Art. 236 – Codice civile – Atto di nascita e possesso di stato
La filiazione [legittima] si prova con l'atto di nascita [452] iscritto nei registri dello stato civile [238, 451].
Basta, in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato [131] di figlio [legittimo].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 11604/2025
La prova della partecipazione, anche di fatto, di una società di capitali a una società di persone (cd. supersocietà di fatto) deve essere fornita attraverso la dimostrazione dei presupposti costituiti dall'esercizio in comune dell'attività economica, dall'esistenza di un fondo comune (da apporti o attivi patrimoniali) e dall'effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite e, dunque, da un agire nell'interesse, ancorché diversificato, dei soci. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto l'esistenza di una società di fatto tra due imprese, di cui una fallita, sulla base del vicendevole utilizzo del personale dipendente e della comunanza di intenti nella vendita ed assistenza post vendita di macchine edili-stradali, unitamente all'identità della compagine sociale e dell'amministratore unico).
Cass. civ. n. 10189/2025
In tema di consenso del paziente ad un intervento chirurgico, l'onere di informazione che grava sul medico e che va assolto nei confronti del paziente, pur rivestendo i caratteri della completezza e della specificità, non si estende sino agli estremi della rappresentazione di ogni possibile conseguenza, negativa o addirittura infausta, dell'intervento stesso, tanto sotto il profilo dell'estrema improbabilità di tali conseguenze, quanto sotto quello della non necessità di indicazioni strettamente scientifiche, tra le quali lo specifico "nomen morbi", già rappresentato nelle sue linee generali all'atto del consenso. (Nella fattispecie in esame, la S.C. ha rigettato il ricorso dei parenti di una paziente, deceduta per embolia adiposa, a seguito di un intervento di protesi d'anca, ritenendo sufficientemente indicativo dell'esaustività del consenso il modulo da lei sottoscritto, contenente un'indicazione generica di embolia come possibile rischio clinico, senza che fosse necessario illustrare le differenze medico-scientifiche tra le varie forme di embolia, non apparendo verosimile che, in presenza di tali, peraltro ultronee, specificazioni, la paziente avrebbe scelto di non operarsi a seguito di una frattura al femore).
Cass. civ. n. 9893/2025
L'art. 2362 c.c., nella formulazione in vigore fino al 31 dicembre 2003, anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 6 del 2003, laddove prevedeva che, "in caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui le azioni risultano essere appartenute ad una sola persona, questa risponde illimitatamente", è una norma eccezionale, che deroga al principio della responsabilità esclusiva dell'ente, e come tale non è suscettibile di applicazione analogica, dovendo pertanto escludersi che essa sia applicabile alle fondazioni per le quali non vi è un vincolo di plurisoggettività dei fondatori, potendo essere costituite anche da un solo fondatore, a differenza che per le società, per le quali, nella disciplina "ratione temporis" vigente, non vi era la possibilità di costituzione per atto unilaterale, essendo nulla la società costituita in mancanza originaria della pluralità dei soci.
Cass. civ. n. 2049/2025
In tema di appalti pubblici, nel vigore della disciplina prevista dal r.d. n. 350 del 1895, non è ammissibile da parte dell'appaltatore la revoca della rinuncia alla riserva, producendo la rinuncia irreversibilmente i propri effetti non appena viene comunicata alla stazione appaltante, con la duplice conseguenza della decadenza dell'appaltatore dal potere di impugnare i dati contabili dell'appalto pubblico e della definitività di tali dati.
Cass. civ. n. 25026/2024
In relazione all'obbligo di espletare la visura dei registri immobiliari in occasione di una compravendita immobiliare, il notaio non può invocare la limitazione di responsabilità prevista per il professionista dall'art. 2236 c.c. con riferimento al caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà (nella specie, costituita dalla non coincidenza tra le risultanze dei registri immobiliari, in cui la particella oggetto di vendita risultava libera, e quelle di un atto di pignoramento), in quanto tale inosservanza non è riconducibile ad un'ipotesi di imperizia, a cui si applica quella limitazione, bensì a negligenza o imprudenza e, cioè, alla violazione del dovere della diligenza professionale media esigibile ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve.
Cass. civ. n. 20613/2024
La disciplina sul compenso degli amministratori di cui agli artt. 2389, comma 1, e 2364, comma 1, n. 3, c.c., è dettata anche nell'interesse pubblico, al fine del regolare svolgimento dell'attività economica, e ha natura imperativa ai fini dell'art. 1418, comma 1, c.c., non potendo essere derogata attraverso la stipulazione di contratti di consulenza a titolo oneroso, aventi ad oggetto la prestazione intellettuale resa dagli amministratori in favore della società di capitali da loro amministrata, senza il rispetto delle prescritte formalità e la previa determinazione dell'assemblea dei soci.
Cass. civ. n. 14194/2024
In tema di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, l'accertamento del rapporto di filiazione derivante dalla discendenza da cittadino emigrato in Brasile è regolato, ai sensi degli artt. 33 e 35 della l. n. 218 del 1995, non dalla legge brasiliana, ma da quella italiana, connotata da un favor per il riconoscimento dello stato di figlio, che, in caso di interruzioni nella linea di discendenza per la mancanza dell'atto di nascita, può essere provato, ai sensi degli artt. 236 e 237 c.c., in base al possesso continuo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che, a fronte di un riconoscimento non seguito dalla registrazione della nascita, non aveva valutato, sebbene teoricamente idoneo a provare il possesso continuativo dello stato di figlio, quanto documentato dall'Ufficiale di stato civile brasiliano nell'atto di matrimonio circa la nascita del figlio e, successivamente, nel certificato di morte, ove era stato attestato che quest'ultimo era figlio legittimo).
Cass. civ. n. 3917/2024
La responsabilità risarcitoria del consulente tecnico d'ufficio per i danni arrecati alle parti, prevista dall'art. 64 c.p.c., è diretta ed esclusiva, non essendo ipotizzabile una concorrente responsabilità del Ministero della Giustizia, e non è limitata alla colpa grave, rispondendo il perito per i danni provocati alle parti da un suo comportamento doloso o colposo. (In applicazione del principio la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva affermato il difetto di legittimazione passiva, rispetto alla domanda risarcitoria delle parti civili, dei consulenti tecnici designati dal P.M. in sede di indagini preliminari, perché operanti esclusivamente quali ausiliari del giudice in funzione del superiore interesse della giustizia).
Cass. civ. n. 2109/2024
In tema di responsabilità professionale dell'avvocato, ai fini dell'accertamento di un danno risarcibile derivante dall'inadempimento dell'obbligo di informazione dell'esito sfavorevole del giudizio di primo grado, che ha determinato l'impossibilità di proseguire il giudizio in sede di impugnazione, deve essere effettuata una valutazione prognostica sull'esito che avrebbe potuto avere l'impugnazione preclusa dall'omessa informazione, da svolgersi sulla base della prevedibile strategia difensiva (anche alla luce delle eccezioni proposte e delle difese svolte nel primo grado di giudizio) e della possibilità di ottenere un risultato favorevole (anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia).
Cass. civ. n. 35518/2023
La rinuncia unilaterale al credito, da parte di un creditore di una procedura concorsuale, che pervenga all'organo gestore di quest'ultima, costituisce presupposto per l'emissione di nota di rettifica ai fini IVA, essendo ascrivibile ad un'ipotesi di mutamento degli elementi per determinare l'importo delle detrazioni, poiché preclude la rivalsa del cedente; pertanto, la nota deve essere registrata dal cessionario insolvente ai fini della rettifica della detrazione.
Cass. civ. n. 35489/2023
In materia di concordato preventivo, l'errore professionale addebitabile all'avvocato, che abbia determinato la definitiva perdita della possibilità per il cliente di regolare la crisi mediante lo strumento concordatario, rende del tutto inutile l'attività difensiva precedentemente svolta, sicché, dovendosi ritenere la prestazione professionale inadempiuta ed improduttiva di effetti favorevoli, non è dovuto alcun compenso, quand'anche l'adozione del mezzo difensivo rivelatosi pregiudizievole sia stata sollecitata dal cliente medesimo. (Fattispecie in tema di revoca dell'ammissione al concordato ex art. 173 l.fall.).
Cass. civ. n. 34412/2023
Nell'adempimento del proprio incarico professionale l'avvocato ha l'obbligo, ex art. 13, comma 5, della l. n. 247 del 2012, di informare il cliente, nel rispetto del principio di trasparenza, del livello di complessità dell'incarico - fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico - e di comunicare al cliente, in forma scritta, la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo tra oneri, spese forfettarie e compenso professionale; poiché tali obblighi attengono alla diligenza professionale ai sensi degli artt. 1176 e 2236 c.c., grava sul professionista il correlato onere probatorio.
Cass. civ. n. 21953/2023
L'avvocato, i cui obblighi professionali sono di mezzi e non di risultato, è tenuto ad operare con diligenza e perizia adeguate alla contingenza, così da assicurare che la scelta professionale cada sulla soluzione che meglio tuteli il cliente. Ne consegue che il professionista, ove una soluzione giuridica, pure opinabile ed eventualmente non condivisa e convintamente ritenuta ingiusta ed errata dal medesimo, sia stata tuttavia riaffermata dalla giurisprudenza consolidata, non è esentato dal tenerne conto per porre in essere una linea difensiva volta a scongiurare le conseguenze, sfavorevoli per il proprio assistito, derivanti dalla prevedibile applicazione dell'orientamento ermeneutico da cui pur dissente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello che aveva ravvisato la responsabilità professionale di un avvocato che, al fine di opporsi all'espropriazione per pubblica utilità di un fondo dei propri clienti, si era limitato ad impugnare le delibere comunali finalizzate all'avvio del procedimento di apposizione del vincolo preordinato all'esproprio, omettendo l'impugnazione del successivo atto di approvazione del progetto esecutivo dell'opera al quale invece, secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, doveva riconnettersi la concretizzazione dell'effetto lesivo per la parte privata).
Cass. civ. n. 20794/2023
Il notaio, incaricato da una banca di redigere una relazione finalizzata all'erogazione di un mutuo ipotecario, ha l'obbligo di individuare, nell'ambito dell'indagine in ordine alla libertà e disponibilità del bene dato in garanzia, l'esatta entità del diritto spettante al mutuatario sull'immobile. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in relazione ai danni occorsi alla banca mutuante per l'avvio di un'infruttuosa espropriazione forzata dell'immobile ipotecato, aveva ravvisato la responsabilità del notaio per avere erroneamente attestato, nella relazione preliminare al mutuo, l'esclusiva titolarità, in capo al mutuatario, del bene, poi rivelatosi, invece, in comproprietà con altri soggetti).
Cass. civ. n. 16330/2023
In tema di agevolazioni fiscali, il "discrimen" temporale per fruire del credito d'imposta correlato all'acquisizione di beni strumentali nuovi, destinati ad implementare strutture produttive già esistenti, previsto dall'art. 1, comma 273, lett. a) della l. n. 296 del 2006, deve essere individuato - come chiarito anche dalla Commissione Europea nella decisione del 25 gennaio 2008 (2008/380CE) - nella data dell'ordine del macchinario o dell'impianto, inteso quale momento in cui un progetto di investimento venga effettivamente ad attuazione, attraverso il compimento di un'operazione negoziale finalizzata all'acquisizione di un bene strumentale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della corte territoriale che, affermando la responsabilità professionale del consulente fiscale in relazione alla mancata fruizione dell'agevolazione d'imposta, aveva erroneamente affermato la spettanza del diritto del cliente facendo riferimento alla data di pagamento del prezzo del macchinario, invece che alla data dell'ordine).
Cass. civ. n. 15271/2023
Tra gli obblighi professionali dell'avvocato rientra quello di sollecitare il cliente a consegnargli la documentazione necessaria all'espletamento dell'incarico, il cui adempimento è onere dell'avvocato medesimo provare, onde non incorrere in responsabilità professionale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva negato la responsabilità di un avvocato per aver ritardato la proposizione di un ricorso ex art. 700 c.p.c. – con conseguente rigetto di quest'ultimo per carenza del presupposto del "periculum in mora" -, sul presupposto che il cliente non avesse dimostrato la tempestiva consegna al legale della documentazione necessaria per l'instaurazione del procedimento).
Cass. civ. n. 15035/2023
Il notaio incaricato della stipula di un atto avente ad oggetto diritti reali su beni immobili è tenuto a verificare l'eventuale sussistenza di usi civici mediante l'acquisizione del certificato di destinazione urbanistica del bene. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità del notaio rogante, tenuto conto che gli usi civici non risultavano dal certificato di destinazione urbanistica regolarmente acquisito, non potendo attribuirsi rilevanza alla circostanza che degli stessi si facesse menzione in una perizia redatta trentacinque anni prima della stipula, alla quale lo stesso Comune aveva dimostrato di non dare alcun credito, risolvendosi a dichiarare formalmente il vincolo solo a distanza di venticinque anni dalla conclusione del contratto).
Cass. civ. n. 14527/2023
Il professionista autore di un progetto edilizio per l'edificazione di una costruzione che si riveli in violazione delle distanze legali è responsabile dei danni conseguentemente patiti dai committenti, essendo questi ultimi eziologicamente correlati al suo inadempimento. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso, ai sensi dell'art. 2236 c.c., la responsabilità di un architetto per l'avvenuta progettazione di un edificio in violazione dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, sul presupposto che rientrasse nel sapere specialistico del professionista avvedersi del contrasto della normativa urbanistica locale – cui si era uniformato – con quella sovraordinata nazionale).
Cass. civ. n. 10233/2023
Ragioni - Differenza rispetto alla domanda su esecuzione o annullamento della delibera - Applicazione del principio della domanda - Necessità - Conseguenze – Obbligo, in entrambi i casi, di rispetto della decadenza - Sussistenza. In tema di società, il giudice, se investito dell'azione di nullità di una delibera assembleare, ha sempre il potere (e il dovere), in ragione della natura autodeterminata del diritto cui tale domanda accede, di rilevare e di dichiarare in via ufficiosa, e anche in appello, la nullità della stessa per un vizio diverso da quello denunciato; se, invece, la domanda ha per oggetto l'esecuzione o l'annullamento della delibera, la rilevabilità d'ufficio della nullità di quest'ultima da parte del giudice nel corso del processo e fino alla precisazione delle conclusioni dev'essere coordinata con il principio della domanda per cui il giudice, da una parte, può sempre rilevare la nullità della delibera, anche in appello, trattandosi di eccezione in senso lato, in funzione del rigetto della domanda ma, dall'altra parte, non può dichiarare la nullità della delibera impugnata ove manchi una domanda in tal senso ritualmente proposta, anche nel corso del giudizio che faccia seguito della rilevazione del giudice, dalla parte interessata; nell'uno e nell'altro caso, tuttavia, tale potere (e dovere) di rilevazione non può essere esercitato dal giudice oltre il termine di decadenza, la cui decorrenza è rilevabile d'ufficio e può essere impedita solo dalla formale rilevazione del vizio di nullità ad opera del giudice o della parte, pari a tre anni dall'iscrizione o dal deposito della delibera stessa nel registro delle imprese ovvero dalla sua trascrizione nel libro delle adunanze dell'assemblea.
Cass. civ. n. 9675/2023
La stipulazione di un contratto nullo per impossibilità dell'oggetto è suscettibile di determinare in capo al notaio rogante un obbligo di risarcimento del danno da omessa informazione commisurato al corrispettivo contrattuale versato dall'una all'altra parte contrattuale, non rilevando in senso contrario che dalla nullità derivi, per quest'ultima, il distinto obbligo di restituire l'indebito eventualmente ricevuto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di rigetto della domanda risarcitoria avanzata nei confronti di un notaio, che aveva omesso di informare la cessionaria di un credito IVA, della incedibilità del credito IVA portato dalla cedente in compensazione e non chiesto a rimborso).
Cass. civ. n. 8058/2023
Sussiste la responsabilità dell'architetto, dell'ingegnere o del geometra, il quale, nell'espletamento dell'attività professionale consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, non assicuri la conformità dello stesso alla normativa urbanistica, in quanto l'irrealizzabilità del progetto per inadeguatezze di natura tecnica costituisce inadempimento dell'incarico e consente al committente di rifiutare di corrispondergli il compenso, ovvero di chiedere la risoluzione del contratto. Né la responsabilità del professionista viene meno e può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al medesimo professionista, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto.
Cass. civ. n. 6384/2023
L'azione revocatoria non può essere esercitata nei confronti delle delibere di società di capitali aventi efficacia endosocietaria, trattandosi di atti privi di effetti esterni sulla garanzia patrimoniale generale della società, rispetto ai quali la normativa di riferimento contempla specifiche ipotesi di tutela dei terzi. (Nella specie, la S.C., decidendo nel merito, ha rigettato la domanda ex art. 2901 c.c. avente ad oggetto la delibera modificativa dello statuto di una società consortile con la quale l'obbligo, per i soci, di rimborsare annualmente, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al capitale, il sopravanzo delle spese rispetto ai ricavi era stato sostituito dalla mera possibilità di operare in tal senso, in virtù di apposita delibera assembleare).
Cass. civ. n. 4034/2023
In tema di concordato preventivo, l'effetto esdebitativo ex art. 184 l.fall. non si estende al socio unico azionista illimitatamente responsabile, qualora "ratione temporis" sia applicabile l'art. 2362 c.c. nel testo anteriore al d.lgs. n. 6 del 2003, posto che detta disposizione, di natura eccezionale, anteriormente alla novella imponeva "ex lege" in capo all'unico azionista una responsabilità "lato sensu" fideiussoria, temporanea e circoscritta al periodo del venir meno della pluralità dei soci.
Cass. civ. n. 23404/2022
In tema di successioni, il legato di "liberazione da debito" di cui all'art. 658, comma 1, c.c. (c.d. "legatum liberationis"), attribuendo al legatario il diritto di credito vantato nei suoi confronti dal testatore, comporta l'estinzione dell'obbligazione per confusione in quanto determina la riunione, nella stessa persona, della qualità di creditore e di debitore, pur distinguendosi dalla fattispecie della remissione ex art. 1236 c.c., in quanto, essendo una disposizione liberale a titolo particolare in favore del debitore e configurandosi come negozio unilaterale non recettizio, produce l'effetto della liberazione del legatario immediatamente all'apertura della successione. Tale efficacia viene, tuttavia, meno con effetto "ex nunc" nei confronti del legittimario che abbia ottenuto la riduzione della disposizione testamentaria che lo contiene, con la conseguenza che il credito del testatore verso il legatario, venendo meno l'effetto estintivo, può essere incluso nella porzione della divisione assegnata per soddisfare il legittimario vittorioso.
Cass. civ. n. 1724/2021
La remissione del debito, quale causa di estinzione delle obbligazioni, esige che la volontà abdicativa del creditore sia espressa in modo inequivoco; un comportamento tacito, pertanto, può ritenersi indice della volontà del creditore di rinunciare al proprio credito solo quando non possa avere alcuna altra giustificazione razionale, se non quella di rimettere al debitore la sua obbligazione. Ne consegue che i crediti di una società commerciale estinta non possono ritenersi rinunciati per il solo fatto che non siano stati evidenziati nel bilancio finale di liquidazione, a meno che tale omissione non sia accompagnata da ulteriori circostanze tali da non consentire dubbi sul fatto che l'omessa appostazione in bilancio altra causa non potesse avere, se non la volontà della società di rinunciare a quel credito.
Cass. civ. n. 36636/2021
La remissione del debito, quale causa di estinzione delle obbligazioni, esige che la volontà abdicativa del creditore sia espressa in modo inequivoco e un comportamento tacito, pertanto, può ritenersi indice della volontà del creditore di rinunciare al proprio credito solo se è privo di alcun'altra giustificazione razionale; ne consegue che i crediti di una società commerciale estinta non possono ritenersi rinunciati per il solo fatto che non siano stati evidenziati nel bilancio finale di liquidazione, a meno che tale omissione non sia accompagnata da ulteriori circostanze tali da non consentire dubbi sul fatto che l'omessa appostazione in bilancio possa fondarsi su altra causa, diversa dalla volontà della società di rinunciare al credito.
Cass. civ. n. 28439/2020
La remissione del debito, quale causa di estinzione delle obbligazioni, esige che la volontà abdicativa del creditore sia espressa in modo inequivoco e un comportamento tacito, pertanto, può ritenersi indice della volontà del creditore di rinunciare al proprio credito solo se è privo di alcun'altra giustificazione razionale; ne consegue che i crediti di una società commerciale estinta non possono ritenersi rinunciati per il solo fatto che non siano stati evidenziati nel bilancio finale di liquidazione, a meno che tale omissione non sia accompagnata da ulteriori circostanze tali da non consentire dubbi sul fatto che l'omessa appostazione in bilancio possa fondarsi su altra causa, diversa dalla volontà della società di rinunciare al credito. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la sentenza che aveva escluso che la mera omissione dell'indicazione d'un credito nel bilancio finale di liquidazione potesse ritenersi indice certo della volontà di rinunciarvi). (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 13/02/2017).
Cass. civ. n. 13874/2020
In materia di contratto di prestazione d'opera, acclarata la colpa del professionista, il rilievo che la prestazione eseguita comporta la risoluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà può essere compiuto d'ufficio dal giudice sulla base di risultanze istruttorie ritualmente acquisite, non formando oggetto di un'eccezione in senso stretto.
Cass. civ. n. 13873/2020
La responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente; in particolare, ove venga in rilievo l'attività del commercialista incaricato dell'impugnazione di un avviso di accertamento tributario, l'affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole del ricorso alla commissione tributaria, che avrebbe dovuto essere proposto e diligentemente seguito.
Cass. civ. n. 18342/2019
In tema di contratto d'opera per la redazione di un progetto edilizio, pur trattandosi di una fase preparatoria rispetto all'esecuzione dell'opera, il professionista (che nella specie abbia cumulato l'incarico di progettista e di direttore dei lavori), deve assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da prevenire la soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell'opera richiesta dal committente. Ne consegue che ne sussiste la responsabilità per l'attività espletata sia nella fase antecedente all'esecuzione delle opere in relazione alla scelta del titolo autorizzativo occorrente per il tipo di intervento edilizio progettato sia in quella successiva di controllo e verifica della difformità dell'opera progettata rispetto a quella eseguita, non costituendo la riscontrata difformità di per sè indice di un accordo ilelcito volto alla realizzazione di un abuso edilizio, trattandosi di un obbligo del professionista giustificato dalla specifica competenza tecnica necessariamente richiesta a chi abbia assunto l'incarico del progetto e della direzione dei lavori.
Cass. civ. n. 15732/2018
La distinzione fra prestazione di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà di cui all'art. 2236 c.c., operante anche in materia di responsabilità dell'appaltatore, non rileva quale criterio di ripartizione dell'onere della prova, ma soltanto ai fini della valutazione del grado della diligenza e del corrispondente grado della colpa del professionista. Ne consegue che, in caso di inesatta realizzazione dell'opera commissionata, grava sull'appaltatore sia l'onere di dimostrare la particolare difficoltà della prestazione, sia l'onere di provare che il risultato della stessa, non rispondente a quello convenuto, è dipeso da fatto a sé non imputabile in quanto non ascrivibile alla propria condotta conforme alla diligenza qualificata, dovuta in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto.
Cass. civ. n. 17010/2018
Non sussiste la responsabilità professionale del notaio che abbia omesso di indicare la presenza di iscrizioni ipotecarie su immobili trasferiti mediante atto da lui rogato quando sia provato che il contraente interessato a tale informazione conosceva l'esistenza di quelle formalità. (Nella specie, la S.C. in un giudizio risarcitorio promosso dagli acquirenti di un immobile nei confronti del notaio richiesto della redazione dell'atto pubblico di compravendita, ha ritenuto idoneo ad attestare la conoscenza, da parte dei compratori, dell'ipoteca gravante sul bene il fatto che nel contratto fosse stata inserita una clausola, sia pure seguita da annotazione di annullamento, contenente l'impegno della parte venditrice a provvedere alla cancellazione dell'iscrizione pregiudizievole).
Cass. civ. n. 30169/2018
In tema di responsabilità dell'avvocato verso il cliente, la scelta di una determinata strategia processuale può essere foriera di responsabilità, purché l'inadeguatezza rispetto al raggiungimento del risultato perseguito dal cliente sia valutata dal giudice di merito "ex ante", in relazione alla natura e alle caratteristiche della controversia e all'interesse del cliente ad affrontarla con i relativi oneri, dovendosi in ogni caso valutare anche il comportamento successivo tenuto dal professionista nel corso della lite; pertanto, in relazione ad una causa che presenti un'elevata probabilità di soccombenza per il proprio cliente, il difensore che abbia accettato l'incarico non può successivamente disinteressarsene del tutto, incorrendo in responsabilità professionale ove esponga il cliente all'incremento del pregiudizio iniziale, se non altro a causa delle spese processuali cui lo stesso va incontro per la propria difesa e per quella della controparte. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con riferimento a una causa di opposizione a decreto ingiuntivo dal sicuro esito sfavorevole, aveva escluso la responsabilità professionale dell'avvocato il quale, pur avendo sconsigliato il cliente di svolgere l'opposizione, aveva accettato l'incarico in considerazione della sua impossibilità di onorare nell'immediato il debito, adoperandosi successivamente nel corso della lite per addivenire a una transazione, tuttavia non accettata dal cliente).
Cass. civ. n. 603/2017
L’indicazione nominativa dei partecipanti e dei votanti ad un’assemblea di società per azioni consente di verificare se i voti siano stati validamente espressi dai soggetti a ciò legittimati ed è, quindi, necessaria per ricostruire la genesi del processo deliberativo ed accertare la validità delle determinazioni assunte. Ne consegue che, ove manchi la relativa documentazione (anche in foglio separato, purché “allegato” al verbale, in modo da farne parte integrante, e cioè richiamato ovvero allo stesso materialmente unito), la delibera è annullabile.
Cass. civ. n. 10821/2016
In tema di società a responsabilità limitata, il potere di convocare l'assemblea (nella specie, per decidere sulla revoca dell'amministratore), in caso di inerzia dell'organo di gestione, deve riconoscersi, nel silenzio della legge e dell'atto costitutivo, ai soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale, stante, da un lato, il mancato richiamo, nella disciplina di tali società, dell'art. 2367 c.c., dettato per le società per azioni e non applicabile in via analogica, attesa la forte differenza tra i due tipi societari, e, dall'altro, l'inutilizzabilità dell'art. 2487 c.c., in quanto relativo alla nomina e revoca non degli amministratori ma dei liquidatori. (Principio di diritto pronunciato ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c.).
Cass. civ. n. 1095/2016
La partecipazione di una società a responsabilità limitata in una società di persone, anche di fatto, non esige il rispetto dell'art. 2361, comma 2, c.c., dettato per le società per azioni, e costituisce un atto gestorio proprio dell'organo amministrativo, il quale non richiede - almeno allorché l'assunzione della partecipazione non comporti un significativo mutamento dell'oggetto sociale (fattispecie estranea al caso di specie) - la previa decisione autorizzativa dei soci, ai sensi dell'art. 2479, comma 2, n. 5, c.c.. Pertanto, accertata l'esistenza di una società di fatto insolvente della quale uno o più soci illimitatamente responsabili siano costituiti da società a responsabilità limitata, il fallimento in estensione di queste ultime costituisce una conseguenza "ex lege" prevista dall'art. 147, comma 1, l. fall., senza necessità dell'accertamento della loro specifica insolvenza.
Cass. civ. n. 16275/2015
La responsabilità del professionista è limitata alle sole ipotesi di dolo o colpa grave qualora l'esecuzione della prestazione d'opera implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, nozione che ricomprende non solo la necessità di risolvere problemi insolubili o assolutamente aleatori, ma anche l'esigenza di affrontare problemi tecnici nuovi, di speciale complessità, che richiedano un impegno intellettuale superiore alla media, o che non siano ancora adeguatamente studiati dalla scienza. (Nell'affermare tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la responsabilità di un ingegnere, che aveva redatto un progetto di sopraelevazione di un fabbricato, di cui aveva garantito la fattibilità, senza avere acquisito una completa conoscenza delle strutture di fondazione, né dell'originario progetto dell'edificio, ravvisando in tale contegno gli estremi della colpa grave).
Cass. civ. n. 20702/2013
Per l'esperibilità da parte del creditore sociale, ai sensi dell'art. 2362 c.c. - nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alla riforma del diritto societario - dell'azione di adempimento delle obbligazioni sorte nel periodo in cui tutte le azioni di una società di capitali erano concentrate in un unico soggetto, persona fisica o giuridica, e nei confronti di quest'ultimo, non è sufficiente l'inadempimento della società, ma è necessario che la stessa sia insolvente, in quanto l'effetto della norma è quello di affiancare l'obbligazione personale dell'unico azionista a quella della società, senza però confondere i rispettivi patrimoni, di cui ciascuno resta titolare, ancorché economicamente l'unico azionista possegga l'intero patrimonio della società, perché altrimenti sarebbe vanificato lo scopo legislativo di rafforzare la garanzia dei creditori sociali e di impedire che i limiti della responsabilità patrimoniale della società consentano all'unico azionista di eludere la responsabilità patrimoniale sancita dall'art. 2740 c.c..
Cass. civ. n. 20265/2013
Qualora la determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell'art. 2389, primo comma cod. civ., (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche di cui al d.lgs. n. 6 del 2003), non sia stabilita nell'atto costitutivo, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, atteso: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall'assemblea (art. 2630, secondo comma cod. civ., abrogato dall'art. 1 del d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61); la distinta previsione della delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364 n. 1 e 3 cod. civ); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 cod. civ.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393, secondo comma, cod. civ.). Conseguentemente, l'approvazione in sé del bilancio, pur se contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori, non è idonea ai predetti fini, salvo che un'assemblea convocata solo per l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Torino, 09/02/2006).
Cass. civ. n. 13279/2012
È inderogabile la disposizione di cui all'art. 2364 c.c., che attribuisce all'assemblea ordinaria la facoltà di deliberare l'azione di responsabilità contro amministratori e sindaci; ne consegue che la clausola statutaria, la quale preveda la convocazione dell'assemblea ordinaria entro un certo mese dell'anno, non può significare che tutte le assemblee successive abbiano natura straordinaria e siano, quindi, soggette al più rigoroso regime giuridico, dovendo invece essere attribuito all'eventuale termine statutario, secondo l'interpretazione conservativa imposta dall'art. 1367 c.c., lo stesso significato ed efficacia del termine di sei mesi, fissato dall'art. 2364, secondo comma, c.c., nel senso cioè di non precludere lo svolgimento dell'assemblea ordinaria in un momento successivo.
Cass. civ. n. 9776/2012
Il procedimento di convocazione dell'assemblea di società cooperativa bancaria - nella fattispecie quotata, ma senza pendenza di offerta pubblica sui suoi titoli - è disciplinato dall'art. 2366 c.c. (già richiamato dell'art. 2516, ed ora dall'art. 2519 c.c.), che prevede, nel testo "ratione temporis" vigente, la previa pubblicazione dell'avviso nella Gazzetta Ufficiale, con termine di almeno 15 giorni tra detta pubblicazione e la data dell'assemblea stessa, e non, invece, dalle norme, di fonte regolamentare e di deroga alla citata disposizione civilistica, fissate dall'art. 1 del d.m. 5 novembre 1998, n. 437, sulla base delle norme deleganti di cui agli artt. 104, comma 2, e 144, comma 3, del d.l.vo 24 febbraio 1998, n. 58, non essendo estensibili alle società cooperative le procedure di specialità delle regole di convocazione assembleare, né in caso di offerta pubblica di acquisto o di scambio, ove non ricorrente in fatto, né di sollecitazione alla raccolta delle deleghe, esclusa dall'art. 137 del richiamato Testo unico della finanza.
Cass. civ. n. 4690/2011
In tema di società per azioni, la delibera di rinuncia all'autorizzazione amministrativa all'esercizio dell'attività assicurativa, non modificando l'atto costitutivo nei suoi elementi essenziali, ed essendo improduttiva, di per sé sola, di effetti esterni, non richiede l'intervento dell'assemblea straordinaria (art. 2365, primo comma, c.c.), e può, pertanto, essere validamente assunta dall'assemblea ordinaria.
Cass. civ. n. 23983/2008
Ai fini dell'accertamento della violazione di cui all'art. 9 del D.P.R. n. 600 del 1973 che, per la presentazione della dichiarazione IRPEG, stabilisce il termine di «un mese dall'approvazione del bilancio o rendiconto» e, se il bilancio non è stato approvato nel termine stabilito dalla legge o dall'atto costitutivo, «entro un mese dalla scadenza del termine stesso» occorre fare riferimento all'art. 2364, secondo comma, c.c. (nel teso vigente ratione temporis), che prevede che l'assemblea ordinaria (unico organo competente all'approvazione del bilancio e del rendiconto) «deve essere convocata almeno una volta all'anno, entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale» e che «l'atto costitutivo può stabilire un termine maggiore, non superiore in ogni caso a sei mesi, quando particolari esigenze lo richiedono» senza che queste ultime debbano essere indicate nell'atto costitutivo o costituire oggetto di una apposita delibera, essendo sufficiente che nel verbale dell'assemblea il ritardo risulti giustificato con il richiamo della previsione del medesimo atto costitutivo ovvero che gli amministratori invochino tale previsione per giustificare la ritardata convocazione dell'assemblea.
Cass. civ. n. 2422/2008
In tema di responsabilità illimitata dell'azionista socio unico di società per azioni in caso di insolvenza della società, l'art. 2362 c.c. (nel testo vigente anteriormente al D.L.vo n. 6 del 2003), esige per le obbligazioni sociali che esse siano sorte quando le azioni appartenevano al predetto socio, secondo una norma eccezionale che deroga al principio della responsabilità esclusiva dell'ente; ne consegue che, pur essendo essa inapplicabile per analogia a fattispecie diverse, la concentrazione del capitale — secondo una nozione diversa da quella di mera titolarità — ben può coincidere con il caso in cui vi sia apparentemente un socio di minoranza, essendo l'intestazione delle azioni a nome di quest'ultimo fittizia o fraudolenta ovvero se ne provi la veste di mandatario di quello di maggioranza, mentre non ricorre nella diversa vicenda, non sovrapponibile, del dominio di un socio sulla società intesa come impresa sociale, per la cui evenienza l'eventuale violazione delle regole di corretta gestione trova rimedi diversi nelle azioni di responsabilità. (Il principio, specificato dalla S.C. nel senso della necessità della mancanza di una pluralità di soci in senso giuridico e non economico, ha trovato applicazione al caso di società partecipata da socio persona giuridica al 99,60 per cento a sua volta controllante totalitario di altra società, socio di minoranza, avendo il giudice di merito, con apprezzamento di fatto insindacabile, esclusa la prova del rapporto diretto tra socio di maggioranza e totalità delle azioni).
Cass. civ. n. 9909/2007
In tema di società, la proclamazione del risultato segna il momento conclusivo del procedimento di votazione in ordine ad ogni singola proposta sulla quale l'assemblea dei soci è stata chiamata ad esprimersi, onde non è consentito, nella medesima riunione, procedere ad una seconda votazione sulla stessa proposta, salvo che in presenza di specifici ed accertati vizi della precedente votazione, i quali ne legittimano la rinnovazione, purché nel verbale ne sia dato puntualmente atto. (Nella specie, la sentenza impugnata aveva ritenuto legittimo l'operato del presidente dell'assemblea, il quale, dopo aver proclamato il risultato di una prima votazione, in cui la proposta non era stata approvata perché non aveva raccolto la maggioranza dei voti espressi, aveva indetto una seconda votazione, in virtù del rilievo che la prima, svoltasi per alzata di mano, non aveva consentito di verificare il numero di deleghe di cui era portatore ciascuno dei votanti: in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la predetta sentenza, osservando che il mero dubbio sulla legittimità del procedimento di votazione avrebbe potuto giustificare un nuovo conteggio dei voti, e non anche l'immediata indizione di una nuova votazione, la quale postulava l'instaurazione di un nuovo e diverso procedimento assembleare).
Cass. civ. n. 19/2007
Ove il Comune, valendosi del disposto dell'art. 1 della legge n. 68 del 1993, abbia trasformato l'ente comunale di consumo in società per azioni, restandone unico azionista, in caso di insolvenza della società partecipata risulta applicabile il disposto dell'art. 2362 c.c., che esprime la regola generale della responsabilità illimitata dell'unico azionista, senza che rilevi che la concentrazione del pacchetto azionario nelle mani del Comune sia stata imposta dalla legge e che rappresenti una caratteristica iniziale e provvisoria della vita della società. Ne consegue che qualora la spa Ente comunale di Consumo versi in stato di insolvenza al momento della cessazione del rapporto di lavoro, momento che determina il tempo di maturazione del credito del lavoratore, questi ha il diritto ad ottenere dal Comune il pagamento del trattamento di fine rapporto complessivamente maturato alle dipendenze dell'Ente e non per la sola quota maturata successivamente alla trasformazione in società per azioni.
Cass. civ. n. 10293/2007
In tema di remissione del debito, il carattere neutro della causa remissoria, secondo la previsione tipica dell'art. 1236 c.c., comporta che la relativa ricostruzione è devoluta alla cognizione esclusiva del giudice di merito, perché si fonda sulla valutazione di elementi fattuali. Ne consegue che, in difetto di specifiche censure, diverse dalla semplice contrapposizione di una lettura diversa da quella data dal giudice di merito, va confermata la sentenza che abbia qualificato come remissione di debito a titolo gratuito, come tale inefficace nei confronti del fallimento, la lettera con cui il creditore fallito abbia dispensato il debitore dal pagamento del saldo della cessione di azienda.
Cass. civ. n. 23329/2006
In tema di società di capitali (nella specie cooperativa a responsabilità limitata), qualora l'assemblea, regolarmente tenutasi, decida con l'accordo di tutti i soci la prosecuzione della seduta ad altra data, in cui, sempre con l'intervento di tutti i soci, sia disposto a maggioranza e senza alcuna deliberazione l'ulteriore differimento ad altro giorno, è valida la deliberazione adottata in questa sede, giacché - essendo stati i presenti edotti del prosieguo della assemblea regolarmente tenutasi - non è necessario, in assenza di variazioni dell'ordine del giorno originario - un nuovo avviso di convocazione, mentre, d'altra parte, non ricorrono i presupposti stabiliti dall'art. 2374 c.c. per il rinvio dell'adunanza.
Cass. civ. n. 11749/2006
La remissione del debito non richiede una forma solenne, in difetto di un'espressa previsione normativa, e può quindi essere desunta anche da una manifestazione tacita di volontà o da un comportamento concludente, purché siano tali da manifestare in modo univoco la volontà abdicativa del creditore, in quanto risultino da circostanze logicamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito.
Cass. civ. n. 21831/2005
La delibera di approvazione del bilancio di una società di capitali, resa dall'assemblea ordinaria con le prescritte maggioranze, ha efficacia vincolante nei confronti di tutti i soci, anche con riguardo ai crediti della società verso i medesimi che risultino indicati con chiarezza in detto bilancio. Se è vero, infatti, che a norma dell'art. 2709 c.c. i libri e le scritture contabili e quindi anche il bilancio dell'impresa soggetta a registrazione fanno prova contro l'imprenditore e non a suo favore, tale regola non è invocabile nei rapporti fra società e socio, che sono retti dal principio della vincolatività delle deliberazioni assembleari. Tale principio, valevole anche con riguardo ai soci dissenzienti che non abbiano provveduto ad impugnare la deliberazione nei modi e nei termini prescritti, a maggior ragione è destinata a valere nei confronti del socio che abbia concorso con il proprio voto favorevole all'approvazione di quella deliberazione: sicché soltanto facendone pronunciare l'annullamento o facendone accertare la nullità detto socio può sottrarsi al vincolo da essa derivante, fermo restando che l'onere di provare il vizio da cui deriva l'invalidità di una deliberazione giudizialmente impugnata grava su chi la impugna. (Fattispecie relativa all'impugnazione della deliberazione dell'assemblea di una società a responsabilità limitata di approvazione di una situazione patrimoniale, prodromica alla messa in liquidazione della società e qualificabile come bilancio straordinario, da cui emergeva un debito per sottoscrizione di un precedente aumento di capitale del socio impugnante, che aveva concorso con il proprio voto favorevole all'approvazione della delibera. Enunciando il principio in massima, la S.C. ha affermato che gravava su detto socio l'onere nella specie non assolto di provare l'eccepita nullità della deliberazione per difetto di veridicità della situazione patrimoniale approvata, con particolare riferimento al debito in questione).
Cass. civ. n. 8546/2005
In tema di responsabilità del prestatore di opera intellettuale, poiché l'art. 1176 c.c. fa obbligo al professionista di usare, nell'adempimento delle obbligazioni inerenti la sua attività professionale, la diligenza del buon padre di famiglia, il medesimo risponde normalmente per colpa lieve; nella sola ipotesi che la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, l'art. 2236 c.c. prevede un'attenuazione di responsabilità, nel senso che il professionista è tenuto al risarcimento del danno unicamente per dolo o colpa grave. Pertanto, la prova dell'esistenza di tale presupposto, derogando alle norme generali sulla responsabilità per colpa, incombe al professionista; peraltro, la domanda di risarcimento del danno, basata sulla colpa grave, contiene quella per colpa lieve, senza che, pertanto, la pronuncia di condanna fondata su colpa lieve del professionista possa dar luogo a vizio di ultrapetizione.
Cass. civ. n. 10895/2004
In tema di bilancio di società — che ha la funzione di informare i soci e i terzi dell'attività svolta dagli amministratori attraverso la rappresentazione contabile dello stato patrimoniale della società e dei risultati economici della gestione — la delibera di approvazione del medesimo (la quale, ovviamente, non può prescindere dalla relazione di accompagnamento redatta dall'amministratore), non comporta automaticamente — in difetto di espressa previsione nell'ordine del giorno sul quale l'assemblea è stata convocata — l'approvazione anche degli atti gestori menzionati nella relazione. (Nel rilevare che l'attore aveva inteso impugnare non la delibera di approvazione del bilancio ma uno degli atti gestori compiuti dall'amministratore, al quale si faceva riferimento nella relazione di accompagnamento al bilancio, la Corte ha cassato la sentenza impugnata che aveva annullato la delibera di approvazione del bilancio ritenendo erroneamente che in tal modo l'assemblea avesse inteso approvare anche l'atto di gestione invalidamente compiuto dall'amministratore, che agendo in conflitto di interessi, aveva concesso in locazione un immobile appartenente alla società a favore di altra società di cui il medesimo era socio).
Cass. civ. n. 9100/2003
In tema di società di capitali, la deliberazione che implichi un mutamento sostanziale dell'oggetto sociale non richiede la forma dell'assemblea straordinaria, atteso che, come si evince dal collegamento dell'art. 2365 c.c. che riserva all'assemblea straordinaria la competenza a deliberare sulle modificazioni dell'atto costitutivo con il successivo art. 2436 che, disciplina il regime di pubblicità di siffatte deliberazioni , tale peculiare procedimento di formazione e di espressione della volontà sociale è richiesto solo quando si tratti di apportare vere e proprie modifiche al testo del contratto sociale (o dello statuto che ne forma parte integrante), della cui redazione aggiornata si impone il deposito nel registro delle imprese.