12 Mag Art. 362 — Assunzione di informazioni
1. Il pubblico ministero assume informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini. Alle persone già sentite dal difensore o dal suo sostituto non possono essere chieste informazioni sulle domande formulate e sulle risposte date. Si applicano le disposizioni degli articoli 197, 197 bis, 198, 199, 200, 201, 202 e 203.
1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 351, comma 1 ter, il pubblico ministero, quando deve assumere informazioni da persone minori, si avvale dell’ausilio di un esperto di psicologia o psichiatria infantile . Allo stesso modo provvede quando deve assumere sommarie informazioni da una persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità. In ogni caso assicura che la persona offesa particolarmente vulnerabile, in occasione della richiesta di sommarie informazioni, non abbia contatti con la persona sottoposta ad indagini e non sia chiamata più volte a rendere sommarie informazioni, salva l’assoluta necessità per le indagini .
1-ter. Quando si procede per i delitti previsti dagli articoli 572, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies e 612 bis del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e 583 quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice, il pubblico ministero assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa .
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”22″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 1332/1994
Il divieto di assumere come persona informata sui fatti l’indagato per lo stesso reato o per reato connesso, senza le formalità di cui all’art. 210, commi 2, 3 e 4, c.p.p. presuppone che chi deve rendere la deposizione abbia acquisito la qualità penale e sostanziale d’indagato, non essendo sufficiente l’eventualità astratta ed ipotetica che detto soggetto possa ritenersi coindagato dello stesso reato se egli non abbia mai assunto tale qualità in forza dell’iscrizione prevista dall’art. 335 c.p.p., con la conseguenza che solo quando il soggetto abbia acquisito la veste di indagato per reato connesso o interprobatoriamente collegato o per altro reato relativamente al quale siano in corso indagini, il P.M. non può assumere da lui, a sua discrezione, informazioni a norma dell’art. 362 c.p.p. ostandovi il disposto dell’art. 197, lett. a] e b], dello stesso codice. Peraltro, anche prima dell’assunzione formale della qualità d’indagato, la detta persona non può essere obbligata a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale. Una regola che, per quanto sancita espressamente per il testimone dall’art. 198, comma 2, opera anche nei confronti dell’indagato in applicazione del principio nemo contra se detegere ricavabile pure dall’esimente di cui all’art. 384 c.p. e dal divieto di utilizzazione di dichiarazioni indizianti sancito dall’art. 63 c.p.p. Tutto ciò purché i fatti sui quali verte la deposizione possano oggettivamente, e non per il convincimento dell’interessato, condurre ad una sua incriminazione.
Cass. pen. n. 1679/1993
Una volta che taluno abbia assunto veste di indagato per reato connesso o interprobatoriamente collegato ad altro per il quale siano in corso indagini preliminari, il pubblico ministero non può più, a sua discrezione, assumere ugualmente informazioni dal medesimo soggetto, ai sensi dell’art. 362 c.p.p., ostandovi il disposto di cui all’art. 197, lettera a] o lettera b] dello stesso codice, espressamente richiamato dal citato art. 362. È, pertanto, da considerare illegittimo l’arresto al quale, in detta ipotesi, venga sottoposto il soggetto in questione, nella ritenuta flagranza del reato di cui all’art. 371 bis c.p.
Cass. pen. n. 1868/1993
Durante le indagini preliminari nessuno assume la qualità di testimone: al pubblico ministero sono fornite solo informazioni o dichiarazioni [artt. 362 e 500 c.p.p.; art. 371 bis c.p.]. Pertanto, non si applicano le regole stabilite dall’art. 499 c.p.p. [regole per l’esame testimoniale].
Cass. pen. n. 215/1993
La persona che rende dichiarazioni al giudice o al pubblico ministero ha l’obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte, ai sensi degli artt. 198, primo comma e 362 c.p.p. e di quest’obbligo dev’essere avvertita sia inizialmente, sia quando sia sospettata di falsità o reticenza, senza che in seguito a questo sospetto e al conseguente avvertimento mutino le forme dell’assunzione e diventi necessario procedere considerando la persona come sottoposta alle indagini. A tale conclusione induce il dettato dell’art. 207 c.p.p., che al primo comma prevede un nuovo avvertimento sulle «responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti» [art. 497, secondo comma c.p.p.] ed al secondo comma la possibilità, per il giudice, al termine dell’assunzione, di informare il pubblico ministero, ove ravvisi indizi del reato ex art. 372 c.p. [Fattispecie in tema di misura cautelare personale: la Suprema Corte ha ritenuto che legittimamente il giudice del riesame avesse considerato tra gli indizi a carico le dichiarazioni di persona esaminata ai sensi dell’art. 362 c.p.p., il cui esame era proseguito dopo l’ammonimento a riferire il vero].
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