Art. 34 – Codice di procedura penale – Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento
1. Il giudice che ha pronunciato o ha concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento non può esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, né partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento [627 c.p.p.] o al giudizio per revisione [633, 636 c.p.p.].
2. Non può partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare [424 c.p.p.] o ha disposto il giudizio immediato [455 c.p.p.] o ha emesso decreto penale di condanna [460 c.p.p.] o ha deciso sull'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere [428 c.p.p.].
2-bis. Il giudice che nel medesimo procedimento ha esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari non può emettere il decreto penale di condanna, né tenere l'udienza preliminare; inoltre, anche fuori dei casi previsti dal comma 2, non può partecipare al giudizio.
2-ter. Le disposizioni del comma 2 bis non si applicano al giudice che nel medesimo procedimento abbia adottato uno dei seguenti provvedimenti:
a) le autorizzazioni sanitarie previste dall'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354;
b) i provvedimenti relativi ai permessi di colloquio, alla corrispondenza telefonica e al visto di controllo sulla corrispondenza, previsti dall'articolo 18 e 18 ter della legge 26 luglio 1975, n. 354;
c) i provvedimenti relativi ai permessi previsti dall'articolo 30 della legge 26 luglio 1975, n. 354;
d) il provvedimento di restituzione nel termine di cui all'articolo 175;
e) il provvedimento che dichiara la latitanza a norma dell'articolo 296.
2-quater. Le disposizioni del comma 2 bis non si applicano inoltre al giudice che abbia provveduto all'assunzione dell'incidente probatorio o comunque adottato uno dei provvedimenti previsti dal titolo VII del libro quinto.
3. Chi ha esercitato funzioni di pubblico ministero o ha svolto atti di polizia giudiziaria [347-357 c.p.p.] o ha prestato ufficio di difensore [96-108 c.p.p.], di procuratore speciale [76, 122, 336 c.p.p.], di curatore di una parte [77 c.p.p.] ovvero di testimone [196 c.p.p.], perito [221 c.p.p.], consulente tecnico [225 c.p.p.] o ha proposto denuncia [333 c.p.p.], querela [336 c.p.p.], istanza [341 c.p.p.] o richiesta [344 c.p.p.] o ha deliberato o ha concorso a deliberare l'autorizzazione a procedere [343 c.p.p.] non può esercitare nel medesimo procedimento l'ufficio di giudice.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 34464/2024
In tema di oltraggio, ricorre l'esimente del diritto di critica politica se le espressioni profferite, pur aspre, non si risolvano in un'aggressione gratuita alla sfera morale altrui, né trasmodino in disprezzo per la persona, concretizzandosi in censure all'operato degli avversari politici, nella dialettica tra maggioranza e minoranza. (Nella specie, la Corte ha ritenuto scriminate le espressioni con le quali, rivolgendosi al Sindaco, un consigliere comunale di opposizione aveva affermato che le forze politiche di minoranza non riconoscevano ai vincitori della competizione elettorale "il ruolo, morale e politico per stare seduti sui banchi della maggioranza" perché il loro successo era frutto di pratiche clientelari, di cui nemmeno la persona offesa aveva contestato i presupposti fattuali).
Cass. civ. n. 33855/2024
Non integra il reato di esercizio abusivo della professione di avvocato la condotta di colui che provveda, in un'unica occasione, ad autenticare la sottoscrizione della persona offesa apposta in calce alla querela, trattandosi di un atto non esclusivamente riservato a detta professione, purché le modalità non siano tali da rivelare l'esistenza di un'attività organizzata o continuativa.
Cass. civ. n. 28474/2024
In tema di prescrizione, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 si applica la disciplina prevista dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (cd. riforma Orlando), posto che il criterio della legge più favorevole stabilito all'art. 2, comma 4, cod. pen. assume come termini di raffronto la sospensione del decorso della prescrizione di cui all'art. 159, comma secondo, cod. pen., nel testo previsto dall'art. 11, lett. b), legge cit. e l'art. 161-bis cod. pen., introdotto dalla legge 27 settembre 2021, n. 134.
Cass. civ. n. 26886/2024
In tema di reati di bancarotta, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., dell'art. 236, comma 2, n. 1, legge fall. nella parte in cui impone anche per la bancarotta fraudolenta "da concordato preventivo" il medesimo trattamento sanzionatorio previsto per la bancarotta fraudolenta fallimentare, in quanto anche il concordato preventivo, come la procedura fallimentare, ha una dimensione concorsuale e eventualmente liquidatoria.
Cass. civ. n. 26294/2024
In tema di prescrizione, trova applicazione la disciplina di cui alla legge 23 giugno 2017, n. 103 (cd. riforma Orlando), relativamente ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019, ivi compresa quella afferente ai periodi di sospensione ex art. 159, comma secondo, cod. pen., nel testo introdotto dall'art. 11, lett. b), legge cit. (In motivazione, la Corte ha precisato che quello indicato costituisce regime più favorevole, sia rispetto a quello previsto dall'art. 1, comma 1, lett. e), n. 1, legge 9 gennaio 2019, n. 3 (cd. riforma Bonafede), che, vigente dal 1 gennaio 2020, ha riformulato l'art. 159, comma secondo, cod. pen., prevedendo la sospensione del corso della prescrizione dalla pronunzia della sentenza di primo grado o dal decreto penale di condanna fino all'esecutività della sentenza o all'irrevocabilità del decreto, sia rispetto a quello delineato dall'art. 2 legge 27 settembre 2021, n. 134, abrogativo dell'art. 159, secondo comma, cit., che ha introdotto l'art. 161-bis, cod. pen., a termini del quale il decorso della prescrizione cessa con la sentenza di primo grado, nonché l'art. 344-bis, cod. proc. pen., a tenore del quale, per i reati commessi dal 1 gennaio 2020, la mancata definizione del giudizio di appello e di quello di cassazione entro i termini rispettivamente indicati costituisce causa di improcedibilità dell'azione penale). bis, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 544 CORTE COST., Legge 23/06/2017 num. 103 art. 1 com. 11 lett. B CORTE COST., Legge 23/06/2017 num. 103 art. 1 com. 15 CORTE COST., Legge 23/06/2017 num. 103 art. 1 com. 95 CORTE COST., Legge 09/01/2019 num. 3 art. 1 com. 1 lett. E CORTE COST., Legge 09/01/2019 num. 3 art. 1 com. 2 CORTE COST., Legge 27/09/2021 num. 134 art. 2
Cass. civ. n. 26209/2024
Non è configurabile il reato di porto abusivo di armi, bensì la fattispecie di trasporto nel caso in cui l'arma costituisca mero oggetto inerte di una operazione di trasferimento da un luogo ad un altro e l'agente non ne abbia pronta disponibilità per farne un uso immediato.
Cass. civ. n. 25648/2024
In tema di responsabilità da reato degli enti, la cancellazione della società dal registro delle imprese determina l'estinzione dell'illecito previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, ricorrendo un caso assimilabile alla morte dell'imputato. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'estinzione irreversibile della società che consegue alla sua cancellazione dal registro delle imprese ha portata generale, non potendosi stabilire effetti differenti a seconda che detta cancellazione sia "fisiologica" ovvero predisposta per eludere le sanzioni conseguenti agli eventuali illeciti posti in essere nel suo interesse o vantaggio).
Cass. civ. n. 25409/2024
La procura rilasciata "con ogni più ampia facoltà di legge" in calce alla comparsa di risposta in appello, in quanto comprensiva del potere di compiere ogni attività processuale utile all'appellato, legittima il difensore a proporre l'appello incidentale.
Cass. civ. n. 25082/2024
Il provvedimento di rigetto del concordato in appello non è ricorribile per cassazione da parte dell'imputato unitamente alla sentenza, posto che il predetto non ha interesse ad impugnare, conseguendo alla reiezione della proposta di accordo l'esame dell'atto di gravame sia in punto di accertamento della responsabilità che di inflizione della pena. (In motivazione, la Corte ha precisato che, a seguito del rigetto della richiesta di concordato, le parti possono avanzare una nuova istanza, emendata dai vizi rilevati dal giudice).
Cass. civ. n. 24326/2024
In caso di annullamento con rinvio limitato alla verifica della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, il giudice del rinvio non può dichiarare l'estinzione per sopravvenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale, rispetto ai reati commessi successivamente al 1 gennaio 2020, per i quali opera la causa di improcedibilità per superamento dei termini massimi di durata del procedimento ex art. 344-bis cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 24097/2024
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 34, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 150 del 2022, per contrasto con gli artt. 3, 25, 27, 32, 97, 102, 106 e 111 Cost. e 6 CEDU, nella parte in cui prevede l'inappellabilità delle sentenze di condanna alla sola pena dell'ammenda o a quella del lavoro di pubblica utilità e delle sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con pena pecuniaria o con pena alternativa, non avendo il doppio grado di merito copertura costituzionale e corrispondendo l'inappellabilità delle sentenze concernenti fatti di modesta rilevanza a una scelta legislativa legittima, in quanto finalizzata a migliorare l'efficienza del sistema delle impugnazioni. (In motivazione, la Corte ha altresì evidenziato che le garanzie della giurisdizione risultano comunque assicurate nell'ambito del giudizio di primo grado e per effetto dello scrutinio di legittimità della sentenza, nonché, per la persona offesa, dalla facoltà di adire la giurisdizione civile a tutela dei propri diritti).
Cass. civ. n. 23880/2024
La domanda di annullamento di un atto tributario, sottoposto ad impugnazione giudiziale mediante sul presupposto della sua illegittimità, mira ad una pronuncia costitutiva, essendo diretta all'eliminazione dell'atto stesso, sicché l'Amministrazione finanziaria, anche in caso di omessa costituzione in primo grado, è legittimata ed ha interesse a sostenere, in appello, la sua legittimità per paralizzare e resistere alla domanda avversaria, senza che ciò determini la violazione degli artt. 57 e ss. del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell'art. 345 c.p.c., trattandosi di esercizio di mere difese e non della proposizione di una domanda o eccezione in senso proprio.
Cass. civ. n. 23623/2024
In tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, la disposizione di cui alla legge 8 agosto 2019,n. 77, di conversione del d.l. 14 giugno 2019, n. 53, che, a modifica dell'art. 131-bis cod. pen., ha stabilito che l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per i reati di cui agli artt. 336, 337 e 341-bis cod. pen. commessi nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni, non si applica ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore in data 10 agosto 2019, trattandosi di disciplina più sfavorevole incidente su norme sostanziali.
Cass. civ. n. 22487/2024
In tema di impugnazioni, è ammissibile, anche a seguito delle modifiche introdotte dall'art. 34, comma 1, lett. f), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa a seguito di concordato in appello, col quale si deduca l'erronea determinazione della pena per vizi di calcolo relativi ai passaggi intermedi.
Cass. civ. n. 21868/2024
Nel processo instaurato per l'accertamento della responsabilità da reato di un ente, non è ammissibile la costituzione di parte civile, non essendo l'istituto contemplato dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. (In motivazione la Corte ha chiarito che l'omissione è frutto di una consapevole scelta legislativa).
Cass. civ. n. 21661/2024
L'acquisizione da parte della polizia giudiziaria dei codici IMEI di telefoni cellulari presenti in una determinata zona non necessita della preventiva autorizzazione dell'autorità giudiziaria, in quanto, non determinando alcuna intrusione nelle conversazioni in transito sull'apparecchio, ma limitandosi a identificarlo, non è assimilabile a un mezzo di ricerca della prova, atteso che costituisce unicamente il presupposto operativo della successiva attività captativa delle conversazioni. (In motivazione, la Corte ha precisato che su tale principio non ha inciso la sentenza della Corte EDU del 24 aprile 2018 nel caso Benedik c. Slovenia, che ha ritenuto la sussistenza della violazione dell'art. 8 CEDU in un caso di acquisizione, da parte della polizia giudiziaria, dell'indirizzo IP dinamico, per la cui individuazione è necessario esaminare i dati di connessione pertinenti all'abbonato e, quindi, informazioni rientranti nell'ambito della sua vita privata).
Cass. civ. n. 20752/2024
Non sussiste la causa di incompatibilità di cui all'art. 34 cod. proc. pen. nel caso in cui il giudice, in precedenza, abbia respinto la richiesta di patteggiamento avanzata da concorrenti nel medesimo reato associativo per il quale l'imputato è tratto a giudizio, atteso che la delibazione effettuata sulla richiesta di patteggiamento avanzata da altri coimputati non implica valutazioni di merito sulla posizione del concorrente.
Cass. civ. n. 20573/2024
In tema impugnazioni, è inappellabile la sentenza di condanna con la quale è inflitta la pena dell'ammenda, anche se in sostituzione, in tutto o in parte, di quella dell'arresto, per effetto del disposto dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen., come novellato dall'art. 34, comma 1, lett. a), d.lgs. 22 ottobre 2022, n. 150, e della contestuale introduzione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui agli artt. 20-bis cod. pen. e 53 e ss. legge 24 novembre 1981, n. 689.
Cass. civ. n. 20392/2024
Nell'ipotesi in cui il giudice d'appello rigetti il gravame proponendo una interpretazione della sentenza diversa da quella dell'appellante, ma conforme a diritto, non si ha violazione dei principi di cui agli artt. 112, 342 e 345 c.p.c. ed il soccombente, se intende ricorrere per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, ha l'onere di proporre specifica e valida impugnazione della lettura della sentenza di primo grado adottata dal giudice di appello, a pena di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso una sentenza d'appello che aveva interpretato la sentenza di primo grado come accertamento, ex art. 615 c.p.c., dell'estinzione dei crediti erariali per prescrizione quinquennale, in quanto il ricorrente non aveva censurato la lettura data dal giudice d'appello).
Cass. civ. n. 20351/2024
Tra la domanda di risarcimento del danno relativa all'"an debeatur" e quella relativa al "quantum debeatur" non si pone un rapporto di piena alternatività, ma un rapporto di pregiudizialità logica, non soggetta all'applicazione dell'art. 34 c.p.c., che, invece, riguarda la diversa fattispecie della pregiudizialità tecnica; ne consegue che, nell'ipotesi in cui le due domande siano proposte contemporaneamente davanti a due giudici diversi, non deve procedersi alla sospensione necessaria del giudizio sul "quantum" in attesa della definizione di quello sull'"an", mentre, in caso di contemporanea proposizione delle domande al medesimo giudice, quella pregiudiziale non deve essere decisa autonomamente, poiché l'accertamento sul diritto pregiudicato (oggetto della domanda di condanna specifica) implica quello sul rapporto pregiudicante (oggetto della domanda di condanna generica), a cui si estende l'effetto di giudicato.
Cass. civ. n. 19829/2024
Nel rito del lavoro, il giudice di appello deve vagliare l'ammissibilità dei documenti prodotti dall'appellante, già contumace in primo grado, ex art. 437 c.p.c. in base alla loro rilevanza e, cioè, all'indispensabilità ai fini della decisione, valutandone la potenziale idoneità dimostrativa in rapporto al thema probandum, avuto riguardo allo sviluppo assunto dall'intero processo.
Cass. civ. n. 19391/2024
In tema di reati ambientali, non è causa di improcedibilità dell'azione penale l'omessa indicazione all'indagato, da parte dell'organo di vigilanza o della polizia giudiziaria, ex artt. 318-bis e ss. d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, delle prescrizioni la cui ottemperanza è necessaria per l'estinzione delle contravvenzioni.
Cass. civ. n. 18873/2024
In tema di prescrizione, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 si applica, per il principio di retroattività della norma penale più favorevole, la disciplina prevista dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, che non prevedeva la causa di sospensione del corso della prescrizione durante il tempo di celebrazione del giudizio di appello e di cassazione, introdotta all'art. 159, comma secondo, cod. pen. dal disposto di cui all'art. 1, comma 11, lett. b), legge 23 giugno 2017, n. 103 e, poi, esplicitamente abrogata dall'art. 2, comma 1, lett. a), della legge 27 settembre 2021, n. 134, con conseguente "reviviscenza" del regime prescrizionale antecedente. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'enunciato principio non è contraddetto dalla coeva introduzione della causa di improcedibilità per superamento dei termini massimi di durata del processo di cui all'art. 344-bis, cod. proc. pen., valevole per i soli reati commessi dopo l'1 gennaio 2020).
Cass. civ. n. 18817/2024
L'ente responsabile per i danni cagionati da fauna selvatica, nel caso in cui tale responsabilità sia sussunta nella previsione normativa di cui all'art. 2043 c.c., va individuato nel soggetto che, in base ad un accertamento in concreto, risulti affidatario dei poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna; al fine di detto accertamento, l'art. 15 l.r. Marche n. 25 del 2008 - istitutivo di un apposito "fondo per l'indennizzo da parte della Regione dei danni causati alla circolazione stradale dalla fauna selvatica" nel bilancio regionale - assume rilevanza sintomatica della scelta di allocare in capo alla Regione la "neutralizzazione" di tale pregiudizio mediante attribuzione dei poteri funzionali alla sua prevenzione. (La S.C. ha affermato tale principio in una fattispecie in cui si era formato il giudicato interno sulla qualificazione giuridica della responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c.).
Cass. civ. n. 18377/2024
In materia di IVA, l'innalzamento del limite previsto dall'art. 34, comma 1, della l. n. 388 del 2000 per i crediti di imposta e dei contributi compensabili ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, sancito per l'anno 2021 dall'art. 22 del d.l. n. 73 del 2021, conv. con modif. dalla l. n. 106 del 2021, reso permanente a decorrere dall'1/1/2022, ex art. 1, comma 72, della l. n. 234 del 2021, comporta una abolitio criminis parziale, in quanto incide sulla fattispecie sostanziale alla base della compensazione ampliando la liceità della condotta, con conseguente applicazione non di un principio di favor rei in senso stretto ai fini del trattamento sanzionatorio, bensì direttamente della retroattività della novella.
Cass. civ. n. 18333/2024
In tema di IVA, l'art. 19, comma 3, lett. d), del d.P.R. n. 633 del 1972, secondo cui l'indetraibilità dell'imposta per operazioni esenti non si estende alle cessioni di oro da investimento effettuate dai soggetti che lo producono ovvero che lo trasformano in tale tipologia di oro, si applica - tenuto conto dell'art. 26-ter, lettera D), della direttiva del Consiglio 77/388/CEE, vigente ratione temporis - ai predetti soggetti, sia nel caso in cui le lavorazioni siano effettuate a loro cura, sia nel caso in cui lo siano da altri per loro conto, mantenendo, in questo secondo caso, il cd. "marchio di identificazione", di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 251 del 1999.
Cass. civ. n. 18222/2024
L'occupazione appropriativa e l'occupazione usurpativa sono caratterizzate l'una dall'irreversibile trasformazione del fondo in assenza del decreto di esproprio, e l'altra dalla trasformazione in mancanza, originaria o sopravvenuta, della dichiarazione di pubblica utilità. Tuttavia, nel caso di proposizione dell'azione di risarcimento del danno in conseguenza di occupazione usurpativa è ammissibile la riqualificazione della domanda, anche da parte del giudice, come relativa ad una occupazione appropriativa, in quanto entrambe fonte di responsabilità risarcitoria della P.A. secondo i principi di cui all'art. 2043 c.c.
Cass. civ. n. 18018/2024
In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel "thema decidendum" del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio.
Cass. civ. n. 17445/2024
In tema di misure di prevenzione patrimoniale, il decorso del termine di durata massima del giudizio di appello avverso il decreto di confisca emesso in primo grado, previsto dall'art. 27, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, determinando l'inefficacia del provvedimento ablatorio e il conseguente obbligo di restituzione dei beni, preclude la prosecuzione del giudizio, sicché alla Corte di appello non è consentito adottare un provvedimento di conferma del decreto impugnato.
Cass. civ. n. 17164/2024
Integrano il delitto di esercizio abusivo della professione medica le condotte consistenti nella diretta rilevazione delle impronte dentarie e nell'ispezione della cavità orale del paziente da parte di un odontotecnico per verificare le condizioni di una protesi o per istallarla, posto che per tale figura professionale l'art. 11, r.d. 31 maggio 1928, n. 1334 preclude qualunque manovra nella bocca del paziente.
Cass. civ. n. 17118/2024
In materia di consulenza tecnica d'ufficio, la nullità dell'elaborato disposto nel primo grado di giudizio per avere il c.t.u. utilizzato documenti irritualmente acquisiti, utili a provare i fatti principali, va fatta valere con l'appello, determinandosi nella specie un vizio processuale che, ove non ritualmente impugnato, resta sanato.
Cass. civ. n. 17055/2024
Ai fini del rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti riconosciuti al consumatore dalla Direttiva 93/13/CEE, se l'esecuzione è fondata su un decreto ingiuntivo non opposto e il giudice del monitorio ha omesso di esaminare l'eventuale abusività delle clausole contenute nel contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, la natura abusiva delle pattuizioni contrattuali dev'essere rilevata, anche d'ufficio, dal giudice dell'esecuzione, ma entro il limite dell'avvenuta vendita del bene (o dell'assegnazione del credito) pignorato , non potendo opporsi all'aggiudicatario vizi del processo esecutivo che non siano stati fatti valere con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi.
Cass. civ. n. 16681/2024
In tema di imposta di registro, la risoluzione di una precedente donazione per mutuo dissenso con conseguente retrocessione dei relativi beni, integrando un nuovo contratto con contenuto uguale e contrario a quello originario e con effetti di natura retro-traslativa di un diritto reale, è espressione di autonoma capacità contributiva e va tassato in misura proporzionale, indipendentemente dalla pattuizione di un corrispettivo, ponendo alla base dell'imposizione il valore del bene nella sua oggettiva consistenza al momento della retrocessione, secondo la regola di cui all'art. 34 del d.lgs. n. 346 del 1990. (Principio applicato con riferimento alla risoluzione per mutuo dissenso di originarie donazioni, che era stata riqualificata dall'Ufficio come un nuovo contratto di retrocessione della proprietà dei beni immobili ivi considerati e sottoposto a tassazione proporzionale, in luogo dell'imposta fissa versata dai contribuenti).
Cass. civ. n. 16423/2024
In tema di giudizio abbreviato, il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base del diverso apprezzamento di una prova dichiarativa, successivamente alla sostituzione del comma 3-bis, dell'art. 603 cod. proc. pen. ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è tenuto a rinnovare, anche d'ufficio, solo l'assunzione della prova ritenuta decisiva oggetto di integrazione istruttoria su richiesta di parte ai sensi dell'art. 438, comma 5, cod. proc. pen. o su iniziativa del giudice ex art. 441, comma 5, cod proc. pen.
Cass. civ. n. 16358/2024
Nel rito del lavoro costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell'art. 437, comma 2, c.p.c., quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado. (Nella specie, la S.C. ha qualificato prova nuova indispensabile la produzione, avvenuta solo in appello, dell'atto interruttivo della prescrizione).
Cass. civ. n. 15901/2024
La comunicazione dell'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348-bis c.p.c. è idonea a far decorrere il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, ex art. 348-ter, comma 3, c.p.c. solo quando permetta alla parte destinataria di conoscere la natura del provvedimento adottato, implicante lo speciale regime d'impugnazione previsto. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile, per tardività, il ricorso proposto avverso la sentenza di primo grado cinque mesi dopo la comunicazione dell'ordinanza di inammissibilità dell'appello effettuata a mezzo PEC al difensore).
Cass. civ. n. 15473/2024
In caso di mancato perfezionamento per trasferimento o irreperibilità del destinatario, la notificazione dell'impugnazione o dell'opposizione deve considerarsi meramente tentata e, quindi, omessa, poiché priva di uno degli esiti positivi previsti dall'ordinamento secondo il modello legale del procedimento prescelto, sicché il diritto di impugnazione deve intendersi consumato, salva la possibilità di un suo nuovo esercizio nel rispetto del termine cui esso è soggetto, nonché, ove ne ricorrano le condizioni, di un'impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c..
Cass. civ. n. 15100/2024
L'inammissibilità è una invalidità specifica delle domande e delle eccezioni delle parti ed è pronunciata nel caso in cui manchino dei requisiti necessari a renderle ritualmente acquisite al tema del dibattito processuale; pertanto, se il giudice di merito omette di pronunciarsi su un'eccezione di inammissibilità, la sentenza di merito non è impugnabile per l'omessa pronuncia o per la carenza di motivazione, ma unicamente per l'invalidità già vanamente eccepita, in quanto ciò che rileva non è il tenore della pronuncia impugnata, bensì l'eventuale esistenza appunto di tale invalidità. (Affermando tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che accogliendo la domanda aveva adottato una implicita decisione di rigetto della questione processuale relativa alla tardività dell'impugnazione, senza che, in sede di legittimità, fosse stata nuovamente censurata detta questione, dolendosi il ricorrente della pretesa omissione di pronuncia al riguardo).
Cass. civ. n. 14113/2024
L'impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l'impugnazione differita è inammissibile, ma non preclude, dopo la sentenza definitiva, l'esercizio del potere di impugnare anche quella non definitiva.
Cass. civ. n. 14024/2024
La trattazione congiunta del rito abbreviato e di quello ordinario nei confronti di imputati diversi non è causa di abnormità o di nullità della decisione, né tantomeno di una situazione di incompatibilità suscettibile di tradursi in motivo di ricusazione, poiché la coesistenza dei procedimenti comporta solo la necessità che, al momento della decisione, siano tenuti rigorosamente distinti i regimi probatori rispettivamente previsti per ciascuno di essi.
Cass. civ. n. 13904/2024
La mancata riproposizione, nelle conclusioni formalmente rassegnate nell'atto di costituzione in appello, dell'eccezione di prescrizione sollevata in primo grado, non ne comporta la tacita rinuncia, ove, in base al tenore complessivo dell'atto, la pronuncia richiesta presupponga necessariamente l'esame dell'eccezione predetta, poiché essa ha natura di eccezione di merito con funzione estintiva della domanda. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, non ritenendo sussistente il vizio di extrapetizione in ordine all'eccezione di prescrizione, sollevata in primo grado e non reiterata nelle conclusioni della comparsa di costituzione in appello, poiché pienamente coerente con la richiesta di rigetto della domanda).
Cass. civ. n. 12633/2024
Nella vigenza del regime giuridico delle preclusioni introdotto dalla l. n. 353 del 1990, la novità della domanda formulata nel corso del giudizio è rilevabile anche d'ufficio da parte del giudice, trattandosi di una questione sottratta alla disponibilità delle parti, in virtù del principio secondo cui il thema decidendum è modificabile soltanto nei limiti e nei termini a tal fine previsti, con la conseguenza che, ove in primo grado tali condizioni non siano state rispettate, l'inammissibilità della domanda può essere fatta valere anche in sede di gravame, non essendo la relativa eccezione annoverabile tra quelle in senso stretto, di cui l'art. 345 c.p.c. esclude la proponibilità in appello. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva considerato nuova e, quindi, inammissibile, la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance, ontologicamente diversa da quella originariamente proposta di risarcimento del pregiudizio derivante dal mancato raggiungimento del risultato sperato).
Cass. civ. n. 12157/2024
La nuova disciplina dell'art. 601, comma 3, cod. proc. pen., introdotta dall'art. 34, comma 1, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che individua in quaranta giorni, anziché in venti, il nuovo termine a comparire nel giudizio di appello, è applicabile a far data dal 30 dicembre 2022, dal momento che essa non è stata oggetto di specifico differimento da parte dell'art. 94, comma 2, del citato decreto. (In motivazione la Corte ha precisato che non esiste incompatibilità funzionale tra il termine di comparizione riformato e la perdurante applicazione del rito emergenziale, di cui all'art. 23-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. in legge 18 dicembre 2020, n. 176, il quale prevede quale forma di trattazione ordinaria quella cartolare).
Cass. civ. n. 11375/2024
E' appellabile la sentenza di condanna con cui è applicata la pena dell'ammenda in sostituzione di quella dell'arresto, anche alla stregua del disposto dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 34, comma 1, lett. a), d.lgs. 22 ottobre 2022, n. 150, che sancisce, in termini di tassatività, l'inappellabilità delle sole sentenze di condanna a pena originariamente prevista come ammenda.
Cass. civ. n. 11236/2024
Le dimissioni della lavoratrice intervenute nel periodo intercorrente tra il giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio e l'anno dalla sua celebrazione, se non confermate entro un mese davanti alla direzione provinciale del lavoro, sono nulle ai sensi dell'art. 35, comma 4, del d.lgs. n. 198 del 2006, a prescindere dall'individuazione della parte interessata alla conferma o della stessa onerata e dalle ragioni dell'inerzia.
Cass. civ. n. 10833/2024
L'obbligo di manutenzione e la correlata responsabilità dei consorzi di bonifica, ai sensi del combinato disposto degli artt. 31, commi 1 e 2, e 34, comma 1, l.r. Lazio n. 53 del 1998, riguardano solo i corsi d'acqua demaniali (in seguito ad affidamento ai consorzi da parte delle province) individuati con delibera della Giunta regionale del Lazio. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza della Corte territoriale che aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata ripulitura degli argini e dell'alveo di un corso d'acqua, spiegata dal proprietario di un fondo confinante nei confronti del consorzio territorialmente competente, rilevando che nessuna delle suddette norme indicava specifici obblighi di manutenzione dei corsi d'acqua).
Cass. civ. n. 10691/2024
In tema di impugnazioni, la regola processuale sulla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale di cui all'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 34, comma 1, lett. i), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in vigore a far data dal 30 dicembre 2022, trova immediata applicazione nel giudizio di appello, in assenza di disposizioni transitorie e in base al principio "tempus regit actum". (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con la quale era stata esclusa la necessità di procedere alla rinnovazione dell'istruzione, a fronte di un giudizio di primo grado svoltosi con le forme del rito abbreviato).
Cass. civ. n. 10401/2024
Il giudice di appello che riforma una decisione di proscioglimento assunta in esito a giudizio abbreviato, in base al novellato art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. e in forza dei dettami della recente giurisprudenza della Corte EDU, non è tenuto alla rinnovazione della prova dichiarativa, neanche con riguardo all'audizione dell'imputato, limitata, secondo l'enunciato della Corte EDU Maestri c. Italia, al caso in cui la stessa sia avvenuta nel corso del giudizio di primo grado, con conseguente esclusione di quello in cui siano state valutate dichiarazioni rese dal predetto nel corso delle indagini preliminari.
Cass. civ. n. 10274/2024
Nel rito tributario, il divieto di produrre nuovi documenti in sede di rinvio (salvo che la loro produzione fosse impossibile in precedenza ovvero sia scaturita dalla pronuncia di legittimità) è posto a tutela di un interesse di natura pubblicistica, sicché la relativa violazione è rilevabile in sede di legittimità anche d'ufficio, in caso di mancata eccezione d'inammissibilità o di accettazione del contraddittorio.
Cass. civ. n. 9343/2024
La declaratoria di inammissibilità dell'appello per ragioni processuali, adottata con ordinanza richiamante l'art. 348-ter c.p.c., è impugnabile con ricorso ordinario per cassazione, trattandosi, nella sostanza, di una sentenza di carattere processuale che, non contenendo alcun giudizio prognostico negativo circa la fondatezza nel merito del gravame, è pronunciata fuori dei casi normativamente previsti. (In applicazione del principio la S.C., accogliendo il motivo di ricorso con cui era dedotta la sufficiente specificità dell'atto di appello, ha cassato con rinvio l'ordinanza che aveva dichiarato inammissibile, ai sensi dell'art. 342 c.p.c., l'impugnazione avverso la sentenza di primo grado).
Cass. civ. n. 8551/2024
In tema di giudizio di appello, la "prova nuova indispensabile" di cui all'art. 345, comma 3, c.p.c. - nel testo antecedente al d.l. n. 83 del 2012, convertito con modif. dalla l. n. 134 del 2012 - rappresenta un concetto unitario, il quale implica che sia tale quella prova di per sé idonea a eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, qualunque ne sia la causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.
Cass. civ. n. 7990/2024
La nuova disciplina dell'art. 601, comma 3, cod. proc. pen., introdotta dall'art. 34, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022, che individua in quaranta giorni, anziché in venti, il nuovo termine a comparire nel giudizio di appello, è applicabile alle impugnazioni proposte dopo il 30 giugno 2024, per effetto della proroga disposta dall'art. 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n. 215. (In motivazione, la Corte ha precisato che sussiste una stretta correlazione tra la perdurante applicazione delle disposizioni emergenziali per le impugnazioni proposte entro il 30 giugno 2024 e l'entrata in vigore della disciplina sui nuovi termini a comparire, non applicabili in forza della proroga delle citate disposizioni).
Cass. civ. n. 7672/2024
Ai fini dell'integrazione del delitto di cui all'art. 343 cod. pen., deve ritenersi "magistrato in udienza" il pubblico ministero che procede all'interrogatorio dell'indagato nella fase delle indagini preliminari, costituendo tale atto esercizio di attività giudiziaria ed essendo caratterizzato dalla necessaria presenza del magistrato, della persona sottoposta a indagine e del suo difensore.
Cass. civ. n. 7539/2024
In tema di rivendicazione, ove ricorra l'ipotesi della comunanza del dante causa che, secondo il diritto vivente, attenua la probatio diabolica, spetta al giudice, in base alle evidenze di causa, verificare il soddisfacimento dell'onere della prova; pertanto, tale verifica non dipende da eccezione, ma costituisce applicazione della corretta regula iuris, che compete al giudicante, cosicché il rivendicante che ne assuma la sussistenza, ignorata dal giudice, non introduce, con il gravame, un tema nuovo.
Cass. civ. n. 7313/2024
In tema di diritto al risarcimento del danno da mancato recepimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE (riassuntiva di precedenti direttive), in favore dei medici iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, qualora il medico attore abbia allegato l'anno di inizio del corso sulla base di documentazione prodotta in primo grado, la deduzione in grado d'appello, da parte della difesa erariale, della mancata spettanza del compenso in ragione del suddetto dato temporale integra mera difesa in iure, come tale non assoggettata al divieto di nuove eccezioni ex art. 345, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 7155/2024
In tema di procedimento di esecuzione, nel caso di annullamento con rinvio dell'ordinanza emessa dalla Corte di appello, gli atti devono essere trasmessi, ex art. 623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., alla medesima sezione che ha adottato il provvedimento, sia pure in diversa composizione collegiale, a causa dell'incompatibilità dei giudici che si sono già pronunciati sulla questione, ai sensi dell'art. 34 cod proc. pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudice dell'esecuzione è incompatibile ogniqualvolta ha esercitato un potere discrezionale implicante una valutazione sul merito dell'accusa, e non mere determinazioni incidenti sul semplice svolgimento del processo, pur se adottate in base ad apprezzamento delle risultanze processuali).
Cass. civ. n. 6737/2024
La domanda di restituzione di pagamenti (diversi dall'oblazione) per la sanatoria di un immobile abusivo non va proposta nei confronti dell'Erario, che è individuato dall'art. 34 della l. n. 47 del 1985 quale destinatario della sola oblazione, bensì - avuto riguardo alla legittimazione passiva dell'accipiens ex art. 2033 c.c. - del soggetto che ha indebitamente percepito dette somme. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza d'appello che aveva ritenuto la Regione ed il Comune privi di legittimazione passiva in ordine alla domanda di restituzione, rispettivamente, dell'addizionale regionale e degli oneri concessori).
Cass. civ. n. 6645/2024
Qualora, al momento della decisione della causa in secondo grado, non si rinvengano nel fascicolo di parte i documenti già prodotti in primo grado e su cui la parte assume di aver basato la propria pretesa in giudizio, il giudice d'appello può decidere il gravame nel merito se non ne è stato allegato lo smarrimento, essendo onere della parte assicurarne al giudice di appello la disponibilità in funzione della decisione, quando non si versi nel caso di loro incolpevole perdita, con conseguente possibilità di ricostruzione previa autorizzazione giudiziale.
Cass. civ. n. 6583/2024
In caso di notificazione dell'appello a mezzo PEC e di costituzione della parte appellante in modalità analogica, l'omesso deposito degli originali o duplicati telematici dell'atto d'impugnazione e della relativa notificazione non determina l'improcedibilità dell'appello, atteso che il destinatario della notifica telematica, venuto in possesso dell'originale dell'atto, è in grado di effettuare direttamente la verifica di conformità, dovendosi privilegiare il principio di "strumentalità delle forme" processuali senza vuoti formalismi, alla luce del rilievo attribuito dagli artt. 6 CEDU, 47 della Carta UE e 111 Cost. all'effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, configurati come diretti al raggiungimento di una decisione di merito. (Nella specie, la S.C. ha affermato l'insussistenza dei presupposti la declaratoria di improcedibilità dell'appello avendo l'appellante, all'atto della sua costituzione in modalità analogica, depositato le copie analogiche dell'atto di appello con le relate di notifica unitamente all'attestazione della conformità di tali copie agli originali informatici, e la parte appellata espressamente dato atto, nella sua comparsa di costituzione, che l'atto di citazione in appello era stato notificato al suo difensore).
Cass. civ. n. 5605/2024
In tema di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello abitativo, l'intervenuta disdetta, ancorché inefficace, inviata dal locatore è idonea a far sorgere ipso facto, ove ne ricorrano gli altri presupposti, il diritto del conduttore all'indennità di avviamento commerciale, tranne che l'acquiescenza del conduttore nasconda il suo disinteresse a permanere nell'immobile.
Cass. civ. n. 5484/2024
L'ammissibilità della domanda riconvenzionale del convenuto è subordinata, ai sensi dell'art. 36 c.p.c., alla comunanza del titolo già dedotto in giudizio dall'attore o di quello che appartiene alla causa come mezzo di eccezione, purché non ecceda la competenza per materia o per valore del giudice adito; tuttavia, se la domanda riconvenzionale non comporta lo spostamento di competenza, è sufficiente un qualsiasi rapporto o situazione giuridica in cui sia ravvisabile un collegamento oggettivo con la domanda principale, tale da rendere consigliabile e opportuna la celebrazione del simultaneus processus, secondo la valutazione discrezionale del giudice di merito, cui è richiesto di motivare al riguardo.
Cass. civ. n. 5481/2024
La nuova disciplina dell'art. 601, comma 3, cod. proc. pen., introdotta dall'art. 34, comma 1, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che individua in quaranta giorni, anziché in venti, il nuovo termine a comparire nel giudizio di appello, il cui mancato rispetto comporta la nullità del relativo decreto di citazione e degli atti conseguenziali, è applicabile a far data dal 30 dicembre 2022, in base al combinato disposto del citato d.lgs. n. 150 del 2022, dell'art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, nonché dell'art. 6 d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199. (In motivazione, la Corte ha precisato che gli artt. 5-duodecies del citato d.l. n. 162 del 2022, 17 d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 112, e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, non incidono sulla disciplina dei termini a comparire, ma solo su quella del cd. "rito pandemico a trattazione scritta", la cui applicazione è stata estesa, da ultimo, alle impugnazioni proposte sino al 30 giugno 2024). com. 1, Decreto Legisl. del 2022 num. 150 art. 94 com. 2, Decreto Legisl. del 2022 num. 150 art. 99 bis, Decreto Legge del 2022 num. 162 art. 5 duodecies, Decreto Legge del 2022 num. 162 art. 6 CORTE COST., Decreto Legge del 2022 num. 162 art. 16 com. 1, Legge del 2022 num. 199 CORTE COST., Decreto Legge del 2023 num. 75 art. 17, Legge del 2023 num. 112 CORTE COST., Decreto Legge del 2023 num. 215 art. 11 com. 7
Cass. civ. n. 5347/2024
La nuova disciplina dell'art. 601, comma 3, cod. proc. pen., introdotta dall'art. 34, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022, che individua in quaranta giorni, anziché in venti, il nuovo termine a comparire nel giudizio di appello, è applicabile alle impugnazioni proposte a partire dal 30 giugno 2024, per effetto dell'art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215. (In motivazione, la Corte ha precisato che vi è stretta correlazione tra la cessazione dell'efficacia del c.d. rito pandemico e l'entrata in vigore delle previsioni che disciplinano l'introduzione e lo svolgimento del giudizio di appello).
Cass. civ. n. 4867/2024
La nullità del contratto per violazione di norme imperative, siccome oggetto di un'eccezione in senso lato, è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, a condizione che i relativi presupposti di fatto, anche se non interessati da specifica deduzione della parte interessata, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie, ferma restando l'impossibilità di ammettere nuove prove funzionali alla dimostrazione degli stessi. (Nella specie, la S.C. ha confermato, sul punto, la declaratoria di inammissibilità, da parte del giudice di merito, dell'eccezione di nullità di un contratto di locazione, per essere stati introdotti i fatti posti a fondamento della stessa, per la prima volta, in vista dell'udienza di discussione della causa in appello).
Cass. civ. n. 3809/2024
L'immunità prevista per i membri del Parlamento europeo dall'art. 8 del Protocollo n. 7 sui privilegi e le immunità dell'Unione Europea, relativa alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni, opera, quanto alle dichiarazioni rese "extra moenia", anche in relazione a condotte atipiche, prive, cioè, di una diretta connessione con pregressi atti parlamentari tipici. (In motivazione, la Corte ha precisato che il nesso tra l'opinione espressa e le funzioni parlamentari deve emergere dal contenuto delle dichiarazioni e dalle circostanze in cui le stesse sono state rese).
Cass. civ. n. 3595/2024
L'inosservanza da parte del giudice di appello della previsione di cui all'art. 348 ter, comma 1, primo periodo, c.p.c., ratione temporis vigente, la quale gli consente di dichiarare inammissibile l'appello che non abbia ragionevole probabilità di essere accolto soltanto prima di procedere alla trattazione ai sensi dell'art. 350 c.p.c., costituisce un vizio proprio dell'ordinanza di inammissibilità ex art. 348 bis, comma 1, c.p.c. deducibile per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., senza che sia anche necessario valutare se dalla stessa sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti, avendo il giudice di appello, dopo l'inizio della trattazione, perduto il potere di definire anticipatamente il merito della lite mediante l'ordinanza predetta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia del giudice del gravame il quale, dopo che le parti avevano discusso sulle reciproche richieste istruttorie, aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello ex art. 348 ter c.p.c.).
Cass. civ. n. 3495/2024
In tema di esercizio della professione di esperto contabile, ai fini dell'applicazione dell'art. 2231 c.c. - il quale, in combinato disposto con l'art.1418 c.c., determina la nullità del contratto tra professionista e cliente quando il primo sia privo della prescritta iscrizione all'albo - va affermato che le condotte di tenuta della contabilità aziendale e di redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti integrano, nel vigore della disciplina dettata dal d.lgs. n. 139 del 2005, il reato di esercizio abusivo della suddetta professione, se svolte da persona non iscritta al relativo albo professionale in modo continuativo, organizzato e retribuito, tale da creare, in assenza di indicazioni diverse, l'apparenza della prescritta iscrizione.
Cass. civ. n. 3352/2024
In tema di giudizio di cassazione, la questione processuale concernente l'ammissibilità dell'appello non valutata dal giudice di secondo grado non può essere rilevata d'ufficio dalla cassazione potendo essere esaminata soltanto a fronte di uno specifico motivo di ricorso che censuri l'error in procedendo.
Cass. civ. n. 3079/2024
Non è configurabile il reato di oltraggio a pubblico ufficiale nel caso in cui le frasi oltraggiose siano state udite da soggetti non fisicamente presenti al fatto, posto che il requisito della "presenza" non può essere surrogato dalla mera possibilità che le frasi offensive siano udite da terzi. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, che non chiariva se i testi avessero udito le offese mentre si trovavano nella propria abitazione e, quindi, senza essere fisicamente presenti all'accaduto).
Cass. civ. n. 3005/2024
Nel processo tributario trattato dall'inizio con modalità telematiche, le parti non sono tenute a depositare nuovamente in appello le produzioni del proprio fascicolo del grado precedente, che rimangono acquisite al fascicolo telematico d'ufficio e devono essere necessariamente esaminate dal giudice del gravame.
Cass. civ. n. 2246/2024
L'omessa notifica dell'appello incidentale, proposto anche nei confronti di una parte rimasta contumace a seguito della notifica dell'appello principale, non è rilevabile d'ufficio dal giudice, atteso che, sostanziandosi l'appello incidentale in una nuova domanda (d'impugnazione) nei confronti anche di detta parte rimasta contumace, non si applicano gli artt. 331 o 332 c.p.c., che concernono unicamente le situazioni nelle quali un'impugnazione è proposta senza coinvolgere una parte di una causa inscindibile o scindibile, bensì l'art. 292 c.p.c., la cui inosservanza deve ritenersi legittimamente deducibile unicamente dalla parte rimasta contumace.
Cass. civ. n. 1010/2024
In caso di declaratoria di nullità integrale del contratto, al giudice dell'impugnazione è precluso il rilievo d'ufficio della sua nullità parziale quando, non essendo stata specificamente impugnata dalla parte interessata la statuizione di nullità totale, sulla stessa si è formato il giudicato interno. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con cui la Corte d'appello, riformando la pronuncia di nullità integrale del contratto, aveva ritenuto che il mutuo fondiario, stipulato in violazione dell'art. 38 del d.lgs. n. 385 del 1993, fosse nullo per la sola parte eccedente il limite di finanziabilità, sebbene l'appellante non avesse impugnato il capo della sentenza contenente la statuizione di nullità integrale).
Cass. civ. n. 757/2024
La formazione progressiva del giudicato conseguente ad annullamento con rinvio consente di dare al fatto, nel giudizio rescissorio, una diversa e più grave qualificazione giuridica anche in assenza di impugnazione sul punto del pubblico ministero, nel caso in cui la questione attinente alla riqualificazione costituisca un punto della decisione oggetto dell'annullamento o sia col punto caducato in rapporto di connessione essenziale, posto che la questione "de qua" non può ritenersi un capo della sentenza, difettando della completezza che rende il capo suscettibile di definitività. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione, assunta in sede di rinvio, che aveva attribuito al fatto l'originaria qualificazione giuridica di "induzione indebita a dare o promettere utilità", benché la decisione annullata l'avesse riqualificato in termini di "traffico di influenze illecito" e non vi fosse stata impugnazione sul punto da parte del pubblico ministero).
Cass. civ. n. 378/2024
In tema di contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, la mancata adozione del documento di valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro, in violazione dell'art. 34 del d.lgs. n. 276 del 2003 nella formulazione ratione temporis vigente, non comporta una nullità parziale del contratto ex art. 1419, comma 2, c.c., ma una nullità cui consegue, in assenza di diversa previsione di legge, l'effetto caducatorio non retroattivo ai sensi dell'art. 2126 c.c., cosicché deve escludersi la sua conversione in contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, anche ai soli effetti del rapporto previdenziale, non rinvenendosi disposizioni normative che, per il contratto di lavoro intermittente, giustifichino direttrici diverse per il rapporto previdenziale e per quello di lavoro.
Cass. civ. n. 332/2024
L'istituto dell'esclusione della procedibilità per particolare tenuità del fatto, previsto nel procedimento dinanzi al giudice di pace, è applicabile, ove ne ricorrano i presupposti, anche al reato di inosservanza dell'ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato entro sette giorni, di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Cass. civ. n. 220/2024
Ai fini dell'erogazione dell'assegno mensile disciplinato dall'art. 13 della l. n. 118 del 1971, occorre tenere conto della remunerazione corrisposta per il sostentamento del clero, ai sensi degli artt. 24, 33, lett. a), e 34, comma 1, della l. n. 222 del 1985, n. 222, in quanto equiparata, a fini fiscali, al reddito da lavoro dipendente e dunque computabile nella valutazione delle condizioni economiche prescritte per accedere alla prestazione, in difetto di previsioni di diverso tenore.
Cass. civ. n. 197/2024
Nell'ambito dei procedimenti minorili, la proposizione del reclamo, per la cui ammissibilità é necessaria la formulazione di specifici motivi di impugnazione, impedisce la formazione del giudicato interno rispetto all'oggetto sostanziale (il bene della vita) del procedimento, che va individuato nell'affidamento e nel collocamento dei minori in modo conforme al loro superiore interesse, indipendentemente dalla circostanza che sia stato proposto altro reclamo incidentale. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato il decreto della corte d'appello che, pur accogliendo il reclamo proposto dalla madre, aveva ritenuto che la mancata proposizione del reclamo da parte del padre avesse dato luogo ad un giudicato rispetto alla statuizione assunta in primo grado nei suoi confronti, rimanendo così preclusa ogni valutazione sul possibile diverso collocamento ed affidamento dei minori anche al padre).
Cass. civ. n. 169/2024
In tema di agevolazioni tributarie, la pensione attribuita agli appartenenti al Corpo (successivamente disciolto) delle guardie di pubblica sicurezza per fatti invalidanti, verificatisi nel corso ed a causa del periodo di servizio, equiparato dall'art. 16 del d.P.R. 237 del 1964 a quello obbligatorio di leva, ancorché prestato mediante arruolamento volontario, è esente dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, ai sensi dell'art. 34, comma 1, del d.P.R. 601 del 1973, avendo natura risarcitoria.
Cass. civ. n. 159/2024
In tema di espropriazione per pubblica utilità, l'acquisizione sanante prevista dall'art. 42-bis, introdotto dall'art. 34, comma 1, del d.l. n. 98 del 2011, conv. con modif. dalla l. n. 111 del 2011, non trova applicazione a procedimenti ablatori avviati in epoca anteriore all'entrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001, atteso che, quantunque, a mente del comma 8 del citato art. 34, le disposizioni introdotte si applichino anche a fatti anteriori alla sua entrata in vigore, non ne fa menzione la disciplina delle occupazioni sine titulo anteriori al 30 settembre 1996 ex art. 55 del T.U., dovendosi tenere conto del fatto che tale norma risponde alla medesima finalità del sostituito art. 43 del T.U., dichiarato incostituzionale per eccesso di delega, consistente nell'agevolare il superamento dell'istituto dell'occupazione acquisitiva, ma soltanto per i procedimenti ablatori avviati in epoca successiva all'entrata in vigore del medesimo T.U., sicché, essendo il relativo provvedimento emesso, in tali casi, in carenza di potere e potendo, perciò, essere disapplicato, resta esclusa l'improcedibilità della domanda risarcitoria e la contemporanea pendenza dell'opposizione alla stima.
Cass. civ. n. 49953/2023
Nel giudizio di appello, la trattazione congiunta delle posizioni di imputati in precedenza giudicati con rito abbreviato e con rito ordinario non è causa di abnormità o di nullità della decisione, né può dar vita a una causa di incompatibilità del giudice, suscettibile di tradursi in motivo di ricusazione, posto che la coesistenza delle due diverse tipologie di procedimenti comporta solo la necessità che, al momento della decisione, siano tenuti distinti i regimi probatori rispettivamente previsti per ciascuno di essi.
Cass. civ. n. 49644/2023
La nuova disciplina dell'art. 601, comma 3, cod. proc. pen., introdotta dall'art. 34, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022, che individua in quaranta giorni, anziché in venti, il nuovo termine a comparire nel giudizio di appello, è applicabile a far data dal 30 dicembre 2022, in base al combinato disposto del predetto d.lgs. n. 150 del 2020, dell'art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito in legge 25 febbraio 2022, n. 15, nonché dell'art. 6 d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito in legge 30 dicembre 2022, n. 199. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'art. 5-duodecies d.l. n. 162 cit. non incide sulla disciplina dei termini a comparire, ma esclusivamente sulla disciplina del cd. "rito pandemico a trattazione scritta", estendendone l'applicazione sino al 30 giugno 2023).
Cass. civ. n. 48565/2023
In caso di appello del pubblico ministero avverso sentenza assolutoria, l'obbligo di rinnovazione istruttoria previsto dall'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. (nella formulazione antecedente alla modifica intervenuta con l'art. 34, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) non opera nel caso in cui la sentenza gravata sia stata emessa all'esito di giudizio abbreviato non condizionato.
Cass. civ. n. 47675/2023
Risponde del delitto di esercizio abusivo della professione di avvocato colui che, senza essere iscritto all'albo, ponga in essere un qualunque atto idoneo ad incidere sulla progressione del procedimento, in rappresentanza dell'interessato, a nulla rilevando che l'atto possa essere redatto personalmente da quest'ultimo, mentre esulano dagli atti tipici della professione le attività di consulenza legale, che possono divenire rilevanti solo se svolte in modo continuativo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la condanna pronunciata in relazione all'atto di pignoramento di un natante redatto e depositato dall'imputato presso l'autorità marittima, finalizzato a dare impulso al fermo del bene, in quanto funzionale alla esecuzione di una procedura di espropriazione già in corso, seguita da un giudice).
Cass. civ. n. 47307/2023
L'amministratore giudiziario di beni sottoposti a misura di prevenzione reale è legittimato a proporre querela in relazione a reati commessi in danno di tali beni, senza la previa autorizzazione del giudice delegato alla procedura, in quanto detentore qualificato dei medesimi. (Fattispecie relativa a beni, oggetto del delitto di invasione arbitraria di immobili, sequestrati nell'ambito di una procedura di prevenzione, rispetto ai quali non era ancora intervenuto il decreto di confisca, con conseguente apprensione al patrimonio dello Stato).
Cass. civ. n. 46935/2023
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3, 24, 111, 117 Cost., nella parte in cui non prevedono l'incompatibilità del giudice che ha emesso l'ordinanza cautelare annullata dalla Corte di cassazione a comporre il collegio in sede di rinvio, in quanto la funzione asseritamente pregiudicata non riguarda la delibazione dell'innocenza o della colpevolezza dell'imputato, bensì i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari.
Cass. civ. n. 46509/2023
Nel giudizio di cassazione, non integra alcuna delle ipotesi di incompatibilità contemplate dall'art. 34 cod. proc. pen. e, pertanto, non costituisce motivo di ricusazione, l'attività preliminare di spoglio, diretta alla selezione dei ricorsi "prima facie" inammissibili, svolta dal magistrato che, successivamente, faccia parte del collegio dell'apposita sezione, prevista dall'art. 610 cod. proc. pen., a cui quello stesso ricorso venga assegnato, trattandosi di valutazione preliminare svolta nell'ambito di una stessa fase procedimentale e rimanendo fermo il potere della Settima sezione di rimettere gli atti al Presidente della Corte per l'assegnazione ordinaria.
Cass. civ. n. 46333/2023
In tema di giudizio abbreviato, l'esclusione prevista per i delitti puniti con pena dell'ergastolo opera sia per quelli "ex se" sanzionati con la pena perpetua, sia per quelli che lo diventano per effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti, non avendo alcun rilievo la diversa formulazione dell'art. 344-bis, comma 9, cod. proc. pen., che, riguardo all'improcedibilità per il superamento dei termini di durata massima del giudizio d'impugnazione, esprime il medesimo concetto di eccezione con la diversa espressione "delitti punibili con l'ergastolo anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti".
Cass. civ. n. 45287/2023
In tema di concordato con rinuncia ai motivi in appello, non è affetta da nullità la sentenza pronunciata immediatamente dopo il rigetto dell'accordo, senza che il giudice abbia disposto la prosecuzione del dibattimento, qualora l'appellante, all'udienza di discussione, abbia concluso anche nel merito, riportandosi ai motivi di gravame per il caso di mancato accoglimento della proposta sulla pena, posto che il predetto ha, in tal modo, rinunziato implicitamente alla proposizione di un nuovo accordo.
Cass. civ. n. 44203/2023
Non sussiste alcuna causa di incompatibilità alla celebrazione dell'udienza preliminare per il giudice che abbia adottato un provvedimento "de libertate" in seguito alla chiusura della fase delle indagini ed all'emissione del decreto di fissazione della medesima udienza, non trovando applicazione la disposizione di cui all'art. 34, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 38953/2023
Le misure cautelari personali in corso di esecuzione, ivi comprese quelle disposte nei confronti di soggetto dichiarato latitante a seguito dell'evasione dagli arresti domiciliari, se emesse per reati commessi antecedentemente all'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 e per effetto dello stesso divenuti perseguibili a querela, conservano ultrattività ex art. 85 d.lgs. citato, in attesa della presentazione della querela, fino a venti giorni dall'entrata in vigore del decreto medesimo, e perdono efficacia decorso inutilmente tale termine.
Cass. civ. n. 37985/2023
Non costituisce causa di incompatibilità e di ricusazione del giudice chiamato all'assunzione delle prove nell'incidente probatorio la circostanza che egli abbia emesso, nell'ambito del medesimo procedimento, ordinanza applicativa di una misura cautelare nei confronti della persona sottoposta ad indagini, atteso che nell'attività processuale da compiere manca qualsivoglia connotazione decisoria implicante una valutazione delibativa sulla fondatezza dell'accusa.
Cass. civ. n. 37981/2023
In tema di concordato con rinuncia ai motivi in appello, è affetta da nullità a regime intermedio ex artt. 178, comma 1, lett. c), e 180 cod. proc. pen. la sentenza emessa nell'udienza cartolare prevista dalla disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, dopo il rigetto della richiesta di concordato e senza che sia disposto rinvio per consentire all'imputato la proposizione di un nuovo accordo, qualora l'appellante, nelle proprie conclusioni scritte, abbia richiesto l'accoglimento del concordato in appello, senza concludere anche nel merito, sia pure in via subordinata, per l'ipotesi di rigetto dell'accordo ex art. 599-bis cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 36541/2023
La notifica dell'appello incidentale è necessaria nei soli confronti della parte rimasta contumace e non già di quella che si sia regolarmente costituita (prima o dopo la costituzione dell'appellante incidentale), rispetto alla quale non può configurarsi alcuna lesione del diritto di difesa, stante la possibilità di proporre, a sua volta, l'impugnazione incidentale tardiva ai sensi dell'art. 343, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 36272/2023
Il giudice d'appello ha il potere di interpretare e qualificare la domanda in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti o ritenuto dal giudice di primo grado, salvo il caso in cui sulla qualificazione accolta da quest'ultimo si sia formato il giudicato interno e a condizione che i fatti costitutivi della diversa fattispecie giuridica oggetto di riqualificazione coincidano (o si pongano, comunque, in relazione di continenza) con quelli allegati nell'atto introduttivo. (Nella specie, in cui la domanda volta al recupero delle somme versate quali premi assicurativi di polizze rivelatesi false era stata qualificata dal giudice di primo grado alla stregua di azione di ripetizione dell'indebito, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello che l'aveva riqualificata come domanda di risarcimento del danno extracontrattuale, basandosi sui medesimi fatti oggetto dell'originaria prospettazione dell'attore, che faceva espresso riferimento alla condotta colposa delle promotrici finanziarie).
Cass. civ. n. 36088/2023
appello - Conseguenze in ordine all'onere della prova - Applicabilità della previgente formulazione dell'art. 115 c.p.c - Irrilevanza - Fondamento.
Cass. civ. n. 35857/2023
In tema di ammissione di prove nuove in grado d'appello, ai giudizi iniziati, in prime cure, prima del 30 aprile 1995, si applica l'art. 345 c.p.c. nella formulazione risultante ex art. 36 della l. n. 581 del 1950 e, quindi, precedente alle modificazioni di cui alla l. n. 353 del 1990, essendo chiara l'intenzione del legislatore di assicurare, per tali giudizi, una protrazione dell'efficacia delle norme processuali previgenti, rendendoli insensibili alle modificazioni successive, in assenza di un'espressa disposizione derogatoria. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato l'applicabilità, al giudizio d'appello, del nuovo testo dell'art. 345 c.p.c., come modificato dalla l. n. 134 del 2012, senza avvedersi che la pendenza del processo di primo grado risaliva a data anteriore al 30 aprile 1995).
Cass. civ. n. 35708/2023
Il giudice d'appello deve pronunciarsi sull'eccezione in senso lato sollevata in primo grado dall'appellato contumace e già sottoposta al contraddittorio, non essendo la stessa sottoposta all'onere di riproposizione ex art. 346 c.p.c., in mancanza di una pronuncia del primo giudice che abbia rigettato la domanda per un'altra ragione, né al divieto di cui all'art. 345, comma 2, c.p.c. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata e disposto il rinvio al giudice d'appello, il quale avrebbe dovuto pronunciarsi, nonostante la contumacia dell'appellato, sulla fondatezza o infondatezza, ex actis, dell'eccezione di accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, sollevata in primo grado).
Cass. civ. n. 33857/2023
In tema di arresto facoltativo, non può computarsi nei termini prescritti per la convalida dell'arresto il tempo necessario per l'identificazione, nel caso e nelle forme previsti dall'art, 349, commi 4 e 5 cod. proc. pen., cosicché, se si tratta di delitto perseguibile a querela, è sufficiente che questa venga sporta dopo l'accompagnamento e il trattenimento per l'identificazione, ma prima dell'arresto.
Cass. civ. n. 32815/2023
Nel giudizio di legittimità, qualora venga dedotta l'erroneità dell'ammissione o della dichiarazione di inammissibilità di una prova documentale in appello, la S.C., in quanto chiamata ad accertare un "error in procedendo", è giudice del fatto, ed è, quindi, tenuta a stabilire se si trattasse in astratto di prova indispensabile, ossia teoricamente idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione dei fatti di causa.
Cass. civ. n. 31330/2023
Il giudicato si forma anche sulla qualificazione giuridica data dal giudice alla domanda se la parte interessata non ha proposto specifica impugnazione, salvo i casi in cui tale qualificazione o non ha condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito, o è incompatibile con le censure formulate dall'appellante, o non ha formato oggetto di contestazione tra le parti, o quando si tratti soltanto di stabilire, fermi i fatti accertati, quale norma debba applicarsi ad una determinata fattispecie concreta.
Cass. civ. n. 31309/2023
La compensazione di un credito IVA con un debito della stessa natura (cd. compensazione verticale) è consentita solo mediante scomputo del credito annuale dall'imposta a debito, emergente dalle liquidazioni periodiche relative all'anno successivo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva applicato il limite massimo di compensabilità di cui all'art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 anche alla compensazione verticale del credito IVA).
Cass. civ. n. 30759/2023
L'ordinanza di inammissibilità dell'appello ex art. 348 ter c.p.c. è ricorribile per cassazione, ex art. 111, comma 7, Cost., limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, ad esempio, l'inosservanza degli artt. 348 bis, comma 2, e 348 ter, commi 1, primo periodo e 2, primo periodo, c.p.c.), purché compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso, mentre non sono deducibili né "errores in iudicando" (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), né vizi di motivazione, salvo il caso (che, però, trascende in violazione della legge processuale) della motivazione mancante sotto l'aspetto materiale e grafico, della motivazione apparente, del contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, ovvero di motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. (Nella specie, la S.C., pur rigettandolo, ha affermato l'ammissibilità del motivo di ricorso con cui era stato dedotto il vizio di carenza assoluta della motivazione).
Cass. civ. n. 30507/2023
L'operatività del principio della ragione più liquida nel giudizio di appello è soggetta al limite derivante dall'effetto devolutivo del gravame, in virtù del quale la decisione non può esorbitare dal thema decidendum delineato dai motivi di impugnazione, pena la violazione dell'art. 112 c.p.c.
Cass. civ. n. 30038/2023
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il termine per la costituzione dell'opponente non inizia a decorrere dalla consegna dell'atto di opposizione all'ufficiale giudiziario o all'agente postale, bensì dal perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario di essa, non operando al riguardo il principio della scissione degli effetti, che rileva quando dal protrarsi dei tempi del procedimento di notifica possano derivare conseguenze negative per il notificante e non quando, per converso, dal perfezionamento della notifica decorra a suo carico un termine per il compimento di altro adempimento processuale.
Cass. civ. n. 29817/2023
L'indicazione, nel reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti, prevista dall'art. 18, comma 2, n. 4, l.fall., non è richiesta a pena di inammissibilità di successive produzioni, sulla base di un'interpretazione non rigoristica suggerita dalla natura informale del procedimento di reclamo. (Nella specie, in applicazione del detto principio, è stata cassata la decisione della corte d'appello che, nel rigettare il reclamo, non aveva autorizzato, in sede di udienza di discussione, il deposito di una relazione predisposta dalla reclamante, mentre aveva consentito il deposito da parte del curatore di scritti integranti di fatto una relazione contenente repliche a quella di cui la corte di merito aveva negato il deposito, così violando il principio del contraddittorio).
Cass. civ. n. 29303/2023
In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, il conduttore che, in seguito alla cessazione del rapporto, chieda il pagamento dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale non ha l'onere di provare che l'immobile era utilizzato per il contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, se questa circostanza derivi dalla stessa destinazione contrattuale dell'immobile, gravando sul locatore, che eccepisce la diversa destinazione effettiva, l'onere di provare tale fatto impeditivo della suddetta pretesa, ai sensi dell'art. 2697, comma 2, c.c. Qualora, invece, la destinazione contrattualmente individuata dalle parti non contempli necessariamente il contatto diretto con il pubblico, potendo implicarlo o meno, nel quadro dell'attività della parte conduttrice o anche della stessa destinazione prevista dalle parti, compete al conduttore provare che - com'era lecito nell'economia del regolamento contrattuale - l'immobile sia stato effettivamente adibito ad attività comportante il contatto in questione. (Nella specie, con riguardo alla locazione di un appartamento, le cui camere venivano pacificamente utilizzate, in aggiunta a quelle della struttura principale, per ospitare i clienti di un albergo, la S.C. ha confermato, in parte qua, la sentenza di merito che aveva ritenuto incombesse al locatore dimostrare una diversa modalità di utilizzo, onde sottrarsi all'obbligo di corrispondere al conduttore l'indennità di cui all'art. 34 della l. n. 392 del 1978).
Cass. civ. n. 28621/2023
La tassa di sbarco e imbarco delle merci e la tassa di ancoraggio hanno natura di tributi interni, la cui riscossione non integra un aiuto di Stato contrario al diritto dell'Unione europea, e sono compatibili con il divieto di dazi doganali, con il divieto di restrizioni quantitative all'importazione e con il divieto di imposizioni interne discriminatorie verso i prodotti importati, applicandosi senza distinguere l'origine, nazionale od estera, delle merci che ne sono oggetto.
Cass. civ. n. 27254/2023
La parte contumace in primo grado non può eccepire in appello l'estinzione del processo nell'ipotesi in cui sia stata posta, nel grado in cui si è verificato l'evento interruttivo, nella condizione di formulare la relativa eccezione per esserle stato ritualmente notificato, in detto grado, l'atto di riassunzione del processo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inammissibile, per violazione dell'art. 345 c.p.c., l'eccezione di estinzione del processo sollevata, in grado d'appello, dalla parte rimasta contumace in primo grado, escludendo che quest'ultima potesse giovarsi degli effetti dell'eccezione ritualmente formulata, in primo grado, dalle altre parti).
Cass. civ. n. 26894/2023
L'art. 1, comma 2, del codice della navigazione, che è legislazione di carattere speciale, nel prevedere che, per i casi non regolati, debbano applicarsi per analogia le altre disposizioni del diritto della navigazione e, in subordine, le norme del diritto civile, da intendersi come il complesso delle norme e dei principi di diritto che costituiscono la normativa generale nella quale si inquadra la disciplina particolare del diritto della navigazione, esclude l'applicabilità delle norme relative alla circolazione stradale, che costituiscono a loro volta un "corpus" di carattere speciale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva ritenuto, applicando analogicamente le norme relative alla circolazione stradale, l'illegittimità dell'accertamento con il quale si era contestata la violazione dell'art. 44 dell'ordinanza della Capitaneria di Porto di Venezia n. 175 del 2009, a causa della mancata preventiva segnalazione dell'apparecchio di rilevamento della velocità).
Cass. civ. n. 26784/2023
La clausola compromissoria, contenuta nello statuto di società di persone, che rimetta la nomina degli arbitri ad un soggetto estraneo alla società e non risulti conforme all'art. 34, d.lgs. n. 5 del 2006, ove stipulata prima della sua entrata in vigore, è affetta da nullità sopravvenuta rilevabile d'ufficio, seppur relativa ad arbitrato irrituale, poiché la disciplina sull'arbitrato societario non può ritenersi superata dalla disciplina transitoria dettata dal d.lgs. n. 40 del 2006.
Cass. civ. n. 26277/2023
L'ordinanza che dichiara l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348-bis c.p.c. (nella formulazione previgente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 149 del 2022) per la mancanza di una ragionevole probabilità di essere accolto, fondata su argomentazioni estranee alla pronuncia di primo grado, non è impugnabile per cassazione né con regolamento di competenza, perché la possibilità che la pronuncia di secondo grado possa basare il giudizio pronostico su ragioni diverse da quelle prese in considerazione dal giudice di primo grado è presupposta dall'art. 348-ter c.p.c., che regolamenta diversamente i casi in cui, con riferimento al giudizio di fatto, tali ragioni siano o meno identiche.
Cass. civ. n. 25849/2023
Il rilievo officioso della nullità del contratto comporta che il giudice la indichi alle parti e consenta lo svolgimento del contraddittorio tra le stesse, finalizzato al compimento non solo dell'attività assertiva, ma anche della corrispondente attività probatoria.
Cass. civ. n. 25346/2023
La simulazione - che, in virtù del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, deve essere allegata dalle parti - se è fatta valere in via d'azione deve essere dedotta, a pena di inammissibilità, nel giudizio di primo grado, mentre, se è formulata come eccezione, può essere riproposta anche in appello.
Cass. civ. n. 24867/2023
In tema di giudicato l'esatto contenuto della sentenza va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione nella parte in cui la medesima riveli l'effettiva volontà del giudice. Ne consegue che va ritenuta prevalente la parte del provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione del "dictum" giudiziale.
Cass. civ. n. 24550/2023
Nel giudizio di cassazione, i motivi che, a fronte della dichiarazione di inammissibilità del gravame, attingano direttamente l'apprezzamento di merito operato dal giudice d'appello, senza censurare l'"error in procedendo" cui questi è incorso, così da rimuovere la ragione in rito che aveva impedito la valutazione nel merito delle censure mosse con l'atto di appello, determinano l'inammissibilità del ricorso, derivando da tale omissione il passaggio in giudicato della statuizione di inammissibilità e il conseguente venir meno dell'interesse della parte a far valere in sede di legittimità l'erroneità delle ulteriori statuizioni della decisione impugnata.
Cass. civ. n. 24300/2023
Il giudizio di divisione, pur articolato nel suo svolgimento in una molteplicità di fasi presenta, tuttavia, un carattere unitario e deve, quindi, considerarsi un processo unico avente quale finalità ultima la trasformazione di un diritto a una quota ideale in un diritto di proprietà su beni determinati; di talché, fino a quanto tali scopi non siano stati integralmente raggiunti, le sentenze emesse nel corso del procedimento divisionale assumono la natura di non definitività, eccettuata l'ultima che provvede, ai sensi degli artt. 789 e 791 c.p.c., alla formazione definitiva dei lotti, anche quanto rimetta alla fase successiva le operazioni relative al sorteggio delle quote.
Cass. civ. n. 23119/2023
Le attestazioni della cancelleria relative ai dati relativi al deposito degli atti estratti dai registri informatici hanno efficacia di certezza legale analoga a quella delle annotazioni del cancelliere sugli atti medesimi, non competendo, viceversa, alcun analogo potere al procuratore della parte, le cui prerogative si arrestano all'autenticazione degli atti processuali di quest'ultima. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, sul presupposto che la tempestività dell'iscrizione a ruolo non potesse essere validamente dimostrata dalla produzione dell'estratto del fascicolo d'ufficio telematico, munito di attestazione di conformità del difensore ex art. 16-bis, comma 9-bis, del d.lgs. n. 179 del 2012, aveva dichiarato improcedibile l'appello, senza procedere alla diretta verifica delle risultanze del suddetto fascicolo, se del caso sollecitandone l'attestazione da parte della cancelleria).
Cass. civ. n. 23078/2023
Ove venga proposta l'"actio confessoria servitutis" (anche per usucapione), è tardiva la successiva proposizione in appello della azione di servitù coattiva, atteso che le predette azioni presentano "petita" e "causae petendi" del tutto distinte – in quanto con la prima si deduce un diritto esistente, con la seconda si mira a costituire il diritto "ex novo" - con la conseguenza che quest'ultima costituisce domanda nuova rispetto alla prima.
Cass. civ. n. 22166/2023
In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, nel caso in cui, intervenuto il pignoramento del bene prima della seconda scadenza contrattuale, il contratto venga a cessare per la mancata autorizzazione del giudice dell'esecuzione alla relativa rinnovazione, al conduttore spetta l'indennità di avviamento ex art. 34 della l. n. 392 del 1978, la cui corresponsione, da parte dell'acquirente in forza del decreto di trasferimento, si pone quale condizione per il rilascio, con la conseguenza che, fino a tale momento, il conduttore è tenuto a versare soltanto la somma convenuta a titolo di canone, restando escluso il maggior danno ex art. 1591 c.c.
Cass. civ. n. 20455/2023
In tema di rapporti di conto corrente bancario, qualora, a fronte di un'azione di ripetizione dell'indebito esercitata dal correntista, la banca convenuta eccepisca la prescrizione del diritto di credito sul presupposto della natura solutoria delle rimesse, l'esistenza di un contratto di apertura di credito che consenta di attribuire semplice natura ripristinatoria della provvista alle rimesse oggetto della ripetizione dell'indebito e, conseguentemente, di far decorrere il termine di prescrizione a far data dalla chiusura del rapporto, costituisce una eccezione in senso lato, come tale rilevabile d'ufficio dal giudice anche in grado di appello, purché l'affidamento risulti dai documenti legittimamente acquisiti al processo o dalle deduzioni contenute negli atti difensivi delle parti.
Cass. civ. n. 20330/2023
Il locatore è tenuto a pagare al conduttore l'indennità per la perdita dell'avviamento di cui all'art. 34 della l. n. 392 del 1978 anche se il locatario ha svolto nei locali un'attività commerciale, implicante rapporti con terzi, senza il rispetto delle prescrizioni amministrative, fattispecie differente e non sovrapponibile a quella di attività svolta senza alcuna autorizzazione e, dunque, in diretta violazione di legge, il cui accertamento spetta al giudice, mentre è riservata all'autorità amministrativa preposta alla contestazione ed alla irrogazione della sanzione, senza possibilità di surroga del giudice civile, la valutazione dell'illiceità della condotta esercitata senza ottemperare alle prescrizioni. (In applicazione del principio, la S.C. ha affermato che l'accesso della clientela al punto vendita tramite un vano piuttosto che per un altro, in difformità rispetto al nulla osta sanitario, non incide sul diritto all'indennità per la perdita di avviamento).
Cass. civ. n. 20138/2023
Nel giudizio di riduzione in materia ereditaria, la deduzione, da parte del convenuto, della necessità di imputare alla legittima le donazioni ricevute in vita dall'attore, costituisce eccezione in senso lato e, come tale, il suo rilievo non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione di parte, ma è ammissibile anche d'ufficio ed in grado di appello, purché i fatti risultino documentati "ex actis".
Cass. civ. n. 19335/2023
In tema di delitto comune commesso all'estero dal cittadino italiano, la presenza del medesimo nel territorio dello Stato, la quale radica la giurisdizione italiana ai sensi dell'art. 9 cod. pen., è condizione che deve preesistere all'esercizio dell'azione penale e, una volta avverata, non viene meno per effetto dell'eventuale allontanamento, non potendo una condizione di procedibilità essere rimessa alla libera scelta dell'imputato.
Cass. civ. n. 19103/2023
Non è ammesso il ricorso per cassazione della sentenza con cui il Consiglio di Stato abbia rigettato la domanda di risarcimento del danno fondata sull'illegittimità della sanzione irrogata ad un avvocato - sul presupposto di non poter conoscere, nemmeno incidentalmente, dei vizi della stessa, una volta diventata definitiva all'esito delle impugnazioni previste dalla legge sull'ordinamento forense - perché essa non costituisce rifiuto di esercizio della giurisdizione, ma, al più, un "error in procedendo" o "in iudicando", interno ai limiti del potere giurisdizionale del giudice amministrativo.
Cass. civ. n. 18428/2023
La clausola predisposta unilateralmente da un'impresa - non rientrante nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese - contenuta in una convenzione volta a regolare una serie indefinita di prestazioni professionali svolte a suo favore da un avvocato ed avente ad oggetto la deroga della competenza territoriale, con indicazione di un foro esclusivo non coincidente con quelli legislativamente individuati, ha natura vessatoria e deve essere approvata per iscritto in forma specifica, ai sensi dell'art. 1341, comma 2, c.c.
Cass. civ. n. 17280/2023
La proroga dei termini processuali che scadono nella giornata di sabato, ex art. 155, comma 5, c.p.c., applicabile anche al temine per la costituzione in appello, ha natura eccezionale e, pertanto, è insuscettibile di interpretazione estensiva e di applicazione analogica con la conseguenza che il sostantivo "sabato" non equivale a qualsiasi "giorno prefestivo".
Cass. civ. n. 16929/2023
L'obbligo di redazione degli atti indicati dall'art. 357 cod. proc. pen. - che ricorre sia per le operazioni e gli accertamenti urgenti tipici, svolti dopo l'assunzione da parte del pubblico ministero della direzione delle indagini, sia per quelli atipici, posti in essere dagli organi di polizia giudiziaria al di fuori delle deleghe di indagini da parte dell'autorità giudiziaria, trattandosi di attività che, andando a incidere sulle libertà fondamentali, quali la riservatezza e la tutela dei dati personali, richiedono il necessario vaglio di legittimità - non è previsto a pena di inutilizzabilità, poiché l'attività di documentazione, in assenza di un termine perentorio, può intervenire anche successivamente.
Cass. civ. n. 16155/2023
In tema di protezione internazionale, nei giudizi di appello la revoca dell'ammissione dello straniero al gratuito patrocinio con effetto "ex tunc" è ammessa, ex art. 136 TUSG, limitatamente alle ipotesi in cui risultino insussistenti i presupposti per l'ammissione ovvero l'interessato abbia agito o resistito in giudizio, fin dall'origine, con mala fede o colpa grave. (Nella specie, la S.C. ha cassato l'ordinanza emessa in sede di appello con la quale era stata revocata l'ammissione al beneficio del ricorrente "ex tunc" in ragione della manifesta infondatezza dei motivi di appello).
Cass. civ. n. 16071/2023
L'art. 360, comma 3, c.p.c., nel precludere la proponibilità del ricorso per cassazione avverso le "sentenze che decidono questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio", fa riferimento alla nozione di "giudizio" quale procedimento devoluto al giudice di appello e non come processo nella sua complessiva pendenza, sicchè, mentre soggiace al suddetto limite la sentenza non definitiva, resa dal giudice di appello ex art. 279, comma 2, n. 4, c.p.c., cui seguano i provvedimenti per l'ulteriore corso del giudizio medesimo, è, al contrario, immediatamente ricorribile per cassazione la sentenza con cui, per effetto di gravame immediato, ex art. 340 c.p.c., avverso la sentenza non definitiva resa dal giudice di primo grado ai sensi del richiamato art. 279 c.p.c., il giudice di appello rigetti, nel merito o in rito, l'impugnazione, confermando la decisione di prime cure.
Cass. civ. n. 15705/2023
Costituisce causa di astensione o ricusazione del giudice l'aver partecipato all'adozione di una decisione di condanna relativa ad associazione per delinquere costituita da tre soli associati, in quanto, in tale ipotesi, la condanna di uno di essi implica un giudizio sulla sussistenza stessa del sodalizio, diversamente dal caso di consorzi criminali coinvolgenti un numero rilevante di persone, nei quali l'idoneità pregiudicante per il giudice della decisione assunta nei confronti di un partecipe deve valutarsi in concreto, in relazione ai profili di responsabilità dei coimputati giudicati in altro procedimento.
Cass. civ. n. 15311/2023
Nel giudizio di appello, ove l'udienza destinata alla verifica del contraddittorio sia sostituita con la cd. trattazione scritta - che non consente alle parti il deposito di documenti, ma solo di note contenenti istanze e conclusioni - il giudice, in caso di mancata costituzione dell'appellato, non può dichiarare l'improcedibilità del gravame senza prima verificare l'esistenza e la regolarità della notifica, della quale, conseguentemente dovrà formulare richiesta di esibizione, rinviando a tal uopo ad altra udienza, in presenza o, se del caso, in forma sostitutiva scritta.
Cass. civ. n. 14813/2023
Nel giudizio di cassazione non trova applicazione il disposto dell'art. 346 c.p.c., relativo alla rinuncia alle domande ed eccezioni non accolte in primo grado; pertanto, sulle questioni esplicitamente o implicitamente dichiarate assorbite dal giudice di merito, e non riproposte in sede di legittimità all'esito di tale declaratoria, non si forma il giudicato implicito, ben potendo le suddette questioni, in caso di accoglimento del ricorso, essere riproposte e decise nell'eventuale giudizio di rinvio.
Cass. civ. n. 14372/2023
Alla contumacia del convenuto non può riconnettersi la mancata contestazione dei fatti allegati dall'attore, dal momento che la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, con conseguente ammissibilità della suddetta contestazione da parte del convenuto costituitosi in appello.
Cass. civ. n. 13920/2023
L'interpretazione e la qualificazione giuridica della domanda spetta al giudice di merito, sulla base dei fatti dedotti dall'attore, con la conseguenza che non incorre nel divieto di "nova" in appello la parte che, rimasta soccombente in primo grado con riferimento ad una domanda risarcitoria per illecito extracontrattuale fondata sull'art. 2043 c.c., ripropone in appello la stessa domanda risarcitoria, sulla base dei medesimi fatti costitutivi, pur fondandola sull'art. 2050 c.c.
Cass. civ. n. 13742/2023
In tema di IVA, l'esenzione generale per le cessioni di oro da investimento, prevista dall'art. 10, comma 1, n. 11, del d.P.R. n. 633 del 1972, presuppone che il materiale ceduto rispetti determinati requisiti di peso (superiore ad 1 grammo) e di purezza (superiore a 995 millesimi), mentre non è necessario il rispetto anche di una forma determinata (lingotto o placchetta), purché il bene di forma diversa (nella specie, in lamina) sia accettato dal mercato di riferimento.
Cass. civ. n. 13189/2023
L'inammissibilità dell'appello pronunciata in ragione del difetto di specificità dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 342 c.p.c., e non sulla base dei presupposti di cui all'art. 348-bis c.p.c. (ossia, in considerazione dell'insussistenza di alcuna ragionevole probabilità di accoglimento dell'impugnazione) non è soggetta ai termini di preclusione imposti dall'art. 348-ter c.p.c., e, pertanto, può essere emessa anche dopo l'udienza di cui all'art. 350 c.p.c..
Cass. civ. n. 12724/2023
Ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, ex art. 348-ter, comma 3, c.p.c., avverso il provvedimento di primo grado, integra attività idonea a fornire conoscenza della natura dell'ordinanza di inammissibilità emessa dal giudice d'appello l'invio, da parte della cancelleria, di una comunicazione contenente, in allegato, la suddetta ordinanza in "file" PDF compresso (cd. "zippato").
Cass. civ. n. 12128/2023
dalla fusione di quella presente in primo grado (o incorporante la stessa) - Prova del predetto adempimento - Necessità. Gli effetti giuridici della fusione o dell'incorporazione si producono dal momento dell'adempimento delle formalità pubblicitarie concernenti il deposito, per l'iscrizione nel registro delle imprese, dell'atto di fusione; ne consegue che - ai fini del riconoscimento della legittimazione all'impugnazione della società incorporante o risultante dalla fusione, in qualità di successore della società soccombente nel grado precedente - è necessaria la prova del predetto adempimento.
Cass. civ. n. 12116/2023
Non integra domanda nuova, inammissibile in appello, la deduzione dell'attore che abbia prima affermato di essere proprietario esclusivo e poi comunista della cosa posseduta, in quanto le indagini di carattere petitorio sono consentite nel giudizio possessorio soltanto al fine di valorizzare e qualificare situazioni di fatto denuncianti di per sé l'esistenza del possesso, "ad colorandam possessionem", potendosi il titolo esaminare solo come fatto probativo del possesso e non come fonte del diritto, sicché ogni nuova prospettazione di carattere petitorio da parte dell'attore in possessorio riguarda solo il fondamento del possesso, senza integrare domanda nuova.
Cass. civ. n. 10926/2023
La mancanza nell'atto di citazione d'appello di tutti i requisiti indicati dall'art. 164, comma 1, c.p.c. e, quindi, di tutti gli elementi integranti la "vocatio in ius", non determina l'inammissibilità del gravame, dovendosi disporre, ai sensi dell'art. 164 c.p.c., la rinnovazione, entro un termine perentorio, della menzionata citazione, i cui vizi sono così sanati con efficacia "ex tunc". (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione del giudice di appello che aveva ritenuto che la mancanza, nell'atto di citazione notificato e iscritto a ruolo, dell'indicazione della data di udienza di comparizione e degli inviti previsti dall'art. 163, terzo comma, n. 7 c.p.c., vigente "ratione temporis", non poteva essere sanata con la costituzione dell'appellato, né con la rinnovazione della citazione, ritenendo inapplicabile l'art. 164 c.p.c. al giudizio d'appello.)
Cass. civ. n. 10864/2023
piena), previa separazione delle domande. Qualora la domanda introdotta dal cliente non appartenga, invece, alla competenza del giudice adito, troveranno applicazione gli artt. 34, 35 e 36 c.p.c., che eventualmente possono comportare lo spostamento della competenza sulla domanda, ai sensi dell'art. 14.
Cass. civ. n. 10126/2023
In materia di giudizio di cassazione, la discordanza, per mero errore materiale, tra i dati identificativi della sentenza impugnata indicati nell'atto d'impugnazione e quelli risultanti dalla sentenza prodotta in copia autentica dall'impugnante, non determina l'inammissibilità del ricorso, ove la corrispondenza tra la sentenza depositata e quella nei cui confronti è rivolta l'impugnazione risulti comunque dalla congruenza tra i motivi di gravame ed il contenuto della sentenza in atti, consentendo di individuare univocamente quest'ultima come oggetto effettivo del ricorso.
Cass. civ. n. 9479/2023
decreto ingiuntivo non opposto - Profili deducibili - Sospensione dell'esecutorietà del d.i. - Condizioni - Principio enunciato ex art. 363, comma 3, c.p.c.. Ai fini del rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti riconosciuti al consumatore dalla direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive dei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore, e dalle sentenze della CGUE del 17 maggio 2022, l'opposizione tardiva (ex art. 650 c.p.c.) al decreto ingiuntivo non motivato in ordine al carattere non abusivo delle clausole del contratto fonte del diritto azionato in via monitoria può riguardare esclusivamente il profilo di abusività di dette clausole; conseguentemente, il giudice dell'opposizione ha il potere (ex art. 649 c.p.c.) di sospendere, in tutto o in parte, l'esecutorietà del provvedimento monitorio a seconda degli effetti che l'accertamento sull'abusività delle clausole negoziali potrebbe comportare sul titolo giudiziale.
Cass. civ. n. 9456/2023
La parte che ha tempestivamente formulato l'eccezione di nullità della testimonianza, in quanto resa da un teste che assume essere incapace, deve poi dolersene in modo preciso e puntuale anche in sede di precisazione delle conclusioni, dovendosi altrimenti ritenere l'eccezione rinunciata, così da non potere essere riproposta in sede d'impugnazione.
Cass. civ. n. 9437/2023
In tema di imposte sui redditi, il credito di imposta sui dividendi, previsto dall'art. 14, comma 1-bis, del d.P.R. n. 917 del 1986, spetta all'ente territoriale non solo in caso di trasformazione diretta delle aziende municipalizzate in società di capitali, ma anche qualora venga costituita una nuova società con conferimento di azienda o ramo di azienda, poiché il riferimento alla trasformazione non richiama la nozione civilistica di cui agli artt. 2498 e ss. c.c., ma attiene all'adozione, da parte degli enti locali, di modelli privatistici di gestione dei servizi pubblici, a prescindere dalle modalità di costituzione del soggetto affidatario.
Cass. civ. n. 9377/2023
Quando sia stata proposta domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto e una specifica richiesta di condanna al risarcimento dei danni conseguenti all'inadempimento denunciato, l'accoglimento in primo grado della sola pretesa risarcitoria, sul presupposto che non vi sia prova del dedotto contratto, con espresso rigetto della domanda di accertamento dell'inadempimento e quindi anche con inequivoca valutazione di infondatezza della dichiarazione di risoluzione del rapporto, non consente all'originario attore di limitarsi a riproporre in appello, ai sensi dell'art. 346 c.p.c., la domanda di risoluzione, rispetto alla quale l'avvenuta soccombenza richiede la proposizione di un tempestivo appello incidentale.
Cass. civ. n. 9269/2023
Nel caso in cui l'appellante, nel costituirsi in modalità telematica, ometta di depositare i "files" o le copie analogiche idonei a comprovare l'avvenuta notificazione del gravame, quest'ultimo è improcedibile, a meno che alla relativa produzione non provveda l'appellato.
Cass. civ. n. 9224/2023
All'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale è applicabile, in forza del rinvio operato dall'art. 50-quater c.p.c., il regime della nullità di cui all'art. 161, comma 1, c.p.c., con la conseguenza che il relativo vizio (che non comporta la nullità degli atti precedenti) si converte in motivo di impugnazione, senza che quest'ultima produca l'effetto della rimessione degli atti al primo giudice, ove il giudice dell'impugnazione sia anche giudice del merito, essendo egli chiamato a rinnovare la decisione come se fosse nella posizione del giudice di primo grado, e non potendo, pertanto, sindacare il mancato rispetto, nell'atto di appello, dei requisiti di ammissibilità di cui all'art. 342 c.p.c.
Cass. civ. n. 8951/2023
La costituzione dell'appellante con deposito della copia dell'atto di citazione (cd. velina) in luogo dell'originale non determina l'improcedibilità del gravame ai sensi dell'art. 348, comma 1, c.p.c., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall'art. 165 c.p.c., come tale sanabile anche in virtù dell'operatività del principio del raggiungimento dello scopo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata - che aveva rigettato l'eccezione di improcedibilità dell'appello, formulata alla seconda udienza, per mancato deposito dell'originale dell'atto di appello notificato - sul rilievo, da un lato, che due appellati si erano comunque costituiti, difendendosi nel merito, e, dall'altro, che gli appellanti avevano provveduto, a detta udienza - nella quale si erano pertanto esaurite le complessive verifiche di cui all'art. 350, comma 3, c.p.c. -, al deposito dell'originale in conformità all'invito, finalizzato alla verifica della regolare notificazione dell'atto alla parte appellata non costituita, formulato dal giudice del gravame nella prima udienza di trattazione.)
Cass. civ. n. 8675/2023
realtà, a sindacare il merito amministrativo delle scelte compiute dalla P.A. in relazione all'affidamento di un appalto pubblico).
Cass. civ. n. 8506/2023
Il giudice d'appello può decidere la causa in assenza del fascicolo d'ufficio di primo grado soltanto quando questo non è indispensabile rispetto ai motivi di gravame; in caso contrario, invece, sussiste un preciso obbligo - dell'ufficio giudiziario e non delegabile alle parti - di disporne l'acquisizione, con la conseguenza che, ove esso rimanga inadempiuto (per carenze organizzative dell'ufficio o anche per errore del funzionario addetto), non può farsene discendere alcuna conseguenza pregiudizievole per le parti del processo, dovendosi perciò ritenere abnorme la sentenza di appello che abbia dichiarato inammissibile l'impugnazione per la mancanza del fascicolo d'ufficio di primo grado.
Cass. civ. n. 8124/2023
Nel processo tributario, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente (o dell'appellante), che si avvalga per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall'evento che la legge considera equipollente alla ricezione).
Cass. civ. n. 7031/2023
In tema di rapporto di lavoro giornalistico, la mancata iscrizione all'albo dei praticanti comporta la nullità del contratto di lavoro per violazione di legge, che non è sanabile con la successiva retrodatazione dell'iscrizione; tuttavia, poiché detta nullità non deriva da illiceità dell'oggetto e della causa, l'attività svolta conserva giuridica rilevanza ed efficacia ai sensi dell'art. 2126 c.c., sicché, per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, il lavoratore ha diritto al trattamento economico e previdenziale, senza che sorga, però, anche lo specifico obbligo dell'assicurazione presso l'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (I.N.P.G.I.), in quanto presupposto dello stesso non è solo la natura giornalistica dell'attività svolta, ma anche l'iscrizione all'Albo.
Cass. civ. n. 6614/2023
La domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado o del decreto ingiuntivo può essere proposta nel giudizio d'appello senza che ciò implichi violazione del divieto di domande nuove posto dall'art. 345 c.p.c., dovendo applicarsi, in via analogica, il principio generale in base al quale, per ragioni di economia processuale, la domanda di risarcimento del danno per responsabilità aggravata ex art. 96, comma 2, c. p. c. può essere proposta anche in grado di appello, come pure la domanda di riduzione in pristino ed ogni altra conseguente davanti al giudice di rinvio (art. 389 c.p.c.).
Cass. civ. n. 6397/2023
L'appello proposto da una società estinta è inammissibile e tale vizio è rilevabile d'ufficio in sede di legittimità, qualora sul punto non si sia formato il giudicato; a tal fine, la parte originariamente appellata, che ricorra per cassazione, è ammessa a produrre, ai sensi dell'art. 372 c.p.c., i documenti comprovanti la suddetta estinzione, essendo quello della proposizione dell'impugnazione il momento in cui è tenuta a verificare l'esistenza del soggetto cui deve notificarla.
Cass. civ. n. 6010/2023
In tema di atti preliminari al giudizio di appello, per effetto delle modifiche apportate all'art. 601, comma 3, cod. proc. pen. dall'art. 34, comma 1, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2023, 150, la disciplina del termine a comparire dev'essere individuata, in assenza di norma transitoria, con riguardo alla data di emissione del provvedimento impugnato, e non a quella della proposizione dell'impugnazione, sicché, per gli appelli proposti avverso sentenze pronunciate fino al 31 dicembre 2022, tale termine è di venti giorni. (In motivazione, la Corte ha escluso che la disposizione transitoria di cui all'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2023, 150, sia riferibile agli atti preliminari al giudizio di appello, con la conseguenza che, per l'individuazione della normativa processuale applicabile, occorre fare riferimento al principio "tempus regit actum").
Cass. civ. n. 5319/2023
Non integra il reato di esercizio abusivo della professione infermieristica il compimento di attività strumentalmente connesse agli atti tipici della professione, in assenza dei caratteri della continuità e professionalità. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato il sequestro preventivo di una casa di cura per anziani nella quale era stata accertata la predisposizione da parte dell'infermiere, in servizio all'atto del sopralluogo, della somministrazione di farmaci, non richiedente la competenza specifica della abilitazione infermieristica, da parte degli operatori sociosanitari in sua assenza).
Cass. civ. n. 4770/2023
La rilevabilità d'ufficio del concorso di colpa della vittima di un fatto illecito, di cui all'art. 1227, comma 1, c.c., non è incondizionata, dovendo coordinarsi con gli oneri dell'allegazione e della prova; ne discende che la questione del concorso colposo è rilevabile d'ufficio, in primo grado, allorché risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia desumibile la sussistenza d'una condotta colposa del danneggiato, che abbia concausato il danno e, in grado di appello, se in primo grado ne sia stato omesso il rilievo, ove la parte interessata abbia impugnato la sentenza che non ha provveduto sull'eccezione ovvero la abbia riproposta quando la questione sia rimasta assorbita.
Cass. civ. n. 4424/2023
Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistico-edilizia la domanda di reintegrazione nel possesso con cui si prospetti che lo spossessamento del fondo, preordinato all'esecuzione di un intervento realizzativo di un'opera pubblica, è avvenuto in forza di un'illegittima dichiarazione di pubblica utilità, in quanto l'apprensione e l'utilizzazione del bene e la realizzazione dell'opera da parte della pubblica amministrazione sono comunque riconducibili ad un concreto esercizio del potere autoritativo che si manifesta con l'adozione della dichiarazione di pubblica utilità, senza che rilevino il vizio di quest'ultima o la sua successiva perdita di efficacia o il suo annullamento.
Cass. civ. n. 4019/2023
Il requisito relativo all'obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio è sottratto al principio di non contestazione, in quanto discendente da norma imperativa e al divieto di "ius novorum" in appello, essendo il contratto che ne sia sprovvisto affetto da nullità rilevabile d'ufficio.
Cass. civ. n. 2658/2023
In tema disconoscimento di scrittura privata, qualora lo stesso sia proposto ritualmente nel giudizio di primo grado, ma venga ignorato dalla sentenza che, utilizzando il documento, tuttavia accolga le domande proposte dalla parte che ha operato il disconoscimento, quest'ultima è tenuta, pur se vittoriosa, a riproporre la relativa eccezione nel giudizio di appello, in mancanza dovendo ritenersi il disconoscimento rinunciato, ai sensi dell'art. 346 c.p.c.
Cass. civ. n. 2588/2023
Nella imposizione di registro della divisione ereditaria ex art. 34 del d.P.R. 131 del 1986, al fine di stabilire la massa comune e, di conseguenza, al fine di accertare la eventuale divergenza tra quota di fatto-quota di diritto e la presenza di eccedenze-conguagli tra coeredi tassabili come vendita-trasferimento, si deve tenere conto del valore del bene donato in vita dal "de cuius" ad uno dei coeredi condividenti e come tale oggetto di collazione ex artt. 724 e 737 c.c.
Cass. civ. n. 891/2023
In tema di impugnazioni, l'appellante può limitarsi a porre a fondamento del gravame la mancata sospensione del giudizio di primo grado, senza alcuna deduzione sulle questioni di merito, sempre che specifichi che l'arresto del procedimento è funzionale all'attesa di una pronuncia che influirà sull'esito della lite.
Cass. civ. n. 838/2023
Il giudizio di delibazione della sentenza di nullità del matrimonio pronunciata dal tribunale ecclesiastico, promosso da uno solo dei coniugi, è un ordinario giudizio di cognizione, al quale si applicano gli artt. 796 e 797 c.p.c., essendo pertanto nulla, per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, la sentenza pronunciata a definizione del procedimento, senza che siano concessi i termini previsti dall'art. 190 c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la statuizione pubblicata pochi giorni dopo l'assunzione in decisione, secondo una tempistica incompatibile con la concessione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e repliche).
Cass. civ. n. 509/2023
Il trattamento sanitario obbligatorio – che integra un evento terapeutico straordinario, finalizzato alla tutela della salute mentale del paziente – può essere disposto anche senza il consenso informato dello stesso, ove, a fronte di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, non sia possibile adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra-ospedaliere e il paziente rifiuti gli interventi terapeutici proposti.
Cass. civ. n. 401/2023
Anche nell'ambito del reclamo di cui al rito cd. Fornero, prova nuova indispensabile, ai sensi dell'art. 1, comma 59, della l. n. 92 del 2012, è quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio, oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.
Cass. civ. n. 149/2023
In tema di delibazione di sentenze ecclesiastiche, la convivenza "come coniugi" - pur costituendo un elemento essenziale del "matrimonio-rapporto" ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione ed integrando una situazione giuridica di "ordine pubblico italiano" - non è di ostacolo alla dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità per vizi genetici del "matrimonio-atto" che siano a loro volta presidiati da nullità nell'ordinamento italiano; in particolare, tale limite non opera rispetto alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità per un vizio psichico che renda incapaci a contrarre matrimonio, corrispondente a quello pure previsto nell'ordinamento italiano dall'art. 120 c.c.
Cass. civ. n. 50/2023
Il rilievo d'ufficio della nullità del contratto è precluso al giudice dell'impugnazione quando sulla validità del rapporto si è formato il giudicato interno e cioè, nel caso in cui la nullità abbia formato oggetto di domanda o di eccezione in primo grado e la decisione (anche implicita) su tale eccezione o domanda non abbia formato oggetto di uno specifico motivo di impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha rilevato che l'eccezione di invalidità per carenza di forma scritta di un contratto della P.A. - già esaminata dal giudice di primo grado, che, in funzione della declaratoria di sussistenza dell'obbligazione derivante da tale negozio, ne aveva necessariamente presupposto ed implicitamente ritenuto la validità - non aveva formato oggetto di uno specifico motivo d'impugnazione da parte del Comune - il quale aveva riproposto l'eccezione soltanto all'udienza di precisazione delle conclusioni - e ha quindi statuito che alla Corte d'appello era preclusa la rilevazione officiosa della nullità, in applicazione della regola della formazione progressiva del giudicato).
Cass. civ. n. 17038/2022
Non ricorre alcuna incompatibilità, ex art. 34 cod. proc. pen., in capo al magistrato, già componente del tribunale del riesame chiamato a giudicare dell'inefficacia di una misura coercitiva per omesso interrogatorio dell'indagato, che abbia poi fatto parte del tribunale come giudice dell'appello cautelare avverso il rigetto dell'istanza di declaratoria di inefficacia della medesima misura.
Cass. civ. n. 14840/2022
L'istituto dell'ammissione alla prova di cui all'art. 168-bis cod. pen. non si applica con riferimento alla disciplina della responsabilità degli enti di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. (In motivazione la Corte ha affermato che la messa alla prova dei maggiorenni ha natura di "trattamento sanzionatorio" penale, modulato sull'imputato persona fisica e sui reati allo stesso astrattamente riferibili, non estensibile, per il principio della riserva di legge, agli enti, la cui responsabilità amministrativa è riconducibile ad un "tertium genus").
Cass. pen. n. 55231/2018
Costituisce causa di incompatibilità con la funzione di giudice dell'udienza preliminare l'aver autorizzato, quale giudice delle indagini preliminari, la proroga delle intercettazioni telefoniche, trattandosi di attività che comporta valutazioni di merito delle questioni oggetto del giudizio, quali la permanenza degli indizi di reato e dei presupposti normativi legittimanti l'attività captativa.
Cass. pen. n. 46368/2017
Non sussiste incompatibilità, ai sensi dell'art. 34 cod. proc. pen., del giudice per l'udienza preliminare che ha disposto il rinvio a giudizio dell'imputato rispetto alla successiva celebrazione dell'incidente probatorio, posto che in quest'ultimo il giudice non compie alcuna attività decisoria di merito, ma esclusivamente di direzione dello stesso; né la relativa questione è, comunque, ammissibile in sede di legittimità ove non sia stata preceduta da istanza di ricusazione.
Cass. pen. n. 49254/2016
Non si configura alcuna incompatibilità, ai sensi dell'art. 34 cod. proc. pen., a partecipare al giudizio per l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca a carico del giudice che abbia precedentemente adottato il provvedimento di sequestro, ai sensi dell'art. 20 D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, dal momento che tale provvedimento ha carattere interinale e provvisorio, o destinato ad essere sostituito da una pronuncia decisoria finale e non può dirsi riferibile ad una fase antecedente ed autonoma del procedimento.
Cass. pen. n. 10231/2015
Non si configura alcuna ipotesi di incompatibilità ai sensi dell'art. 34 cod. proc. pen. in capo al magistrato, già componente del tribunale del riesame chiamato a giudicare della legittimità di una misura coercitiva, che abbia, poi, fatto parte del medesimo tribunale, in qualità di giudice dell'appello avverso il rigetto di istanza di revoca o sostituzione della medesima misura.
Cass. pen. n. 10075/2015
L'esistenza di una causa d' incompatibilità, non incidendo sulla capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato, ma costituisce esclusivamente motivo di astensione e ricusazione, da far valutare tempestivamente con la procedura di cui all'art. 37 cod. proc. pen. (Fattispecie relativa a magistrato di sorveglianza che, dopo aver rigettato l'istanza di rinvio della esecuzione della pena e di ammissione alla detenzione domiciliare in via di urgenza, aveva poi concorso a comporre il tribunale collegiale competente a decidere sulla medesima domanda in via ordinaria).
Cass. pen. n. 36847/2014
L'ipotesi di incompatibilità del giudice derivante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996 - che ha dichiarato la incostituzionalità dell'art. 34, comma secondo, cod. proc. pen., "nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata" - sussiste anche con riferimento alla ipotesi in cui il giudice del dibattimento abbia, in separato procedimento, pronunciato sentenza di applicazione della pena su richiesta nei confronti di un concorrente necessario nello stesso reato.
Cass. pen. n. 32843/2014
L'istituto dell'incompatibilità opera solo nell'ambito del giudizio di cognizione, sicchè non è ipotizzabile la ricusazione del giudice dell'esecuzione, posto che la competenza di quest'ultimo deriva inderogabilmente dalla sua identificazione con il giudice della fase cognitiva e che, nell'ambito di detta competenza, non può sussistere alcuna divaricazione fra l'intervenuto giudicato e l'oggetto della deliberazione da adottarsi in "executivis".
Cass. pen. n. 24919/2014
L'esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., non incidendo sulla capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato, ma costituisce esclusivamente motivo di astensione e di ricusazione, che deve essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all'art. 37 cod. proc. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso con il quale era stata dedotta la nullità della sentenza impugnata per la mancata astensione del giudice).
Cass. pen. n. 22965/2014
Non costituisce per il giudice dell'udienza preliminare causa di incompatibilità ai sensi dell'art. 34 c.p.p. l'aver disposto contestualmente decreto di rinvio a giudizio nei confronti di alcuni coimputati e sentenza di condanna in sede di giudizio abbreviato nei confronti di altri coimputati per i medesimi fatti.
Cass. pen. n. 42426/2013
La dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma astrattamente incidente sulla individuazione del giudice - persona fisica non è fatto idoneo a determinare la modifica della decisione assunta, in sede di annullamento con rinvio, dalla Corte di cassazione circa la competenza. (Nella specie è stata ritenuta legittima la decisione adottata dal Magistrato di sorveglianza, investito in sede di rinvio della decisione di un reclamo avverso sanzione disciplinare inflitta a detenuto, prima dell'intervento additivo operato dalla sentenza n. 183 del 2 luglio 2013 della Corte Costituzionale sulla portata degli articoli 34, comma primo e 623, comma primo lettera a cod. proc. pen.).
Cass. pen. n. 18669/2013
Il rigetto della richiesta di "patteggiamento" in applicazione di una norma processuale ed in assenza di valutazioni sul merito dell'imputazione, non comporta l'incompatibilità del giudice ad esaminare una nuova richiesta di "patteggiamento". (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso che fosse nullo o abnorme il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, nell'ambito di un procedimento per guida in stato di ebbrezza, dopo aver rigettato una prima richiesta di patteggiamento ravvisando l'erronea qualificazione del fatto, trattandosi di imputato infraventunenne e non essendovi menzione di tale circostanza nell'imputazione, aveva successivamente esaminato una nuova richiesta di patteggiamento avanzata dalle parti, accogliendola).
Cass. pen. n. 4478/2012
Qualora il giudice delle indagini preliminari si ritenga incompatibile a tenere, a norma dell'art. 34, comma secondo bis c.p.p., l'udienza preliminare, legittimamente la rinvia, in quanto l'incompatibilità opera in relazione ad attività e provvedimenti di natura giurisdizionale decisoria e non già con riguardo a provvedimenti meramente ordinatori che non incidono sul merito delle questioni oggetto del giudizio, e il provvedimento di fissazione della nuova udienza è efficace indipendentemente dalla circostanza che non sia ancora intervenuta la decisione del presidente del tribunale in ordine alla dichiarazione di astensione determinata dalla causa di incompatibilità, atteso che esso non può considerarsi "atto del procedimento" ai sensi dell'art. 42, comma primo, stesso codice. (Nella specie la Corte ha ritenuto non viziato da nullità il provvedimento con il quale il Presidente del Tribunale, investito altro giudice dopo l'accoglimento dell'istanza di astensione, confermava per la successiva udienza la stessa data già nota al difensore dell'imputato senza darne avviso a quest'ultimo).
Cass. pen. n. 7908/2011
Non sussiste una situazione di incompatibilità del giudice che abbia pronunciato una sentenza di applicazione della pena su richiesta di un coimputato nel medesimo processo, in relazione agli stessi reati, a meno che la sentenza non contenga valutazioni di merito, tali da rappresentare un'anticipazione di giudizio nei confronti del coimputato che non abbia patteggiato la pena.
Cass. pen. n. 5349/2011
Il giudice che ha emesso un provvedimento cautelare personale non è incompatibile a provvedere in ordine alla richiesta di giudizio immediato nei confronti dello stesso imputato e per lo stesso fatto, dato che si tratta di valutazione che non definisce né una fase del procedimento né un grado di giudizio.
Cass. pen. n. 24961/2005
In considerazione della particolare natura del giudizio di legittimità, istituzionalmente destinato al controllo di legalità e non alla valutazione di merito del provvedimento impugnato, nei giudizi davanti alla corte di cassazione non ricorrono le condizioni di incompatibilità c.d. orizzontale previste dall'art. 34 o le altre gravi ragioni di convenienza previste dall'art. 36, lett. h), c.p.p., salva invece la possibilità che ricorra una situazione di incompatibilità cd. verticale, ai sensi dell'art. 34, commi 1 e 3, c.p.p., nel caso in cui un giudice della corte abbia precedentemente ricoperto un ruolo di giudice o di pubblico ministero nelle fasi di merito relative alla stessa res iudicanda. (Mass. redaz.).
In tema di incompatibilità del giudice ex 34 c.p.p., nel giudizio di cassazione non ricorrono le situazioni di incompatibilità o le altre ragioni di convenienza per l'astensione di cui all'art. 36 c.p.p., se non nel caso in cui un giudice della Corte abbia precedentemente ricoperto il ruolo di giudice o di P.M. nelle fasi di merito relative alla stessa regiudicanda, atteso che come attività pregiudicante ai fini della incompatibilità va intesa quella che implica una valutazione in merito sull'accusa e come sede pregiudicata quella giurisdizionale volta a decidere sul merito stesso dell'accusa o di una misura de libertate, mentre il giudizio di legittimità è destinato al controllo di legalità e non a valutazioni di merito.
Cass. pen. n. 44711/2004
In tema di giudizio abbreviato, quando l'imputato «rinnova» prima della dichiarazione di apertura del dibattimento una richiesta condizionata di accesso al rito già respinta dal giudice per le indagini preliminari (secondo il meccanismo di sindacato introdotto dalla sentenza costituzionale 23 maggio 2003 n. 169), il giudice è chiamato ad effettuare, acquisendo gli atti del fascicolo del pubblico ministero in applicazione analogica dell'art. 135 disp. att. c.p.p., una valutazione solo incidentale delle risultanze raccolte, finalizzata alla verifica della prospettata necessità della prova integrativa richiesta, senza che ciò si traduca in giudizio sul merito dell'azione penale e dunque in causa di incompatibilità per il giudice stesso.
Cass. pen. n. 40320/2003
Non sussiste alcuna causa di incompatibilità al giudizio nei confronti del giudice di appello che rigetti la richiesta di pena patteggiata ai sensi dell'art. 599, comma 4, c.p.p., formulata congiuntamente dall'imputato e dal pubblico ministero. (Nell'occasione la Corte ha anche ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 36 c.p.p., nella parte in cui non prevedono una causa di incompatibilità del giudice che abbia comunque espresso una valutazione discrezionale nell'ambito di uno stesso procedimento, operante a prescindere da iniziative di parte).
Cass. pen. n. 30448/2003
In tema di incompatibilità del giudice ex 34 c.p.p., nel giudizio di cassazione non ricorrono le situazioni di incompatibilità o le altre ragioni di convenienza per l'astensione di cui all'art. 36 c.p.p., se non nel caso in cui un giudice della Corte abbia precedentemente ricoperto il ruolo di giudice o di P.M. nelle fasi di merito relative alla stessa regiudicanda, atteso che come attività pregiudicante ai fini della incompatibilità va intesa quella che implica una valutazione in merito sull'accusa e come sede pregiudicata quella giurisdizionale volta a decidere sul merito stesso dell'accusa o di una misura de libertate, mentre il giudizio di legittimità è destinato al controllo di legalità e non a valutazioni di merito.
Cass. pen. n. 12744/2003
Il principio dell'incompatibilità tra le funzioni di Gip e quelle di GUP sancito dall'art. 34, comma 2, c.p.p. — a seguito dei successivi interventi legislativi che hanno aggiunto i commi 2 ter e 2 quater, rispettivamente ad opera dell'art. l L. n. 479 del 1999 e dell'art. 2 quater D. L. 7 aprile 2000, n. 82, conv. con modificazioni dalla legge n. 144 del 2000 — non può essere inteso in modo rigido, quale incompatibilità “secca” tra le predette funzioni, ma deve — alla luce di un'interpretazione sistematica che tenga conto e valorizzi le significative deroghe introdotte con i suddetti commi 2 ter e 2 quater che includono anche quella del giudice che abbia provveduto all'assunzione dell'incidente probatorio — essere inteso, nei casi non previsti come espressa deroga dai commi 2 ter e 2 quater, nel senso che è incompatibile con la funzione di giudice dell'udienza preliminare il giudice, persona fisica, che abbia adottato un provvedimento implicante l'esame del merito dell'imputazione. Ne consegue che il rigetto, da parte del Gip, di un'istanza di acquisizione probatoria, ex art. 368 c.p.p., non implicando alcuna funzione decisoria di merito, non costituisce causa di incompatibilità per lo svolgimento della successiva funzione di giudice dell'udienza preliminare.
Cass. pen. n. 8137/2003
Il giudice che abbia in precedenza emesso decreto di rinvio a giudizio, successivamente annullato dal giudice del dibattimento con restituzione degli atti al pubblico ministero, non può celebrare la nuova udienza preliminare, sussistendo, alla luce della mutata struttura e funzione dell'udienza in questione, una delle cause di incompatibilità stabilite dall'art. 34 c.p.p.
Cass. pen. n. 1376/2003
L'applicazione di una misura di prevenzione motivata anche con il richiamo incidentale e occasionale all'appartenenza del prevenuto a un'associazione per delinquere di stampo mafioso non rende il giudice che abbia concorso a disporla incompatibile nel successivo procedimento, nei confronti di altra persona appartenente al medesimo sodalizio criminoso, per omicidio aggravato ai sensi dell'art. 7 D.L. n. 152 del 1991 convertito nella legge n. 203 del 1991 (aver commesso il fatto al fine di agevolare l'associazione in questione). (Fattispecie relativa a ricusazione del giudice).
Cass. pen. n. 38053/2002
In tema di giudizio abbreviato, non sussiste incompatibilità per il giudice il quale, nel corso della udienza preliminare celebrata prima dell'avvio del rito speciale, abbia deliberato provvedimenti concernenti la libertà personale dell'imputato. (In motivazione la corte, richiamando il principio secondo cui gli atti in precedenza compiuti possono assumere valore pregiudicante solo riguardo a fasi diverse e successive del procedimento, ha ritenuto sussistere continuità di fase quando l'udienza preliminare assume, su richiesta dell'imputato, la più ampia natura cognitiva propria del giudizio abbreviato).
Cass. pen. n. 14316/2002
La causa di incompatibilità prevista dall'art. 34, comma 2, bis c.p.p., nei confronti del giudice il quale, nel medesimo procedimento, abbia esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari, non è configurabile quando — successivamente alla chiusura della fase delle indagini ed all'emissione del decreto di fissazione dell'udienza preliminare — il giudice che provvede poi alla celebrazione di tale udienza, adotti, nel frattempo, un provvedimento.
Cass. pen. n. 39944/2001
In tema di incompatibilità, la mera conoscenza da parte del giudice del dibattimento degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero senza che vi sia poi alcuna valutazione di merito, non rende lo stesso giudice incompatibile a partecipare al giudizio. (Fattispecie in cui la corte di assise aveva preso cognizione degli atti di indagine perché l'imputato aveva presentato la richiesta di giudizio abbreviato, senza poi esprimere alcuna valutazione in proposito, avendo lo stesso imputato revocato l'istanza).
Cass. pen. n. 24810/2001
Nella ipotesi di annullamento per vizi formali di un'ordinanza cautelare da parte del tribunale del riesame, rispetto all'adozione del nuovo provvedimento de liberate non sussiste per il giudice delle indagini preliminari che ha emesso il provvedimento annullato alcuna delle incompatibilità previste dall'art. 34 c.p.p. (così come risultante dalle plurime decisioni assunte dalla Corte costituzionale). Ne consegue che per l'ordinanza cautelare emessa nuovamente dal giudice delle indagini preliminari non può ravvisarsi alcuna delle ipotesi di nullità disciplinate dagli artt. 178 e 179 c.p.p., mentre può sussistere motivo di ricusazione del giudice, che deve essere fatto valere nei termini e nelle forme previsti dall'art. 38 c.p.p.
Cass. pen. n. 1970/2000
La disposizione di cui all'art. 34, comma 2 bis del c.p.p. non ha inteso - prevedendo l'incompatibilità fra Gip e Gup - consacrare una sorta di più generale principio generale dell'incompatibilità dovuta al fenomeno della «prevenzione», quanto invece corrispondere all'opportunità di introdurre una previsione che permettesse una definitiva organizzazione della macchina giudiziaria evitando il proliferare di astensioni e ricusazioni destinate a divenire sempre più frequenti specie dopo la riduzione delle condizioni di ammissibilità del rito abbreviato. Ciò premesso, e considerato come, anche la nuova formulazione dell'art. 111 della Costituzione non abbia comportato la trasformazione della funzione meramente «processuale» cui assolve il giudice dell'udienza preliminare (funzione consistente nell'accertamento della legittimità della domanda di processo formulata dal pubblico ministero), ne consegue che il differimento di operatività della suddetta disposizione di cui all'art. 34 cit., e la conseguente esclusione della sua applicazione ai procedimenti nei quali l'udienza fosse già in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 145 del 1999, non possano essere censurati sotto il profilo della legittimità costituzionale, in quanto trattasi di previsione dettata dall'esigenza di risolvere problemi intertemporali di organizzazione giudiziaria.
Cass. pen. n. 3047/2000
Attesa l'intervenuta differenziazione, non più sul piano soltanto concettuale ma anche con riguardo alle rispettive competenze e funzioni, tra la figura del giudice per le indagini preliminari e quella del giudice dell'udienza preliminare, a seguito dell'entrata in vigore del comma 2 bis (introdotto dall'art. 171 del D.L.vo 19 febbraio 1998 n. 171) dell'art. 34 c.p.p., deve ritenersi viziato da incompetenza funzionale il provvedimento adottato in materia de libertate dal giudice per le indagini preliminari successivamente alla presentazione, da parte del pubblico ministero, della richiesta di rinvio a giudizio, salvo che - in applicazione della normativa transitoria dettata dall'art. 3 bis del D.L. 24 maggio 1999 n. 145, conv. con modif. in legge 22 luglio 1999 n. 234 - alla data dell'entrata in vigore di detta ultima legge fosse già in corso l'udienza preliminare; ipotesi, questa, alla quale non può essere equiparata quella che l'udienza fosse stata soltanto fissata.
Cass. pen. n. 4061/2000
La proposta di revoca dell'affidamento in prova al servizio sociale non determina incompatibilità del magistrato di sorveglianza che l'abbia formulata nel successivo giudizio per la revoca della misura.
Cass. pen. n. 316/2000
L'incompatibilità del giudice dell'udienza preliminare per atti compiuti quale giudice per le indagini preliminari ha efficacia, ai sensi dell'art. 247 D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla legge 16 giugno 1998, n. 188 e dall'art. 3 bis del D.L. 24 maggio 1999, n. 145, convertito dalla legge 22 luglio 199, n. 234, solo a decorrere dal 2 gennaio 2000, con l'effetto che non può operare in procedimenti la cui udienza preliminare era in corso alla data di entrata in vigore della L. n. 234/1999 (24 luglio 1999) e si è conclusa, con il rinvio a giudizio dell'imputato, prima del 2 gennaio 2000. Né può porsi al riguardo un problema di legittimità costituzionale del sistema previsto dalla legislazione sopra richiamata, rientrando nelle scelte discrezionali del legislatore - come ritenuto dalla Corte costituzionale - la valutazione della sorte dei processi in corso al momento della entrata in vigore di una nuova norma processuale e dei limiti della sua applicabilità, attraverso l'emanazione di norme transitorie, per loro natura di applicazione temporanea.
Cass. pen. n. 742/2000
Non si configura alcuna ipotesi di incompatibilità ai sensi dell'art. 34 c.p.p. in capo al magistrato, già componente del tribunale del riesame chiamato a giudicare della legittimità di una misura coercitiva, che abbia, poi, fatto parte del medesimo tribunale, in qualità di giudice dell'appello avverso il rigetto di istanza di revoca della medesima misura. (Nella specie, enunciando il principio di cui in massima, la S.C. non ha mancato di chiarire l'erroneità dell'assunto difensivo, secondo il quale dall'asserita incompatibilità sarebbe derivata una nullità del provvedimento assunto dal tribunale).
Cass. pen. n. 23/2000
L'eventuale incompatibilità del giudice costituisce motivo di ricusazione, ma non vizio comportante la nullità del giudizio. (Fattispecie relativa a pretesa situazione di incompatibilità del componente di un organo giudicante collegiale).
Cass. pen. n. 7269/2000
Non sussiste incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento (art. 34 c.p.p.) nel caso in cui il giudice abbia pronunciato o abbia concorso a pronunciare, nei confronti del medesimo imputato, sentenza di applicazione della pena su richiesta relativamente a reato da considerare in concorso materiale con quello da giudicare. (Nella specie la sentenza di applicazione della pena era stata pronunciata per il reato di false annotazioni in scritture contabili, previsto dall'art. 1 del D.L. 10 luglio 1982 n. 429, conv. con modif. in legge 7 agosto 1982 n. 516, ed il reato da giudicare era quello di false comunicazioni sociali di cui all'art. 2621 c.c.).
Cass. pen. n. 313/2000
In tema di incompatibilità del giudice, poiché le cause di incompatibilità devono essere eccepite con dichiarazione di ricusazione, ove il giudice di primo grado, in mancanza di tale dichiarazione, abbia dichiarato manifestamente infondata una questione di costituzionalità dell'art. 34 c.p.p., e ove detta questione sia stata successivamente accolta (nelle more tra la pronuncia di primo grado e il giudizio di appello), la parte non può far valere con i motivi di appello come causa sopravvenuta di nullità della sentenza di primo grado il nuovo caso di incompatibilità affermato dalla Corte costituzionale, essendosi ormai esaurito il grado di giudizio al quale la situazione di incompatibilità si riferiva, e non incidendo la incompatibilità sulla capacità del giudice. (Fattispecie nella quale dopo la sentenza di primo grado era intervenuta la sentenza n. 131 del 1996 della Corte costituzionale, sulla base della quale il ricorrente, che non aveva proposto dichiarazione di ricusazione del giudice di primo grado, limitandosi ad eccepire la incostituzionalità della norma, aveva dedotto con un motivo di appello la nullità della sentenza di primo grado, riproponendo poi tale motivo in sede di ricorso per cassazione).
Cass. pen. n. 285/2000
Qualora una parte che sostenga la presenza di una situazione di incompatibilità del giudice ai sensi dell'art. 34 c.p.p., e non abbia proposto tale questione con lo strumento della richiesta di ricusazione del giudice stesso nel relativo grado del procedimento in cui la incompatibilità si sarebbe verificata, proponga o riproponga dinanzi alla Corte di cassazione una eccezione di legittimità costituzionale del citato art. 34 nella parte in cui non prevede una determinata causa di incompatibilità, la questione di costituzionalità deve essere dichiarata irrilevante, in quanto una eventuale sentenza di accoglimento da parte della Corte costituzionale non potrebbe spiegare alcuna influenza sulla risoluzione della questione relativa alla incompatibilità, che dovrebbe essere in ogni caso respinta per la ragione pregiudiziale di non essere stata tempestivamente proposta per mezzo della ricusazione.
Cass. pen. n. 13940/1999
La declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., nella parte in cui non prevedeva l'incompatibilità a partecipare al successivo giudizio del giudice che avesse respinto una richiesta di patteggiamento (intervenuta con sentenza della Corte costituzionale del 22 aprile 1992, n. 186), non può avere alcuna efficacia nella ipotesi in cui la questione di legittimità, già dichiarata manifestamente infondata dal giudizio di primo grado, sia stata riproposta come motivo di appello e la declaratoria di illegittimità sia intervenuta - perché rimessa la questione della Consulta da altro giudice - nelle more del giudice di appello. Infatti, va da un lato osservato che l'incompatibilità non produce di per sé un vizio della decisione cui abbia partecipato il giudice incompatibile, e dall'altro che la parte interessata avrebbe potuto proporre istanza di ricusazione, essendo questa ammissibile anche nel caso in cui l'esito favorevole debba passare attraverso l'accoglimento di un'eccezione di illegittimità costituzionale. (Nel caso, la cassazione ha ritenuto corretto l'operato dei giudici di appello che avevano dichiarato l'irrilevanza della questione perché nel frattempo decisa nei sensi suindicati: ha osservato la Corte suprema che alla parte sarebbe stato consentito di ricusare il giudice e di sollevare la questione di legittimità costituzionale in sede di procedimento di ricusazione).
Cass. pen. n. 12924/1999
Poiché tutte le situazioni che possano configurarsi come remore, giuridiche o morali, all'adempimento dei compiti del difensore generano una difesa non effettiva ed in sostanza inesistente, integra la nullità assoluta di cui agli artt. 178, lett. c), e 179 c.p.p. la partecipazione agli atti per i quali è previsto l'intervento obbligatorio della difesa di un difensore che abbia in precedenza esercitato, nello stesso processo, la funzione di giudice e si sia in tale veste pronunciato nel senso della colpevolezza dell'imputato assistito. (In applicazione di tale principio la Corte, configurando nel personale convincimento di colpevolezza precedentemente espresso nella sentenza di condanna un'incompatibilità oggettiva con l'ufficio di difensore, ha annullato la sentenza d'appello emessa a seguito di dibattimento nel corso del quale, assente il difensore di fiducia, era stato nominato, in sostituzione di questo ex art. 97 c.p.p., un difensore d'ufficio che, in qualità di pretore onorario, aveva emesso la decisione impugnata).
Cass. pen. n. 2481/1999
Non sussiste la causa di incompatibilità di cui all'art. 34 c.p.p. — come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996 — nell'ipotesi in cui il giudice abbia in precedenza respinto la richiesta di patteggiamento proposta da concorrenti nel medesimo reato per il quale l'imputato è tratto a giudizio. L'art. 34 succitato, infatti, non prevede detta ipotesi come causa di incompatibilità.
Cass. pen. n. 1526/1999
In tema di incompatibilità, questa non sussiste tra il Gip che ha applicato la misura cautelare in carcere, confermata da collegio diversamente composto in sede di riesame con la concessione degli arresti domiciliari, ed il tribunale del riesame, presieduto dallo stesso giudice, chiamato a decidere della revoca della misura coercitiva (sotto il profilo della cessazione delle esigenze cautelari e, in subordine, dell'applicazione di una misura meno afflittiva o del permesso di allontanarsi dal proprio domicilio per svolgere attività lavorativa). L'incompatibilità non sussiste non solo per assenza di previsione formale, ma altresì per difetto di interferenza funzionale tra i giudizi espressi, che sono complementari, in quanto riguardano statuizioni successive rese nel medesimo procedimento, ma con oggetto diverso, e, quindi, compatibili in quanto non comportano revisione delle valutazioni svolte in precedenza.
Cass. pen. n. 2482/1999
Poiché le pronunce sulle istanze di revoca o modifica della misura cautelare applicata all'estradando fanno parte del procedimento finalizzato all'estradizione e sono espressione della «competenza accessoria» del giudice che su questa deve pronunciarsi, non dà luogo all'incompatibilità di cui all'art. 34 c.p.p. la circostanza che gli stessi giudici che hanno provveduto de libertate siano chiamati a pronunciarsi anche sull'estradizione.
Cass. pen. n. 9539/1999
Non sussiste incompatibilità del giudice, ai sensi dell'articolo 34 c.p.p. anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996, qualora lo stesso giudice si trovi a dovere giudicare il medesimo soggetto in due processi distinti relativi a reati diversi. Ed invero la «posizione di quello stesso imputato» cui si riferisce la Corte costituzionale, è quella che concerne il medesimo reato per il quale si procede. (Nella specie la Corte Suprema di Cassazione ha esaminato un caso nel quale le stesse persone avevano subito due processi diversi presieduti dallo stesso magistrato, uno per associazione per delinquere di tipo mafioso e l'altro per singoli fatti criminosi ed il reato associativo non entrava in considerazione, nel secondo processo, neppure a titolo di aggravante ex articolo 7 D.L. n. 152 del 1991).
Cass. pen. n. 1003/1999
Atteso che, come ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale, l'udienza preliminare, per la sua natura essenzialmente processuale, non è pregiudicata, in termini di incompatibilità, dalla circostanza che a celebrarla sia lo stesso giudice che ha preso un provvedimento sulla libertà dell'imputato, deve affermarsi che la scelta del legislatore, operata con la legge 19 febbraio 1998, n. 51, art. 171, di prevedere una causa generale di incompatibilità tra il giudice per le indagini preliminari e il giudice dell'udienza preliminare è espressione di una scelta discrezionale di maggior garanzia, non imposta dalla Costituzione ma solo determinata da una opzione di politica giudiziaria verso la configurazione del Gup come giudice assolutamente privo della conoscenza di atti in precedenza compiuti; è pertanto manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 1 legge 16 giugno 1998, n. 188 che ha prorogato l'entrata in vigore della riforma, prospettata sotto il profilo della violazione degli artt. 25 (per sottrazione al giudice naturale previsto dal novellato art. 34 c.p.p.) e 24 (ingiusto processo). (Fattispecie di istanza di ricusazione presentata in relazione ad una udienza preliminare che si sarebbe dovuta celebrare sotto il vigore della norma dell'art. 34, comma 2 bis, c.p.p., introdotta con l'art. 171 cit., ove non prorogata con la anzidetta L. n. 88 del 1998).
Cass. pen. n. 610/1999
Non sussiste alcuna incompatibilità di funzioni per il giudice che, dopo aver pronunciato sentenza di rigetto o ordinanza di inammissibilità della revisione, venga chiamato a decidere altra richiesta concernente lo stesso soggetto e la medesima sentenza. Per il principio di tassatività, infatti, mentre l'art. 34 c.p.p. prevede l'incompatibilità delle funzioni di cognizione ordinaria con quelle della procedura di revisione (che è considerata un grado e, quindi, un proseguimento del giudizio di responsabilità), nessuna sanzione commina, invece, alle funzioni svolte dallo stesso giudice in plurime procedure di revisione, pur se concernenti la medesima condanna passata in giudicato.
Cass. pen. n. 6044/1999
L'incompatibilità ex articolo 34, secondo comma, c.p.p. non attiene alla capacità del giudice, intesa quale capacità ad esercitare la funzione giudiziaria, in difetto della quale e soltanto per tale causa, opera utilmente la nullità assoluta di cui all'articolo 178 lett. a) c.p.p.. Ed invero il difetto di capacità del giudice va inteso come mancanza dei requisiti occorrenti per l'esercizio delle funzioni giurisdizionali e non anche in relazione al difetto delle condizioni specifiche per l'esercizio di tale funzione in un determinato procedimento. Ne consegue che, non incidendo sui requisiti della capacità, la incompatibilità ex articolo 34 c.p.p., non determina, comunque, la nullità del provvedimento ex articoli 178 e 179 c.p.p., ma costituisce soltanto motivo di possibile astensione ovvero di ricusazione dello stesso giudice, da far tempestivamente valere con la procedura di rito ex articolo 37 e seguenti c.p.p.. (Nella specie, peraltro, la Corte ha ritenuto che non potesse neppure invocarsi il principio espresso nella sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996, volto ad impedire che uno stesso giudice valuti più volte - in sentenza - in successivi processi la responsabilità penale di una persona in relazione al medesimo reato, in quanto l'incompatibilità del giudice non può essere estesa a tutte le ipotesi in cui si proceda separatamente nei confronti dei concorrenti nel reato, ma deve essere circoscritta solo a quei casi in cui, con la sentenza che definisce il procedimento a carico di uno o più imputati, siano state apprezzabilmente operate valutazioni, anche se in via incidentale, purché di contenuto univoco e rilevante, in ordine alla responsabilità penale di un terzo concorrente nel medesimo reato).
Cass. pen. n. 44/1999
L'incompatibilità del giudice per le indagini preliminari, che abbia provveduto in ordine ad una misura cautelare, a partecipare al giudizio abbreviato, dichiarata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 155 del 1996, non è deducibile allorché la situazione giuridica alla quale si riferisca si sia esaurita prima che sia insorta la incompatibilità stessa per effetto della pronuncia di illegittimità costituzionale ovvero dopo la chiusura del grado del procedimento cui l'incompatibilità si riferisca.
Cass. pen. n. 106/1999
Deve ritenersi sussistente la causa di incompatibilità di cui all'art, 34 c.p.p., come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 17 ottobre 1996 - che ne ha dichiarato l'illegittimità nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice il quale abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, in cui la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità sia stata comunque valutata - tutte le volte in cui il capo di accusa sia congegnato in maniera tale che la responsabilità penale di un imputato sia strettamente collegata a quella di un concorrente, senza la cui azione, così come in concreto prevista, il reato non si sarebbe realizzato; in tali ipotesi, infatti, appare evidente che la pronuncia su uno dei prevenuti comporta, anche se non si fa menzione alcuna del correo, un giudizio incidentale sull'operato di quest'ultimo. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto sussistente la predetta causa di incompatibilità nel processo avente ad oggetto la posizione del concorrente-esecutore di una serie di reati, avendo già il concorrente-mandante patteggiato la pena avanti agli stessi giudici).
La causa di incompatibilità di cui all'art. 34 c.p.p., come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 17 ottobre 1996 - che ne ha dichiarato l'illegittimità nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità sia stata comunque valutata - sussiste anche quando la sentenza in cui è stata incidentalmente vagliata la posizione dell'imputato sia stata emessa a seguito di patteggiamento; ed invero anche se in tali ipotesi il giudice recepisce l'accordo intercorso fra le parti, è pur sempre necessaria una sua delibazione circa la sussistenza di alcuna tra le ipotesi previste dall'art. 129 c.p.p., la quale costituisce giudizio incidentale sulla posizione dei concorrenti necessari ovvero di quei correi la cui posizione è strettamente collegata a quella di chi ha patteggiato la pena.
Cass. pen. n. 2485/1998
La pronuncia di precedente sentenza di applicazione della pena su richiesta a carico di un coimputato è idonea a dar luogo a incompatibilità del giudice che tale sentenza ha pronunciato o concorso a pronunciare, nel separato giudizio nei confronti di altro concorrente nel medesimo reato, solo quando essa abbia compiuto una valutazione, sia pure incidentale, della responsabilità di quest'ultimo.
Cass. pen. n. 2199/1998
Non sussiste incompatibilità a partecipare al giudizio direttissimo del giudice che abbia convalidato l'arresto ed applicato una misura cautelare nei confronti dell'imputato. Infatti, secondo il codice di rito, lo stesso giudice che ha proceduto alla convalida è automaticamente designato a svolgere il giudizio direttissimo, rispetto al quale sono prodromici tutti quegli atti che lo stesso giudice deve compiere e che, proprio perché funzionali allo svolgimento di quel rito, non costituiscono pronunce autonome che possono determinare pregiudizio.
Cass. pen. n. 2151/1998
In tema di procedimento per i reati ministeriali, è manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 34, comma terzo, c.p.p., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede la incompatibilità a svolgere la funzione di giudici dell'udienza preliminare dei componenti del collegio per i reati ministeriali che hanno in precedenza compiuto attività di indagine, richiesto l'autorizzazione a procedere e quindi sostanzialmente svolto, secondo la prospettazione della questione, funzioni di pubblico ministero. Infatti, lo stesso legislatore costituzionale, nell'istituire, con la L.C. 16 gennaio 1989, n. 1, il collegio per i reati ministeriali e nell'attribuirgli funzioni tanto inquirenti quanto giurisdizionali, ha preventivamente escluso l'ipotizzabilità di una causa di incompatibilità nei confronti dei componenti del collegio che, dopo avere esaurito la fase delle indagini preliminari, richiesta e ottenuta l'autorizzazione a procedere proceda all'udienza preliminare.
Cass. pen. n. 1752/1998
Può verificarsi l'ipotesi di incompatibilità del giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti concorrenti nello stesso reato in giudizio separato - introdotta a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale del 2 novembre 1996, n. 371, modificativa dell'art. 34, comma 2, c.p.p. - nel caso in cui nel precedente giudizio siano state valutate prove (anche, eventualmente, con riferimento alla attendibilità di persone), solo se tale valutazione sia stata effettuata con specifico riferimento anche alla posizione del concorrente estraneo in quel procedimento, dimodoché si sia affermato, con riguardo sia ai profili oggettivi sia soggettivi della sua condotta, esplicitamente o implicitamente, che quelle medesime prove erano idonee a far ritenere la responsabilità anche di tale concorrente estraneo. Tale situazione non può, comunque, verificarsi se la valutazione delle prove non sia stata fatta nell'ambito dei fatti descritti nel medesimo capo di imputazione. (Nella fattispecie oggetto del giudizio, i giudici di merito avevano espresso una valutazione sul comportamento tenuto dall'extraneus giudicando su un episodio di corruzione di cui costui non doveva rispondere, anche se era stato accusato di un diverso episodio di corruzione nel procedimento a suo carico in cui era stata proposta l'istanza di ricusazione).
Cass. pen. n. 1379/1998
La sentenza della Corte costituzionale 2 novembre 1996, n. 371, con la quale si è dichiarata l'illegittimità del comma secondo dell'art. 34 c.p.p., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare la sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata, non può esplicare i suoi effetti nell'ipotesi in cui il giudice di appello abbia pronunciato sentenza di applicazione della pena a carico di coimputati ai sensi dell'art. 599, comma quarto, c.p.p., perché in tal caso la valutazione ha avuto ad oggetto unicamente la congruità della pena da altri indicata, con riferimento necessario esclusivamente alla loro condotta e alla loro situazione soggettiva, e prescinde, perciò, del tutto dalla responsabilità, il cui accertamento è stato già eseguito in primo grado ed è divenuto definitivo per effetto automatico della rinuncia all'impugnazione sul punto.
Cass. pen. n. 1380/1998
Relativamente al giudice dell'udienza preliminare non può porsi alcuna questione di incompatibilità con riferimento ai provvedimenti dallo stesso assunti anteriormente alla detta udienza, in quanto egli non compie una valutazione contenutistica dell'accusa e delle prove, ma è chiamato a valutare solamente la domanda di giudizio formulata dal P.M., e pertanto è estraneo all'udienza preliminare il concetto stesso di «giudizio», che va riservato solo al procedimento che pervenga ad una decisione di merito. (Nella specie il giudice dell'udienza preliminare aveva in precedenza emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico dell'indagato ed aveva successivamente rigettato l'istanza di revoca di tale provvedimento).
Cass. pen. n. 4521/1998
Le cause di incompatibilità del giudice debbono essere eccepite con dichiarazione di ricusazione la quale ha la valenza di instaurazione di giudizio incidentale. Pertanto, la proposizione diretta di una questione di legittimità costituzionale in ordine alla normativa sulla incompatibilità è irrilevante se non preceduta da dichiarazione di ricusazione. Consegue che la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma sulla incompatibilità intervenuta successivamente alla risoluzione della questione stessa non può essere invocata con effetto ex tunc in quanto la sua retroattività non si estende a situazioni processuali esaurite: ed invero, può definirsi esaurita la situazione processuale quando la causa di incompatibilità sia insorta, sulla base di una sentenza della Corte costituzionale, in epoca successiva alla chiusura del grado di procedimento cui l'incompatibilità, non eccepita in quella sede con espressa dichiarazione di ricusazione, si riferisce. (Nella fattispecie, nel giudizio di primo grado la difesa dell'imputato aveva eccepito, in limine litis, l'illegittimità costituzionale dell'art. 34 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva alcuna incompatibilità a giudicare il processo di merito per coloro che avevano già preso decisioni in materia cautelare, osservando in proposito che i due componenti togati della corte d'assise avevano già fatto parte del tribunale del riesame che aveva respinto le istanze in tema di libertà avanzate dall'imputato: detta eccezione era stata però dichiarata manifestamente infondata. Successivamente alla sentenza di primo grado la Corte costituzionale, con decisione n. 131 del 17 aprile 1996, aveva dichiarato la sussistenza di detta incompatibilità. In sede di appello la difesa aveva lamentato la nullità della sentenza di condanna emessa dalla corte d'assise, assumendo che la modifica costituzionale era da ritenere applicabile ex tunc e quindi al procedimento in esame, ancora in corso e nel quale era stata dedotta tempestivamente detta eccezione. Tale assunto, disatteso dai giudici di appello, era stato riproposto con il ricorso per cassazione e la Suprema Corte, enunciando il principio di cui in massima, ha condiviso la decisione adottata sul punto dai giudici di merito osservando che l'eccezione di illegittimità costituzionale, sollevata dalla difesa nel giudizio di primo grado, avrebbe dovuto essere necessariamente preceduta da una formale richiesta di ricusazione o astensione, e solo nel procedimento incidentale così instaurato sarebbe stato possibile eccepire l'illegittimità costituzionale della norma; la Corte di cassazione ha quindi affermato la inapplicabilità al procedimento in oggetto della sentenza della Corte costituzionale, successivamente intervenuta, perché in mancanza di una denuncia formale di ricusazione, effettuata con le corrette modalità procedurali, la situazione di incompatibilità doveva considerarsi ormai esaurita).
Cass. pen. n. 326/1998
Non costituisce motivo di astensione o di ricusazione di un giudice, da parte di soggetto imputato del reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, il fatto che quel giudice abbia in precedenza concorso a pronunciare decreto di applicazione di una misura di prevenzione nei confronti del medesimo soggetto, quale indiziato di appartenenza ad un'associazione del genere anzidetto.
Cass. pen. n. 1997/1998
La declaratoria di incostituzionalità di una norma deve trovare immediata applicazione, per incidere su situazione processuale pur esaurita, nella ipotesi in cui la medesima questione - già dichiarata manifestamente infondata dal giudice di primo grado, che non aveva neppure accolto la richiesta di astensione per gravi ragioni di convenienza - sia stata indicata come motivo di appello dalla parte interessata e la dichiarazione di incostituzionalità sia intervenuta nelle more del giudizio di appello. (Fattispecie relativa all'art. 34 c.p.p. dichiarato incostituzionale, con sentenza n. 155 del 1996 della Corte Costituzionale, tra l'altro, nella parte in cui non prevedeva l'incompatibilità del Gup, che abbia emesso provvedimento cautelare personale nei confronti dell'imputato, a giudicarlo con il rito abbreviato in sede di udienza preliminare).
Cass. pen. n. 164/1998
In tema di incompatibilità, nel caso in cui, nelle more tra la sentenza di primo grado e la proposizione dell'appello, sia intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 1996, che - conformemente a quanto sostenuto dalla difesa dell'imputato con apposita eccezione di illegittimità, disattesa dal giudice di primo grado - ha dichiarato la illegittimità dell'art. 34 c.p.p., tra l'altro, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio abbreviato il giudice per le indagini preliminari che abbia statuito de libertate relativamente al medesimo imputato, il difensore appellante, non potendo impugnare la ordinanza di rigetto dell'eccezione a causa della sopravvenuta decisione della Corte costituzionale, non può fare altro, per impedire il consolidamento della statuizione del primo giudice sul punto, che invocare l'applicazione retroattiva della sentenza della Corte costituzionale; applicazione retroattiva certamente non impedita dall'esaurimento del precedente grado di giudizio, posto che l'interessato - non potendo presentare istanza di ricusazione, non integrando la situazione predetta, allo stato della normativa vigente ed in relazione alle sentenze fino a quel momento pronunciate dalla Corte costituzionale, alcuna delle cause di incompatibilità tassativamente contemplate dall'art. 34 c.p.p. - dopo aver coltivato con tutti i mezzi a sua disposizione la questione relativa alla possibilità della partecipazione al giudizio abbreviato di quel medesimo giudice che aveva precedentemente emesso misura cautelare nei suoi confronti, ha visto poi la propria tesi, mai abbandonata, accolta dal giudice delle leggi. Né può essere d'ostacolo, all'efficacia retroattiva della declaratoria di illegittimità costituzionale, il fatto di aver impostato, in sede di appello, la questione in termini di nullità, della sentenza di primo grado alla stregua della sopravvenuta pronuncia di incostituzionalità, spettando comunque al giudice di secondo grado interpretare l'atto di gravame, in tal caso inequivocabilmente teso ad ottenere - per analogia a quanto disposto dall'art. 604, comma quarto, c.p.p. (accertamento da parte del giudice d'appello di una nullità da cui sia derivata la nullità del provvedimento che dispone il giudizio o della sentenza) - la caducazione della sentenza di primo grado in conseguenza dell'estensione retroattiva, degli effetti della predetta declaratoria di incostituzionalità, a situazione giuridica che, per i suesposti motivi, non può considerarsi ancora esaurita.
Cass. pen. n. 6448/1997
Non dà luogo ad incompatibilità, ai sensi dell'art. 34 c.p.p., il fatto che il giudice del dibattimento, in forza della c.d. «competenza accessoria», abbia, nella fase degli atti preliminari al giudizio apertasi con l'emissione del decreto di cui all'art. 429 c.p.p., provveduto negativamente su istanze in materia de libertate; il che, manifestamente, non si pone in contrasto con gli artt. 3, 24, comma 2, e 25, comma 1, della Costituzione.
Cass. pen. n. 3895/1997
I giudici componenti il collegio per i reati ministeriali che, nello stesso processo, abbiano redatto la relazione motivata di richiesta di autorizzazione a procedere di cui all'art. 8, comma 1, L. costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1 o abbiano sollecitato il P.M. a riformulare il capo di imputazione ovvero, in altro procedimento, abbiano pronunciato sentenza di applicazione della pena su richiesta nei confronti di un coimputato, non si trovano in situazione di incompatibilità, ai sensi dell'art. 34, comma 3, c.p.p., a celebrare l'udienza preliminare, allorché nella medesima non siano chiamati ad esprimere valutazioni sul merito dell'accusa. (In motivazione la Cassazione ha posto in rilievo: 1) la natura ibrida dei poteri, sia d'indagine che di conoscenza e valutazione del relativo esito, conferita al Tribunale dei Ministri dalla legge costituzionale; 2) la circostanza che la richiesta di autorizzazione a procedere si pone esclusivamente come alternativa procedurale alla richiesta di archiviazione; 3) il carattere meramente processuale dell'udienza preliminare; 4) l'esclusione di ogni interferenza di giudizio in relazione ad una precedente sentenza di patteggiamento resa nei confronti di un concorrente non necessario).
Cass. pen. n. 2226/1997
L'espletamento del giudizio di rinvio da parte della medesima sezione del tribunale, purché in diversa composizione, invece che da una sezione diversa, pur contrastando con quanto espressamente previsto dagli artt. 604 comma 8 e 623 lett. c), non integra una ipotesi di incompatibilità ai sensi dell'art. 34 c.p.p. e non determina nullità.
Cass. pen. n. 1621/1997
La partecipazione al giudizio di un giudice che abbia deciso in precedenza sulla richiesta di riesame della misura cautelare proposta da un coimputato la cui posizione sia stata stralciata nel giudizio in corso, non determina una situazione di incompatibilità ai sensi dell'art. 34 c.p.p. ed è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale volta a farla rilevare. Tale ipotesi è infatti del tutto differente rispetto a quella oggetto delle decisioni della Corte costituzionale n. 131/1996 e 371/1996.
Cass. pen. n. 706/1997
Il giudice membro del collegio per i reati ministeriali che ha partecipato alla deliberazione e redazione della relazione, anche da lui sottoscritta, con la quale il tribunale, ai sensi dell'art. 8 della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1, ha investito il Parlamento con la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di un ministro, non si trova in una situazione di incompatibilità analoga a quelle disciplinate dall'art. 34 c.p.p. ai fini della partecipazione all'udienza preliminare successiva al rilascio dell'autorizzazione. In primo luogo infatti il legislatore ha consapevolmente attribuito al tribunale per i reati ministeriali una natura ibrida assegnandogli sia compiti di indagini che di giudizio, e di tale consapevole discrezionalità il giudice di legittimità delle leggi dovrebbe tenere sempre conto; in secondo luogo la richiesta di autorizzazione e a procedere si pone esclusivamente come alternativa procedurale alla decisione di archiviazione, alla quale il tribunale può ricorrere esclusivamente, a fronte di notizie palesemente prive di fondamento, e non implica perciò una valutazione nel merito delle accuse. È quindi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale volta a far rilevare l'omessa indicazione dell'ipotesi in esame tra le cause di incompatibilità previste dal codice.
Cass. pen. n. 1310/1997
Poiché, alla luce di quanto affermato nelle varie decisioni della Corte costituzionale in materia di incompatibilità del giudice, in tanto può prospettarsi detta situazione in quanto si verta in tema di giudizio di merito, in coerenza alla premessa che debbasi evitare che la valutazione sulla responsabilità sia o possa apparire condizionata dalla naturale tendenza a mantenere fermo un giudizio già espresso in altri momenti decisionali dello stesso procedimento, deve escludersi che sussista incompatibilità qualora uno dei membri del collegio chiamato a definire il giudizio davanti alla Corte di cassazione abbia già contribuito ad una precedente pronuncia di legittimità assunta nel medesimo procedimento, ma non riguardante il merito dell'imputazione. (In applicazione di tale principio la Corte ha respinto la richiesta di rinvio dell'udienza, avanzata dalla difesa sul presupposto che uno dei membri del collegio giudicante avesse fatto parte di quello che in passato aveva respinto il ricorso proposto dal medesimo imputato nel procedimento incidentale de libertate, osservando, tra l'altro, che la precedente pronuncia aveva riguardato solo la questione della sussistenza o meno delle esigenze cautelari, che costituiscono esclusivamente un presupposto relativo alle sole misure restrittive e nulla hanno a che vedere con il giudizio sulla sussistenza del fatto-reato e sulla responsabilità dell'imputato).
Cass. pen. n. 112/1997
Poiché la previsione codicistica delle incompatibilità del giudice è finalizzata ad evitare che possa essere o apparire pregiudicata la tipica attività di «giudizio», non può ravvisarsi tale situazione nella partecipazione all'udienza preliminare del giudice che abbia in precedenza applicato all'imputato una misura cautelare; e ciò in quanto in detta udienza il giudicante non è chiamato ad esprimere valutazioni sul merito dell'accusa bensì ha il compito istituzionale di verificare, attraverso una delibazione meramente processuale, la legittimità della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero, così svolgendo un'attività meramente strumentale che non risulta preordinata a quella attinente alla decisione del merito della causa.
Cass. pen. n. 1271/1997
Nessuna norma processuale, in particolare né l'art. 34 c.p.p., né l'art. 604, c.p.p., prescrive che il giudice il quale ha pronunciato sentenza di annullamento per motivi processuali non possa più esercitare successivamente attività giurisdizionale nello stesso procedimento o nello stesso grado. Ed infatti, l'art. 604 c.p.p., stabilendo che il giudizio di rinvio si deve svolgere a seconda dell'organo che ha emesso la sentenza annullata davanti ad altra sezione dello stesso ufficio giudiziario o davanti ad altro Gip o pretore pone un divieto al suddetto giudice, e non a quello che ha pronunciato l'annullamento il quale, non avendo espresso alcuna valutazione di merito in ordine alla responsabilità, non può sentire alcuna preclusione (Nella fattispecie, vi era stato l'annullamento in grado di appello della sentenza del tribunale per mancata correlazione tra il fatto contestato e quello posto a base della decisione impugnata e successivamente, vi era stata la conferma da parte della stessa sezione della corte di appello della nuova sentenza emessa dal tribunale. Di entrambi i collegi giudicanti in grado di appello aveva fatto parte il medesimo giudice. La Corte di cassazione ha escluso che si fosse verificata la violazione del principio dell'imparzialità del giudice).
Cass. pen. n. 5090/1997
In tema di incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento (art. 34 c.p.p.) deve affermarsi che nessun giudice può in alcun caso concorrere nella decisione di un qualsiasi grado o fase del processo se in precedenza abbia concorso a prendere decisioni rilevanti, anche soltanto in tema di libertà personale, nel corso dello stesso procedimento. Restano, quindi, escluse tutte le ipotesi nelle quali il giudice, per dovere del proprio ufficio o per altri motivi, conosca fatti che, in altri procedimenti o anche fuori di essi, oggettivamente o soggettivamente, siano rilevanti per la decisione sui reati contestati all'imputato. Pertanto, il fatto che il presidente di un collegio abbia partecipato alla stesura di un provvedimento che, successivamente, viene depositato come prova a carico, non può costituire causa di incompatibilità nello stesso modo in cui non è incompatibile il giudice che abbia partecipato alla decisione di una questione successoria o fallimentare nel caso in cui debba giudicare su reati di bancarotta o di circonvenzione di incapace trovandosi tra le carte depositate il provvedimento al quale ha concorso, che, in quella sede, viene utilizzato come uno dei tanti documenti del fascicolo processuale.
Cass. pen. n. 7895/1996
Poiché la dichiarazione di illegittimità costituzionale, che presuppone l'esistenza di un vizio che inficia ab origine la norma in contrasto con il precetto costituzionale, ha efficacia invalidante, e non abrogativa, producendo conseguenze simili all'annullamento, il giudice ha l'obbligo di non applicare la norma dichiarata incostituzionale non soltanto nel procedimento in cui è stata sollevata la questione di illegittimità costituzionale ma anche, per l'efficacia erga omnes della sentenza della Corte costituzionale, in ogni altro giudizio in cui la norma stessa debba o possa essere assunta a canone di valutazione di qualsivoglia fatto o rapporto, pure se venuto in essere anteriormente alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della suddetta sentenza, perché ancora in via di scioglimento o, comunque, non produttivo di effetti giuridici definitivi, purché cioè vi siano le condizioni processuali per la sua applicazione. La sentenza della Corte costituzionale, quindi, non spiega i suoi effetti in quei processi in corso in cui il problema portato all'attenzione del giudice non sia stato sollevato e, per ragioni di rito, non sia più possibile. (Nella fattispecie, l'imputato aveva eccepito davanti alla Corte di cassazione l'incompatibilità di uno dei giudici del collegio che aveva affermato la sua responsabilità per avere il predetto concorso a pronunciare, in sede di riesame l'ordinanza confermativa della misura coercitiva. La Suprema Corte nell'affermare il principio sopra massimato, ha precisato che la questione relativa alla partecipazione al collegio di primo grado o di appello di un giudice che si sia già pronunciato nei confronti dell'imputato doveva essere sollevata, a pena d'inammissibilità, nel giudizio di merito prima del compimento delle formalità di apertura del dibattimento).
Cass. pen. n. 2738/1996
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 c.p.p. in relazione all'art. 3 Cost. nell'ipotesi in cui non prevede l'incompatibilità del giudice che abbia deciso una fattispecie criminosa caratterizzata dalla contestazione di un reato plurisoggettivo reciproco e proprio nei confronti di alcuni concorrenti. Infatti detta incompatibilità è configurabile ove sussista una regiudicanda identica, giacché unicamente in tal caso può riconoscersi un condizionamento suscettibile di minare l'imparzialità del giudice, non ravvisabile nell'ipotesi di concorso di persone nel medesimo reato, perché alla comunanza dell'imputazione fa necessariamente riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio di responsabilità, devono formare oggetto di autonome valutazioni sotto il profilo tanto materiale che psicologico e dell'imputabilità e ben possono sfociare in un accertamento positivo per l'uno e negativo per l'altro. Tale principio trova applicazione anche nell'ipotesi in cui il giudice abbia deciso la posizione di un concorrente in un reato necessariamente plurisoggettivo, giacché pure in questo caso manca l'identità della res judicanda, posto che il concorso di persone nel reato sia esso eventuale o necessario, riposa comunque su una pluralità di condotte autonome. Inoltre l'esercizio congiunto o disgiunto dell'azione penale (riunione o separazione dei procedimenti) non può comportare incompatibilità del tipo invocato, giacché non si tratta di un giudice che in uno stadio anteriore del procedimento abbia preso decisioni di merito pregiudizievoli, in qualsiasi modo, nei confronti dell'imputato, ma di giudice che si pronuncia per la prima volta sulla responsabilità del predetto, in quanto la sentenza emessa nei confronti dei concorrenti concerne un procedimento diverso. (Fattispecie in tema di finanziamento dei partiti politici).
Cass. pen. n. 148/1996
In tema di misure di prevenzione, non esiste incompatibilità fra le funzioni di giudice delegato alla procedura di amministrazione dei beni sequestrati, ai sensi dell'art. 2 sexies L. 31 maggio 1965, n. 575, e l'esercizio delle funzioni di componente del collegio che dispone la confisca, in quanto le funzioni di giudice delegato si esauriscono nel semplice coordinamento dell'attività di temporanea amministrazione dei beni sottoposti al vincolo, senza alcuna incidenza sul provvedimento ablativo.
Cass. pen. n. 3329/1995
La sentenza pronunciata in sede di rinvio alla cui deliberazione partecipi un magistrato che già abbia preso parte a quella della sentenza annullata non è viziata da incapacità del giudice né è ravvisabile violazione delle garanzie difensive, potendo la parte interessata ricusare quel magistrato.
Cass. pen. n. 4746/1995
In tema di astensione e ricusazione del giudice, l'incompatibilità determinata da atti già compiuti nel procedimento deve essere circoscritta ai casi di duplicità del giudizio di merito sullo stesso oggetto, e cioè di valutazione non «formale» ma «contenutistica» sulla medesima regiudicanda; ne deriva che l'identità dell'oggetto del giudizio non è ravvisabile nell'ipotesi in cui il giudice si sia precedentemente pronunciato nei confronti dei concorrenti nello stesso reato ascritto al giudicabile, e ciò in quanto alla comunanza dell'imputazione fa necessariamente riscontro una pluralità di condotte, distintamente imputabili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio di responsabilità, devono formale oggetto di autonome valutazioni sotto il profilo tanto materiale che psicologico.
Cass. pen. n. 1619/1994
Non costituisce motivo di incompatibilità ex art. 34 c.p.p. e conseguentemente di ricusazione, il fatto che uno dei giudici (nella specie: del giudizio di appello) abbia in precedenza partecipato alla decisione sulla impugnazione avverso l'ordinanza di proroga dei termini di custodia cautelare ovvero si sia pronunziato sulla richiesta di applicazione di una misura di prevenzione, non sussistendo il necessario presupposto della suddetta incompatibilità, rappresentato dall'identità delle regiudicande.
Cass. pen. n. 3025/1993
La funzione svolta dal magistrato di sorveglianza a norma dell'art. 51 ter ord. pen. è cautelativa e non decisoria, risolvendosi in una provvisoria sospensione della misura alternativa; il relativo provvedimento non si pone, dunque, come un grado precedente di decisione rispetto a quella che promana dal tribunale di sorveglianza, sicché non sussiste incompatibilità a comporre il collegio di detto tribunale chiamato a decidere in ordine alla revoca della misura alternativa da parte del magistrato di sorveglianza che ne ha disposto la sospensione in via provvisoria, il quale, anzi, di norma, ne deve far parte (art. 70, comma sesto, ord. pen.).
Cass. pen. n. 279/1992
Nessuna norma processuale prevede una qualsiasi forma d'incompatibilità per uno stesso collegio che, in momenti diversi, si occupi di coimputati dello stesso reato o di reati connessi compresi in un unico procedimento penale. Al contrario, economia di giudizi e ragioni di convenienza (conoscenza degli atti e delle posizioni dei vari imputati, anche sotto il profilo professionale) militano per la trattazione dei diversi segmenti dello stesso procedimento e per la relativa decisione ad opera dello stesso collegio.