Art. 157 – Codice di procedura civile – Rilevabilità e sanatoria della nullità
Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata d'ufficio.
Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell'atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso.
La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 11877/2025
L'omessa comunicazione del provvedimento di fissazione dell'udienza determina la nullità di tutti gli atti successivi del processo per violazione del principio del contraddittorio, che è dettato nell'interesse pubblico al corretto svolgimento del processo e non nell'interesse esclusivo delle parti; in tal caso, il giudice d'appello deve decidere la causa nel merito, previa rinnovazione degli atti nulli e, cioè, ammettendo le parti a svolgere tutte quelle attività che, in conseguenza della nullità, sono state loro precluse nel giudizio di primo grado. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d'appello secondo cui la mancata comunicazione dell'ordinanza di fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado non era di per sé sufficiente a configurare la suddetta nullità, sulla base dell'erronea convinzione circa la necessità di dedurre il pregiudizio concretamente subito).
Cass. civ. n. 9649/2025
In tema di revocatoria ordinaria, ove la società convenuta sia dichiarata fallita nel corso del giudizio di merito, l'omessa declaratoria di interruzione del processo comporta la nullità relativa degli atti successivi che va fatta valere dalla parte interessata, da identificarsi nella curatela fallimentare. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso che i ricorrenti, parti diverse dalla curatela, avessero interesse a far valere la nullità).
Cass. civ. n. 17761/2024
La prova testimoniale, raccolta prima della integrazione del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario pretermesso, è affetta da una nullità posta a tutela della sola parte pretermessa; solo questa potrà quindi farla valere nei modi indicati dall'art. 157, comma 2, c.p.c., ovvero deducendola nel suo primo atto difensivo, non appena interviene in giudizio.
Cass. civ. n. 17118/2024
In materia di consulenza tecnica d'ufficio, la nullità dell'elaborato disposto nel primo grado di giudizio per avere il c.t.u. utilizzato documenti irritualmente acquisiti, utili a provare i fatti principali, va fatta valere con l'appello, determinandosi nella specie un vizio processuale che, ove non ritualmente impugnato, resta sanato.
Cass. civ. n. 15130/2024
In tema di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., l'ordinanza emessa dal giudice di merito senza avere previamente sentito le parti non è automaticamente nulla e - potendo il contraddittorio preventivo essere recuperato nella fase dinanzi alla S.C. con le memorie anteriori alla pubblica udienza e con la discussione orale - non inficia ex se l'ammissibilità della questione pregiudiziale, la quale, pur se ritenuta sussistente "prima facie" dal Primo Presidente, forma oggetto - in relazione ai presupposti oggettivi della citata disposizione (natura esclusivamente di diritto della questione, novità e necessità della stessa ai fini della definizione del giudizio, grave difficoltà interpretativa, ripetibilità della questione in numerosi giudizi) - di valutazione collegiale.
Cass. civ. n. 3184/2024
L'eccezione di nullità della consulenza tecnica d'ufficio, dedotta per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito avendo natura giuridica di nullità relativa. Tale qualificazione giuridica permane tuttavia anche per l'ipotesi in cui la consulenza sia svolta tramite rogatoria alla competente autorità estera, ai sensi dell'art. 7 della Convenzione dell'Aja del 18 marzo 1970.
Cass. civ. n. 31964/2023
In tema di prova civile, la consulenza di parte non esprime una manifestazione di volontà, ma veicola una mera manifestazione di scienza, sub specie di allegazione difensiva a contenuto tecnico, il che esclude che il c.t.p. – mero ausiliario, sprovvisto dello ius postulandi a tal fine necessario – possa far valere ritualmente l'eccezione di nullità della consulenza tecnica d'ufficio.
Cass. civ. n. 29714/2023
Nel caso in cui, a fronte di un'eccezione di incapacità a testimoniare, il giudice abbia ammesso la prova con riserva di provvedere sulla stessa, la successiva assunzione della testimonianza - non preceduta dallo scioglimento della riserva - presuppone un giudizio di piena ammissibilità della prova, che vizia l'atto processuale di nullità relativa, con conseguente necessità, per la parte interessata, di sollevare tempestivamente la relativa eccezione ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 19265/2023
Nel caso di nullità della citazione di primo grado per vizi inerenti alla "vocatio in ius" (nella specie, per inosservanza del termine a comparire), ove il vizio non sia stato rilevato dal giudice ai sensi dell'art. 164 c.p.c., la deduzione della nullità come motivo di gravame non dà luogo, ove ne sia riscontrata la fondatezza dal giudice dell'impugnazione, alla rimessione della causa al primo giudice, ma impone al giudice di appello di rilevare che il vizio si è comunicato agli atti successivi dipendenti, compresa la sentenza, e di dichiararne la nullità, rinnovando tutti gli atti compiuti in primo grado dall'attore, o su sua richiesta, nella contumacia (involontaria) del convenuto/appellante.
Cass. civ. n. 16196/2023
In tema di consulenza tecnica d'ufficio, l'omesso invio alle parti della bozza di relazione dà luogo a un'ipotesi di nullità a carattere relativo, suscettibile di sanatoria se il vizio non è eccepito nella prima difesa utile successiva al deposito della perizia; la sanatoria può avvenire anche per rinnovazione, quando il contraddittorio sia recuperato dal giudice dopo il deposito della relazione, con la rimessione in termini delle parti per formulare le proprie osservazioni, al fine di consentire il pieno esercizio dei poteri di cui all'art. 196 c.p.c..
Cass. civ. n. 16137/2023
La regola dettata dal terzo comma dell'art. 157 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, si riferisce solo ai casi nei quali la nullità non possa pronunciarsi che su istanza di parte, e non riguarda, perciò, le ipotesi in cui, invece, questa debba essere rilevata d'ufficio, con la conseguenza che essa non trova applicazione quando, come nel caso di mancata integrazione del contraddittorio in causa inscindibile, la nullità si ricolleghi ad un difetto di attività del giudice, al quale incombeva l'obbligo di adottare un provvedimento per assicurare il regolare contraddittorio nel processo. (Nella specie, in applicazione del detto principio, la S.C., cassando con rinvio, ha dichiarato nulla la sentenza di appello confermativa della proposizione vittoriosa dell'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. riguardante un atto di compravendita, da parte della banca creditrice, sul rilievo che, nel giudizio di secondo grado, il terzo acquirente non aveva evocato in giudizio la debitrice alienante quale litisconsorte necessario, ma solo la banca creditrice).
Cass. civ. n. 14423/2023
La regola dettata dall'art. 157, comma 3, c.p.c., secondo cui la parte che ha determinato la nullità non può rilevarla, non opera quando si tratti di una nullità rilevabile anche d'ufficio, ma tale inoperatività è correlata alla durata del potere ufficioso del giudice, sicché una volta che quest'ultimo abbia deciso la causa omettendo il rilievo, la regola si riespande, a meno che si tratti di una nullità per cui la legge prevede il rilievo officioso ad iniziativa del giudice anche nel grado di giudizio successivo, così come si verifica laddove l'appellante non abbia integrato il contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario, contumace in primo grado, che non cessa per tale motivo di poter denunziare il vizio in sede di legittimità. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione di merito sullo stato di adottabilità del minore, assunta senza che il giudice del gravame avesse integrato il contraddittorio nei confronti della madre, contumace in primo grado e non evocata nel giudizio di appello dal padre, ricorrente in cassazione).
Cass. civ. n. 14178/2023
Qualora il giudice abbia respinto con ordinanza l'eccezione di incapacità a testimoniare tempestivamente sollevata, essa deve essere nuovamente riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, chiedendo la revoca del provvedimento emesso; in caso contrario, l'eccezione deve intendersi rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità stessa per acquiescenza, rilevabile d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo.
Cass. civ. n. 12610/2023
Nel giudizio civile dinanzi al giudice di pace, il contenuto dell'atto di citazione è disciplinato esclusivamente dall'art. 318 c.p.c., il quale, diversamente dall'art. 163, comma 1, n. 5), prescrive che l'atto contenga a pena di nullità unicamente l'esposizione dei fatti e l'indicazione dell'oggetto del giudizio, con la conseguenza che la mancata indicazione specifica dei mezzi di prova non è causa di invalidità dell'atto introduttivo.
Cass. civ. n. 9456/2023
La parte che ha tempestivamente formulato l'eccezione di nullità della testimonianza, in quanto resa da un teste che assume essere incapace, deve poi dolersene in modo preciso e puntuale anche in sede di precisazione delle conclusioni, dovendosi altrimenti ritenere l'eccezione rinunciata, così da non potere essere riproposta in sede d'impugnazione.
Cass. civ. n. 6312/2023
Qualora il giudice d'appello, in riforma della statuizione di primo grado d'inammissibilità della testimonianza ex art. 1417 c.c., abbia ammesso la prova testimoniale della simulazione, la parte appellata che, resistendo al gravame, ha insistito per la conferma della decisione è tenuta ad eccepire la nullità della pronuncia di ammissione, ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p.c., nella prima istanza o difesa successiva all'assunzione della prova. (In applicazione di tale principio in un processo soggetto al rito del lavoro, la S.C. ha affermato l'inammissibilità dell'eccezione - sollevata per la prima volta in sede di legittimità - di nullità della testimonianza, che la parte avrebbe dovuto proporre nel grado d'appello al momento della precisazione delle conclusioni all'udienza di discussione).
Cass. civ. n. 5815/2023
La regola dettata dall'art. 157, comma 3, c.p.c., secondo cui la parte che ha determinato la nullità non può farla valere, non opera quando si tratti di una nullità rilevabile anche d'ufficio, ma tale inoperatività è correlata alla durata del potere ufficioso del giudice, sicché una volta che quest'ultimo abbia deciso la causa omettendo di rilevare la nullità, la regola si riespande, con la conseguenza che la parte che vi ha dato causa con il suo comportamento, ed anche quella che, omettendo di rilevarla, abbia contribuito al permanere della stessa, non possono dedurla come motivo di nullità della sentenza, a meno che si tratti di una nullità per cui la legge prevede il rilievo officioso ad iniziativa del giudice anche nel grado di giudizio successivo. (Principio affermato dalla S.C. in relazione a una domanda nuova ex art. 345 c.p.c., la cui inammissibilità non era stata fatta valere dalle parti né era stata rilevata d'ufficio dal giudice d'appello, venendo dedotta, per la prima volta, col ricorso per cassazione).
Cass. civ. n. 5755/2023
In caso di produzione in giudizio di una copia fotografica di scrittura, così come - più in generale - di una riproduzione meccanica, il disconoscimento di conformità previsto rispettivamente dagli artt. 2719 e 2712 c.c. deve aver luogo nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione, valendo il medesimo onere di tempestività previsto dall'art. 157, comma 2, c.p.c. con riferimento al rilievo del difetto di un requisito di forma-contenuto dell'atto processuale stabilito nell'interesse della parte.
Cass. civ. n. 5370/2023
In materia di esame contabile, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza della disciplina vigente in tema di contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall'attività di allegazione delle parti, ma sul presupposto condizionante del "previo consenso" delle stesse previsto dall'art. 198, comma 2, c.p.c., tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, benché essi siano diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni. Dalla rilevanza del consenso in ordine all'acquisizione del materiale probatorio discende che i vizi che infirmano l'operato del consulente sotto tale profilo sono fonte di nullità relativa ex art. 157, comma 2, c.p.c., correlandosi ad un interesse primario ma disponibile delle parti.
Cass. civ. n. 1036/2019
Il giudice può rilevare d'ufficio la nullità di un contratto, a norma dell'art. 1421 c.c., anche ove sia stata proposta domanda di annullamento (o di risoluzione o di rescissione), senza incorrere nel vizio di ultrapetizione, atteso che in ognuna di tali domande è implicitamente postulata l'assenza di ragioni che determinino la nullità del contratto medesimo. L'efficacia della pronuncia, tuttavia, non può eccedere i limiti della causa, la cui efficacia si deve conformare al perimetro della domanda proposta, potendo tuttavia estendersi all'intero rapporto contrattuale se questa lo investa interamente.
Cass. civ. n. 27607/2019
La violazione delle norme sulla notificazione della citazione, con conseguente nullità della stessa, e la inosservanza delle disposizioni sulla regolare costituzione del contraddittorio nei confronti di un convenuto, con conseguente erronea dichiarazione della sua contumacia, costituiscono eccezioni "de iure tertii", che non possono essere sollevate da altro convenuto, in quanto deducibili soltanto dalla parte direttamente interessata.
Cass. civ. n. 4868/2019
Dà causa a una nullità, ai sensi dell'art. 157, comma 3, c.p.c., la parte che ometta sia di attivarsi per acquisire nella cancelleria del giudice informazioni sulle vicende processuali che la riguardino, sia di rilevare l'esistenza di un errore materiale, agevolmente rilevabile, in un provvedimento istruttorio, quando l'una o l'altra di tali attività avrebbero consentito di prevenire il compimento dell'atto nullo da parte del giudice. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto non opponibile, ad opera del procuratore costituito di una delle parti, la nullità derivante dalla mancata comunicazione del differimento d'ufficio di un'udienza già fissata, sul presupposto che egli avrebbe potuto agevolmente avvedersi dell'errore di inserimento del proprio nome di battesimo nel registro informatico della cancelleria, che tale nullità aveva determinato).
Cass. civ. n. 15747/2018
La nullità della consulenza tecnica d'ufficio - ivi compresa quella dovuta all'eventuale ampliamento dell' indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente – è soggetta al regime di cui all'art. 157 c.p.c., avendo carattere di nullità relativa, e deve, pertanto, essere fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanata.
Cass. civ. n. 21381/2018
La regola dettata dall'art. 157, comma 3, c.p.c., secondo cui la parte che ha determinato la nullità non può rilevarla, non opera quando si tratti di una nullità rilevabile anche d'ufficio, ma tale inoperatività è correlata alla durata del potere ufficioso del giudice, sicché una volta che quest'ultimo abbia deciso la causa omettendo di rilevare la nullità, la regola si riespande, con la conseguenza che la parte che vi ha dato causa con il suo comportamento, ed anche quella che, omettendo di rilevarla, abbia contribuito al permanere della stessa, non possono dedurla come motivo di nullità della sentenza, a meno che si tratti di una nullità per cui la legge prevede il rilievo officioso ad iniziativa del giudice anche nel grado di giudizio successivo.
Cass. civ. n. 19714/2017
Ai fini della nullità della notifica il destinatario, che sostenga di aver trasferito la residenza in altro comune, non solo deve produrre una certificazione del comune di nuova residenza, dalla quale risulti l'iscrizione nei registri anagrafici di quel comune in data precedente a quella della notifica, ma deve anche provare la tempestiva dichiarazione fatta al comune che ha abbandonato con la stessa decorrenza.
Cass. civ. n. 19427/2017
Le contestazioni ad una relazione di consulenza tecnica d'ufficio costituiscono eccezioni rispetto al suo contenuto, sicché sono soggette al termine di preclusione di cui al comma 2 dell'art. 157 c. p. c., dovendo, pertanto, dedursi - a pena di decadenza - nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito.
Cass. civ. n. 5579/2016
Qualora l'avvocato sia sostituito in udienza da praticante non abilitato alla causa, in quanto di valore superiore ai limiti di cui all'art. 7 della l. n. 479 del 1999, l'invalidità che ne deriva resta sanata se non sia fatta rilevare entro la prima istanza o difesa successiva, ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p.c., trattandosi di nullità relativa che non incide sulla regolare costituzione in giudizio della parte.
Cass. civ. n. 3855/2014
La regola dettata dall'art. 157, terzo comma, cod. proc. civ., secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, si riferisce solo ai casi nei quali la nullità non possa pronunciarsi che su istanza di parte, e non riguarda, perciò, le ipotesi in cui, invece, questa debba essere rilevata d'ufficio, con la conseguenza che essa non trova applicazione quando, come nel caso di mancata integrazione del contraddittorio in causa inscindibile, la nullità si ricolleghi ad un difetto di attività del giudice, al quale incombeva l'obbligo di adottare un provvedimento per assicurare il regolare contraddittorio nel processo.
Cass. civ. n. 23851/2011
Nel procedimento di verificazione della scrittura privata, la nullità della consulenza tecnica d'ufficio derivante dal fatto che il consulente si sia avvalso di scritture di comparazione non preventivamente indicate dal giudice (in mancanza di accordo delle parti), a norma dell'art. 217 secondo comma c.p.c., resta sanata, ai sensi dell'art. 157 c.p.c. se non dedotta dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva al deposito della consulenza stessa.
Cass. civ. n. 17495/2011
In materia di nullità dell'atto di citazione, i vizi riguardanti la "editio actionis" sono rilevabili d'ufficio dal giudice, nè sono sanati dalla costituzione in giudizio del convenuto, essendo questa inidonea a colmare le lacune della citazione stessa, che compromettono il suo scopo di consentire non solo al convenuto di difendersi, ma anche al giudice di emettere una pronuncia di merito, sulla quale dovrà formarsi il giudicato sostanziale; ne consegue che non può farsi applicazione degli artt. 156, terzo comma, e 157 c.p.c. essendo la nullità in questione prevista in funzione di interessi che trascendono quelli del convenuto.
Cass. civ. n. 7765/2010
L'inammissibilità della prova per testi nei contratti, derivante dalla previsione della forma scritta "ad probationem", non attiene all'ordine pubblico ma alla tutela d'interessi privati, per cui non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata, entro il termine previsto dall'art. 157, secondo comma, c.p.c., nella prima istanza o difesa successiva al suo configurarsi.
Cass. civ. n. 1098/2010
La regola, dettata dall'art. 157 c.p.c., secondo cui l'obbligo del giudice di esaminare l'eccezione di nullità relativa di un atto processuale presuppone che la medesima sia stata dedotta dalla parte, oltre che tempestivamente, con la specificazione delle ragioni d'invalidità, costituisce un principio generale, applicabile a tutti i processi speciali di cognizione, ivi compreso il procedimento per la dichiarazione di fallimento. Ne consegue che la nullità della "vocatio in ius" derivante dall'inosservanza del termine dilatorio di comparazione previsto dall'art. 15, terzo comma, della legge fall., resta sanata nel caso in cui il debitore non l'abbia specificamente dedotta nella memoria di costituzione, difendendosi nel merito.
Cass. civ. n. 12952/2007
Per far valere quale motivo di appello un vizio di nullità relativa che abbia inficiato il giudizio di primo grado, riflettendosi sulla validità della relativa sentenza, è necessario, in considerazione del disposto di cui all'art. 157 c.p.c., che la parte interessata lo abbia dedotto tempestivamente nella prima istanza o difesa successiva all'atto ritenuto invalido, ovvero alla notizia di esso, e che non abbia, quindi, rinunciato tacitamente ad eccepirlo, così implicitamente sanandolo, poiché, in caso contrario, il relativo motivo di impugnazione è da ritenersi inammissibile per carenza di interesse, fermo restando peraltro, che, anche quando non si sia verificata la preclusione a far valere la suddetta nullità processuale, è necessario che la parte impugnante indichi specificamente quale sia stato il pregiudizio arrecato alle proprie attività difensive dalla invocata invalidità. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale si era censurata la sentenza di appello per non aver pronunciato sull'eccezione di nullità per violazione del principio del contraddittorio nel giudizio di primo grado verificatasi in apposita udienza, avendo lo stesso ricorrente ammesso di aver partecipato a quella immediatamente successiva nella quale non aveva formulato alcuna eccezione, così producendo la sanatoria della presunta nullità ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 157 c.p.c.).
Cass. civ. n. 17013/2003
Agli effetti della norma di cui al secondo comma dell'art. 157 c.p.c. — applicabile, in difetto di norme speciali, anche al procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati —, affinché sorga, per la parte che vi abbia interesse, l'onere di opporre la nullità dell'atto nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso, occorre che il denunziante, nel cui interesse è stabilito il requisito che si assume mancante, abbia avuto notizia effettiva — e non soltanto potenziale — dell'atto che si afferma nullo. (Nella specie era in discussione la tempestività della denuncia di nullità della notificazione della decisione del Consiglio dell'ordine, avvenuta a mani di persona asseritamene in nessun modo collegata o riferibile all'incolpato, nullità dall'incolpato medesimo fatta valere per la prima volta con il ricorso per cassazione avverso la decisione del CNF, dichiarativa dell'inammissibilità, per tardività, dell'impugnazione dinanzi ad esso proposta; enunciando il principio di cui in massima, le S.U. hanno ritenuto irrilevante la circostanza che — ai sensi dell'art. 59 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, recante Norme integrative e di attuazione dell'Ordinamento professionale forense — gli atti del procedimento disciplinare debbano essere depositati e le parti possano prenderne visione, atteso che, ai fini dell'art. 157 del codice di rito, ciò che viene in gioco è la conoscenza, e non la mera conoscibilità dell'atto).
Cass. civ. n. 435/2003
Il principio della rilevabilità d'ufficio della nullità dell'atto va necessariamente coordinato con il principio dispositivo e con quello della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e trova applicazione soltanto quando la nullità si ponga come ragione di rigetto della pretesa attorea (ad esempio: di esecuzione di un contratto nullo), non anche quando sia invece la parte a chiedere la dichiarazione di invalidità di un atto ad essa pregiudizievole, dovendo in tal caso la pronuncia del giudice essere circoscritta alle ragioni di illegittimità denunciate dall'interessato, senza potersi fondare su elementi rilevati d'ufficio o tardivamente indicati, giacchè in tal caso l'invalidità dell'atto si pone come elemento costitutivo della domanda attorea. (Nella specie, in relazione all'impugnativa di un licenziamento, era stata dedotta, in primo grado, la simulazione del passaggio di un lavoratore da una società alle dipendenze di un'altra società, al fine di potere attribuire alla prima il licenziamento e, perciò, invocare la tutela reale in relazione al numero dei dipendenti della stessa, ed il giudice di primo grado, escludendo l'invocata simulazione, aveva ritenuto la nullità del predetto passaggio, perché in frode alla legge; in base al principio sopraesposto, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello, che aveva riformato quella di primo grado perché affetta da ultrapetizione).
Cass. civ. n. 365/2003
Ai sensi dell'art. 157 c.p.c., affinché sussista l'obbligo del giudice di esaminare l'eccezione di nullità relativa di un atto processuale, è necessario che la deduzione della medesima ad opera della parte avvenga, oltre che tempestivamente, con la specificazione delle ragioni dell'invalidità. (Sulla base del principio di cui in massima, la S.C. ha ritenuto non sufficiente la deduzione, ad opera del convenuto, della nullità della citazione fatta attraverso il mero richiamo, in forma generica, delle norme coinvolte — nella specie gli artt. 163, numero 7, e 164 c.p.c. —, in mancanza della specificazione dell'elemento della norma — indicazione dell'udienza, invito a costituirsi nel termine, avvertimento che la costituzione oltre il termine implica le decadenze di cui all'art. 167 c.p.c. — cui la deduzione era riferita).
Cass. civ. n. 16034/2002
La prova testimoniale, raccolta prima della integrazione del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario pretermesso, è affetta da una nullità posta a tutela della sola parte pretermessa; solo questa potrà quindi farla valere nei modi indicati dall'art. 157, secondo comma, c.p.c., ovvero deducendola nel suo primo atto difensivo, non appena interviene in giudizio.
Cass. civ. n. 10143/2002
Quando la legge imponga la introduzione del giudizio con citazione anziché con ricorso e l'adozione del rito ordinario anziché quello camerale, il fatto che il giudizio erroneamente sia introdotto con ricorso e si svolga col rito camerale non comporta la invalidità del giudizio stesso, per il principio della conversione degli atti nulli che abbiano raggiunto il loro scopo (art. 156 c.p.c.), quando dall'erronea inversione non sia derivato un concreto pregiudizio per alcuna delle parti relativamente al rispetto del contraddittorio, all'acquisizione delle prove e, più in generale, a quant'altro possa aver impedito o anche soltanto ridotto la libertà di difesa consentita nel giudizio ordinario.
Cass. civ. n. 9553/2002
In tema di incapacità a testimoniare, la sanatoria, prevista dall'art. 157, comma secondo, c.p.c., della nullità della deposizione resa da teste incapace, per decadenza della parte interessata dalla facoltà di eccepire il vizio, risponde a un principio di ordine pubblico, rappresentato dall'esigenza di speditezza del procedimento, i cui atti non possono restare esposti ad eccezioni di nullità per un periodo di tempo indefinito. Ne consegue che la decadenza della parte dalla eccezione di nullità e la corrispondente sanatoria della nullità dell'atto sono rilevabili di ufficio dal giudice in ogni stato e grado del procedimento (salva la preclusione da giudicato) e possono, quindi, essere prospettate per la prima volta anche nel giudizio di legittimità.
Cass. civ. n. 7256/2002
La norma di cui all'art. 157, secondo comma, c.p.c. deve essere interpretata nel senso che la parte interessata ha l'onere di eccepire la nullità di un atto del processo (nella specie, violazione dell'art. 244 c.p.c. in tema di ammissione di prove testimoniali) nella prima istanza o difesa successiva all'atto stesso (o alla notizia di esso), ma non anche quello di reiterare l'eccezione in sede di precisazione di conclusioni. La mancata precisazione delle conclusioni, pertanto, non equivale a rinuncia, la quale può essere, al più, desumibile, ai sensi dell'art. 157, terzo comma, c.p.c., solo se l'eccezione non venga reiterata nel caso di precisazione delle conclusioni.
Cass. civ. n. 12293/2001
Il terzo che, pur essendo stato chiamato in causa da un difensore sfornito della procura a proporre istanze eccedenti l'ambito originario della lite, si costituisca in giudizio e, invece di eccepire la nullità dell'atto di chiamata, accetti il contraddittorio sul merito, non può più dedurre tale nullità (né la stessa può essere rilevata d'ufficio dal giudice) nell'ulteriore corso del procedimento.
Cass. civ. n. 4948/2001
La regola dettata dal terzo comma dell'art. 157 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, si riferisce solo ai casi in cui la nullità non possa pronunciarsi che su istanza di parte e non riguarda, perciò, i casi in cui, invece, questa debba essere rilevata d'ufficio. La regola non trova quindi, applicazione, quando, come nel caso di mancata integrazione del contraddittorio in causa inscindibile, la nullità si ricolleghi ad un difetto di attività del giudice al quale incombeva l'obbligo di adottare un provvedimento per assicurare il regolare contraddittorio del processo. (Nella specie, in una causa di divisione, l'appellante non aveva notificato l'atto di impugnazione a tutti i condividendi e il giudice di secondo grado non aveva disposto l'integrazione del contraddittorio, la S.C., enunciando il principio sopra citato, ha cassato la sentenza di appello, rinviando ad altra sezione della medesima Corte).
Cass. civ. n. 7919/1999
Il divieto di nuovi mezzi di prova in grado di appello, sancito dall'art. 437, secondo comma, c.p.c., si riferisce solo alle prove costituende, richiedenti una ulteriore attività processuale, e non anche a nuovi documenti la cui produzione è ammissibile — e soggiace al regime stabilito dall'art. 157, comma secondo, c.p.c. sicché la parte interessata deve far valere eventuali nullità ad essa relative nella prima istanza o difesa successiva alla produzione stessa o alla notizia di essa — a prescindere dal carattere effettivamente «nuovo» della documentazione offerta in sede di impugnazione, se cioè questa sia, o meno, preesistente rispetto al precedente grado del giudizio.
Cass. civ. n. 4690/1999
In tema di prova testimoniale dei contratti, il principio per cui le nullità riguardanti l'ammissione e l'espletamento della prova in violazione degli artt. 2721 e ss. c.c. hanno carattere relativo, onde non essendo rilevabili d'ufficio restano sanate se non eccepite dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva alla loro verificazione (art. 157 c.p.c.), trova deroga soltanto nel caso in cui la scrittura sia imposta dalla legge a pena di nullità, cioè non per la prova, ma per l'esistenza stessa del contratto.
Cass. civ. n. 5369/1998
Ai sensi dell'art. 157 comma secondo c.p.c., affinché sussista l'obbligo del giudice di esaminare l'eccezione di nullità (relativa) di un atto processuale, è necessario che la deduzione della medesima ad opera della parte avvenga nella prima istanza successiva all'atto viziato o alla notizia di esso, atteso che, in mancanza di tale deduzione, la nullità resta sanata e non può più essere eccepita dalla parte che, non opponendosi nella prima difesa successiva all'atto, ha implicitamente rinunciato a farla valere.
Cass. civ. n. 12608/1997
Per il disposto dell'art. 157 c.p.c. la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa e, quindi, in caso di mancata integrazione del contraddittorio dalla parte che abbia omesso la notifica dell'atto di impugnazione al proprio litisconsorte.
Cass. civ. n. 8232/1997
Dalla disamina della (complessa) disciplina delle nullità processuali può desumersi il principio generale secondo cui la mancanza di una pronuncia «costitutiva» di nullità da parte del giudice procedente consente, all'atto processuale viziato (in via assoluta o relativa), di produrre, comunque, i suoi effetti, con la conseguenza che, al fine di addivenire alla detta pronuncia, il giudicante deve rilevare la nullità, se assoluta, (al più tardi) prima di pronunziarsi nel merito della res dubia, e, se relativa, per effetto della tempestiva denunzia fattane dalla parte (che non vi abbia dato causa) nei termini di cui all'art. 157 (e, comunque, prima della sentenza). La mancanza di tale attività di rilevazione da parte del giudice di primo grado comporta la formazione, in seno alla resa pronuncia di merito, di una sottostante ed implicita statuizione di regolarità formale del processo, rimediabile soltanto attraverso il tempestivo esperimento dei rituali mezzi di impugnazione (non totalmente devolutivi) dell'appello e del ricorso per cassazione, il cui utile esercizio postula una specifica, espressa deduzione dell'errore che si assume viziare la pronuncia impugnata, pena la formazione di un giudicato (cosiddetto «interno»), ostativo, per il giudice del gravame, ad ogni ulteriore verifica ex officio della regolarità del primo giudizio (salve le ipotesi tassativamente previste dagli artt. 354 e 375 c.p.c.).
Cass. civ. n. 7088/1992
La nullità della consulenza tecnica d'ufficio per non essere stata data alle parti ed ai loro difensori la comunicazione della data di inizio delle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non opposta nella prima udienza successiva al deposito, per tale intendendosi anche l'udienza di mero rinvio. A tal fine, poiché tale nullità della consulenza tecnica emerge da atti estranei alla consulenza stessa esistenti nel fascicolo d'ufficio, basta la notizia dell'avvenuto deposito della consulenza a comportare l'onere per la parte ignara dell'inizio delle operazioni di eccepire la nullità.
Cass. civ. n. 12008/1991
La sanatoria della nullità della consulenza, in relazione al comportamento della parte interessata che ometta di opporla alla prima udienza successiva alla data del deposito dell'elaborato peritale (art. 157 secondo comma c.p.c.), postula la possibilità, in detta udienza, di avere adeguata cognizione dell'elaborato stesso. Pertanto, ove tale possibilità difetti, a causa della sostanziale contestualità di quell'udienza con il deposito (nella specie, in quanto tenuta nel medesimo giorno), si deve ritenere esclusa la suddetta sanatoria in presenza di un'eccezione di nullità formulata all'udienza immediatamente seguente.