Art. 291 – Codice di procedura penale – Procedimento applicativo
1. Le misure sono disposte su richiesta del pubblico ministero, che presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda [273, 274], compresi i verbali di cui all'articolo 268, comma 2, limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti, e comunque conferiti nell'archivio di cui all'articolo 269, nonché tutti gli elementi a favore dell'imputato [358] e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate [121].
1-bis. [Nel corso delle indagini preliminari, il giudice può disporre misure meno gravi solo se il pubblico ministero non ha espressamente richiesto di provvedere esclusivamente in ordine alle misure indicate.]
1-ter. Quando è necessario, nella richiesta sono riprodotti soltanto i brani essenziali delle comunicazioni e conversazioni intercettate.
2. Se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa [21], il giudice, quando ne ricorrono le condizioni e sussiste l'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, dispone la misura richiesta con lo stesso provvedimento con il quale dichiara la propria incompetenza. Si applicano in tal caso le disposizioni dell'articolo 27.
2-bis. In caso di necessità o urgenza il pubblico ministero può chiedere al giudice, nell'interesse della persona offesa, le misure patrimoniali provvisorie di cui all'articolo 282 bis. Il provvedimento perde efficacia qualora la misura cautelare sia successivamente revocata.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 1027/2025
Ai fini della distribuzione della somma ricavata da una procedura espropriativa, se il credito garantito da ipoteca è ceduto in data anteriore alla trascrizione del pignoramento immobiliare, l'annotazione della vicenda traslativa, prescritta dall'art. 2843 c.c., è necessaria affinché il nuovo titolare del credito possa invocare la causa di prelazione, perché la predetta formalità ne integra un imprescindibile elemento costitutivo, che, a tutela degli altri creditori, dev'essere rilevabile a chi dà corso alla procedura o in essa interviene.
Cass. civ. n. 512/2025
In tema di revocazione di una sentenza della Corte di cassazione, l'erronea supposizione del mancato invio dell'avviso di avvenuta consegna del ricorso per cassazione al portiere dello stabile ha natura di errore revocatorio, ove risulti presente negli atti l'attestazione della spedizione di tale raccomandata, traducendosi nella falsa supposizione dell'inesistenza di un fatto incontrastabilmente esclusa dalla presenza negli atti processuali del relativo documento; tale errore, qualora la suddetta attestazione contenga la sola indicazione del numero della raccomandata e della data del suo invio e non anche del nome e dell'indirizzo del destinatario, è dotato del carattere della decisività, poiché la S.C., anziché dichiarare inammissibile il ricorso, avrebbe dovuto rilevare la nullità della notificazione e ordinarne la rinnovazione; la predetta nullità è tuttavia sanata dalla rituale notifica del ricorso per revocazione, contenente anche i motivi rilevanti ai fini della fase rescissoria, con conseguente potere della S.C. di procedere direttamente alla fase rescissoria.
Cass. civ. n. 300/2025
In tema di contenzioso tributario, l'appellante che ha notificato l'atto di appello a mezzo del servizio postale, o per il tramite di ufficiale giudiziario, ovvero direttamente dalla parte, ai sensi dell'art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel testo vigente ratione temporis, ha l'onere di produrre in giudizio prima della discussione e a pena di inammissibilità del gravame, l'avviso di ricevimento attestante l'avvenuta notifica all'appellato non costituito o, in alternativa, di chiedere la rimessione in termini (ex art. 184-bis, ora 153, comma 2, c.p.c.), dimostrando di essersi tempestivamente attivato per acquisirne il duplicato dall'amministrazione postale.
Cass. civ. n. 28059/2024
In tema di misure cautelari reali, il giudice che si dichiara territorialmente incompetente può contestualmente disporre il sequestro preventivo, ai sensi dell'art. 27 cod. proc. pen., senza essere tenuto a valutare la sussistenza del requisito dell'urgenza, a differenza di quanto previsto dall'art. 291, comma 2, cod. proc. pen. per le misure cautelari personali.
Cass. civ. n. 25584/2024
Nell'ipotesi di espropriazione forzata di un bene locato, il pagamento di canoni locativi eseguito dal locatario all'esecutato-locatore, nel corso del processo esecutivo ma prima della designazione del custode professionale o della conoscenza della surroga nella custodia, ha efficacia liberatoria nei confronti della procedura a condizione che sussistano i requisiti della fattispecie di cui all'art. 1189 c.c., ovvero che il conduttore provi, oltre alla sua buona fede, l'esecuzione del pagamento in favore del creditore apparente, il quale deve risultare da una prova documentale munita di data certa ex art. 2704 c.c., non potendosi attribuire valore confessorio, nei confronti del custode giudiziario, a quietanze o dichiarazioni giudiziali rilasciate dall'esecutato.
Cass. civ. n. 25230/2024
Qualora sia intervenuta la dichiarazione di fallimento della parte, nelle more tra la pubblicazione della sentenza di primo grado e la proposizione dell'appello, la notifica dell'atto di appello, effettuata presso il procuratore domiciliatario del fallito in bonis anziché nei confronti del curatore del fallimento, non è inesistente ma nulla, essendo ravvisabile un collegamento tra la figura del curatore e la persona del fallito, e, di conseguenza, in caso di omessa costituzione del fallimento, deve disporsene la rinnovazione.
Cass. civ. n. 18539/2024
Nel giudizio di legittimità, il termine per il deposito previsto dall'art. 371 bis c.p.c. - pur riferendosi espressamente all'ipotesi in cui sia stata disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte pretermesso - è applicabile, per interpretazione estensiva, anche nel caso in cui è ordinata la rinnovazione della notifica del ricorso ai sensi dell'art. 291 c.p.c., con la conseguenza che il deposito tardivo dell'atto notificato determina l'improcedibilità del ricorso.
Cass. civ. n. 14705/2024
In tema di impugnazioni, ove il luogo di notificazione sia un indirizzo riconducibile al destinatario, la mancata consegna dell'atto, per irreperibilità dovuta al trasferimento all'estero, non concreta un'ipotesi di inesistenza, ma di nullità della notifica, trattandosi di difformità rispetto al modello legale e non già di carenza di requisito essenziale, con conseguente sanabilità, con efficacia ex tunc, per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione del destinatario, o della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c..
Cass. civ. n. 10686/2024
In caso di vendita forzata di un immobile che è oggetto di un provvedimento di assegnazione della casa familiare, il creditore che ha iscritto ipoteca anteriormente alla trascrizione dell'assegnazione può, ex art. 2812, comma 1, c.c., far vendere coattivamente il bene come libero; tuttavia, qualora ciò non accada e l'immobile sia posto in vendita gravato dal diritto di abitazione, tale diritto è opponibile all'aggiudicatario, poiché l'oggetto dell'acquisto e la sua esatta consistenza, nei limiti di quanto determinato dal provvedimento che ha disposto la vendita, sono univocamente percepibili dal pubblico dei potenziali offerenti.
Cass. civ. n. 9701/2024
Il delitto di cui all'art. 291-bis, comma 1, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, che sanziona chiunque introduce, vende, trasporta, acquista o detiene nel territorio dello Stato tabacco lavorato estero di contrabbando in quantità superiore a dieci chilogrammi convenzionali, recepisce la nozione di chilogrammo convenzionale contenuta nell'art. 39-quinquies d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, corrispondente a: a) duecento sigari; b) quattrocento sigaretti o c) mille sigarette.
Cass. civ. n. 7261/2024
L'ordinanza con la quale il giudice, sull'erroneo presupposto dell'esistenza di un vizio che importi la nullità della notificazione, disponga la rinnovazione della medesima è nulla in quanto lo scopo della valida instaurazione del contraddittorio è stato già raggiunto per la ritualità della notificazione precedente e la sua esecuzione non ha l'effetto di far decorrere ex novo i termini che le parti devono osservare, a pena di decadenza, per le attività processuali che hanno l'onere di compiere dal perfezionamento di una valida notifica.(Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione che, pur riconoscendo che la regolarità della prima notificazione dell'appello, eseguita presso la cancelleria quale domicilio eletto, aveva ritenuto comunque tempestivo l'appello incidentale proposto successivamente all'ordine di rinnovo della notificazione).
Cass. civ. n. 4902/2024
Nel rito del lavoro, la mancanza del ricorso in appello fra i documenti inviati a mezzo PEC alla parte appellata integra un'ipotesi di nullità sanabile, non già di inesistenza, della notificazione telematica, a condizione che il ricorso sia stato effettivamente depositato nella cancelleria e il messaggio pervenuto al destinatario consenta comunque di comprendere gli estremi essenziali dell'impugnazione (appellante, appellato, pronuncia impugnata).
Cass. civ. n. 3145/2024
Nel rito del lavoro, l'appello, pur tempestivamente proposto nel termine di legge, è improcedibile se è omessa la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza e non è consentita al giudice, in base ad una presunta "interpretazione costituzionalmente orientata", l'assegnazione all'appellante di un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica relativa ad un'altra udienza di discussione, né sull'inerzia della parte può influire, come possibile sanatoria, la precedente esecuzione di una regolare notificazione del provvedimento di fissazione dell'udienza per la decisione sulla richiesta di inibitoria ex art. 283 c.p.c., trattandosi di attività che ha esaurito la propria valenza propulsiva nell'ambito della fase cautelare.
Cass. civ. n. 340/2024
In base all'art. 3, comma 64, l. n. 662 del 1996 - che prevede che i Comuni possano cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie - non è configurabile un diritto potestativo del privato titolare del diritto di superficie, bensì un interesse legittimo, non autonomo né personale, ma accessorio al diritto di superficie stesso: ne consegue che, dopo la delibera della cessione in proprietà, legittimato a stipulare l'atto di trasferimento è il titolare del già concesso diritto di superficie, mentre, nei confronti del creditore che abbia pignorato il diritto di superficie sono inefficaci i successivi atti di trasferimento di tale diritto e della predetta legittimazione contrattuale, trasferitasi, per effetto del pignoramento, in capo ai potenziali aggiudicatari del bene.
Cass. civ. n. 51573/2023
È affetto da nullità assoluta a norma degli artt. 178, lett. b), e 179 cod. proc. pen. il provvedimento del giudice che, applicando la misura degli arresti domiciliari, impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono, in difetto di previa conforme richiesta del pubblico ministero. (Fattispecie in cui il pubblico ministero aveva formulato istanza di applicazione degli arresti domiciliari senza chiedere l'imposizione di ulteriori limiti o divieti).
Cass. civ. n. 30969/2023
Il giudice d'appello che dichiari la nullità della sentenza di primo grado per un motivo diverso da quelli tassativi di cui all'art. 354 c.p.c., non può rimettere la causa al primo giudice, ma deve deciderla nel merito; tuttavia, prima deve disporre la rinnovazione degli atti nulli e consentire alla parte che ne abbia fatto richiesta, di svolgere tutte le attività processuali (comprese quelle afferenti all'istruzione probatoria) che le siano state precluse per non essersi potuta costituire, a causa del vizio di nullità, nel processo di primo grado.
Cass. civ. n. 27254/2023
La parte contumace in primo grado non può eccepire in appello l'estinzione del processo nell'ipotesi in cui sia stata posta, nel grado in cui si è verificato l'evento interruttivo, nella condizione di formulare la relativa eccezione per esserle stato ritualmente notificato, in detto grado, l'atto di riassunzione del processo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inammissibile, per violazione dell'art. 345 c.p.c., l'eccezione di estinzione del processo sollevata, in grado d'appello, dalla parte rimasta contumace in primo grado, escludendo che quest'ultima potesse giovarsi degli effetti dell'eccezione ritualmente formulata, in primo grado, dalle altre parti).
Cass. civ. n. 15981/2023
La sostituzione esecutiva ai sensi dell'art. 511 c.p.c. realizza il subingresso di uno o più creditori del creditore dell'esecutato nella sua posizione processuale nel diritto al riparto della somma ricavata dall'esecuzione e non integra pertanto una forma di pignoramento del credito presso terzi, cosicché non trova applicazione la norma dell'art. 2914, n. 2, c.c., che opera solo nei confronti del creditore pignorante; ne consegue che, nell'ambito del processo esecutivo, la cessione del credito, effettuata dal creditore procedente (o intervenuto) con atto di data certa anteriore alla domanda di sostituzione di cui al citato art. 511, impedisce a quest'ultima di produrre i relativi effetti per il venir meno di quella posizione attiva nella quale il "creditor creditoris" intende subentrare, dal momento che tale cessione si perfeziona, nei rapporti fra cedente e cessionario, in virtù del solo consenso da essi espresso e che l'art. 1265 c.c. richiede la notifica della cessione o l'accettazione da parte del debitore esclusivamente per risolvere il conflitto tra più cessionari del medesimo credito.
Cass. civ. n. 15763/2023
In tema di procedimento di equa riparazione per durata irragionevole del processo, in caso di opposizione al decreto di rigetto ex art. 5-ter, l. n. 89 del 2001, il termine concesso all'opponente per notificare il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza non è perentorio, di talché, in caso di omessa o inesistente notifica, può concedersi un nuovo termine che, diversamente dal primo, ha natura perentoria e la cui violazione determina l'estinzione del processo ex art. 307, comma 3, c.p.c..
Cass. civ. n. 14372/2023
Alla contumacia del convenuto non può riconnettersi la mancata contestazione dei fatti allegati dall'attore, dal momento che la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, con conseguente ammissibilità della suddetta contestazione da parte del convenuto costituitosi in appello.
Cass. civ. n. 12745/2023
In tema di giudicato cautelare, la preclusione processuale conseguente alle pronunce emesse, all'esito del procedimento incidentale di impugnazione, dalla Corte di cassazione o dal Tribunale in sede di riesame o di appello è di portata più ridotta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, sia perché limitata allo stato degli atti, sia perché non copre le questioni deducibili, ma solo le questioni dedotte e decise, ancorché implicitamente, nel procedimento di impugnazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari personali.
Cass. civ. n. 9541/2023
In tema di notificazione, una volta disposta la rinnovazione e concesso un termine perentorio ai sensi dell'art. 291 c.p.c., è preclusa al giudice la possibilità di assegnazione di un secondo termine per la notifica, stante la perentorietà di quello già concesso, salvo che la parte abbia tempestivamente espletato l'adempimento posto a suo carico e l'esito negativo del procedimento notificatorio sia dipeso da causa alla medesima non imputabile. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della Corte territoriale che, dopo aver correttamente disposto la rinnovazione della notifica dell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo, stante il mancato perfezionamento del relativo procedimento, aveva reiterato tale ordine per ben due volte, nonostante il notificante non avesse dimostrato di essersi autonomamente attivato entro i termini di scadenza del primo termine assegnato).
Cass. civ. n. 8835/2023
L'art. 299 c.p.c. è applicabile anche nel giudizio di appello e, la morte della parte che si sia verificata dopo la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ma prima della scadenza del termine per la costituzione comporta l'automatica interruzione del processo, a prescindere sia dalla conoscenza che dell'evento abbiano avuto l'altra parte o il giudice, sia da qualsiasi attività diretta a determinarla, giacché l'effettiva conoscenza dell'evento interruttivo rileva ai soli fini della decorrenza del termine per la riassunzione. Ne consegue che, anche qualora l'evento interruttivo abbia colpito una parte avente la veste di litisconsorte necessario processuale, il giudizio deve essere riassunto o proseguito nel termine di cui all'art. 305 c.p.c. e non nelle forme di cui all'art. 331 c.p.c. - operante invece nei casi in cui, a fronte di una pluralità di eredi della parte deceduta, almeno uno di tali eredi si sia già costituito in giudizio - e che il vizio o la mancata tempestiva notificazione dell'atto di riassunzione, volta a garantire il corretto ripristino del contraddittorio, impongono al giudice di ordinarne la rinnovazione in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c. entro un termine perentorio, il cui mancato rispetto determina l'estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto degli artt. 291, ultimo comma, e 307, comma 3, c.p.c.
Cass. civ. n. 5813/2023
In tema di spese processuali, il criterio rivelatore della soccombenza risiede nell'aver dato causa al processo, sicché la stessa non è esclusa dalla circostanza che la parte, una volta convenuta in giudizio, sia rimasta contumace.
Cass. civ. n. 5644/2023
L'esclusione della gravità indiziaria in relazione ad un reato o ad una circostanza aggravante da cui discende la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale ex artt. 51, comma 3-bis, e 328, comma 1-bis, cod. proc. pen. non fa venir meno la competenza di tale giudice, in quanto, anche nel procedimento cautelare, la decisione sulla competenza va assunta in "limine litis", sulla base della mera descrizione del fatto, prima di ogni valutazione di merito sulla fondatezza dell'accusa come pure sulla gravità degli indizi. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudice deve declinare la propria competenza e limitarsi ad applicare la misura entro i limiti temporali fissati dall'art. 27 cod. proc. pen., nei casi di urgenza delle esigenze di cautela, qualora l'esclusione del reato o dell'aggravante dipenda dalla radicale assenza di elementi a supporto della loro astratta ricorrenza).
Cass. civ. n. 4021/2023
In tema di riesame, l'omessa consegna da parte del pubblico ministero dei "files" audio delle registrazioni di conversazioni intercettate, utilizzate per l'emissione dell'ordinanza cautelare, determina nullità nel caso in cui, pur in mancanza di formule sacramentali nella richiesta di accesso e di una sua esplicita finalizzazione alla proposizione del riesame, sussistano elementi, desumibili dal suo contenuto o dal comportamento del difensore, da cui desumere inequivocabilmente la riferibilità di detta richiesta al soddisfacimento di esigenze correlate allo stato custodiale dell'indagato.
Cass. civ. n. 1489/2023
In tema di procedimento esecutivo, difetta l'interesse (ex art. 100 c.p.c.) a promuovere l'espropriazione forzata soltanto qualora il credito, di natura esclusivamente patrimoniale, sia di entità economica minima alla stregua di un criterio meramente oggettivo riferito alla generalità dei consociati e non in base alle soggettive condizioni economiche delle parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto insussistente il diritto ad agire "in executivis" in relazione a due atti di precetto per la complessiva somma di circa 800 Euro, affermando che il dato economico va valutato espungendo apprezzamenti, di tipo soggettivo e necessariamente irrilevanti nel processo, relativi alla consistenza del patrimonio del debitore oppure alle condizioni economiche delle parti).
Cass. civ. n. 14980/2022
In tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, l'obbligo di autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il fondamento, di cui all'art. 292, comma 2, cod. proc. pen., sussiste anche nel caso in cui la richiesta del pubblico ministero, rigettata dal giudice per le indagini preliminari, sia stata accolta dal tribunale, a seguito dell'appello avverso l'iniziale provvedimento reiettivo. (Fattispecie di annullamento di ordinanza applicativa emessa dal Tribunale del riesame non contenente né la sommaria descrizione dei fatti, né l'indicazione delle norme violate ed inoltre priva di un'autonoma valutazione dei profili indiziario e cautelare rispetto alla richiesta del pubblico ministero).
Cass. pen. n. 29495/2018
In tema di misure cautelari, qualora il pubblico ministero, nelle more della decisione su una impugnazione incidentale "de libertate", intenda utilizzare, nei confronti dello stesso indagato e per lo stesso fatto, elementi probatori "nuovi", può scegliere se riversarli nel procedimento impugnatorio ovvero porli a fondamento di una nuova richiesta cautelare, ma, una volta effettuata in un senso la scelta, gli è precluso di coltivare l'altra. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto ammissibile l'appello cautelare proposto dal pubblico ministero, nel quale questi aveva prima prodotto elementi probatori nuovi che, successivamente, erano stati posti alla base di un'altra iniziativa cautelare, sfociata, tuttavia, in un provvedimento poi revocato dal giudice per le indagini preliminari in applicazione del principio affermato).
Cass. pen. n. 18802/2017
La mancata trasmissione al Tribunale del riesame dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche non inviati in precedenza al g.i.p. non determina la perdita di efficacia della misura, ma, eventualmente, solo l'inutilizzabilità degli esiti delle operazioni di captazione, qualora i decreti siano stati adottati fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni previste dagli artt. 267 e 268, commi primo e terzo, cod. proc. pen., e sempre che la difesa dell'indagato abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione, e la stessa o il giudice non siano stati in condizione di effettuare un efficace controllo di legittimità.
Cass. pen. n. 9892/2015
L'obbligo dell'autorità procedente di trasmettere al Tribunale del riesame, oltre agli atti di cui all'art. 291, comma primo, cod. proc. pen., anche tutti gli elementi sopravvenuti che possano essere favorevoli all'indagato, va circoscritto a quegli atti, documenti o risultanze che siano stati acquisiti per effetto dell'attività investigativa svolta dal pubblico ministero e di cui la difesa non abbia l'immediata disponibilità, restando esclusi i risultati favorevoli delle investigazioni difensive, i quali, essendo nella piena disponibilità del difensore, possono essere presentati dal medesimo direttamente al giudice, secondo l'espressa previsione dell'art. 391 octies cod. proc. pen.
Cass. pen. n. 43445/2013
In tema di misure cautelari, il P.M. non ha l'obbligo di mettere a disposizione, del G.i.p. prima e del Tribunale del riesame dopo, gli atti di indagine nella loro integralità e, pertanto, sono utilizzabili le dichiarazioni accusatorie rese da collaboratore di giustizia, di cui il P.M. abbia trasmesso non le relative fonoregistrazioni, ma i verbali riassuntivi, omissati per esigenze di tutela del segreto di indagine, purché gli stralci depositati siano rappresentativi degli elementi su cui si fonda la richiesta cautelare e sia così garantito il diritto di difesa e lo sviluppo del contraddittorio.
Cass. pen. n. 27352/2013
In tema di misure cautelari, il disposto di cui all'art. 291, comma secondo, c.p.p. - per il quale il giudice che riconosca la propria incompetenza può comunque disporre provvisoriamente, su richiesta del P.M., la cautela, ove ne sussistano i presupposti e sussista l'urgenza di soddisfare un'esigenza cautelare - trova applicazione con riguardo a qualsiasi dichiarazione di incompetenza, ivi compresa quella pronunciata in favore del tribunale per i minorenni. Ne deriva che il giudice ordinario, pur funzionalmente incompetente, può adottare nei confronti dell'indagato minorenne una misura cautelare, nei limiti dell'art. 27 c.p.p., a condizione che essa sia espressamente contemplata dal capo II del d.p.r. n. 448 del 1988. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con cui il Tribunale del riesame ha confermato - nei confronti dell'indagato minorenne, arrestato in flagranza del reato di cui all'art. 73 d.p.r. n. 309 del 1990 - la misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria non contemplata nel predetto capo II e, pertanto, vietata ex art. 19 dello stesso d.p.r. n. 448 del 1988).
Cass. pen. n. 18811/2013
In tema di misure cautelari, il pubblico ministero che, nelle more della decisione su una impugnazione incidentale "de libertate", utilizza nei confronti dello stesso indagato e per lo stesso fatto elementi probatori "nuovi", formulando una nuova richiesta cautelare opera una scelta automaticamente preclusiva della proseguibilità del procedimento incidentale senza che sia necessaria un'esplicita rinuncia. (Fattispecie in cui la Corte ha considerato meramente ricognitiva la rinuncia del P.M. all'appello e di conseguenza escluso essersi verificata alcuna preclusione processuale).
Cass. pen. n. 7931/2011
In tema di misure cautelari, qualora il pubblico ministero, nelle more della decisione su una impugnazione incidentale "de libertate", intenda utilizzare, nei confronti dello stesso indagato e per lo stesso fatto, elementi probatori "nuovi" può scegliere se riversarli nel procedimento impugnatorio ovvero porli a fondamento di una nuova richiesta cautelare, ma, una volta effettuata, la scelta gli preclude di coltivare l'altra iniziativa cautelare.
Cass. pen. n. 8388/2009
L'ammissibilità della richiesta di applicazione di misure cautelari personali, presentata dal magistrato dell'ufficio del pubblico ministero, assegnatario del procedimento non implica l'assenso scritto del procuratore della Repubblica, previsto dall'art. 3, comma secondo, D.Lgs. n. 106 del 2006, che, pertanto, non è condizione di validità della conseguente ordinanza cautelare del giudice.
Cass. pen. n. 2242/2006
Spetta al giudice di legittimità che abbia rilevato d'ufficio e dichiarato l'incompetenza del giudice che ha adottato la misura cautelare valutare la sussistenza del presupposto dell'urgenza — che, ex art. 291, comma secondo, c.p.p., legittima il giudice richiesto della misura ad adottarla, ancorché incompetente — desumibile, in sede di legittimità, dalla motivazione del provvedimento impugnato, con la conseguenza che sussistendo un difetto di motivazione sul punto, il giudice dell'impugnazione con la declaratoria di incompetenza deve annullare l'ordinanza cautelare, essendo in tal caso inoperante l'art. 27 c.p.p. che statuisce la provvisoria efficacia del provvedimento cautelare, conseguente anche all'incompetenza dichiarata dal giudice dell'impugnazione, ma sempre subordinata al presupposto dell'urgenza.
Cass. pen. n. 8860/2003
In tema di sostituzione della misura cautelare in atto con altra meno grave, a seguito di istanza dell'indagato, per attenuazione delle esigenze cautelari o per maggiore proporzionalità della misura all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il parere del pubblico ministero, eventualmente favorevole all'accoglimento dell'istanza, non vincola il giudice, che resta libero di decidere anche in malam partem, indicandone le ragioni secondo gli ordinari criteri che presiedono all'obbligo della motivazione.
Cass. pen. n. 38112/2002
È ammissibile, in difetto di qualsivoglia esplicito divieto, la richiesta del pubblico ministero di nuova emissione di un'ordinanza applicativa di misura cautelare, subordinata all'eventualità che altra identica ordinanza, già emessa, possa essere annullata per vizi di forma all'esito del procedimento di riesame non ancora concluso potendosi tutt'al più verificare la possibilità che detta richiesta sia dichiarata inammissibile ove il paventato annullamento non abbia poi avuto luogo.
Cass. pen. n. 29807/2001
In tema di richiesta di applicazione di una misura cautelare personale, le memorie difensive nelle quali siano compendiati elementi a favore dell'indagato devono essere trasmesse dal P.M. al giudice per le indagini preliminari, solo se già depositate al momento della richiesta ex art. 291, comma 1, c.p.p.
Cass. pen. n. 28228/2001
In tema di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva, tra gli atti che devono essere trasmessi al tribunale entro il termine perentorio di cui all'art. 309 quinto comma c.p.p. non rientrano le memorie difensive, le quali non sono atti presentati a sostegno della richiesta della misura, né sono elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini, ma consistono in mere argomentazioni o prospettazioni che la difesa è libera di presentare in ogni tempo all'organo decidente. (Nella fattispecie, la memoria era stata presentata al Gip, ma non preventivamente depositata presso il P.M.).
Cass. pen. n. 11313/2001
In sede di richiesta, rivolta al giudice per le indagini preliminari, di applicazione di una misura cautelare, a sostegno della quale vengano indicati i risultati di intercettazioni di comunicazioni, il pubblico ministero non ha alcun obbligo di allegare anche i decreti con i quali è stata autorizzata l'effettuazione di dette operazioni, dal momento che, trattandosi di provvedimenti a suo tempo emessi dallo stesso giudice, questi non può avere ragione alcuna di dubitare della loro esistenza e legittimità.
Cass. pen. n. 5405/2001
Il pubblico ministero, allorché faccia richiesta di applicazione di una misura cautelare dei risultati di intercettazioni di comunicazioni, non ha alcun obbligo di presentare al giudice per le indagini preliminari i relativi decreti di autorizzazione, essendo stati questi omessi, a suo tempo, dal medesimo giudice, il quale, quindi, non può avere alcuna ragione di dubitare della loro esistenza e legittimità. La mancata trasmissione al tribunale del riesame dei decreti di autorizzazione all'effettuazione di intercettazioni di comunicazioni non determina per ciò solo una nullità, qualora dagli atti emergano elementi certi dai quali sia possibile desumere aliunde la sicura esistenza di detti decreti, di cui spetta al tribunale disporre, eventualmente, l'acquisizione, solo a fronte di tempestiva eccezione del difensore, onde consentire le necessarie verifiche. Ne consegue che l'utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni opera solo nel caso di cui il tribunale del riesame, in presenza di una specifica richiesta del difensore, non abbia provveduto alla suddetta acquisizione.
Cass. pen. n. 4150/2001
In tema di riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, compete al pubblico ministero la valutazione in ordine alla natura di dato favorevole all'indagato degli elementi eventualmente sopravvenuti che, ai sensi del quinto comma dell'art. 309 c.p.p., vanno trasmessi al tribunale del riesame (unitamente a quelli presentati al giudice a sostegno della richiesta di emissione di misura cautelare), rimanendo comunque all'interessato il potere di segnalare l'elemento a suo avviso pretermesso, per consentirne l'eventuale acquisizione.
Cass. pen. n. 2946/2001
In tema di riesame dei provvedimenti coercitivi, «gli elementi su cui la richiesta si fonda» (che, secondo la formulazione dell'art. 291 comma 1 c.p.p., devono essere posti alla base della richiesta del pubblico ministero ai fini della emissione della misura cautelare e che vanno, quindi, trasmessi al giudice del riesame) sono costituiti unicamente dagli atti di indagine, che essendo stati compiuti dall'organo dell'accusa, sono nella sua esclusiva disponibilità. Ne consegue che, per quanto riguarda gli atti relativi ad altri procedimenti, atti divenuti pubblici e che possono essere liberamente acquisiti dalle parti interessate, nessun obbligo di allegazione incombe sul pubblico ministero, anche se essi furono a suo tempo trasmessi al Gip, cui fu indirizzata la richiesta di misura cautelare, perché tanto la parte privata, quanto l'organo del riesame possono procurarsene la disponibilità.
Cass. pen. n. 5235/2000
Qualora il pubblico ministero intenda porre a fondamento di una richiesta di misura cautelare i risultati di intercettazioni di comunicazioni, deve allegare alla detta richiesta, a pena di inutilizzabilità ex art. 271 c.p.p., i decreti autorizzativi ovvero - quando trattisi di intercettazioni disposte in via d'urgenza dallo stesso pubblico ministero - i provvedimenti di convalida adottati dal giudice, senza necessità, peraltro, in detta ultima ipotesi, che ad essi si accompagnino anche i decreti oggetto di detta convalida. Tali principi non soffrono eccezione quando si tratti di intercettazioni effettuate in altro procedimento, da utilizzare ai sensi dell'art. 270 c.p.p., atteso che il disposto di cui al comma 2 di tale articolo, in cui si prevede soltanto l'obbligo del deposito dei verbali e delle registrazioni, va coniugato con il generale divieto di utilizzazione previsto dal successivo art. 271. La mancata trasmissione al tribunale del riesame dei provvedimenti che autorizzano l'intercettazione di comunicazioni determina, per il combinato disposto dei commi 5 e 10 dell'art. 309 c.p.p., la perdita di efficacia della misura cautelare solo nel caso in cui detti provvedimenti abbiano fatto parte degli atti presentati dal pubblico ministero al giudice che ha disposto la detta misura.
Cass. pen. n. 3752/2000
Il termine di venti giorni entro il quale, ai sensi dell'art. 27 c.p.p., dev'essere emessa la nuova ordinanza cautelare in sostituzione di quella emessa dal giudice dichiaratosi incompetente decorre, in base al testuale tenore di detta norma, dal giorno in cui l'incompetenza è stata dichiarata e non da quello in cui gli atti sono pervenuti al pubblico ministero presso il giudice ritenuto competente. Quest'ultimo giudice, tuttavia, anche successivamente alla scadenza del termine summenzionato, può emettere nuova ed autonoma ordinanza cautelare, interpretando la richiesta di provvedimento ex art. 27 c.p.p. come domanda cautelare ex art. 291 stesso codice. In tal caso il nuovo provvedimento non solo deve contenere l'esposizione delle ragioni sulle quali si fonda (sia pure con riferimento alla precedente ordinanza, ove sia rimasta immutata la situazione valutata dal primo giudice), ma deve anche essere seguito dall'interrogatorio di garanzia di cui all'art. 294 c.p.p.
Cass. pen. n. 59/1999
Al tribunale del riesame devono essere trasmessi, a pena di perdita di efficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva, tutti gli atti presentati al giudice che ha disposto la misura coercitiva, ovvero tutti gli elementi su cui la richiesta si fonda, nonché tutti gli elementi a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni difensive già depositate. Pertanto il pubblico ministero deve comunicare al giudice tutte le fonti di prova su cui fonda la propria richiesta, ma non anche tutti gli atti o documenti da cui quel materiale probatorio risulta; conseguentemente sino a quando non risulti che il pubblico ministero non ha trasmesso al giudice cautelare specifiche fonti probatorie a favore dell'indagato, non può farsi luogo alla decadenza della misura cautelare in applicazione degli artt. 291, comma primo, e 309, commi quinto e decimo, c.p.p.
Cass. pen. n. 3409/1999
La richiesta del P.M. di emissione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere al Gip è atto che necessariamente deve essere trasmesso al giudice del riesame, essendo tale richiesta il presupposto della misura cautelare ex art. 291 c.p.p., in relazione alla quale la difesa è posta in grado di conoscere gli elementi su cui si fonda, nonché tutti gli elementi eventualmente a favore dell'imputato. Non adempie a tale obbligo il P.M. che trasmette la richiesta al tribunale della libertà solo a mezzo di supporto informatico, e cioè registrata su «dischetto» inserito nel fascicolo. Ciò in quanto tale modalità di trasmissione non è equiparabile all'atto trascritto, per le difficoltà oggettive di procedere alla trascrizione e per i tempi tecnici che essa comporta, a fronte dei termini strettissimi entro cui il giudizio davanti al tribunale del riesame deve svolgersi — sempre che il supporto tecnico sia valido e di facile lettura da parte degli strumenti informatici.
Cass. pen. n. 5548/1998
A differenza del decreto autorizzativo delle intercettazioni, il registro delle notizie di reato previsto dall'art. 335 c.p.p. non è collegato a un particolare atto di indagine come specifico presupposto di legalità dello stesso e non si può, quindi, in alcun modo far rientrare tra gli elementi che il P.M. deve presentare a fondamento della richiesta di applicazione della misura cautelare a norma dell'art. 291, comma primo, c.p.p. (Fattispecie relativa a istanza di riesame di ordinanza dispositiva della custodia cautelare in carcere, con cui l'indagato aveva lamentato la mancata trasmissione, da parte del P.M., di documentazione attestante la data di iscrizione del suo nome nel registro di cui all'art. 335 c.p.p.; la S.C. ha ritenuto infondata la sua doglianza, sul rilievo che il diritto di difesa, al fine della verifica del rispetto dei termini di durata massima delle indagini preliminari, ben si sarebbe potuto esercitare mediante la richiesta di un'attestazione della data della predetta iscrizione).
Cass. pen. n. 6963/1998
Stante l'autonomia esistente tra l'ordinanza applicativa di una misura cautelare emessa dal giudice dichiaratosi incompetente e quella, successiva, adottata nel termine di venti giorni dal giudice competente, deve ritenersi che l'interesse all'impugnazione del primo provvedimento (nella specie con la richiesta di riesame) persista nonostante l'emissione del secondo, e ciò anche sotto il profilo dell'utilità conseguibile con l'accertamento dei presupposti della riparazione per l'ingiusta detenzione.
Cass. pen. n. 5028/1998
In tema di misure cautelari, pur dopo le modifiche introdotte con la legge 8 agosto 1995, n. 332, l'espressione «elementi su cui la richiesta si fonda», adottata dall'art. 291, primo comma c.p.p., richiamato dall'art. 309, quinto comma, dello stesso codice, esclude che il pubblico ministero sia tenuto a porre a disposizione, prima del giudice per le indagini preliminari e poi del tribunale del riesame, tutti gli atti di indagine compiuto o, comunque, atti, quali le dichiarazioni accusatorie dei collaboranti nella loro integralità: il termine «elementi» comprende, infatti, non soltanto atti integrali, ma anche stralci di essi ed è perfettamente compatibile con l'oscuramento di parte dei veicoli con «omissis», al fine di garantire il segreto che permane in questa fase processuale, nella prospettiva di evitare la compromissione delle indagini; un sistema, quello ora ricordato, che non impedisce il contraddittorio, che comunque può concretamente svilupparsi sulla valutazione dell'entità e della rilevanza degli elementi indiziari posti a base dell'ordinanza impugnata.
Cass. pen. n. 4917/1998
Il pubblico ministero non ha obbligo di trasmettere al giudice, ai sensi dell'art. 291, comma 1, c.p.p., una memoria difensiva che sia stata presentata successivamente alla richiesta di applicazione della misura cautelare.
Cass. pen. n. 2047/1998
Anche se il quinto comma dell'art. 309, c.p.p. impone la trasmissione al tribunale del riesame degli atti presentati a norma del primo comma dell'art. 291 stesso codice, a pena della perdita di efficacia dell'ordinanza impositiva della misura coercitiva, la ratio della disposizione non attiene essenzialmente alla materialità dei documenti, quanto, piuttosto al loro contenuto; sicché, quando questi risulti integralmente inserito nell'ordinanza che ha disposto la misura cautelare personale, può ritenersi adempiuto l'obbligo di cui al citato art. 309, comma quinto, essendo posta la difesa in condizione di prendere completa cognizione degli atti posti a base della misura restrittiva e degli elementi favorevoli all'indagato.
Cass. pen. n. 551/1998
In tema di misure cautelari, pur dopo le modifiche introdotte con la legge 8 agosto 1995 n. 332, l'espressione usata dall'art. 291 c.p.p., richiamato dall'art. 309 quinto comma stesso codice, esclude che il P.M. abbia l'obbligo di porre a disposizione, prima del Gip e poi del tribunale del riesame, tutti gli atti d'indagine compiuti o, comunque, atti, quali le dichiarazioni accusatorie dei collaboranti, nella loro integralità: il termine «elementi» comprende non solo atti integrali, ma anche stralci di essi ed è perfettamente compatibile con l'oscuramento di parte dei verbali con omissis, al fine di garantire il segreto che permane in questa fase processuale, nella prospettiva di evitare la compromissione delle indagini in itinere. Questo sistema, che caratterizza la fase delle indagini preliminari, non impedisce il contraddittorio, che comunque può concretamente svilupparsi sulla valutazione dell'entità e della rilevanza degli elementi indiziari posti a base dell'ordinanza impugnata.
Cass. pen. n. 1083/1998
Il divieto per il giudice di applicare, nel corso delle indagini preliminari, una misura cautelare meno grave di quella indicata dal P.M., sussiste in presenza di una richiesta di provvedere soltanto sulla più grave misura proposta, la quale sia formulata in maniera assolutamente specifica, così da esprimere la volontà del richiedente di escludere la facoltà discrezionale del giudice di disporre una misura meno afflittiva. Perché ricorra questo presupposto, non basta che il P.M. non abbia richiesto in alternativa un'altra misura o che abbia indicato quella prospettata come l'unica idonea a garantire le individuate esigenze cautelari, circostanza che individua solo il motivo per cui tale organo si è determinato a chiedere una misura e non un'altra, ma non esprime la volontà di precludere la facoltà del giudice di valutare diversamente l'intensità concreta delle esigenze, nonché la proporzionalità e adeguatezza della misura indicata, applicandone, se del caso, una meno grave.
Cass. pen. n. 895/1998
La mancata trasmissione, da parte del pubblico ministero, in violazione del disposto di cui all'art. 291, comma 1, ultima parte, c.p.p., delle eventuali memorie difensive già depositate (anche se riferibili, come nella specie, a precedenti richieste di misure cautelari, successivamente divenute inefficaci e relative sempre agli stessi fatti), si traduce in una causa di nullità dell'ordinanza applicativa della misura, per violazione dell'art. 292, comma 2, lett. c bis) c.p.p., nella parte in cui esso impone al giudice l'esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa; nullità, quella anzidetta, da qualificare come «intermedia» e quindi destinata ad essere sanata se non rilevata o dedotta, nel caso in cui venga proposta richiesta di riesame, prima che su tale richiesta intervenga il provvedimento del tribunale.
Cass. pen. n. 51791/1998
Il principio della c.d. domanda cautelare, stabilito dall'art. 291, comma 1, c.p.p., è rispettato quando l'adozione della nuova misura, conseguita alla scarcerazione disposta per scadenza termini ex art. 307, comma 1, c.p.p., è intervenuta a seguito di richiesta del P.M. di proroga dei termini di durata della custodia cautelare. In tal caso, infatti, vi è, da parte del P.M., una iniziativa diretta ad ottenere, sub specie di proroga, l'applicazione della misura cautelare di massima afflittività; onde il Gip, chiamato e legittimato a provvedere a tale richiesta, ben può, accogliendola in termini ridotti, disporre l'applicazione di una misura cautelare meno gravosa.
Cass. pen. n. 24/1998
Il termine di cinque giorni entro il quale, a norma dell'art. 309, comma quinto, c.p.p., l'autorità giudiziaria procedente deve trasmettere gli atti di cui all'art. 291, comma primo, c.p.p. al tribunale del riesame decorre dal giorno in cui perviene a detta autorità l'avviso spedito a cura del presidente del tribunale e non già dal momento in cui è stata presentata la richiesta di riesame. Una diversa interpretazione non solo contrasta con la lettera della norma ma condurrebbe alla illogica conseguenza di far dipendere la perdita di efficacia della misura da un termine collegato a un fatto giuridico ignoto a chi è tenuto alla sua osservanza.
Cass. pen. n. 4305/1997
Così come nel richiedere al tribunale l'emissione di misura cautelare dopo la pronuncia della sentenza di condanna, il P.M. non ha l'obbligo di allegazione degli atti posti a base della richiesta, essendo acquisiti alla conoscenza del giudice, dell'imputato e dei difensori gli elementi dell'accusa venuti in rilievo nel dibattimento ed offerti in valutazione già con la sentenza di condanna, così l'obbligo di trasmissione al tribunale degli atti posti a base del provvedimento è adempiuto con l'invio della sentenza di condanna.
Cass. pen. n. 3242/1997
In tema di applicazione delle misure cautelari personali, qualora il pubblico ministero abbia investito della richiesta il giudice del dibattimento all'esito dell'istruttoria dibattimentale, non è applicabile il disposto dell'art. 291, comma primo, c.p.p., in base al quale il pubblico ministero deve presentare gli elementi su cui la richiesta si fonda, in quanto all'esito del dibattimento il giudice è ormai venuto a conoscenza di tutti gli elementi utili per la decisione. (Fattispecie in cui la misura era stata applicata dal giudice del dibattimento con ordinanza emessa dopo la sentenza di condanna).
Cass. pen. n. 5271/1997
È legittima la decisione sulla richiesta della pubblica accusa di adozione di una misura cautelare, specie se coercitiva, senza previo interpello della difesa, trattandosi di tipico provvedimento a sorpresa, la cui concreta efficacia rischierebbe di essere vanificata dalla previsione di un contraddittorio. (Fattispecie relativa alla richiesta di ripristino della custodia cautelare in carcere avanzata dal pubblico ministero in appello contestualmente alla conferma della condanna di primo grado all'ergastolo).
Cass. pen. n. 195/1997
L'ordinanza applicativa di misure cautelari prevista dall'art. 291, comma secondo, c.p.p. si connota, oltre che per le condizioni di particolare urgenza nel soddisfare le esigenze cautelari, per la contestuale declaratoria da parte del giudice della «propria incompetenza», con trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente. In mancanza di tale declaratoria l'ordinanza, in quanto emessa da giudice riconosciuto incompetente per territorio, va annullata con conseguente trasmissione degli atti — in applicazione analogica dell'art. 24 c.p.p. — al pubblico ministero presso il giudice competente.
Cass. pen. n. 5426/1996
Non sussiste alcun obbligo, a carico del pubblico ministero, di trasmettere al giudice per le indagini preliminari prima e al tribunale poi, in sede di riesame, i verbali contenenti le dichiarazioni accusatorie nella loro integrità. E invero, pur dopo le modifiche introdotte con la legge 8 agosto 1995, n. 332, spetta al P.M. la scelta degli atti (o di alcune parti di essi) da presentare al Gip ai sensi dell'art. 291 c.p.p. e la sanzione di nullità prevista dall'ultimo comma dell'art. 309 stesso codice riguarda l'omessa trasmissione di tali atti e non di quelli (o delle parti non trasmesse) che il P.M. abbia ritenuto di tenere «coperti» a fini di ulteriore indagini.
Cass. pen. n. 4698/1996
L'indicazione delle generalità complete dell'indagato nell'ordinanza di custodia cautelare è assolutamente indispensabile — sì che è sanzionata da nullità la sua mancanza — solo nel caso che l'ordinanza stessa sia emessa autonomamente ex art. 291 c.p.p., e non anche nel caso in cui sia emessa dopo la convalida dell'arresto in flagranza dell'inquisito ad opera della P.G., in un momento in cui la sua identificazione è stata già compiuta, in maniera esauriente e completa, senza alcuna possibilità di errore sulla sua identità. (Fattispecie in cui nell'ordinanza di custodia risultavano solo il nome e cognome degli indagati).
Cass. pen. n. 4360/1996
La richiesta di misura cautelare presentata dal P.M. al giudice procedente (nella specie corte di assise) a mezzo missiva, e non in pubblica udienza, è pienamente legittima, in quanto il vigente codice di rito non prevede, per tale incombenza, l'instaurazione di contraddittorio tra accusa e difesa e l'innovazione apportata all'art. 291 c.p.p. dall'art. 8, comma 1, della L. n. 332 del 1995 è riferita alla fase delle indagini preliminari, atteso che in quella dibattimentale la difesa presenta direttamente, e non tramite il P.M., al giudice ogni dichiarazione e memoria che ritiene idonea a sostegno della propria tesi.
Cass. pen. n. 1420/1996
In tema di impugnazione di provvedimenti dispositivi di misure cautelari, la cessazione dell'efficacia di queste ultime consegue alla mancata trasmissione da parte dell'Autorità procedente di tutti gli atti presentati a norma dell'art. 291, comma 1, c.p.p., nonché degli elementi sopravvenuti favorevoli all'indagato e delle eventuali deduzioni e memorie difensive, senza che sia consentito distinguere fra atti rilevanti e non. (Fattispecie relativa alla mancata trasmissione di un'annotazione di polizia contenente elementi a carico degli indagati).
Cass. pen. n. 5502/1996
L'art. 291, primo comma, c.p.p., nel testo modificato dalla legge 8 agosto 1995, n. 332, deve essere interpretato nel senso che fra gli atti che il pubblico ministero ha l'obbligo di presentare al giudice con la richiesta di emissione della misura cautelare sono compresi, in quanto potenziali «elementi a favore dell'imputato», le dichiarazioni dei collaboranti, nessuna esclusa, anche se non apparentemente «a favore» dell'imputato medesimo: spetta infatti a quest'ultimo stabilire quali siano gli elementi che debbono essere utilizzati per sostenere la sua innocenza, ben potendo una chiamata di correo risultare favorevole alla tesi difensiva (perché, ad esempio, in palese contrasto con le dichiarazioni di altro collaboratore di giustizia).
Cass. pen. n. 3/1996
L'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni ha rilievo anche nel procedimento cautelare, poiché la sanzione processuale colpisce i risultati viziati del mezzo di ricerca della prova in quanto tali, in qualunque sede si intenda impiegarli, donde la conseguenza che, in sede di richiesta della misura cautelare il pubblico ministero ha, verso il Gip, l'obbligo di allegare i decreti autorizzativi delle intercettazioni e, nel procedimento di riesame o di appello, il giudice a quo ha lo stesso obbligo verso il tribunale e, in caso di sua inosservanza, il Gip nel primo caso e il tribunale della libertà nel secondo devono disporne l'acquisizione. Ne deriva che, in caso di riesame, il termine perentorio di cui all'art. 309, comma nono, c.p.p., decorre dalla data di arrivo di tali decreti al tribunale. (Fattispecie relativa a procedimento di riesame di misura cautelare conclusosi prima dell'entrata in vigore dell'art. 16 della legge n. 332 del 1995 che ha trasformato in perentorio il termine ordinatorio dell'art. 309, comma quinto, c.p.p.; per essa, la S.C. ha ritenuto l'applicabilità, in forza del principio tempus regit actum, della disciplina anteriore a tale legge).
Cass. pen. n. 4038/1995
Il comma 1 dell'art. 291 c.p.p. espressamente prevede che le misure cautelari personali siano disposte dal giudice competente «su richiesta del P.M.» che presenta gli elementi su cui essa si fonda. Non occorre che detta richiesta e, corrispondentemente, la conseguente ordinanza impositiva del giudice siano, rispettivamente, formulata e recepita nel provvedimento con l'indicazione delle ipotesi di reato formalmente trasfuse in autonomi, specifici capi d'imputazione, potendo invece risultare una o più di esse (anche) dal contesto motivazionale. Quel che è indispensabile è che non solo le ipotesi di reato non esplicitamente formulate in capi di imputazione siano contenute nel contesto motivazionale del provvedimento, ma che queste risultino non inserite in maniera soltanto discorsiva, ovvero obiter tantum o comunque in un contesto non legato funzionalmente all'emissione dell'ordinanza applicativa della misura cautelare verso la quale la richiesta del P.M. è stata diretta. (Fattispecie relativa a richiesta formulata in relazione ai reati di omicidio e illegale detenzione di arma comune da sparo, ma non anche in relazione alla detenzione illegale di ordigni esplosivi, menzionata nella motivazione dell'ordinanza impositiva di custodia cautelare unicamente a fini di indicazione degli indizi di colpevolezza per il reato di omicidio. Con riferimento ad essa, la Suprema Corte ha ritenuto che i termini massimi di custodia cautelare - una volta intervenuta l'assoluzione dal delitto di omicidio — dovessero computarsi esclusivamente con riguardo alla residua imputazione di detenzione illegale di arma comune da sparo, e non anche in relazione all'ipotesi di detenzione illegale di ordigni esplosivi).
Cass. pen. n. 3475/1994
Attesa la regola di cui all'art. 291, comma 1, c.p.p. secondo cui le misure cautelari non possono essere disposte che su richiesta del P.M., deve ritenersi che, in caso di pluralità di ordinanze applicative di dette misure, al fine di verificare se sia stato o meno violato il divieto della cosiddetta «contestazione a catena» (in relazione al disposto di cui all'art. 297, comma 3, c.p.p.), la data in rapporto alla quale occorre stabilire se fossero stati acquisiti o no (tenuto conto anche del tempo necessario alla loro elaborazione), gli elementi posti a base dell'ordinanza successiva non è quella di emanazione dell'ordinanza precedente, ma quella in cui era stata avanzata dal P.M. la relativa richiesta.
Cass. pen. n. 2749/1993
L'eventuale scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari produce soltanto gli effetti previsti dall'art. 407 c.p.p. ma non preclude al giudice che procede (art. 279 c.p.p.), vale a dire al giudice che al momento della richiesta del P.M. ha la disponibilità degli atti, di provvedere all'applicazione di misure cautelari.
Cass. pen. n. 1599/1993
Nel vigente codice di procedura difetta l'espressa previsione di un termine entro il quale il giudice è tenuto a provvedere sulla richiesta di emissione di una misura cautelare avanzata dal pubblico ministero. Se si volesse, poi, fare richiamo alla disposizione di carattere generale di cui all'art. 121, secondo comma, c.p.p., secondo cui il giudice deve emettere il proprio provvedimento entro quindici giorni dalla richiesta, non essendo tale termine sanzionato da nullità, in quanto meramente ordinatorio, la relativa inosservanza sarebbe priva di conseguenze di carattere processuale.
Cass. pen. n. 470/1993
Ai fini della legittimità del provvedimento restrittivo della libertà personale, l'istanza — formulata dal pubblico ministero all'udienza di convalida del fermo — di mantenimento della custodia in carcere è da considerare un equivalente della richiesta del corrispondente provvedimento cautelare.
Cass. pen. n. 15/1993
Il termine di venti giorni, posto dall'art. 27 c.p.p., costituisce il limite temporale dell'efficacia della misura cautelare disposta dal giudice incompetente, ma il suo decorso non comporta alcuna preclusione all'esercizio del potere-dovere del giudice competente ad emettere successivamente il provvedimento applicativo di detta misura, ancorché sulla base degli stessi presupposti e delle stesse esigenze cautelari, ove sussistenti. (La Cassazione ha evidenziato che il provvedimento cautelare emesso dal giudice competente si caratterizza per la completa «autonomia» rispetto al precedente ad effetti interinali e, quindi, non può essere definito di «conferma» o di «reiterazione» di quello precedente, in quanto appunto emesso da altro giudice sulla base di un'autonoma valutazione delle stesse condizioni legittimanti, ancorché desunte dagli stessi fatti).
Cass. pen. n. 4033/1992
Il giudice, pur potendo disporre misure cautelari, ai sensi dell'art. 291 c.p.p., solo su richiesta del P.M., sulla base degli «elementi» da questi presentati, è tuttavia investito del potere-dovere di qualificare e inquadrare poi, autonomamente, i detti elementi (da intendersi essenzialmente nel senso di «elementi di fatto») collocandoli nell'ambito di quella o di quelle, tra le posizioni normative regolanti la materia, che meglio appaiono atte a giustificare l'adozione della misura richiesta; il provvedimento applicativo della misura stessa, infatti, è comunque proprio esclusivamente del giudice ed a questi spetta quindi motivarlo nel modo ritenuto più congruo, in relazione a tutti i requisiti di validità previsti dalla legge ivi compresi, quindi quelli attinenti la sussistenza delle esigenze cautelari. (Nella specie, in applicazione di tali principi la Corte ha ritenuto legittimo un provvedimento applicativo di custodia cautelare a fondamento del quale il giudice, pur in assenza di specifica prospettazione in tal senso da parte del P.M., aveva posto la ritenuta sussistenza di esigenze di prevenzione, ai sensi dell'art. 274, lett. c, c.p.p.).
Cass. pen. n. 2316/1992
La richiesta di applicazione delle misure cautelari è ammissibile anche dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari.
Cass. pen. n. 3025/1992
La nullità del provvedimento di autorizzazione della proroga del termine per la conclusione delle indagini preliminari determina la situazione di cui al terzo comma dell'art. 407 c.p.p. e cioè la inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine (non prorogato o invalidamente prorogato), ma non toglie al Gip la legittimazione in ordine all'emissione di provvedimenti cautelari (come degli altri provvedimenti di sua competenza), per la quale, peraltro, non potranno essere utilizzati i risultati degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine.