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Art. 1175 — Comportamento secondo correttezza

Art. 1175 — Comportamento secondo correttezza

Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza [ 1227, 1337, 1338, 1339, 1358, 1366, 1375, 1391, 1460, 1746 1, 1759, 1805 1, 1914, 2598, n. 3; 88 c.p.c. ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 17019/2018

In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito produttivo di danni a cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo separatamente per il risarcimento dei relativi danni, neppure mediante riserva di farne valere ulteriori e diversi in altro procedimento, trattandosi di condotta che aggrava la posizione del danneggiante-debitore, ponendosi in contrasto al generale dovere di correttezza e buona fede e risolvendosi in un abuso dello strumento processuale, salvo che risulti in capo all’attore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. (In applicazione di questo principio la S.C. ha confermato la decisione impugnata che aveva ritenuto illegittima la condotta processuale dell’attore il quale, dopo aver proposto una prima azione di risarcimento per i danni materiali subiti in occasione di un sinistro stradale, ne aveva proposta una seconda per quelli alla persona, nonostante che alla data dell’esercizio della prima azione l’intero panorama delle conseguenze dannose fosse pienamente emerso).

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Cass. civ. n. 15885/2018

L’abuso del diritto non è ravvisabile nel solo fatto che una parte del contratto abbia tenuto una condotta non idonea a salvaguardare gli interessi dell’altra, quando tale condotta persegua un risultato lecito attraverso mezzi legittimi, essendo, invece, configurabile allorché il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà sono attribuiti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso configurasse un abuso il trasferimento in sedi lontane e disagiate di alcuni lavoratori, che avevano scelto di non aderire ad una proposta di conciliazione per l’accettazione della mobilità in una condizione di libera autodeterminazione e nella consapevolezza delle conseguenze di ciascuna delle opzioni esistenti).

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Cass. civ. n. 3533/2018

In materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, la cui ricorrenza rientra nell’onere probatorio del contribuente.(Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto elusiva l’operazione di stipula di un mutuo garantito da ipoteca su determinati immobili ed il conferimento di essi, dopo pochi giorni, in una società di capitali di cui erano soci gli stessi mutuatari, al solo scopo di beneficiare del risparmio di imposta collegato al calcolo del valore immobiliare al netto della passività accollata dalla società).

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Cass. civ. n. 28964/2017

In tema di plurime obbligazioni pecuniarie relative al medesimo rapporto contrattuale di durata, non costituisce abusivo frazionamento della domanda il comportamento del lavoratore che, dopo aver già agito giudizialmente per il riconoscimento di differenze retributive e dell’indennità sostitutiva del preavviso, chieda la rideterminazione delle medesime voci per effetto del riconoscimento di un superiore inquadramento contrattuale, in considerazione dell’apprezzabile interesse a conseguire subito quanto facilmente accertabile, anche in via monitoria, con salvezza delle ulteriori ragioni creditorie all’esito del più complesso giudizio relativo alla qualifica superiore.

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Cass. civ. n. 28963/2017

In tema di plurime obbligazioni pecuniarie relative al medesimo rapporto contrattuale di durata, non costituisce abusivo frazionamento della domanda il comportamento del lavoratore che, dopo aver già agito giudizialmente per il ricalcolo del TFR, assuma altra iniziativa per il pagamento del premio di risultato, in considerazione del diverso titolo costitutivo delle due pretese creditorie, il cui rispettivo accertamento non insiste nel medesimo ambito oggettivo del giudicato e richiede comunque differenti attività istruttorie.

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Cass. civ. n. 4090/2017

Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benchè relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183, c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c..

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Cass. civ. n. 929/2017

In tema di risarcimento dei danni derivanti da fatto illecito costituente reato, il danneggiato che abbia chiesto il risarcimento dei danni alla persona con l’atto di costituzione di parte civile nel giudizio penale ed abbia contestualmente introdotto un autonomo giudizio civile per il risarcimento dei danni alle cose, non viola il principio di infrazionabilità della domanda qualora, a seguito della definizione del giudizio penale con sentenza di patteggiamento, introduca una nuova domanda innanzi al giudice civile per i medesimi danni già richiesti in sede penale, stante il carattere necessitato della riproposizione dell’azione risarcitoria, giacché imposto dalla disposizione dell’art. 444, comma 2, c.p.p.. La proposizione di separate azioni risarcitorie per danni diversi nascenti dallo stesso fatto illecito, avvenuta anteriormente all’arresto delle Sezioni Unite che ha affermato il principio dell’infrazionabilità della domanda giudiziale per crediti derivanti da un unico rapporto, si sottrae all’applicazione del “prospective overruling”, secondo cui restano salvi gli effetti degli atti processuali compiuti dalla parte che abbia fatto incolpevole affidamento sulla stabilità di una previgente interpretazione giurisprudenziale, atteso che quella decisione non ha comportato il mutamento dell’interpretazione di una regola del processo che preveda una preclusione o una decadenza, ma ha sancito l’improponibilità delle domande successive alla prima in ragione del difetto di una situazione giuridica sostanziale tutelabile, per contrasto con il principio costituzionale del giusto processo, che non consente di accordare protezione ad una pretesa caratterizzata dall’uso strumentale del diritto di azione.

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Cass. civ. n. 26464/2016

Qualora il lavoratore agisca in via monitoria per ottenere il pagamento di crediti retributivi e, con separato ricorso, per impugnare il licenziamento intimatogli, non sussiste un illegittimo frazionamento del credito, in quanto, benchè all’interno di un unico rapporto, si è in presenza di crediti autonomi e distinti, scaturenti da diversi fatti costitutivi, aventi differenti regimi probatori e prescrizionali; peraltro, l’imposizione di un’unica azione impedirebbe al creditore l’uso della tutela monitoria, praticabile per i soli crediti assistiti da prova scritta, né è conferente il richiamo alla ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., da valutarsi in relazione alla durata del singolo processo e non dei molteplici possibili processi fra le stesse parti.

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Cass. civ. n. 22574/2016

L’attore che, a tutela di un credito nascente da un unico rapporto obbligatorio (nella specie per il pagamento di compensi professionali), agisce, dapprima, con ricorso monitorio, per la somma già documentalmente provata, e, poi, in via ordinaria, per il residuo, non viola il divieto di frazionamento di quel credito in plurime domande giudiziali, e non incorre, pertanto, in abuso del processo, – quale sviamento dell’atto processuale dal suo scopo tipico, in favore di uno diverso ed estraneo al primo – stante il diritto del creditore a ricorrere ad una tutela accelerata, mediante decreto ingiuntivo, per la parte di credito assistita dai requisiti per la relativa emanazione.

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Cass. civ. n. 22503/2016

La violazione del divieto di promuovere separati giudizi per domandare il risarcimento di danni differenti causati dal medesimo fatto illecito ha per conseguenza l’inammissibilità della sola domanda di risarcimento proposta per seconda, mentre è sempre ammissibile la domanda di risarcimento proposta per prima, anche se abbia ad oggetto una parte soltanto del pregiudizio patito dalla vittima, in quanto è sempre facoltà del creditore chiedere l’adempimento parziale dell’obbligazione.

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Cass. civ. n. 22037/2016

È contrario al principio di correttezza e buona fede, e si risolve in un abuso del processo, il frazionamento giudiziale di un credito qualora quest’ultimo derivi da un unico rapporto obbligatorio; tuttavia, tale ipotesi non ricorre quando il credito fatto valere si riferisca ad un rapporto contrattuale annuale, al quale hanno fatto seguito ulteriori contratti, per annualità successive, idonei a determinare l’insorgenza di rapporti obbligatori distinti anche se omologhi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto insussistente l’abuso del processo nel caso del pagamento di prestazioni socio-assistenziali annuali dovute dalla Regione Calabria al medesimo soggetto, avendo quest’ultima stipulato più contratti annuali che davano vita a distinti rapporti obbligatori).

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Cass. civ. n. 4867/2016

In tema di licenziamento non è consentito di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di due distinti giudizi lamentando, in uno, solo vizi formali e, nell’altro, vizi di merito, con conseguente disarticolazione dell’unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto, trattandosi di una condotta lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede, che si risolve in un abuso dello strumento processuale e si pone in contrasto con i principi del giusto processo.

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Cass. civ. n. 4016/2016

Sussiste indebito frazionamento di pretese, dovute in forza di un unico rapporto obbligatorio, anche nel caso di unico rapporto di lavoro, fonte di crediti di natura contrattuale e legale, con collegamento ancora più stretto se i giudizi siano promossi quando le obbligazioni sono note e consolidate per essersi il suddetto rapporto già concluso, con conseguente necessità di evitare l’aggravamento della posizione del debitore nel rispetto degli obblighi di correttezza e buona fede contrattuali e in coerenza con il principio anche sovranazionale del giusto processo, volto alla razionalizzazione del sistema giudiziario, che non tollera frammentazioni del contenzioso con pericolo di giudicati contrastanti. (Omissis).

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Cass. civ. n. 18230/2014

Colui il quale assume volontariamente un obbligo, ovvero inizia volontariamente l’esecuzione di una prestazione, ha il dovere di adempiere il primo o di eseguire la seconda con la correttezza e la diligenza prescritte dagli artt. 1175 e 1176 cod. civ., a nulla rilevando che la prestazione sia eseguita volontariamente ed a titolo gratuito.(Principio enunciato con riferimento alla responsabilità di un medico anestesista, fattosi carico volontariamente anche della gestione di un paziente nella fase del ricovero e della sua assistenza a domicilio nella fase post-operatoria).

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Cass. civ. n. 10568/2013

L’abuso del diritto non è ravvisabile nel solo fatto che una parte del contratto abbia tenuto una condotta non idonea a salvaguardare gli interessi dell’altra, quando tale condotta persegua un risultato lecito attraverso mezzi legittimi, essendo, invece, configurabile allorché il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà sono attribuiti. Ne consegue, pertanto, che, nel contratto di agenzia, l’abuso del diritto è da escludere, allorché il recesso non motivato dal contratto sia consentito dalla legge, la sua comunicazione sia avvenuta secondo buona fede e correttezza e l’avviso ai clienti si prospetti come doveroso

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Cass. civ. n. 10383/2011

Le agevolazioni tributarie previste per gli stabilimenti industriali che si impiantino nei territori del Mezzogiorno e la relativa riduzione decennale dell’IRPEG e dell’ILOR per le imprese che si costituiscano in forma societaria nei territori medesimi, integrano benefici direttamente accordati dalla legge, non potendo tali iniziative imprenditoriali di per sé costituire alcun abuso del diritto, nemmeno nei confronti dei soggetti che intrattengono rapporti economici con l’impresa beneficiata, in quanto i detti risparmi fiscali – che competono indipendentemente da apposite istanze del contribuente – rappresentano la contropartita fissata dallo stesso legislatore ad incentivazione di tale costituzione e non una finalità antigiuridica.

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Cass. civ. n. 20029/2010

In materia tributaria, integra gli estremi del comportamento abusivo quell’operazione economica che, tenuto conto sia della volontà delle parti implicate, che del contesto fattuale e giuridico, ponga quale elemento predominante ed assorbente della transazione lo scopo di ottenere vantaggi fiscali, con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale ove quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta. La prova sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull’Amministrazione finanziaria, mentre grava sul contribuente l’onere di allegare la esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino operazioni in quel modo strutturate. (Fattispecie in cui l’Ufficio aveva contestato alla società contribuente di aver simulato la conclusione di contratti di soccida con diversi allevatori per eludere le limitazioni imposte dalla normativa comunitaria in tema di “quote latte” e la S.C., pur condividendo il rilievo della deviazione dallo schema tradizionale dalla soccida, quale contratto associativo agrario, non ha ritenuto configurabile l'”abuso del diritto” in quanto non era stato provato dall’ufficio il vantaggio fiscale che sarebbe derivato alla società accertata dalla manipolazione degli schemi contrattuali classici).

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Cass. civ. n. 20106/2009

Si ha abuso del diritto quando il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà furono attribuiti. Ricorrendo tali presupposti, è consentito al giudice di merito sindacare e dichiarare inefficaci gli atti compiuti in violazione del divieto di abuso del diritto, oppure condannare colui il quale ha abusato del proprio diritto al risarcimento del danno in favore della controparte contrattuale, a prescindere dall’esistenza di una specifica volontà di nuocere, senza che ciò costituisca una ingerenza nelle scelte economiche dell’individuo o dell’imprenditore, giacché ciò che è censurato in tal caso non è l’atto di autonomia negoziale, ma l’abuso di esso (in applicazione di tale principio, è stata cassata la decisione di merito la quale aveva ritenuto insindacabile la decisione del concedente di recedere ad nutum dal contratto di concessione di vendita, sul presupposto che tale diritto gli era espressamente riconosciuto dal contratto).

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Cass. civ. n. 28056/2008

Il principio di correttezza e buona fede – il quale, secondo la Relazione ministeriale al codice civile, «richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse del creditore» – deve essere inteso in senso oggettivo ed enuncia un dovere di solidarietà, fondato sull’art. 2 della Costituzione, che, operando come un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell’imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicché dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sé, un danno risarcibile. (Nella specie, è stata confermata la sentenza di merito che aveva condannato il Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR al pagamento, in favore di un proprio dipendente, della somma corrispondente agli interessi maturati sulle quote annualmente accantonate di trattamento di fine rapporto a causa degli investimenti delle stesse in buoni postali fruttiferi, effettuati tardivamente rispetto alle scadenze fissate da delibere della Giunta amministrativa dello stesso CNR). L’effetto della compensatio lucri cum damno che si riconnette al criterio di determinazione del risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1223 c.c., si verifica esclusivamente allorché il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento, quali suoi effetti contrapposti, e non quando il fatto generatore del pregiudizio patrimoniale subito dal creditore sia diverso da quello che invece gli abbia procurato un vantaggio. (Nella specie, è stata confermata la sentenza di merito che aveva escluso che il danno patito da un dipendente del Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR per il ritardato investimento in buoni postali fruttiferi di alcune delle quote annualmente accantonate del trattamento di fine rapporto potesse compensarsi con il guadagno ottenuto dal medesimo dipendente in ragione dell’anticipato investimento di analoghe quote relative ad altre annualità).

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Cass. civ. n. 23726/2007

Non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale.

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