Art. 126 – Codice civile – Separazione dei coniugi in pendenza del giudizio
Quando è proposta domanda di nullità del matrimonio, il tribunale può, su istanza di uno dei coniugi, ordinare la loro separazione temporanea durante il giudizio [146, 150 ss., 232 2, 234]; può ordinarla anche d'ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori [2] o interdetti [414].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14682/2025
L'art. 2914 c.c. non è applicabile alla cessione del contratto di durata a prestazioni corrispettive parzialmente eseguite (cioè della mera posizione contrattuale che, di per sé, non è un bene pignorabile), in quanto tale disposizione riguarda la cessione dei crediti, anche futuri, oggetto di pignoramento, salva l'ipotesi in cui la cessione del contratto implichi anche quella di determinati crediti, già sorti o anche futuri ed eventuali, purché derivanti dalle attività di adempimento del contratto riconducibili alla sola parte cedente e realizzate prima della cessione.
Cass. civ. n. 10541/2025
Il cessionario beneficia "ope legis" degli effetti dell'azione revocatoria vittoriosamente esperita dal cedente a tutela del credito oggetto della cessione e, quindi, acquista il diritto - ex art. 2902 c.c., non concepibile come scisso dal credito ceduto - di agire "in executivis" nei confronti del terzo acquirente, come confermano, sul piano sistematico, il trasferimento al cessionario di tutti i privilegi (ex art. 1263 c.c.) e degli effetti del pignoramento eseguito dal cedente e la considerazione che l'atto in frode alle ragioni creditorie è egualmente pregiudizievole per il creditore cessionario, indipendentemente dalla circolazione del credito "ex latere creditoris".
Cass. civ. n. 9650/2025
Nel contratto autonomo di garanzia l'eccezione di intervenuta cessione del credito sottostante non può essere proposta dal garante, poiché attiene al rapporto principale e, come tale, spetta a chi è parte del predetto rapporto e, solo se la garanzia non è autonoma o a prima richiesta, al garante.
Cass. civ. n. 8873/2025
In tema di accollo cumulativo esterno, nel caso di fallimento del debitore sussidiario, la disciplina ex art. 1268, comma 2, c.c. - che impone al creditore non una previa escussione del debitore principale ma solo una preventiva richiesta di pagamento - prevale su quella di cui agli artt. 55, comma 3 e 96, comma 2, n. 1), l.fall., con conseguente ammissione al passivo del credito, in modo puro e semplice, anziché con riserva. (La S.C., in cui caso di accollo esterno dei crediti dei lavoratori transitati alle dipendenze dell'affittuaria dell'azienda della società fallita, ha ritenuto privo di interesse il ricorso avverso la decisione di merito che aveva ammesso il creditore al passivo con riserva in quanto, trattandosi di riserva atipica, la stessa doveva già considerarsi come un'ammissione pura e semplice).
Cass. civ. n. 2135/2025
E' valido il patto di quota lite, stipulato dopo la riformulazione dell'art. 2233 c.c. (operata dal d.l. n. 223 del 2006, conv. con modif. dalla l. n. 248 del 2006) e prima dell'entrata in vigore dell'art. 13, comma 4, della l. n. 247 del 2012, che non violi il divieto di cessione dei crediti litigiosi di cui all'art. 1261 c.c., a meno che il rapporto tra il compenso pattuito e il risultato conseguito, stabilito dalle parti all'epoca della conclusione del contratto, risulti sproporzionato, per eccesso rispetto alla tariffa di mercato, valutato sotto un profilo causale nonché sotto il profilo dell'equità, alla stregua della regola integrativa di cui all'art. 45 del codice deontologico forense nel testo deliberato il 18 gennaio 2007.
Cass. civ. n. 1027/2025
Ai fini della distribuzione della somma ricavata da una procedura espropriativa, se il credito garantito da ipoteca è ceduto in data anteriore alla trascrizione del pignoramento immobiliare, l'annotazione della vicenda traslativa, prescritta dall'art. 2843 c.c., è necessaria affinché il nuovo titolare del credito possa invocare la causa di prelazione, perché la predetta formalità ne integra un imprescindibile elemento costitutivo, che, a tutela degli altri creditori, dev'essere rilevabile a chi dà corso alla procedura o in essa interviene.
Cass. civ. n. 654/2025
La notifica al debitore ceduto del ritrasferimento del credito dal cessionario al cedente (cd. retrocessione) è, come per l'originaria cessione, atto a forma libera, purché idoneo a rendere il debitore consapevole della mutata titolarità del credito, cosicché essa può essere effettuata sia mediante il ricorso per decreto ingiuntivo, sia mediante comunicazione in corso di causa nel giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c..
Cass. civ. n. 22361/2024
Nell'ipotesi in cui il lavoratore ricorra alla cessione del quinto dello stipendio, il trattenimento - da parte del datore di lavoro - di somme pari ai costi funzionali al buon esito della cessione è legittima solo se l'operazione comporta costi aggiuntivi di contabilizzazione e gestione amministrativa insostenibili in rapporto all'organizzazione aziendale, e l'onere della prova di tale sproporzionata gravosità ricade sul datore di lavoro.
Cass. civ. n. 21721/2024
L'illegittimità, per contrarietà alle norme imperative sul contenimento della spesa pubblica per il personale, della procedura di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, di cui ai protocolli d'intesa conclusi ai sensi della l.r. Lazio n. 21 del 2002, comporta la nullità derivata del contratto di lavoro successivamente stipulato tra P.A. e lavoratore e, nel giudizio da questi instaurato per la prosecuzione del rapporto, il giudice può disapplicare il provvedimento di annullamento in autotutela adottato dalla P.A. solo ove ne ravvisi i vizi di illegittimità propri degli atti amministrativi, trovando altrimenti applicazione soltanto la tutela prevista per i rapporti di lavoro di fatto. (Nella specie, la S.C. ha respinto il ricorso del lavoratore, confermando l'impugnata sentenza che aveva escluso venisse in rilievo un'ipotesi di licenziamento, profilandosi piuttosto una caducazione ex tunc del contratto di lavoro, in quanto affetto da nullità genetica per contrasto della procedura di stabilizzazione con norme imperative di legge).
Cass. civ. n. 21275/2024
In tema di cessione del credito, la previsione del primo comma dell'art. 1263 c.c., in base alla quale il credito è trasferito al cessionario, oltre che con i privilegi e le garanzie reali e personali, anche con gli "altri accessori", deve essere intesa nel senso che nell'oggetto della cessione rientri la somma delle utilità che il creditore può trarre dall'esercizio del diritto ceduto, cioè ogni situazione giuridica direttamente collegata con il diritto stesso, la quale, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione, ivi compresi tutti i poteri del creditore relativi alla determinazione, variazione e modalità della prestazione, nonché alla tutela del credito: ne consegue che nell'oggetto della cessione di un credito deve reputarsi incluso il diritto al risarcimento del maggior danno derivante dal ritardo nel pagamento del credito stesso (e maturatosi al momento della cessione), trattandosi di diritto che non può esistere o estinguersi se non congiuntamente al credito ceduto e che direttamente consegue al ritardo nell'adempimento dell'obbligazione principale, senza che a tale inclusione sia d'ostacolo la previsione dell'ultimo comma dell'art. 1263 c.c., secondo la quale la cessione non comprende, salvo patto contrario, i frutti scaduti e, quindi, gli interessi scaduti, dai quali il suddetto credito risarcitorio differisce ontologicamente e funzionalmente, essendo meramente eventuale e condizionato alla perdita di valore della moneta durante il ritardo nel pagamento, mentre quelli, essendo certi nell'esistenza e nell'ammontare, costituiscono entità autonoma nel patrimonio del creditore cedente all'atto della cessione.
Cass. civ. n. 19358/2024
La cessione del credito, avendo causa variabile, può avere anche funzione esclusiva di garanzia, comportando in tal caso il medesimo effetto, tipico della cessione ordinaria, immediatamente traslativo del diritto al cessionario, nel senso che il credito ceduto entra nel patrimonio del cessionario e diventa un credito proprio di quest'ultimo, il quale è legittimato pertanto ad azionare sia il credito originario sia quello che gli è stato ceduto in garanzia, sempre che persista l'obbligazione del debitore garantito; ove, invece, si verifichi l'estinzione, totale o parziale, dell'obbligazione garantita, il credito ceduto a scopo di garanzia, nella stessa quantità, si ritrasferisce automaticamente nella sfera giuridica del cedente, con un meccanismo analogo a quello della condizione risolutiva, senza quindi che occorra, da parte del cessionario, un'attività negoziale diretta a tal fine.
Cass. civ. n. 17912/2024
In tema di pubblico impiego privatizzato, il disposto dell'art. 2126 c.c. non si pone in contrasto con le previsioni della contrattazione collettiva che prevedono autorizzazioni o con le regole normative sui vincoli di spesa, ma è integrativo di esse nel senso che, quando una prestazione, come quella di lavoro straordinario, è stata svolta in modo coerente con la volontà del datore di lavoro o comunque di chi abbia il potere di conformare la stessa, essa va remunerata a prescindere dalla validità della richiesta o dal rispetto delle regole sulla spesa pubblica, dovendosi dare la prevalenza alla necessità di attribuire il corrispettivo al dipendente, in linea con il disposto dell'art. 36 Cost..
Cass. civ. n. 14712/2024
Alla cessione di ramo d'azienda, seguita da un appalto tra cedente e cessionario e successivamente dichiarata inefficace nei confronti del lavoratore, sono inapplicabili, anche in via analogica, le norme dettate per l'appalto dichiarato illecito, cosicché i pagamenti effettuati dal cessionario ai lavoratori ceduti non hanno effetto liberatorio nei confronti del cedente per le retribuzioni loro dovute.
Cass. civ. n. 14127/2024
In ipotesi di rapporti di somministrazione di lavoro illegittimi, i lavoratori somministrati che hanno partecipato a specifici progetti realizzati dall'utilizzatore hanno diritto agli ulteriori emolumenti premiali aggiuntivi della retribuzione a tal fine previsti, a parità di mansioni e di raggiungimento degli obiettivi, per il personale dipendente dell'utilizzatore dalla contrattazione collettiva di riferimento, sebbene non in applicazione di quest'ultima ai sensi dell'art. 23, commi 1 e 4, d.lgs. n. 276 del 2003, ratione temporis vigente, ma, stante l'abusività del ricorso alla somministrazione, in forza della norma di chiusura di cui all'art. 2126 c.c., applicabile anche al pubblico impiego contrattualizzato.
Cass. civ. n. 12868/2024
In tema di pubblico impiego contrattualizzato, la domanda di condanna della P.A. al pagamento delle retribuzioni dovute sul presupposto dello svolgimento di un rapporto di lavoro regolare può condurre, allorché emerga la nullità del contratto o il suo contrasto con divieti inderogabili, alla condanna della parte datoriale ex art. 2126 c.c. in ragione della natura non risarcitoria, ma corrispettiva, della retribuzione prevista dalla citata norma, sulla cui base può essere proposta domanda per la prima volta in grado di appello o che può essere posta d'ufficio a fondamento della decisione.
Cass. civ. n. 11622/2024
La qualificazione formale del rapporto come lavoro socialmente utile e per pubblica utilità non impedisce di accertare che, in base alle modalità concrete di svolgimento, esso si sia configurato come lavoro subordinato, con conseguente insorgenza ex art. 2126 c.c. del diritto del lavoratore alle differenze di retribuzione, la cui prescrizione decorre in costanza di rapporto, in quanto anche in tale ipotesi, come in quella dei rapporti a tempo determinato nel pubblico impiego contrattualizzato, non è ravvisabile alcun "metus" rispetto alla perdita di una possibilità di stabilizzazione, normativamente preclusa, e di rinnovo del contratto, oggetto di un'aspettativa di mero fatto non giustiziabile.
Cass. civ. n. 9479/2024
In tema di cessione del credito, la previsione del comma 1 dell'art. 1263 c.c., secondo cui il credito è trasferito al cessionario, oltre che con i privilegi e le garanzie reali e personali, anche con gli "altri accessori", va intesa nel senso che nell'oggetto della cessione è ricompresa la somma delle utilità che il creditore può trarre dall'esercizio del diritto ceduto, ossia ogni situazione direttamente collegata con il diritto stesso, la quale, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto incluso nell'oggetto della cessione il diritto di avvalersi della clausola risolutiva espressa contenuta in una transazione conclusa dal creditore cedente con la debitrice, trattandosi non di un diritto autonomo ma di un'utilità inerente all'esercizio del credito).
Cass. civ. n. 8829/2024
In caso di successive cessioni di crediti periodici nei confronti del medesimo debitore, incombe a quest'ultimo l'onere della prova della persistente efficacia della cessione precedente, poiché questa costituisce fatto impeditivo della pretesa del cessionario che agisca in forza di una cessione successiva. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva posto a carico del cessionario l'onere della prova in un caso in cui i crediti periodici rinvenienti dalle prestazioni sanitarie svolte nell'interesse di una Azienda sanitaria locale erano stati oggetto di due diverse cessioni, la seconda delle quali - azionata in giudizio - aveva avuto un principio di esecuzione mediante pagamenti corrisposti dal debitore ceduto).
Cass. civ. n. 8579/2024
Mentre la cessione del contratto opera il trasferimento dal cedente al cessionario, con il consenso dell'altro contraente, dell'intera posizione contrattuale, con tutti i diritti e gli obblighi ad essa relativi, la cessione del credito ha un effetto più circoscritto, in quanto è limitata al solo diritto di credito derivato al cedente da un precedente contratto e produce, inoltre, rispetto a tale diritto, uno sdoppiamento fra la titolarità di esso, che resta all'originario creditore-cedente, e l'esercizio, che è trasferito al cessionario. Dei diritti derivanti dal contratto, costui acquista soltanto quelli rivolti alla realizzazione del credito ceduto, e cioè, le garanzie reali e personali, i vari accessori e le azioni dirette all'adempimento della prestazione. Non gli sono, invece, trasferite le azioni inerenti alla essenza del precedente contratto, fra cui quella di risoluzione per inadempimento, poiché esse afferiscono alla titolarità del negozio, che continua ad appartenere al cedente anche dopo la cessione del credito. (Pronunciandosi in ordine ad un credito alla restituzione della caparra confirmatoria, riconosciuto dalla sentenza di primo grado e ceduto in corso di causa, la S.C. ha escluso la legittimazione del cessionario ad esperire azioni diverse da quella volta ad ottenere l'adempimento della prestazione e nella specie intese alla risoluzione del contratto, dichiarandole inammissibili perché spettanti al cedente).
Cass. civ. n. 3504/2024
In tema di occupazione di lavori socialmente utili o per pubblica utilità, la qualificazione normativa di tale fattispecie, avente matrice assistenziale e componente formativa, non esclude che in concreto il rapporto possa atteggiarsi come subordinato - assumendo rilievo a tal fine l'effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione pubblicistica e l'adibizione ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dell'amministrazione - con conseguente applicazione dell'art. 2126 c.c.
Cass. civ. n. 378/2024
In tema di contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, la mancata adozione del documento di valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro, in violazione dell'art. 34 del d.lgs. n. 276 del 2003 nella formulazione ratione temporis vigente, non comporta una nullità parziale del contratto ex art. 1419, comma 2, c.c., ma una nullità cui consegue, in assenza di diversa previsione di legge, l'effetto caducatorio non retroattivo ai sensi dell'art. 2126 c.c., cosicché deve escludersi la sua conversione in contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, anche ai soli effetti del rapporto previdenziale, non rinvenendosi disposizioni normative che, per il contratto di lavoro intermittente, giustifichino direttrici diverse per il rapporto previdenziale e per quello di lavoro.
Cass. civ. n. 35657/2023
Se il creditore subcollocatario, dopo aver avanzato l'istanza ex art. 511 c.p.c., cede il proprio credito, la domanda di sostituzione dev'essere disattesa dal giudice dell'esecuzione senza ulteriore indagine, in quanto, al solo rilevante momento della distribuzione, il credito non è più nella titolarità dell'intervenuto, né può farsi applicazione dell'art. 111 c.p.c., perché l'interveniente in sostituzione non è propriamente parte della procedura, dato che il suo intervento non costituisce esercizio dell'azione esecutiva nei confronti dell'esecutato o del sostituito; resta comunque ferma la possibilità, per il cessionario del credito, di proporre un'ulteriore e autonoma domanda ex art. 511 c.p.c. prima dell'inizio dell'udienza ex art. 596 c.p.c.
Cass. civ. n. 34373/2023
In tema di legittimazione all'impugnazione, il soggetto, che non sia stato parte nel grado precedente, che proponga impugnazione avverso la decisione adottata al suo esito nell'asserita qualità di successore, a titolo universale o particolare, di colui che era stato parte nel precedente grado o fase di giudizio, deve, in primo luogo, allegare la propria legitimatio ad causam per essere subentrato nella medesima posizione del proprio dante causa, deducendo le circostanze che costituiscono il presupposto di legittimazione alla sua successione nel processo, e, in secondo luogo, fornire la prova di tali circostanze, dovendo, in difetto, essere dichiarata, anche d'ufficio, l'inammissibilità dell'impugnazione. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto inammissibile l'opposizione non avendo l'impugnante adempiuto l'onere di allegazione rispetto all'asserita qualità di cessionario di un credito facente capo alla parte originaria del processo, non avendo dedotto né specificato quali crediti fossero stati ceduti e chi fossero i soggetti cessionari).
Cass. civ. n. 32113/2023
In caso di cessione del credito d'imposta, l'amministrazione finanziaria, quale debitore ceduto, può opporre al cessionario non solo le eccezioni sull'esistenza o validità del rapporto alla base del credito, ma anche i fatti che incidono "ab origine" sull'efficacia del contratto di cessione, in quanto inerenti alla legittimazione del cessionario, mentre non può eccepire i vizi che non determinano l'originaria inefficacia o che riguardano la revocabilità del rapporto di cessione ex art. 2901 c.c. ovvero ex artt. 65 ss. l.fall. (ora artt. 165 ss. c.c.i.i.), poiché in tali casi la cessione resta efficace fino al passaggio in giudicato della relativa pronuncia, sicché, in assenza di quest'ultima, permane la legittimazione del cessionario a pretendere l'adempimento del debitore ceduto.
Cass. civ. n. 30153/2023
In materia di confisca di prevenzione e tutela dei diritti dei terzi creditori, in caso di cessione del credito in epoca antecedente al sequestro, la valutazione inerente alla buona fede va riferita alla posizione del cedente, originario interlocutore del proposto nell'operazione negoziale che ha dato luogo al credito, sicché la verifica del giudice della prevenzione deve attenere ai rapporti relativi a tale fase pregressa ed alle cautele prestate dal creditore cedente e non invece al contegno tenuto dal cessionario nell'acquisire la posizione creditoria. (Nella fattispecie, relativa a crediti ceduti ad un istituto bancario in forza di contratto di "factoring", la Corte ha annullato il provvedimento reiettivo delle domande di insinua avanzate dalla banca, sul rilievo che il cedente, fornitore del proposto, non era dotato di particolari strumenti di rilevazione e verifica della serietà, anche commerciale, di quest'ultimo).
Cass. civ. n. 29420/2023
Il divieto di cessione dei crediti verso la P.A. senza l'adesione di quest'ultima, sancito dall'art. 70 del r.d. n. 2240 del 1923, non si applica ai crediti vantati nei confronti delle aziende sanitarie locali, da ritenersi enti estranei al novero delle amministrazioni statali; tuttavia, laddove le parti, nell'ambito della loro autonomia negoziale, abbiano richiamato la normativa sulla contabilità di Stato, con specifico riferimento alle modalità di accettazione della cessione di credito, quest'ultima deve avvenire necessariamente mediante forma scritta ad substantiam.
Cass. civ. n. 27892/2023
La cessione ex art. 1260 c.c. del credito da risarcimento del danno da sinistro stradale attribuisce al cessionario la legittimazione ad agire nei confronti del debitore ceduto (pur se assicuratore per la r.c.a.), anche nell'ipotesi in cui il primo abbia struttura consortile (e sia, dunque, un soggetto formalmente terzo rispetto a quello che abbia eseguito la riparazione del veicolo danneggiato), dal momento che la cessione non integra un'operazione di finanziamento da parte del cedente, bensì il corrispettivo della prestazione professionale ricevuta in termini di ripristino del mezzo.
Cass. civ. n. 27842/2023
In tema di pubblico impiego privatizzato, il dipendente di un'agenzia regionale per la protezione ambientale (A.R.P.A.) che nell'ambito del rapporto di lavoro ha eseguito, in favore di soggetti terzi e con il consenso dell'amministrazione di appartenenza, prestazioni oltre il normale orario ha diritto a essere retribuito per il lavoro straordinario svolto (ex art. 2126 c.c., in relazione all'art. 2108 c.c. e alla luce degli artt. 35 e 36 Cost.) in base alle previsioni della contrattazione collettiva nazionale applicabile e di quella integrativa conforme, senza che rilevi la mancata approvazione, da parte del datore di lavoro, dei progetti relativi a siffatte prestazioni e dei correlati atti interni di riparto, fra il personale interessato, delle somme riscosse in dipendenza di tali progetti.
Cass. civ. n. 25696/2023
In tema di pubblico impiego privatizzato, l'affidamento di incarichi di progettazione, direzione lavori e simili a lavoratori dipendenti della stazione appaltante - in mancanza di stanziamenti per la realizzazione dell'opera a cui gli incarichi si riferiscono - impedisce il sorgere del diritto al compenso incentivante ai sensi dell'art. 18 della l. n. 109 del 1994 (nel testo "ratione temporis" vigente), ma non fa venire meno, per lo svolgimento di tali prestazioni di lavoro oltre il debito orario, il diritto del lavoratore alla retribuzione aggiuntiva, da corrispondere con riferimento agli importi previsti per il lavoro straordinario.
Cass. civ. n. 23250/2023
In tema di condominio, le spese di riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, facente anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, non vanno ripartite in base ai criteri di cui all'art. 1126 c.c., dovendosi applicare analogicamente l'art. 1125 c.c., che, in virtù del generale principio dettato dall'art. 1123, comma 2, c.c., accolla per intero le spese di manutenzione della parte della struttura complessa, identificantesi con il pavimento del piano superiore, a chi, con l'uso esclusivo della stessa, ne rende necessaria la manutenzione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva posto a carico esclusivo dei condomini le spese di riparazione del cortile di accesso agli edifici condominiali ed utilizzato per il parcheggio dei veicoli, che fungeva anche da copertura di un locale interrato adibito a palestra).
Cass. civ. n. 108/2023
In caso di cessione del credito effettuata per contratto, la notificazione al debitore ceduto, da parte del cessionario, dell'atto di cessione che sia privo della sottoscrizione anche del cedente è inidonea a dimostrare l'avvenuta conclusione del contratto stesso.
Cass. civ. n. 4360/2023
In tema di pubblico impiego privatizzato, in caso di stipulazione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa che, in seguito ad accertamento giudiziario, risulti avere la sostanza di contratto di lavoro subordinato, il lavoratore non può conseguire la conversione del rapporto in uno di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la P.A., ma ha diritto ad una tutela risarcitoria, nei limiti di cui all'art. 2126 c.c., nonché alla ricostruzione della posizione contributiva previdenziale ed alla corresponsione del trattamento di fine rapporto per il periodo pregresso.
Cass. civ. n. 516/2022
La responsabilità per i danni derivanti dal lastrico solare o dalla terrazza a livello il cui uso non sia comune a tutti i condòmini deve essere ricondotta nell'ambito della responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., con la conseguenza che dei relativi danni rispondono sia il proprietario, o usuario esclusivo quale custode del bene, sia il condominio in forza degli obblighi inerenti all'adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, comma 1, n. 4, c.c., nonché sull'assemblea dei condòmini ex art. 1135, comma 1, n. 4 c.c., tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria. Ne consegue che il rapporto di responsabilità che si instaura tra i diversi soggetti obbligati va ricostruito in termini di solidarietà, ai sensi dell'art. 2055 c.c., con esclusione del litisconsorzio necessario di tutti i presunti autori dell'illecito, sicché il danneggiato ben può agire nei confronti del singolo condòmino, senza obbligo di citare in giudizio gli altri.
Cass. civ. n. 14705/2022
In tema di divieto di cessione a favore di determinate persone di crediti e diritti litigiosi, il dato testuale e la "ratio" dell'art. 1261 c.c., diretta ad impedire speculazioni sulle liti da parte dei pubblici ufficiali e degli esercenti le professioni legali che svolgono la loro funzione nell'ambito della giurisdizione dell'ufficio giudiziario dinanzi al quale sia sorta la controversia, consentono di affermare che il divieto stesso non trova applicazione riguardo a un credito la cui controversia sia stata definita con sentenza passata in giudicato.
Cass. civ. n. 28914/2022
Il patto di quota lite, stipulato dopo la riformulazione dell'art. 2233 c.c. (operata dal d.l. n. 223 del 2006, conv. con modif. dalla l. n. 248 del 2006) e prima dell'entrata in vigore dell'art. 13, comma 4, della l. n. 247 del 2012, che non violi il divieto di cessione dei crediti litigiosi di cui all'art. 1261 c.c., è valido a meno che, valutato sotto un profilo causale nonché sotto il profilo dell'equità, alla stregua della regola integrativa di cui all'art. 45 del codice deontologico forense, nel testo deliberato il 18 gennaio 2007, il rapporto tra il compenso pattuito e il risultato conseguito, stabilito dalle parti all'epoca della conclusione del contratto, risulti sproporzionato per eccesso rispetto alla tariffa di mercato.
Cass. civ. n. 20315/2022
Il cessionario beneficia "ope legis" degli effetti dell'azione revocatoria vittoriosamente esperita dal cedente a tutela del credito oggetto della cessione e, quindi, acquista il diritto - ex art. 2902 c.c., non concepibile come scisso dal credito ceduto - di agire "in executivis" nei confronti del terzo acquirente, come confermano, sul piano sistematico, il trasferimento al cessionario di tutti i privilegi (ex art. 1263 c.c.) e degli effetti del pignoramento eseguito dal cedente e la considerazione che l'atto in frode alle ragioni creditorie è egualmente pregiudizievole per il creditore cessionario, indipendentemente dalla circolazione del credito "e latere creditoris".
Cass. civ. n. 23986/2022
In tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento, sussiste la legittimazione attiva del creditore, anche nei confronti dell'obbligato sussidiario solidale, qualora sia stata pattuita una delegazione o accollo cumulativi ed operi il "beneficium ordinis" di cui all'art. 1268, comma 2, c.c., in quanto la nozione di creditore ex art. 6 l.fall. si riferisce letteralmente anche ai titolari di crediti condizionali, ai sensi dell'art. 55 l.fall.
Cass. civ. n. 17985/2022
In tema di cessione del credito, il fatto proprio del cedente, che limita la possibilità di esclusione pattizia della garanzia ex art. 1266 c.c., ha un'area operativa distinta dalla nozione di dolo o colpa grave di cui all'art. 1229 c.c., in quanto la prima disposizione introduce una garanzia naturale del contratto ad effetti reali che non richiede una valutazione soggettiva dell'adempimento, dovendosi perciò ritenere come "fatto proprio" la mera oggettiva riferibilità del fatto che determina l'inesistenza del credito ceduto alla sfera di controllo esclusiva del cedente. (Nel confermare la validità di una cessione in blocco di crediti tramite selezione competitiva, taluni dei quali inesistenti, la S.C. ha rilevato come il "fatto proprio" che limita l'esclusione pattizia della garanzia del "nomen verum" possa essere rappresentato dall'estinzione del credito per ricezione del pagamento, ancorché eventualmente attraverso esattore, ovvero mediante transazione, mentre non rientra in tale nozione l'annullamento della cartella esattoriale seguita da rateizzazione, come pure l'inesistenza derivante da sentenza passata in giudicato).
Cass. civ. n. 12611/2021
Il cessionario di un credito che agisca nei confronti del debitore ceduto è tenuto a dare prova unicamente del negozio di cessione, quale atto produttivo di effetti traslativi, e non anche della causa della cessione stessa; né il debitore ceduto, al quale sono indifferenti i vizi inerenti al rapporto causale sottostante, può interferire nei rapporti tra cedente e cessionario, poiché il suo interesse si concreta nel compiere un efficace pagamento liberatorio, con la conseguenza che egli è esclusivamente abilitato ad indagare sull'esistenza e sulla validità estrinseca e formale della cessione. (Nella specie, la S.C. ha dato seguito al principio in un giudizio in cui gli eredi del cedente un credito pecuniario, derivante da un contratto di vendita di un immobile, agivano per ottenere i ratei del credito ceduto che erano stati già corrisposti al cessionario sul presupposto della nullità dell'atto di cessione del credito per violazione del divieto dei patti successori ex art. 458 c.c.). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 21/01/2016).
Cass. civ. n. 12734/2021
La notificazione al debitore ceduto, prevista dall'art. 1264 c.c., non si identifica con quella effettuata ai sensi dell'ordinamento processuale, ma costituisce un atto a forma libera che, come tale, può concretarsi in qualsivoglia atto idoneo a porre il debitore nella consapevolezza della mutata titolarità attiva del rapporto obbligatorio. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE BOLOGNA, 02/04/2019).
Cass. civ. n. 28093/2021
Nella disciplina della cessione del credito, che ha natura di negozio astratto, restando irrilevanti per il debitore i vizi inerenti al rapporto causale sottostante, il debitore ceduto è bensì legittimato ad indagare sull'esistenza e sulla validità estrinseca e formale della cessione, specie quando questa gli sia stata notificata dal solo cessionario, ma non può interferire nei rapporti tra quest'ultimo e il cedente, atteso che il suo interesse si concreta nel compiere un efficace pagamento liberatorio. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 22/02/2019).
Cass. civ. n. 12885/2021
In caso di delegazione di pagamento titolata rispetto al rapporto di valuta, il delegato che per errore esegua una seconda volta il pagamento in favore del terzo ha il diritto di ripetere tale ultimo pagamento, costituente un indebito oggettivo, senza che in senso contrario possa rilevare l'accordo intervenuto tra delegante e terzo ai fini dell'imputazione del secondo pagamento a un diverso debito del primo nei confronti del beneficiario, sia perché la ratifica per essere efficace deve avere per oggetto proprio il negozio compiuto dall'agente, individuato dalla sua causa (incorporata nello schema strutturale del negozio o impressa dalla destinazione funzionale data allo stesso negozio dal suo autore), sia perché, a norma dell'art. 1271, comma 3, c.c., dettato per la delegazione di debito ma applicabile anche alla delegazione di pagamento, ove la delegazione sia titolata rispetto al rapporto di valuta, la ripetizione dell'indebito può essere esperita anche dal delegato. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 16/06/2017).
Cass. civ. n. 5508/2021
Il cessionario del credito ipotecario, divenuto tale dopo la vendita del bene ipotecato, partecipa alla distribuzione della somma ricavata nel processo esecutivo con la prelazione spettante all'originario creditore ipotecario, qualora la cessione sia stata idoneamente e tempestivamente manifestata al giudice dell'esecuzione, ai creditori concorrenti e all'esecutato, senza necessità di annotazione della vicenda traslativa ai sensi dell'art. 2843 c.c., dato che, ai fini della distribuzione, la formalità non assume funzione costitutiva, bensì latamente dichiarativa.
Cass. civ. n. 35316/2021
In tema di condominio di edifici, costituisce terrazza a livello, equiparabile al lastrico solare agli effetti del concorso nelle spese di riparazione o di ricostruzione e nella responsabilità per i danni da infiltrazioni nell'appartamento sottostante, in base ai criteri di cui all'art. 1126 c.c., anche la superficie scoperta che, benché non posta sulla sommità del fabbricato ed incassata nel corpo dello stesso, sia collocata al sommo di alcuni vani e nel contempo sullo stesso piano di altri, dei quali formi parte integrante strutturalmente e funzionalmente, e sia perciò destinata tanto a coprire la verticale di edificio sottostante, quanto a dare affaccio e ulteriori comodità all'appartamento cui è collegata.
Cass. civ. n. 32263/2021
Nel pubblico impiego contrattualizzato, in caso di illegittimità dell'assunzione, il rapporto di lavoro affetto da nullità può produrre effetti nei soli limiti indicati dall'art. 2126 c.c., applicabile anche alla P.A. Ne consegue che, ferma l'irripetibilità delle retribuzioni corrisposte in ragione della prestazione resa, non può tenersi conto ai fini di successive assunzioni o avanzamenti di carriera di detto rapporto di lavoro, in applicazione del principio "quod nullum est nullum producit effectum"
Cass. civ. n. 11462/2021
In materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di singoli condomini, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall'art. 1126 cod. civ., ma si deve, invece, procedere ad un'applicazione analogica dell'art. 1125 cod. civ., il quale stabilisce che le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, mentre accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità della inerente manutenzione e pone a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
Cass. civ. n. 22183/2021
Il perfezionamento dell'efficacia della cessione, da parte dei datori di lavoro, dei crediti maturati nei confronti dello Stato, di altre pubbliche amministrazioni o di enti pubblici economici, al fine del pagamento dei contributi previdenziali, richiede, oltre all'osservanza di specifici requisiti formali ed ai requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito ceduto, che l'amministrazione debitrice - cui l'atto di cessione va notificato a cura del cedente - comunichi entro 90 giorni dalla notifica il riconoscimento della propria posizione debitoria, atteso che, in considerazione del rigore che assiste le operazioni contabili delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici, la specifica disciplina è disancorata dalle disposizioni del codice civile concernenti la cessione ordinaria dei crediti, realizzando piuttosto una fattispecie di "datio in solutum", avente struttura non contrattuale, in deroga allo schema generale previsto dall'art. 1198 c.c., con effetto estintivo del debito dalla data della cessione medesima e non da quella della riscossione del credito da parte del cessionario.
Cass. civ. n. 18187/2021
Il condomino che subisca, nella propria unità immobiliare, un danno derivante dall'omessa manutenzione delle parti comuni di un edificio, ai sensi degli artt. 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c., assume, quale danneggiato, la posizione di terzo avente diritto al risarcimento nei confronti del condominio, senza tuttavia essere esonerato dall'obbligo - che trova la sua fonte nella comproprietà o nella utilità di quelle e non nella specifica condotta illecita ad esso attribuibile - di contribuire, a propria volta e "pro quota", alle spese necessarie per la riparazione delle parti comuni, nonché alla rifusione dei danni cagionati.
Cass. civ. n. 5129/2020
Il patto che esclude la cedibilità del credito può essere opposto al cessionario dal debitore ceduto, per il principio dell'affidamento sulla normale cedibilità dei crediti, ex art. 1260, comma 1, c.c., e dell'efficacia del contratto soltanto tra le parti sancito dall'art. 1372 c.c., solo a condizione che sia dimostrato, ai sensi dell'art. 1260, comma 2, c.c., che il cessionario abbia avuto effettiva conoscenza del patto al tempo della cessione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 02/11/2016).
Cass. civ. n. 13853/2020
In materia di cessione dei crediti ex art. 1266 c.c., il cedente deve garantire il "nomen verum", ovvero che il credito è sorto e non si è ancora - per qualsiasi motivo - estinto al tempo della cessione, rimanendo fuori dalla garanzia solo la solvenza del debitore. La norma suddetta, infatti, configura la garanzia del cedente come un'obbligazione accessoria che è effetto naturale dell'efficacia traslativa immediata del contratto di cessione, sicché tale obbligazione ha la funzione di assicurare, comunque, il ristoro dell'interesse positivo del cessionario alla cessione, nei casi in cui il menzionato effetto traslativo del contratto manchi, totalmente o parzialmente, a causa dell'inesistenza, completa o in parte, del credito o per altro impedimento equipollente, come l'assenza di legittimazione del cedente o la nullità del credito. L'obbligazione in esame presenta siffatta natura pure nell'ipotesi di cessione di credito pecuniario, consistendo nel dovere di corrispondere al cessionario, indipendentemente da colpa o dolo, l'ammontare rispetto al quale egli non ha acquisito il credito mediante il contratto di cessione.
Cass. civ. n. 859/2020
L'accordo tra il cliente e la banca, in base al quale anche altro soggetto a ciò delegato è autorizzato a compiere operazioni sul conto corrente, spiega unicamente l'effetto, per le operazioni e nei limiti di importo stabiliti, di vincolare la medesima banca a considerare alla stessa stregua di quella del delegante la firma di tale delegato, ma non comporta il conferimento a quest'ultimo di un potere generale di agire in rappresentanza del detto delegante per il compimento di qualsiasi tipo di atto negoziale riferibile al conto in esame.
Cass. civ. n. 6088/2020
In tema di condominio negli edifici, qualora l'uso del lastrico solare (o della terrazza a livello) non sia comune a tutti i condomini, dei danni da infiltrazioni nell'appartamento sottostante rispondono sia il proprietario, o l'usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell'art. 2051 c.c., sia il condominio in forza degli obblighi inerenti l'adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull'amministratore ex art. 1130, comma 1, n. 4, c.c., nonché sull'assemblea dei condomini ex art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria; il concorso di tali responsabilità va di norma risolto, salva la rigorosa prova contraria della specifica imputabilità soggettiva del danno, secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c., che pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell'usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio.
Cass. civ. n. 11583/2020
Nel caso di cessione del credito nominalmente assistito da una garanzia reale, qualora quest'ultima risulti nulla, prescritta, estinta o di grado inferiore rispetto a quello indicato dal cedente, il cessionario può agire nei confronti di quest'ultimo ancor prima di aver escusso il debitore ceduto, chiedendo il risarcimento del danno da inadempimento, senza necessità di domandare la risoluzione della cessione, poiché una diminuzione delle garanzie è in sé causativa di un danno patrimoniale immediato ed attuale, corrispondente alla diminuzione del valore di circolazione del credito. (Principio enunciato nell'interesse della legge, ex art. 363, comma 3, c.p.c.).
Cass. civ. n. 22429/2020
La pattuizione, inserita in un contratto preliminare ed elevata a condizione essenziale, con la quale una parte si impegna, in vista della stipula del contratto definitivo, ad acquisire la titolarità delle quote di una società, è inquadrabile nella categoria dei c.d. obblighi di garanzia di risultato, della quale fanno parte, ad esempio, nell'ambito degli obblighi di fonte legale, la garanzia per evizione (artt. 1483 ss. c.c.) e quella della veritas nominis in ipotesi di cessione dei crediti (art. 1266 c.c.) ovvero, nel contesto degli obblighi di fonte negoziale, della garanzia di buon funzionamento (come figura contemplata dalla norma dell'art. 1512 c.c.). E' consentaneo all'assunzione di un impegno di garanzia del risultato che l'obbligato risponde per il caso di mancato verificarsi del risultato promesso anche quando ciò non si leghi al suo dolo o alla sua colpa: qui in effetti, la legge o il contratto pone direttamente in capo a un dato soggetto il rischio connesso al verificarsi di un dato risultato; e così, sempre a titolo di esempio, il venditore risponde nei confronti del compratore per l'evizione della cosa che gli ha alienato anche se, al tempo della convenuta alienazione, non era in mala fede. In ragione di quest'ordine di rilievi, si deve escludere che, per ravvisare la sussistenza dell'inadempimento agli obblighi di questa specie, occorra un riscontro di colpevolezza del soggetto tenuto, trattandosi garanzia che opera per il fatto oggettivo.
Cass. civ. n. 7945/2020
Nella "delegatio promittendi" ex art. 1268 c.c., il delegato è direttamente obbligato verso il delegatario e questi può agire direttamente verso il delegato, mentre nella "delegatio solvendi" ex art. 1269 c.c., è esclusa l'azione diretta del delegatario verso il delegato; l'accertamento della reale volontà delle parti costituisce una valutazione di fatto, rientrante nella discrezionalità del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, ove non risultino violati i criteri legali di ermeneutica negoziale. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha escluso la sussistenza di una delegazione di debito in ragione dell'espressa testuale negazione dell'effetto cumulativo nella lettera di delegazione e della circostanza che la delegata non si era obbligata nei confronti della delegataria neppure in un momento successivo, per fatti concludenti del suo procuratore).
Cass. civ. n. 25169/2019
La pretesa di condanna del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 2126 c.c., al pagamento delle retribuzioni dovute per lo svolgimento di fatto di prestazioni di lavoro subordinato, anche con la P.A., allorquando la pretesa originariamente esercitata di riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con tale datore di lavoro sia esclusa per ragioni di nullità o per divieti imposti da norme imperative, non costituisce domanda nuova e può dunque essere prospettata per la prima volta in grado di appello o anche posta d'ufficio a fondamento della decisione.
Cass. civ. n. 4852/2019
In tema di assunzione dell'obbligazione da parte del delegato al pagamento ai sensi dell'art. 1268 c.c. non sono richiesti speciali requisiti di forma, potendosene ammettere l'integrazione anche in virtù di accordi conclusi per "facta concludentia" ed, in via progressiva, se alla dichiarazione del delegante o del delegato o del delegatario si aggiunge quella delle altre parti in un momento successivo. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'ipotesi di delegazione cumulativa nel rapporto trilatero tra debitore e pretesi delegante e delegatario mancando la prova del consenso tra le varie parti del negozio). (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 14/05/2013).
Cass. civ. n. 22339/2019
Il lastrico solare, anche se accessibile unicamente da un appartamento in proprietà esclusiva, rientra tra le parti comuni dell'edificio, essendo irrilevanti le contrarie indicazioni catastali che ne indichino l'eventuale natura privata, in quanto preordinate a fini solo fiscali ed aventi, pertanto, in concrete circostanze soltanto il valore di semplici indizi, essendo al contrario necessario, per l'acquisto della proprietà di un bene immobile a titolo derivativo, un contratto avente forma scritta "ad substantiam".
Cass. civ. n. 3177/2019
In tema di rapporto di lavoro giornalistico, l'attività svolta dal collaboratore fisso - contraddistinta da continuità, vincolo di dipendenza ed esclusività, responsabilità di un servizio - rientra nel concetto di "professione giornalistica" e richiede la previa iscrizione nell'elenco dei giornalisti, con conseguente nullità del contratto in caso di iscrizione al solo elenco dei pubblicisti, la quale tuttavia non esclude - non derivando da illeicità dell'oggetto o della causa, ma da violazione di legge - che l'attività svolta conservi giuridica rilevanza ed efficacia ai sensi dell'art. 2126 c.c.
Cass. civ. n. 24927/2019
In tema di conservazione del tetto di un edificio condominiale, le relative spese vanno ripartite - salvo che si tratti di tetto di proprietà esclusiva, assimilato al lastrico solare e, perciò, soggetto all'applicazione dell'art. 1126 c.c. - tra tutti i condomini in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell'art. 1123 c.c., trattandosi di bene rientrante, per la funzione necessaria all'uso collettivo, tra le cose comuni, in quanto deputato a preservare l'edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d'acqua piovana e non riconducibile, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all'art. 1123, commi 2 e 3, c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito, che aveva ravvisato l'obbligo di un condomino di concorrere alle spese di manutenzione del tetto del fabbricato, seppur non sovrastante alcuna unità immobiliare di sua proprietà esclusiva, in quanto strutturalmente destinato anche alla protezione dell'atrio comune). (Rigetta, CORTE D'APPELLO PERUGIA, 21/11/2017).