di validità del compromesso o della clausola compromissoria.
Cass. civ. n. 8214/2000
Non sussiste litispendenza comportante la necessità di riunione dei giudizi pendenti davanti a giudici diversi a norma dell'art. 39 c.p.c. tra il giudizio di opposizione a pignoramento e quello di opposizione a precetto pendente in fase di appello, proposto nei confronti dello stesso creditore ed in relazione allo stesso credito, per contestare l'esistenza del titolo esecutivo, qualora nella prima causa sia stata proposta dal debitore domanda di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. in relazione all'esecuzione intrapresa, presentando detta controversia un quid pluris ulteriore sufficiente a rendere detta causa obiettivamente diversa dall'altra.
Cass. civ. n. 7360/2000
In caso di stessa domanda proposta dinanzi a giudici diversi, per dichiarare la litispendenza, ai sensi dell'art. 39 primo comma c.p.c., non occorre accertare la competenza del giudice preventivamente adito, ma soltanto la prevenzione, e a questo fine, se in uno dei due giudizi la medesima domanda è introdotta in via riconvenzionale dal convenuto costituitosi ai sensi dell'art. 166 c.p.c., rileva la data del deposito in cancelleria della comparsa di risposta.
Cass. civ. n. 10153/1999
Il giudice chiamato a pronunciare su questioni di competenza per connessione, continenza di cause o litispendenza deve avere riguardo alla situazione processuale del momento in cui decide, tenendo conto delle circostanze sopravvenute implicanti la cessazione della connessione, della continenza o della litispendenza e, come tali, preclusive dell'applicazione delle relative norme, intese, nelle ipotesi degli artt. 39 e 40 c.p.c., alla determinazione del giudice competente.
Cass. civ. n. 5849/1999
Anche quando trattisi di domande contrapposte che si ricollegano ad un medesimo rapporto giuridico, la continenza non sussiste quando nel giudizio avente un più ampio oggetto non sia esplicitamente od implicitamente contestata la pretesa fatta valere nell'altro giudizio, come nel caso in cui il debitore ingiunto, riconoscendo il debito di cui gli è stato ingiunto il pagamento, ne chieda, nel giudizio di opposizione, soltanto la compensazione con il suo credito nascente dallo stesso rapporto da lui fatto valere nell'altro giudizio.
Cass. civ. n. 2077/1999
La continenza, agli effetti dell'art. 39 c.p.c., ricorre quando due cause pendenti contemporaneamente innanzi a giudici diversi abbiano identità di soggetti e di titoli con una diversità solo quantitativa di “petitum” ovvero quando una di esse investa un rapporto giuridico che non sia meramente pregiudiziale rispetto a quello dell'altra, contenendolo in senso logico e giuridico e, nello stesso tempo, condizionandolo nell'essere e negli effetti, come nel caso di parziale coincidenza delle causae petendi, nel senso che l'una comprenda in sé l'altra, o di controversie aventi ad oggetto domande contrapposte che si collegano ad un medesimo rapporto negoziale. (Nel caso di specie è stata ritenuta sussistente la continenza con riferimento a due cause, con indennità di soggetti, concernenti entrambe la risoluzione del medesimo rapporto e con diversità della causa petendi, nel senso che ciascuna parte addebitava all'altra contrapposti inadempimenti).
Cass. civ. n. 2064/1999
Il principio del “ne bis in idem”, posto dall'art. 39 c.p.c., che è norma di ordine pubblico processuale, determina l'improcedibilità del processo che nasca dalla indebita reiterazione di controversia già in corso, imponendo la cancellazione dal ruolo della causa che risulti posteriormente iscritta. La omessa cancellazione è emendabile anche in fase di impugnazione, inficiando radicalmente la sentenza, mentre non incide sulla validità della causa prioritariamente iscritta (e della decisione che l'abbia conclusa), in relazione alla quale non sussisteva obbligo di riunione con quella successiva, atteso il carattere solo formale ed apparente della duplicità di procedimenti.
Cass. civ. n. 568/1999
La litispendenza è data dalla contemporanea pendenza di due cause identiche, oltre che nelle parti, anche nel petitum e nella causa petendi, e non già solo nelle questioni di diritto che debbono essere risolte dal giudice per pervenire alla definizione della controversia. Ne consegue che l'esistenza di questioni in astratto identiche non dà luogo a litispendenza se vi sia una diversità in concreto dei suddetti elementi di identificazione dell'azione. (Nella specie, la S.C. ha negato la litispendenza tra due cause relative al pagamento, da parte dello stesso socio di una cooperativa agricola, delle quote di mutuo di ricapitalizzazione societaria relative ad annualità diverse).
Cass. civ. n. 398/1999
Il giudice successivamente adito, al fine di stabilire se sussista la litispendenza, deve fare riferimento alla situazione processuale esistente al momento della sua pronuncia e deve respingere la relativa eccezione ove a tale data il giudizio preventivamente instaurato non sia più pendente per intervenuta estinzione: questa si realizza tra l'altro qualora nel primo giudizio sia intervenuta rinuncia agli atti ritualmente accettata, posto che ai sensi dell'art. 306 c.p.c. l'effetto dell'estinzione non è subordinato ad una espressa declaratoria ma opera di diritto.
Cass. civ. n. 10330/1998
In tema di continenza di cause non occorre stabilire, per individuare il giudice competente, quale sia la causa contenente e quella contenuta, dovendosi avere riguardo soltanto al criterio della prevenzione, sempreché il giudice preventivamente adito sia competente anche per la causa successivamente proposta. Pertanto, il giudice davanti al quale sia stata proposta l'eccezione di continenza, qualora una delle due cause sia di opposizione a decreto ingiuntivo, deve porre a raffronto la data di notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo, atteso che questa determina la pendenza della lite, e la data di notificazione della citazione introduttiva dell'altra causa e poi verificare se il giudice preventivamente adito sia competente anche per la causa proposta successivamente, per materia o valore e territorio.
Cass. civ. n. 10008/1998
Il rapporto processuale si instaura con una valida notifica e pertanto, nel caso sia rinnovata, gli effetti processuali non retroagiscono alla prima notifica, sì che, per stabilire qual è il giudice preventivamente adito ai fini dell'art. 39 c.p.c., occorre aver riguardo alla data della notifica rinnovata, non rilevando l'utilizzabilità dell'iscrizione a ruolo avvenuta con la prima notifica.
Cass. civ. n. 11867/1997
La disciplina dettata in tema di continenza dall'art. 39 c.p.c. non opera con riguardo a procedimenti pendenti in fase di gravame dinanzi a uffici giudiziari diversi, sia per il carattere funzionale della competenza del giudice di secondo grado, da individuarsi inderogabilmente in base al criterio fissato dall'art. 341 c.p.c., sia per le peculiarità del processo di impugnazione, circoscritto alle questioni specificamente riproposte e non compatibile con l'inserimento a posteriori di problematiche ulteriori. La disciplina di cui all'art. 39 citato non opera a maggior ragione nei confronti del giudice di rinvio, posto che tale applicazione comporterebbe una inammissibile riforma della decisione della Corte di cassazione non consentita non solo al giudice di rinvio designato (che non potrebbe spogliarsi del processo neppure in relazione alla sopravvenienza di norme che modificassero i criteri di competenza), ma neppure alla stessa Corte ulteriormente adita (che potrebbe intervenire sulla propria decisione solo con ordinanza di correzione di errore materiale).
Cass. civ. n. 10083/1997
La sentenza dichiarativa della litispendenza, ai sensi dell'art. 39 primo comma c.p.c. è impugnabile con il ricorso per regolamento di competenza solo al fine di contestare il presupposto di detta litispendenza, cioè l'anteriore proposizione in altra sede della stessa domanda fra le stesse parti, non anche con riguardo alla competenza su tale domanda, trattandosi di questione devoluta al giudice della controversia in precedenza instaurata e non influente sull'indicata declaratoria.
Cass. civ. n. 7883/1997
Sussiste un rapporto di continenza fra la causa promossa dal preponente nei confronti dell'agente per far accertare la legittimità del proprio recesso e l'assenza dell'obbligo di corresponsione dell'indennità, e quella proposta dal secondo nei confronti del primo per la declaratoria della nullità, o comunque della illegittimità, del recesso e per il risarcimento del danno, sicché per individuare il giudice competente deve farsi riferimento al criterio della prevenzione di cui all'art. 39 secondo comma c.p.c. A tal fine, in ipotesi di domanda proposta dal preponente al pretore — giudice del lavoro, dichiaratosi incompetente per materia con statuizione non impugnata e seguita da riassunzione innanzi al tribunale, deve tenersi conto della data di pendenza del procedimento dinanzi al giudice specializzato, del quale quello riassunto costituisce la continuazione, non assumendo rilievo per contro una precedente domanda cautelare proposta dall'agente al pretore — giudice del lavoro, ex art. 413 terzo comma c.p.c., e mirante ad ottenere la sospensione dell'efficacia del recesso, quando il relativo procedimento si sia concluso, anche in sede di reclamo ex art. 669 terdecies, con una declaratoria di incompetenza o con un diniego nel merito, attesa l'autonomia del giudizio cautelare esauritosi nei modi sopraindicati rispetto al giudice di merito successivamente introdotto dallo stesso agente per la declaratoria di nullità o illegittimità del recesso e per il risarcimento del danno. Ne deriva che il tribunale dinnanzi al quale il giudizio instaurato dal preponente è stato riassunto, in quanto giudice preventivamente adito e incontestabilmente competente per tale giudizio a seguito della suddetta riassunzione, è competente altresì per il secondo giudizio a norma del menzionato art. 39 c.p.c. qualora (come nella specie) la qualità di agente con l'esercizio della relativa attività sia assunta da una società anziché da una persona fisica, (salvo che l'interessato dimostri il carattere artificioso della forma societaria).
Cass. civ. n. 2922/1997
In ipotesi di spostamento di competenza per continenza di causa (come pure per litispendenza) occorre far riferimento al criterio della prevenzione (determinata, nell'ipotesi di domanda proposta con la comparsa di risposta, nel momento in cui questa è portata a conoscenza della controparte, mediante deposito in cancelleria dell'atto che la contiene) mentre è irrilevante la competenza effettiva del giudice successivamente adito.
Cass. civ. n. 2268/1997
Il giudice che ravvisa la continenza tra una causa propostagli ed altra precedentemente instaurata dinanzi ad un giudice diverso (art. 39 secondo comma c.p.c.), deve verificare se sussiste la competenza di quest'ultimo limitatamente alla causa da rimettergli (come si desume dall'espresso ed esclusivo riferimento alla competenza «per la causa proposta successivamente») e non se detto primo giudice è competente - nella specie per territorio, su relativa eccezione - anche per la causa su cui è stato preventivamente adito, perché solo la Corte di cassazione può sindacare la competenza di un altro giudice per la causa pendente dinanzi al medesimo.
Cass. civ. n. 671/1997
La continenza disciplinata dall'art. 39 c.p.c. presuppone la pendenza di due cause, di cui una continente, davanti a giudici diversi, per cui essa si pone come uno dei criteri di spostamento della competenza di una delle due cause. Quando, invece, le due cause già pendano davanti allo stesso giudice, il problema non si pone più in termini di spostamento della competenza, ma in termini di riunione ai sensi degli artt. 273 e 274 c.p.c. (a seconda che si individui l'identità, sia pur parziale, di cause o la connessione), per cui l'eventuale provvedimento del giudice, che pur può essere assunto d'ufficio, ha carattere ordinatorio ed è insuscettibile di gravame in sede di legittimità; identicamente la mancata assunzione del provvedimento non incide sulla validità degli atti e della decisione, per cui anche in tal caso la situazione non può essere proposta a doglianza in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 9839/1996
L'eccezione di litispendenza è ammissibile per la prima volta in sede di legittimità, ma va esaminata e decisa in base agli elementi di prova già acquisiti nel giudizio di merito, non essendo consentita nel giudizio di Cassazione la produzione di nuovi documenti al di fuori delle ipotesi di cui all'art. 372 c.p.c.
Cass. civ. n. 3851/1996
Non sussiste litispendenza tra un procedimento per convalida di licenza (o di sfratto) per finita locazione e un procedimento ordinario avente ad oggetto l'accertamento della data di cessazione della locazione, atteso che i due procedimenti, pur avendo in comune la stessa causa di merito, sono differenziati dalla possibilità, nel procedimento speciale, che l'azione si esaurisca con la convalida o che pur espandendosi, a seguito dell'opposizione dell'intimato, nell'ordinario giudizio di cognizione avente ad oggetto il merito della pretesa, approdi al risultato dell'ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto, così realizzandosi effetti di cui l'azione non è suscettibile nel procedimento ordinario e riservati dalla legge espressamente alla competenza funzionale del giudice adito in sede di convalida.
Cass. civ. n. 2709/1996
La continenza di cause ricorre anche nell'ipotesi di controversie instaurate con domande contrapposte, relative al medesimo rapporto negoziale, come nel caso in cui le parti del contratto di appalto agiscano in distinti giudizi davanti a giudici diversi, rispettivamente, l'appaltatore per il pagamento del corrispettivo ed il committente per il compimento dell'opera e per la risoluzione del medesimo contratto per inadempimento della controparte e la condanna della stessa al risarcimento del danno, per modo che la decisione sulla domanda di risoluzione costituisce presupposto necessario della pronuncia sull'obbligo di pagare il corrispettivo.
Cass. civ. n. 282/1996
A norma dell'art. 39, comma 1, c.p.c., ricorre la litispendenza quando fra due (o più) giudizi sussista identità oltre che dei soggetti, anche del petitum (inteso come bene della vita del quale si chieda la tutela) e della causa petendi (intesa come fatto costitutivo della domanda), a nulla rilevando, nella ricorrenza (dell'identità) dei due elementi oggettivi, che un soggetto assuma formalmente in un giudizio la qualità di attore e nell'altro (o negli altri giudizi) la qualità di convenuto. (Principio affermato con riguardo a giudizi relativi a licenziamento, del quale la datrice di lavoro aveva chiesto accertarsi la legittimità e il lavoratore accertarsi, invece, l'illegittimità — con tutte le conseguenze di ordine patrimoniale — sia in via riconvenzionale sia con successivo ricorso nei confronti della stessa datrice di lavoro).
Cass. civ. n. 12694/1995
Il giudice successivamente adito, al fine di stabilire la litispendenza ai sensi dell'art. 39 c.p.c., deve fare riferimento alla situazione processuale esistente al momento della sua pronuncia, e, quindi, deve escludere la litispendenza ove a tale data l'antecedente giudizio non sia più pendente per intervenuta estinzione; la quale può essere accertata incidenter tantum dallo stesso giudice, tenendo conto, ove si configuri ipotesi di estinzione derivante da rinuncia agli atti del giudizio, che l'efficacia della rinuncia non è condizionata all'accettazione della parte non ancora costituita.
Cass. civ. n. 11023/1994
Sussiste rapporto di continenza tra la domanda di condanna al pagamento di un debito e quella di accertamento negativo del medesimo debito avendo le due liti ad oggetto domande contrapposte scaturenti dal medesimo titolo negoziale. Pertanto, ove le due domande vengano proposte davanti a giudici diversi, entrambi astrattamente competenti per valore e per territorio, il giudice successivamente adito deve, a norma dell'art. 39, comma 2, c.p.c. dichiarare la continenza fissando un termine per la riassunzione davanti al primo giudice, a nulla rilevando la partecipazione alla causa proposta per prima di un soggetto non partecipe della causa successivamente proposta, essendo insuscettibile la declaratoria di continenza di pregiudicare tale rapporto.
Cass. civ. n. 9645/1994
La litispendenza tra due cause fra le stesse parti - da valutarsi con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della decisione - non può essere dichiarata quando le due cause pendono in gradi diversi, ricorrendo in tal caso l'ipotesi di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c.
Cass. civ. n. 9409/1994
Ai fini della dichiarazione di litispendenza - che, essendo rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, può essere emessa direttamente dalla Corte di cassazione con annullamento, senza rinvio, della statuizione resa sul punto dalla sentenza impugnata - occorre fare esclusivo riferimento al criterio della «prevenzione», senza che possa assumere rilevanza qualsiasi indagine sull'effettiva competenza del giudice preventivamente adito a conoscere della controversia e senza che alla suddetta declaratoria sia di ostacolo la circostanza che titolare di tale competenza sia il giudice successivamente adito (fattispecie relativa a causa «derivante dal fallimento», rispetto alla quale il giudice preventivamente adito non era il tribunale fallimentare).
Cass. civ. n. 8685/1994
Ove sussista continenza di cause - la quale, diversamente dalla litispendenza, che ricorre quando fra due o più cause pendenti davanti a giudici diversi vi sia assoluta identità fra gli elementi che valgono ad identificare le azioni (soggetti, causa petendi e petitum), presuppone che fra le cause vi sia identità dei soggetti e del titolo con una diversità quantitativa del petitum - ai sensi dell'art. 39, comma 2, c.p.c., la competenza del giudice preventivamente adito è esclusa quando la causa proposta davanti al secondo giudice appartenga alla competenza per materia o per valore di quest'ultimo, atteso che in tal caso non può applicarsi il criterio della prevenzione.
Cass. civ. n. 7591/1994
La continenza di cause opera lo spostamento della competenza per territorio sulla causa successiva in favore del giudice preventivamente adito indipendentemente dal positivo accertamento della competenza territoriale derogabile dello stesso nella causa che già pende dinnanzi a lui perché la verifica della competenza del primo giudice sulle due cause è richiesta dall'art. 39 c.p.c. solo in relazione ai criteri della competenza per valore, per materia e per territorio inderogabile.
Cass. civ. n. 2803/1994
Nella nozione di continenza di cause (in relazione alla quale il giudice successivamente adito deve verificare, ai sensi dell'art. 39, secondo comma, c.p.c., se la controversia propostagli rientri nella sua competenza o in quella del giudice adito per primo) rientra anche la situazione in cui le questioni dedotte nella causa anteriormente incardinata costituiscano un presupposto necessario per la definizione del giudizio successivo e tra le due cause sia ravvisabile un nesso di pregiudizialità logica; ciò che si verifica nel caso di domande contrapposte che si ricolleghino al medesimo rapporto negoziale (nella specie, rapporto di parasubordinazione in relazione al quale erano state proposte, dall'una e dall'altra parte, domande di risoluzione per inadempimento davanti, in ordine cronologico, al tribunale ed al pretore) ed il loro esito dipenda, sia pure in parte, dalla soluzione di una o più questioni comuni.
Cass. civ. n. 1963/1994
La continenza, come la litispendenza, presuppone la simultaneità dell'esercizio della funzione giurisdizionale da parte di giudici diversi in ordine allo stesso oggetto e fra le stesse parti, sicché non può essere configurata tra un procedimento concretamente in corso ed uno già concluso con provvedimento in relazione al quale risulti aperto il termine di impugnativa fino a quando questa non venga, nel fatto, prodotta, posto che, nell'ipotesi considerata, in tale secondo procedimento non vi è un giudice già investito della causa.
Cass. civ. n. 9659/1992
L'art. 39 c.p.c., disponendo la trattazione delle cause pendenti, ancorché identiche, davanti a giudici diversi, da parte del giudice preventivamente adito, che sia competente «anche» per la causa proposta successivamente, presuppone che lo stesso sia competente in primo luogo per la causa davanti a lui pendente, oltre che per quella promossa dopo, e demanda tale esame al giudice successivamente adito, che deve verificare la competenza di quello preventivamente adito su entrambe le cause. Pertanto, quando sia proposto regolamento di competenza contro la sentenza del giudice successivamente adito, il detto esame deve essere effettuato dalla Corte di cassazione, che deve determinare la competenza dell'uno o dell'altro giudice, senza che rilevi che il giudice preventivamente adito si sia già pronunciato con sentenza e questa non sia stata impugnata con regolamento di competenza.
Cass. civ. n. 7982/1992
Non è configurabile litispendenza tra il procedimento di esecuzione degli obblighi di fare di cui all'art. 612 c.p.c. e l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 stesso codice, ancorché con riguardo allo stesso titolo giudiziale di cui si è richiesta l'esecuzione.
Cass. civ. n. 4683/1992
Fra le due controversie inerenti allo stesso contratto, rispettivamente instaurate da una parte per ottenerne l'adempimento e dall'altra parte per ottenerne la risoluzione, non è ravvisabile un rapporto di continenza, ai sensi ed agli effetti dell'art. 39 c.p.c., in considerazione della diversità della causa petendi e del petitum delle relative domande (salva restando, al fine di evitare il pericolo di contraddittorietà dei giudicati, la sospensione della contesa la cui definizione dipenda dalla soluzione dell'altra).
Cass. civ. n. 3294/1992
Qualora, dopo il trasferimento dell'immobile locato, tanto l'alienante quanto l'acquirente agiscano autonomamente contro il conduttore per il rilascio del bene, si deve negare che i relativi procedimenti si pongano in rapporto di litispendenza, atteso che la diversità di soggetti non resta esclusa dalle regole dettate dall'art. 111 c.p.c., in tema di successione a titolo particolare nel diritto controverso, le quali operano solo rispetto all'ipotesi in cui la successione medesima intervenga posteriormente all'instaurazione del giudizio.
Cass. civ. n. 12035/1990
Non sussiste litispendenza nell'ipotesi che pendano davanti a giudici diversi un procedimento diretto alla restituzione di un immobile in quanto detenuto senza titolo ed altro procedimento per il recesso dal contratto di locazione, per necessità del locatore, dello stesso immobile, in quanto le due domande hanno diversa causa petendi.
Cass. civ. n. 8229/1990
L'eccezione di continenza non può trovare accoglimento quando la parte non produca in giudizio tutti gli atti necessari all'indispensabile esame comparativo delle domande proposte nei due giudizi pendenti, al fine di accertare, oltre che la stessa pendenza, la loro entità e parziale coincidenza per stabilire quale giudice sia stato per primo investito.
Cass. civ. n. 8026/1990
Fra la controversia promossa dal datore di lavoro per l'accertamento della legittimità del licenziamento del lavoratore e quella successivamente instaurata da quest'ultimo per la dichiarazione dell'illegittimità dello stesso licenziamento e la condanna del datore di lavoro alla reintegrazione ed al risarcimento dei danni sussiste un rapporto non di litispendenza ma di continenza, che, ai sensi dell'art. 39, secondo comma, c.p.c., deve essere dichiarata dal giudice successivamente adito ove le cause siano pendenti nello stesso grado di giudizio ed il giudice della prima causa sia competente anche per la seconda, potendosi far ricorso all'istituto della sospensione solo nell'ipotesi in cui una delle due cause sia già passata in decisione.
Cass. civ. n. 885/1990
Con riferimento a locazione di immobile destinato ad uso diverso da quello di abitazione, sussiste rapporto di continenza tra la causa di opposizione a precetto, proposta davanti al pretore, con la quale il conduttore si oppone al rilascio dell'immobile, intimato in virtù di un verbale di transazione e conciliazione, deducendo la mancata corresponsione dell'indennità di avviamento, in ragione della nullità della rinuncia ad essa, contenuta nella detta transazione, e la causa che, previamente promossa dallo stesso conduttore, davanti al tribunale, per la dichiarazione di vigenza del rapporto locativo relativo allo stesso immobile e, in subordine, della nullità del citato accordo transattivo, si connota per la maggiore ampiezza del petitum, non ricorrendo in ordine alla prima causa la competenza per materia del pretore, la quale è limitata alla determinazione dell'indennità di avviamento.
Cass. civ. n. 3910/1986
Non sussiste litispendenza tra la domanda di cessazione del contratto di locazione ad una determinata scadenza, la quale — superata la fase sommaria del procedimento per convalida — sia pendente davanti al competente giudice (nella specie, tribunale) ed un procedimento per convalida di sfratto che, pur riferito allo stesso immobile, sia intimata per una data diversa sulla base di un diverso contratto, avendo le due questioni petitum e causa petendi differenti.
Cass. civ. n. 6056/1985
L'identità delle cause pendenti va determinata — ai fini della dichiarazione di litispendenza ex art. 39, primo comma, c.p.c. — attraverso l'identità dei soggetti, del petitum e della causa petendi. Conseguentemente va esclusa la litispendenza come pure la continenza tra la controversia avente ad oggetto la determinazione dell'indennità di anzianità in base alle disposizioni contenute negli artt. 2120 e 2121 c.c. ed altra controversia, tra le stesse parti, avente ad oggetto il rimborso dei contributi previdenziali ed assicurativi sulla base di una specifica previsione di un accordo integrativo aziendale, trattandosi di controversie con petitum attinenti ad istituti di diversa funzione e struttura.
Cass. civ. n. 4680/1985
La litispendenza presuppone l'identità di persone, petitum e causa petendi e, pertanto, è insussistente sia nel caso di due domande di risoluzione dello stesso contratto di locazione fondate sull'omesso pagamento del canone per mensilità differenti sia nel caso in cui il rilascio dell'immobile per finita locazione sia stato dal locatore domandato per una certa data in una causa e per una data diversa in un successivo giudizio.
Cass. civ. n. 5510/1984
Perché la litispendenza dia luogo ad una questione di competenza, non basta che siano pendenti più processi tra le medesime parti e col medesimo oggetto, ma occorre anche che i processi siano stati instaurati davanti ad organi giurisdizionali diversi e non davanti a giudici del medesimo ufficio giudiziario, in quanto in tal caso può farsi solo questione di riunione a norma degli artt. 273 e 274 c.p.c.
Cass. civ. n. 1935/1984
La contemporanea pendenza presso il medesimo ufficio giudiziario di due distinte cause intese ad ottenere entrambe il rilascio dell'immobile locato, ma l'una per scadenza del termine contrattuale e l'altra per necessità del locatore, non comporta, attesa la diversità di causa petendi, una situazione di litispendenza, ma, vertendo le cause fra le medesime parti, costituisce il presupposto per l'adozione del provvedimento di riunione ex art. 273 c.p.c., la cui pronuncia costituisce espressione dell'incensurabile potere ordinatorio del giudice.
Cass. civ. n. 5243/1983
Sussiste rapporto di continenza fra la domanda di risarcimento del danno per inadempimento del venditore, e la domanda da quest'ultimo proposta e tendente ad ottenere il pagamento del residuo prezzo, della stessa compravendita, dal momento che la questione comune in entrambe le controversie è quella diretta a stabilire chi dei contraenti, nell'ambito dell'unico rapporto controverso, è creditore dell'altro e senza che possa ravvisarsi nella specie una compensazione in senso tecnico che presuppone opposti crediti derivanti da fonti diverse.
Cass. civ. n. 4371/1983
La litispendenza presuppone che tra i vari giudizi esista identità, oltre che di personae e di petitum, anche di causa petendi e, pertanto, non è configurabile allorché, attraverso i giudizi originati dalle successive intimazioni di sfratto, siano dedotte, a suffragio della chiesta risoluzione del contratto di locazione e del sollecitato pagamento dei canoni scaduti, inadempienze diverse del conduttore, afferenti a periodi locatizi distinti, anche se incidenti sull'economia del medesimo rapporto. In tal caso, risultando evidenti la diversità della causa petendi, per quanto riguarda la domanda di risoluzione, e la diversità del petitum e della causa petendi, per quanto riguarda la domanda di pagamento, si determina una pluralità di procedimenti relativi a cause connesse, che consente soltanto, in quanto possibile ai sensi dell'art. 274 c.p.c., la loro riunione ai fini della trattazione in simultaneus processu.
Cass. civ. n. 5243/1981
La litispendenza, ai sensi ed agli effetti dell'art. 39 c.p.c., si riferisce alla proposizione della stessa causa davanti a giudici diversi nell'ambito della giurisdizione ordinaria, e, pertanto, non può valere ad introdurre deroghe ai criteri di riparto della giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo, ancorché aditi con la medesima domanda.
Cass. civ. n. 5187/1981
Nel caso di contemporanea pendenza davanti a giudici diversi di due controversie promosse dallo stesso soggetto al fine del riconoscimento della pensione di invalidità ex artt. 9 e 10 del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, si configura, per l'identità degli elementi dei rispettivi rapporti processuali, la situazione di litispendenza (ravvisabile anche quando il giudizio iniziato per primo abbraccia un periodo pensionistico più ampio del secondo, data l'unica obiettività del bene richiesto caratterizzante entrambi i petitum), che è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo e, quindi, pure in sede di legittimità, sicché, ove il giudice del merito successivamente adito non si sia pronunziato sul punto, alla relativa declaratoria, ai sensi dell'art. 39 c.p.c., deve provvedere la Suprema Corte, disponendo altresì — in luogo della cancellazione della causa dal ruolo prescritta dall'art. 39 citato, provvedimento tipico dei giudizi di merito postulante un'anteriore iscrizione a ruolo — la cassazione senza rinvio, a norma dell'art. 382, secondo comma, c.p.c., della sentenza emessa da tale giudice, la cui omissione in ordine all'indicata declaratoria si risolve in un'ipotesi di impromovibilità o, comunque, di improseguibilità della causa per ragioni di ordine pubblico processuale (ne bis in idem).
Cass. civ. n. 6032/1980
... ed è irrilevante ai predetti fini l'infondatezza della declaratoria di litispendenza per difetto dei presupposti di legge. Attesa la natura di mezzo di impugnazione propria del regolamento di competenza su istanza di parte, la mancata tempestiva notificazione del relativo ricorso ad alcuna delle parti, nell'ipotesi di cause inscindibili o fra loro dipendenti, non comporta l'inammissibilità del ricorso, ma solo l'esigenza di integrazione del contraddittorio a norma dell'art. 331 c.p.c., con la conseguenza che di un tale provvedimento non vi è peraltro bisogno quando il ricorso, notificato tempestivamente ad alcune delle parti, lo sia stato seppure tardivamente anche alle altre parti in causa.