Art. 345 – Codice di procedura civile – Domande ed eccezioni nuove
Nel giudizio d'appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d'ufficio. Possono tuttavia domandarsi gli interessi [1282 ss. c.c.], i frutti [820 c.c.] e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa.
Non possono proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche d'ufficio.
Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo [che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero] che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento decisorio.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 13103/2025
Nel giudizio di divisione, le contestazioni alla stima del valore del bene da dividere, formulate per la prima volta in appello, non integrano domande o eccezioni nuove, precluse ex art. 345 c.p.c., atteso che la contestazione mira semplicemente a verificare la legittimità dello svolgimento delle operazioni divisionali e, precisamente, l'esattezza della stima del bene comune, ma sempre in vista del perseguimento del risultato cui mirava la proposizione della domanda originaria.
Cass. civ. n. 13063/2025
Nel giudizio avente ad oggetto l'accertamento della responsabilità del danno da fatto illecito imputabile a più persone, il giudice di merito adito dal danneggiato può e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei condebitori ha esercitato l'azione di regresso verso gli altri oppure se ha chiesto l'accertamento di tale ripartizione interna in vista del regresso; ne consegue che, quando il presunto autore dell'illecito si limita a negare la propria responsabilità senza chiedere espressamente, neppure in via gradata, l'accertamento della percentuale di responsabilità propria e altrui in ordine al verificarsi del fatto dannoso, non formula alcuna domanda nei confronti degli altri convenuti e tale istanza, se proposta per la prima volta in appello, è inammissibile in quanto nuova.
Cass. civ. n. 12791/2025
Nel caso in cui il giudice di primo grado non accolga alcune richieste istruttorie, la parte che le ha formulate ha l'onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, in modo specifico, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, devono ritenersi abbandonate e non più riproponibili in sede di impugnazione; tale presunzione può essere ritenuta, tuttavia, superata dal giudice di merito, qualora, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa, attraverso l'esame degli scritti difensivi. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva ritenuto come implicitamente rinunciata la prova testimoniale, inizialmente ammessa e poi revocata dal giudice istruttore, non espressamente riproposta all'udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado, nel corso della quale la parte si era limitata ad un generico richiamo agli atti difensivi).
Cass. civ. n. 11138/2025
Il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227, comma 1, c.c. integra un'eccezione in senso lato ed è, pertanto, rilevabile d'ufficio anche in appello (così come in sede di rinvio), fermo restando il limite del giudicato interno, sicché, qualora sulla questione vi sia stata una statuizione di primo grado, il giudice di secondo grado può pronunciarsi solo se la decisione gli sia stata devoluta mediante l'impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha escluso la possibilità di ravvisare l'avvenuta eventuale formazione del giudicato interno sulle questioni concernenti l'esistenza dell'illecito commesso dall'ente locale e l'entità delle relative conseguenze dannose, in relazione alla compromissione delle capacità edificatorie del terreno di proprietà degli originari attori, atteso che tali questioni erano state costantemente devolute, dapprima al giudice d'appello, e poi al giudice di legittimità, e quindi al giudice del rinvio, mediante le impugnazioni proposte dalle parti).
Cass. civ. n. 10858/2025
In tema di appello, ciò che rileva, ai fini della decadenza dal diritto di produrre, entro la prima occasione processuale utile, i documenti nuovi, non è la mera conoscenza presuntiva dell'atto, ma la sua conoscenza effettiva ovvero la presunzione di conoscenza assoluta, potendo solo da essa e dalla successiva inerzia dell'interessato discendere la conseguenza della tardività della produzione. (Nella fattispecie in esame, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello, che aveva ritenuto tardiva la produzione in giudizio di una delibera della giunta comunale, sulla base dell'erronea premessa che la conoscenza dell'atto dovesse essere fatta risalire al momento della pubblicazione nell'albo pretorio e non a quello della comunicazione agli interessati).
Cass. civ. n. 416/2025
In tema di intese restrittive della concorrenza, la nullità parziale del contratto di fideiussione "a valle" dipendente da intesa restrittiva "a monte", in quanto eccezione "in senso lato", è deducibile e rilevabile d'ufficio in grado di appello a prescindere dalla relativa allegazione di parte, ma non è consentita, in deroga all'art. 345, comma 3, c.p.c., nel testo introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012, la produzione di nuovi documenti, come anche l'ammissione di nuove prove, diretti a dare dimostrazione della nullità stessa.
Cass. civ. n. 25876/2024
In tema di impugnazioni, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, comma 2, c.p.c. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell'art. 329, comma 2, c.p.c.), né sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della Corte d'appello che, in mancanza di impugnazione incidentale, aveva rilevato il giudicato interno sulla sussistenza del fatto illecito di diffamazione attribuito al convenuto appellato, questione decisa separatamente dal giudice di primo grado e del tutto distinta dall'accertamento della sussistenza dell'esimente di cui all'art. 32 bis della l. n. 195 del 1958, oggetto dell'appello principale dell'attore).
Cass. civ. n. 24677/2024
La rinuncia alla prescrizione, integrando un'eccezione in senso lato, non è soggetta all'onere di riproposizione ex art. 346 c.p.c. e può essere rilevata d'ufficio, anche in appello, purché i fatti su cui essa si fonda, benché non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo, sempre che la stessa non sia stata respinta in primo grado con pronuncia espressa o implicita, essendo in tal caso necessario proporre appello, eventualmente in via incidentale, onde evitare la formazione del giudicato interno che ne preclude ogni riesame, anche officioso.
Cass. civ. n. 23880/2024
La domanda di annullamento di un atto tributario, sottoposto ad impugnazione giudiziale mediante sul presupposto della sua illegittimità, mira ad una pronuncia costitutiva, essendo diretta all'eliminazione dell'atto stesso, sicché l'Amministrazione finanziaria, anche in caso di omessa costituzione in primo grado, è legittimata ed ha interesse a sostenere, in appello, la sua legittimità per paralizzare e resistere alla domanda avversaria, senza che ciò determini la violazione degli artt. 57 e ss. del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell'art. 345 c.p.c., trattandosi di esercizio di mere difese e non della proposizione di una domanda o eccezione in senso proprio.
Cass. civ. n. 21080/2024
Nel giudizio di appello non è ammissibile, ai sensi dell'art. 345 c.p.c., la produzione di documenti (nella specie, referti medici) che, ancorché formati successivamente, rappresentano fatti già esistenti all'epoca del giudizio di primo grado e che avrebbero potuto essere formati in precedenza e tempestivamente prodotti.
Cass. civ. n. 20392/2024
Nell'ipotesi in cui il giudice d'appello rigetti il gravame proponendo una interpretazione della sentenza diversa da quella dell'appellante, ma conforme a diritto, non si ha violazione dei principi di cui agli artt. 112, 342 e 345 c.p.c. ed il soccombente, se intende ricorrere per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, ha l'onere di proporre specifica e valida impugnazione della lettura della sentenza di primo grado adottata dal giudice di appello, a pena di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso una sentenza d'appello che aveva interpretato la sentenza di primo grado come accertamento, ex art. 615 c.p.c., dell'estinzione dei crediti erariali per prescrizione quinquennale, in quanto il ricorrente non aveva censurato la lettura data dal giudice d'appello).
Cass. civ. n. 19829/2024
Nel rito del lavoro, il giudice di appello deve vagliare l'ammissibilità dei documenti prodotti dall'appellante, già contumace in primo grado, ex art. 437 c.p.c. in base alla loro rilevanza e, cioè, all'indispensabilità ai fini della decisione, valutandone la potenziale idoneità dimostrativa in rapporto al thema probandum, avuto riguardo allo sviluppo assunto dall'intero processo.
Cass. civ. n. 18222/2024
L'occupazione appropriativa e l'occupazione usurpativa sono caratterizzate l'una dall'irreversibile trasformazione del fondo in assenza del decreto di esproprio, e l'altra dalla trasformazione in mancanza, originaria o sopravvenuta, della dichiarazione di pubblica utilità. Tuttavia, nel caso di proposizione dell'azione di risarcimento del danno in conseguenza di occupazione usurpativa è ammissibile la riqualificazione della domanda, anche da parte del giudice, come relativa ad una occupazione appropriativa, in quanto entrambe fonte di responsabilità risarcitoria della P.A. secondo i principi di cui all'art. 2043 c.c.
Cass. civ. n. 18018/2024
In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel "thema decidendum" del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio.
Cass. civ. n. 16358/2024
Nel rito del lavoro costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell'art. 437, comma 2, c.p.c., quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado. (Nella specie, la S.C. ha qualificato prova nuova indispensabile la produzione, avvenuta solo in appello, dell'atto interruttivo della prescrizione).
Cass. civ. n. 15653/2024
In materia di usucapione, la deduzione del proprietario che il bene sia stato goduto dal preteso possessore per mera tolleranza costituisce eccezione in senso lato e, pertanto, è proponibile per la prima volta anche in appello, sempre che la dimostrazione dei relativi fatti emerga dal materiale probatorio raccolto nel rispetto delle preclusioni istruttorie, giacché il divieto ex art. 345 c.p.c. concerne le sole eccezioni in senso stretto, cioè riservate in via esclusiva alla parte e non rilevabili d'ufficio.
Cass. civ. n. 15470/2024
Non costituisce domanda nuova, ai sensi dell'art. 345 c.p.c., la prospettazione, in appello, di una diversa qualificazione giuridica del contratto oggetto di causa, ove basata sui medesimi fatti. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto nuova, e pertanto inammissibile, la domanda con cui l'appellante aveva modificato la ragione della condanna del garante al pagamento del credito garantito, fondata in primo grado sulla natura autonoma di detta garanzia e, nel gravame, sulla natura fideiussoria dell'obbligazione con richiesta di condanna solidale del garante e del debitore principale).
Cass. civ. n. 12633/2024
Nella vigenza del regime giuridico delle preclusioni introdotto dalla l. n. 353 del 1990, la novità della domanda formulata nel corso del giudizio è rilevabile anche d'ufficio da parte del giudice, trattandosi di una questione sottratta alla disponibilità delle parti, in virtù del principio secondo cui il thema decidendum è modificabile soltanto nei limiti e nei termini a tal fine previsti, con la conseguenza che, ove in primo grado tali condizioni non siano state rispettate, l'inammissibilità della domanda può essere fatta valere anche in sede di gravame, non essendo la relativa eccezione annoverabile tra quelle in senso stretto, di cui l'art. 345 c.p.c. esclude la proponibilità in appello. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva considerato nuova e, quindi, inammissibile, la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance, ontologicamente diversa da quella originariamente proposta di risarcimento del pregiudizio derivante dal mancato raggiungimento del risultato sperato).
Cass. civ. n. 10274/2024
Nel rito tributario, il divieto di produrre nuovi documenti in sede di rinvio (salvo che la loro produzione fosse impossibile in precedenza ovvero sia scaturita dalla pronuncia di legittimità) è posto a tutela di un interesse di natura pubblicistica, sicché la relativa violazione è rilevabile in sede di legittimità anche d'ufficio, in caso di mancata eccezione d'inammissibilità o di accettazione del contraddittorio.
Cass. civ. n. 8551/2024
In tema di giudizio di appello, la "prova nuova indispensabile" di cui all'art. 345, comma 3, c.p.c. - nel testo antecedente al d.l. n. 83 del 2012, convertito con modif. dalla l. n. 134 del 2012 - rappresenta un concetto unitario, il quale implica che sia tale quella prova di per sé idonea a eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, qualunque ne sia la causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.
Cass. civ. n. 7539/2024
In tema di rivendicazione, ove ricorra l'ipotesi della comunanza del dante causa che, secondo il diritto vivente, attenua la probatio diabolica, spetta al giudice, in base alle evidenze di causa, verificare il soddisfacimento dell'onere della prova; pertanto, tale verifica non dipende da eccezione, ma costituisce applicazione della corretta regula iuris, che compete al giudicante, cosicché il rivendicante che ne assuma la sussistenza, ignorata dal giudice, non introduce, con il gravame, un tema nuovo.
Cass. civ. n. 7469/2024
La parte convenuta per l'esecuzione del contratto può far valere, in via di eccezione e anche per la prima volta in appello, il vizio di incapacità del contraente determinante l'annullabilità del contratto. (In applicazione del principio, la S.C. ha affermato l'ammissibilità della proposizione in appello, per la prima volta, dell'eccezione di incapacità del tutore per mancata autorizzazione dell'atto dispositivo da parte del giudice tutelare).
Cass. civ. n. 7313/2024
In tema di diritto al risarcimento del danno da mancato recepimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE (riassuntiva di precedenti direttive), in favore dei medici iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, qualora il medico attore abbia allegato l'anno di inizio del corso sulla base di documentazione prodotta in primo grado, la deduzione in grado d'appello, da parte della difesa erariale, della mancata spettanza del compenso in ragione del suddetto dato temporale integra mera difesa in iure, come tale non assoggettata al divieto di nuove eccezioni ex art. 345, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 6645/2024
Qualora, al momento della decisione della causa in secondo grado, non si rinvengano nel fascicolo di parte i documenti già prodotti in primo grado e su cui la parte assume di aver basato la propria pretesa in giudizio, il giudice d'appello può decidere il gravame nel merito se non ne è stato allegato lo smarrimento, essendo onere della parte assicurarne al giudice di appello la disponibilità in funzione della decisione, quando non si versi nel caso di loro incolpevole perdita, con conseguente possibilità di ricostruzione previa autorizzazione giudiziale.
Cass. civ. n. 6533/2024
In tema di giudizio di appello, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, come il principio del tantum devolutum quantum appellatum, non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, ovvero in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed all'applicazione di una norma giuridica diverse da quelle invocate dall'istante, né incorre nella violazione di tale principio il giudice d'appello che, rimanendo nell'ambito del petitum e della causa petendi, confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti, ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che al giudice d'appello fosse precluso respingere la domanda risarcitoria per responsabilità professionale di un avvocato per ragioni diverse, nella specie la carenza di prova in ordine al verificarsi di un danno conseguente alla condotta asseritamente negligente del difensore, da quelle fatte proprie dal giudice di prime cure attinenti all'insussistenza dell'inadempimento dedotto).
Cass. civ. n. 4867/2024
La nullità del contratto per violazione di norme imperative, siccome oggetto di un'eccezione in senso lato, è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, a condizione che i relativi presupposti di fatto, anche se non interessati da specifica deduzione della parte interessata, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie, ferma restando l'impossibilità di ammettere nuove prove funzionali alla dimostrazione degli stessi. (Nella specie, la S.C. ha confermato, sul punto, la declaratoria di inammissibilità, da parte del giudice di merito, dell'eccezione di nullità di un contratto di locazione, per essere stati introdotti i fatti posti a fondamento della stessa, per la prima volta, in vista dell'udienza di discussione della causa in appello).
Cass. civ. n. 3052/2024
L'art. 345 c.p.c., che fa divieto di proporre nuove domande in sede di impugnazione, non osta alla prospettazione, per la prima volta in appello, d'una qualificazione o di una interpretazione del contratto non invocate in primo grado, se tali deduzioni non esigono nuovi accertamenti di fatto.
Cass. civ. n. 2710/2024
E' inammissibile in quanto nuova ex art. 345 c.p.c. la domanda di mantenimento del figlio maggiorenne portatore di handicap formulata per la prima volta in grado d'appello in un giudizio alimentare promosso ai sensi dell'art. 433 c.c., atteso che la diversa natura degli interessi ad essa sottesi comporterebbe un ampliamento della materia giustiziabile incompatibile con il rispetto dei principi del contraddittorio, del diritto di difesa e del giusto processo.
Cass. civ. n. 1319/2024
Il rendiconto, ancorché per il disposto dell'art. 723 c.c. costituisca operazione contabile che deve necessariamente precedere la divisione, poiché preliminare alla determinazione della quota spettante a ciascun condividente, non si pone, tuttavia, in rapporto di pregiudizialità con la proposizione della domanda di divisione giudiziale, ben potendosi richiedere tale divisione ex art. 1111 c.c. a prescindere dal rendiconto, a tanto potendosi e dovendosi provvedere nel corso del giudizio. Il giudice non può, peraltro, disporre il rendiconto senza istanza delle parti, le quali devono indicare i presupposti di fatto del relativo obbligo, con la conseguenza che la detta istanza non può non essere soggetta al regime di cui all'art. 345 c.p.c.
Cass. civ. n. 1010/2024
In caso di declaratoria di nullità integrale del contratto, al giudice dell'impugnazione è precluso il rilievo d'ufficio della sua nullità parziale quando, non essendo stata specificamente impugnata dalla parte interessata la statuizione di nullità totale, sulla stessa si è formato il giudicato interno. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con cui la Corte d'appello, riformando la pronuncia di nullità integrale del contratto, aveva ritenuto che il mutuo fondiario, stipulato in violazione dell'art. 38 del d.lgs. n. 385 del 1993, fosse nullo per la sola parte eccedente il limite di finanziabilità, sebbene l'appellante non avesse impugnato il capo della sentenza contenente la statuizione di nullità integrale).
Cass. civ. n. 21606/2021
La nuova formulazione dell'art. 345, comma 3, c.p.c., introdotta dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, che prevede il divieto di ammissione, in appello, di nuovi mezzi di prova e documenti, salvo che la parte dimostri di non avere potuto proporli o produrre per causa non imputabile, trova applicazione, in difetto di un'espressa disciplina transitoria ed in base al generale principio processuale "tempus regit actum", quando la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dopo l'11 settembre 2012. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 10/11/2015).
Cass. civ. n. 157/2020
Il divieto di proporre domande nuove in appello, previsto dall'art. 345, comma 1, c.p.c., è posto a tutela di un interesse di natura pubblicistica, sicchè la relativa violazione è rilevabile in sede di legittimità anche d'ufficio, senza che possa spiegare alcuna influenza l'accettazione del contraddittorio. (Cassa senza rinvio, TRIB.SUP. DELLE ACQUE PUBBLICH ROMA, 04/05/2017).
Cass. civ. n. 6281/2019
In tema di giurisdizione, la parte convenuta che abbia proposto domanda riconvenzionale (o, nel processo amministrativo, ricorso incidentale), rimasta non esaminata in quanto assorbita dal pieno rigetto nel merito della domanda principale, non è legittimata a proporre appello incidentale, eventualmente in via condizionata, contro il capo implicito della sentenza con cui il giudice adito ha affermato la propria giurisdizione, in quanto tale parte, avendo a sua volta implicitamente invocato la giurisdizione del medesimo giudice spiegando domanda riconvenzionale, sul punto è risultata pienamente vittoriosa.
Cass. civ. n. 26495/2019
Il giudice innanzi al quale sia proposta una domanda di nullità contrattuale deve rilevare d'ufficio l'esistenza di una causa di nullità diversa da quella prospettata, che sia desumibile dai fatti dedotti in giudizio ed abbia carattere assorbente, con l'unico limite di dovere instaurare il contraddittorio prima di statuire sul punto. Tale rilievo è doveroso anche in grado di appello, perché si tratta di una questione che attiene ai fatti costitutivi della pretesa azionata ed integra un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio ex art. 345 c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di appello, che non aveva rilevato d'ufficio la nullità del contratto di vitalizio alimentare per difetto di causa, in particolare per difetto di alea, in ragione della grave patologia che affliggeva il vitaliziato e che lasciava presumere l'imminente suo decesso, in un giudizio in cui il medesimo contratto era stato impugnato per altre ragioni).
Cass. civ. n. 26880/2019
L'eccezione riconvenzionale, pur ampliando il tema della controversia, tendendo a paralizzare il diritto della controparte, rimane nell'ambito della difesa e del "petitum" e, quindi, si differenzia dalla domanda riconvenzionale che, invece, è diretta ad ottenere l'accertamento di un diritto con autonomo provvedimento avente forza di giudicato; ne consegue che tale ultima domanda non può essere proposta in appello se in primo grado la relativa questione sia stata sollevata con eccezione riconvenzionale.
Cass. civ. n. 23565/2019
La proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cd. diritti "autodeterminati", individuati, cioè, sulla base della sola indicazione del relativo contenuto sì come rappresentato dal bene che ne forma l'oggetto, con la conseguenza che la "causa petendi" delle relative azioni giudiziarie si identifica con i diritti stessi e non con il relativo titolo - contratto, successione ereditaria, usucapione, ecc. - che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non ha, per l'effetto, alcuna funzione di specificazione della domanda, essendo, viceversa, necessario ai soli fini della prova. Non viola, pertanto, il divieto dello "ius novorum" in appello la deduzione da parte dell'attore - ovvero il rilievo "ex officio iudicis" - di un fatto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda introduttiva del giudizio. (Nella specie, è stata ritenuta ininfluente, sotto il profilo della novità della domanda, la circostanza che il convenuto, nell'esperire in via riconvenzionale un'"actio confessoria servitutis", in primo grado avesse dedotto l'esistenza di una servitù volontaria e, in grado di appello, di una servitù per destinazione del padre di famiglia).
Cass. civ. n. 20322/2019
Ove in primo grado, a fronte di domanda di adempimento, sia opposta dal convenuto soltanto eccezione d'inadempimento, in sede di appello non può essere introdotta dallo stesso convenuto azione di risoluzione per inadempimento, trattandosi di domanda nuova e, quindi, inammissibile (art. 345 c.p.c.), ancorché risulti formulata in primo grado una riserva (nel futuro) di tale azione, la quale costituisce una manifestazione di intenti processualmente irrilevante.
Cass. civ. n. 2037/2019
In tema d'appalto, la domanda di riduzione del prezzo in presenza di difetti dell'opera può essere proposta, in luogo di quella originaria di risoluzione per inadempimento, sia nel giudizio di primo grado sia in quello d'appello, giacché, essendo fondata sulla medesima "causa petendi" e caratterizzata da un "petitum" più limitato, non costituisce domanda nuova. Infatti, all'appalto non può essere esteso il principio, dettato per la vendita dall'art. 1492, comma 2, c.c., dell'irrevocabilità della scelta, operata mediante domanda giudiziale, tra risoluzione del contratto e riduzione del prezzo; inoltre, nel caso di inadempimento dell'appaltatore, il divieto di cui all'art. 1453, comma 2, c.c. impedisce al committente, che abbia proposto domanda di risoluzione, di mutare tale domanda in quella di adempimento, ma non anche di chiedere la riduzione del prezzo.
Cass. civ. n. 24597/2019
È consentito al creditore, anche in grado di appello, modificare la domanda originaria di condanna solidale dei convenuti in una domanda che, sulla base del medesimo titolo, sia diretta a conseguire la condanna "pro quota", perché mediante tale modifica il creditore delimita solo, sul piano quantitativo, il "petitum" fatto valere nei confronti dei singoli condebitori, che resta però, nel complesso, immutato.
Cass. civ. n. 25434/2019
Il rilievo d'ufficio delle eccezioni in senso lato, attesa la distinzione rispetto a quelle in senso stretto, non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, purchè i fatti risultino documentati "ex actis"; ne consegue che in presenza di una eccezione in senso lato il giudice può esercitare anche i propri poteri officiosi al fine di ammettere le prove indispensabili, cioè quelle idonee ad elidere ogni incertezza nella ricostruzione degli eventi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva qualificato il rifiuto di ricevere la lettera di licenziamento, annotato in calce alla lettera prodotta in giudizio dal datore di lavoro, come eccezione in senso lato dunque non soggetta a preclusioni, con conseguente legittimità degli esercitati poteri istruttori).
Cass. civ. n. 15931/2019
Il convenuto in un'azione negatoria di servitù di passaggio, che eccepisca il proprio diritto di passare sul fondo dell'attore per avere usucapito la servitù o per l'esistenza di una servitù di uso pubblico ovvero, ancora, sostenendo la demanialita dell'area su cui intende esercitare il passaggio, dà luogo ad una semplice eccezione (a meno che non tenda ad ottenere, sul suo preteso diritto, non già una semplice pronuncia incidentale, intesa solo a paralizzare la pretesa attrice, ma una pronuncia principale con valore di giudicato), come tale proponibile per la prima volta in appello ai sensi dell'art. 345, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 28439/2019
Il giudice, fin dal primo grado e dunque anche in appello, deve esercitare il proprio potere-dovere di integrazione probatoria "ex officio", con l'acquisizione della documentazione offerta contestualmente all'atto di impugnazione, sulla base di allegazione effettuata già nella memoria di primo grado, laddove tale documentazione sia indispensabile per provare il carattere provvisorio della liquidazione del trattamento pensionistico ritenuto in parte indebito.
Cass. civ. n. 21956/2019
Il deposito di documenti nuovi in appello non è ammissibile, ove la loro mancata produzione in primo grado debba essere attribuita ad una scelta volontaria della parte. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva escluso l'ammissibilità della produzione, in sede di gravame, del titolo di proprietà di un fondo, trattandosi di documento non depositato agli atti del processo di primo grado, nonostante l'invito in tal senso rivolto dal giudice alla parte in prime cure).
Cass. civ. n. 17062/2019
Il divieto di produzione di nuovi documenti in appello di cui all'art. 345 c.p.c. si riferisce soltanto ai documenti relativi al merito della causa e non a quelli utili a dimostrare la legittimazione processuale, la cui produzione è soggetta a decadenza nel solo caso in cui non venga effettuata entro il termine assegnato dal giudice ai sensi dell'art. 182, comma 2, c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione con la quale il giudice d'appello aveva confermato la sentenza dichiarativa del difetto di legittimazione processuale di una società per azioni che aveva agito in giudizio quale rappresentante dell'INPS, dopo aver respinto la richiesta di produzione di documenti ai sensi dell'art. 345 c.p.c. dalla stessa avanzata al fine di dimostrare la legittimazione contestata).
Cass. civ. n. 12574/2019
La produzione di nuovi documenti in appello è ammissibile, ai sensi dell'art. 345, comma 3, c.p.c. nella formulazione successiva alla novella attuata mediante la l. n. 69 del 2009, a condizione che la parte dimostri di non avere potuto produrli prima per causa a sé non imputabile ovvero che essi, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado, siano indispensabili per la decisione, purché tali documenti siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione nell'atto introduttivo del secondo grado di giudizio, salvo che la loro formazione sia successiva e la loro produzione si renda necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo; tale produzione è, però, comunque preclusa una volta che la causa sia stata rimessa in decisione e non può essere pertanto effettuata in comparsa conclusionale.
Cass. civ. n. 30738/2019
Il principio di immanenza della prova, per il quale una prova documentale, una volta entrata nel processo, vi permane e può essere utilizzata anche da una parte diversa da quella che l'ha introdotta, va riferito non al documento materialmente incorporante tale prova, bensì all'efficacia spiegata dal mezzo istruttorio virtualmente a disposizione di ciascuna delle parti; ne consegue che le prove documentali, non riesaminate in appello perché non più materialmente presenti in atti per l'inerzia della parte che ne invochi una diversa valutazione, continuano, tuttavia, a spiegare efficacia nel senso loro attribuito nella sentenza emessa dal primo giudice, la cui presunzione di legittimità non risulta superata per fatto ascrivibile all'appellante.
Cass. civ. n. 24040/2019
Nella vigenza del regime giuridico delle preclusioni introdotto dalla l. n. 353 del 1990, la novità della domanda formulata nel corso del giudizio è rilevabile anche d'ufficio da parte del giudice, trattandosi di una questione sottratta alla disponibilità delle parti, in virtù del principio secondo cui il "thema decidendum" è modificabile soltanto nei limiti e nei termini a tal fine previsti, con la conseguenza che, ove in primo grado tali condizioni non siano state rispettate, l'inammissibilità della domanda può essere fatta valere anche in sede di gravame, non essendo la relativa eccezione annoverabile tra quelle in senso stretto, di cui l'art. 345 c.p.c. esclude la proponibilità in appello.
Cass. civ. n. 30495/2019
La domanda di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, essendo conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata, non costituisce domanda nuova ed è perciò ammissibile in appello anche nel corso del giudizio, quando l'esecuzione della sentenza sia avvenuta successivamente alla proposizione dell'impugnazione. Qualora il giudice d'appello non provveda su tale domanda, la parte può alternativamente denunciare l'omissione con ricorso per cassazione o farla valere riproponendo la detta domanda restitutoria in autonomo giudizio, posto che la mancata pronuncia dà luogo ad un giudicato solo processuale e non sostanziale.
Cass. civ. n. 23796/2018
Le mere difese, volte a contrastare genericamente le avverse pretese senza tradursi nell'allegazione di un fatto impeditivo, modificativo o estintivo rispetto alle stesse, non sono precluse, ancorché "nuove", in appello poiché esse non rientrano nel campo di applicazione dell'art. 345, comma 2, c.p.c. che vieta espressamente la proposizione delle sole nuove eccezioni in senso proprio, ossia quelle non rilevabili d'ufficio, e non, indistintamente, tutte le difese comunque svolte dalle parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto eccezione nuova la deduzione dell'appellante di infondatezza per mancanza di prova dell'avversa ragione di credito, in quanto basata su documentazione all'uopo inidonea).
Cass. civ. n. 7294/2017
Il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione - e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia - trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c..
Cass. civ. n. 15945/2017
Il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova e nuovi documenti nel giudizio di appello, previsto dall’art. 345, comma 3, c.p.c., che deriva dal carattere tendenzialmente chiuso delle fasi di impugnazione, non opera quando il giudice eserciti il proprio potere di disporre o rinnovare le indagini tecniche attraverso l’affidamento di una consulenza tecnica d’ufficio.
Cass. civ. n. 6854/2017
Il divieto di proporre domande nuove in appello implica che è preclusa la facoltà di avanzare pretese che involgano la trasformazione obiettiva del contenuto intrinseco della domanda proposta in primo grado, ma non quella di prospettare rilievi che importino una diversa qualificazione giuridica del rapporto e l'applicazione di una norma di diritto non invocata in primo grado, tanto più quando la nuova ragione giuridica dedotta in sede di gravame derivi da una norma di legge che il giudice è tenuto ad applicare. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la deduzione in appello, ai fini dell’applicazione dell’art. 879 c.c., della violazione del regolamento edilizio di un comune, non costituisse domanda nuova rispetto a quella con la quale, in primo grado, era stata chiesta la rimozione di alcune opere costruite in violazione delle norme sulle distanze perché, in relazione ai fatti prospettati, doveva applicarsi, anche “ex officio”, la disposizione indicata in appello, senza che ciò incidesse in alcun modo sull'identità della domanda stessa).
Cass. civ. n. 7743/2017
In tema di appello, non costituisce domanda nuova, ai sensi dell'art. 345 c.p.c., la prospettazione di una qualificazione giuridica della proprietà in termini di condominio edilizio anziché di comunione ordinaria, ove la ricostruzione si fondi sui medesimi fatti.
Cass. civ. n. 22669/2017
Proposta in primo grado domanda di risoluzione di diritto di un contratto, ex art. 1456 c.c., non soggiace al divieto di "nova" in appello, ai sensi dell'art. 345, commi 1 e 2, c.p.c., il motivo di gravame con il quale l’appellante, originariamente difesosi invocando il rigetto della domanda sulla base della scarsa importanza del proprio inadempimento, deduca l’inefficacia, per la loro genericità, delle clausole risolutive espresse azionate in prime cure, in quanto tale deduzione, equivalendo alla contestazione della sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie giuridica oggetto della causa (avvenuta o meno risoluzione "di diritto" del contratto), rientra fra le mere difese, non soggette al suddetto divieto.
Cass. civ. n. 22983/2017
La deroga al divieto di "nova" in appello, consentita dall'art. 1453, comma 2, c.c., si estende anche alle domande, quale quella restitutoria, consequenziali alla domanda di risoluzione proposta per la prima volta in sede di gravame, purché, tuttavia, quest'ultima sia accolta giacché, in caso contrario, tali domande risultano travolte dal rigetto della domanda risolutoria da cui dipendono.
Cass. civ. n. 10728/2017
L'intervenuta cessazione della materia del contendere (nella specie, per transazione intervenuta nel corso del giudizio di primo grado) non forma oggetto di un'eccezione in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata dal giudice d'ufficio, anche in appello, non essendo il relativo rilievo subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte, purché i fatti risultino documentati “ex actis”.
Cass. civ. n. 20347/2017
La consulenza di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, la cui produzione, regolata dalle norme che disciplinano tali atti e perciò sottratta al divieto di cui all'art. 345 c.p.c., deve ritenersi consentita anche in appello.
Cass. civ. n. 10790/2017
Nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345, comma 3, c.p.c., nel testo previgente rispetto alla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.
Cass. civ. n. 6590/2017
La modifica, in senso restrittivo rispetto alla produzione documentale in appello, dell’art. 345, comma 3, c.p.c., operata dal d.l. n. 83 del 2012, trova applicazione, mancando una disciplina transitoria e dovendosi ricorrere al principio “tempus regit actum”, solo se la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della l. n. 134 del 2012, di conv. del d.l. n. 83 cit. e, cioè, dal giorno 11 settembre 2012.
Cass. civ. n. 3654/2017
L’indispensabilità dei nuovi mezzi di prova in appello, agli effetti dell’art. 345, comma 3, c.p.c. (nel testo applicabile “ratione temporis”), deve apprezzarsi in relazione alla decisione di primo grado ed al modo in cui essa si è formata, sicché, solo ciò che la decisione afferma a commento delle risultanze istruttorie acquisite deve evidenziare la necessità di un apporto probatorio che, nel contraddittorio in primo grado e nella relativa istruzione, non era apprezzabile come utile e necessario. Ne deriva che, se la formazione della decisione è avvenuta in una situazione nella quale lo sviluppo del contraddittorio e delle deduzioni istruttorie avrebbero consentito alla parte di avvalersi del mezzo di prova perché funzionale alle sue ragioni, deve escludersi che lo stesso sia indispensabile, se la decisione si è formata prescindendone, essendo imputabile alla negligenza della parte di non aver introdotto tale prova. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione che aveva ritenuto inammissibile in appello la produzione di un testamento poiché la stessa era correlata alla questione afferente l’esistenza di un valido titolo successorio in favore di una parte intervenuta che aveva costituito oggetto specifico del giudizio di primo grado).