Art. 63 – Codice di procedura penale – Dichiarazioni indizianti
1. Se davanti all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona non imputata ovvero una persona non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni [351, 362 c.p.p.] dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, l'autorità procedente ne interrompe l'esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore [96-97 c.p.p.]. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese [191 c.p.p.].
2. Se la persona doveva essere sentita sin dall'inizio in qualità di imputato [60 c.p.p.] o di persona sottoposta alle indagini [61 c.p.p.], le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate [191 c.p.p.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 3309/2018
In ipotesi di decreto penale di condanna emesso nei confronti di più soggetti per lo stesso reato, l'opposizione presentata soltanto da uno di essi comporta nei confronti degli altri, ai sensi dell'art. 463 cod. proc. pen., la sospensione della esecuzione del decreto sino all'irrevocabilità della pronuncia conseguente all'opposizione, intervenuta la quale, il decreto penale di condanna diviene definitivo anche per i non opponenti, salvi gli effetti estensivi nei loro confronti dell'eventuale sentenza di proscioglimento nei casi tassativamente enunciati dall'art. 464 cod. proc. pen. (Fattispecie in cui la S. C. ha ritenuto immune da vizi la decisione del giudice dell'esecuzione che aveva considerato definitivo il decreto penale di condanna per il non opponente, con conseguente impossibilità per lo stesso di avvalersi degli effetti favorevoli della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione con revoca dell'ordine di demolizione pronunciata nei confronti del coimputato opponente, non essendo tale ipotesi contemplata dall'art. 464 cit.).
Cass. civ. n. 12338/2018
Le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all'art. 63, comma 2, cod. proc. pen., che prevede l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria, in quanto il curatore non rientra tra dette categorie di soggetti e la sua attività non è riconducibile alla previsione di cui all'art. 220 disp. att. cod. proc. pen. che concerne le attività ispettive e di vigilanza. (In motivazione, la Corte ha chiarito che le relazioni del curatore costituiscono prova documentale qualsiasi sia il loro contenuto e legittimamente sono inserite nel fascicolo processuale).
Cass. civ. n. 10523/2018
Ai fini dell'ammissibilità della richiesta di revisione, possono costituire "prove nuove" ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., quelle che, pur incidendo su un tema già divenuto oggetto di indagine nel corso della cognizione ordinaria, siano fondate su nuove acquisizioni scientifiche e tecniche diverse e innovative, tali da fornire risultati non raggiungibili con le metodiche in precedenza disponibili.
Cass. civ. n. 10593/2018
La richiesta di revisione è ammissibile anche quando la sentenza di condanna sia stata emessa all'esito di giudizio abbreviato, senza che sussista alcuna preclusione in capo al condannato di allegare come "prove nuove", idonee ai sensi dell'art. 631, lett. c), cod. proc. pen., mezzi di prova che avrebbe già potuto indicare come integrazione probatoria nella richiesta di giudizio abbreviato.
Cass. civ. n. 43871/2018
Il contrasto di giudicati di cui all'art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., che legittima la revisione, attiene ai fatti storici presi in considerazione per la ricostruzione del fatto-reato e non alla valutazione dei fatti né all'interpretazione delle norme processuali in relazione all'utilizzabilità di una determinata fonte di prova (Fattispecie in cui l'istanza di revisione riguardava una sentenza di condanna basata su intercettazioni telefoniche ritenute inutilizzabili da una sentenza di assoluzione pronunciata nei confronti di coimputati per insussistenza del fatto).
Cass. civ. n. 13970/2018
In caso di abolitio criminis, il giudice ha l'obbligo di dichiarare l'estinzione del reato, senza poter effettuare alcun approfondimento del thema decidendum, né poter modificare la qualificazione giuridica del fatto. (Nella specie, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del Giudice di pace che, investito della cognizione sulla fattispecie di cui all'art. 635 cod. pen., nel testo previgente alla successiva abrogazione ad opera del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, ha dichiarato, ex art. 129, comma 1, cod. proc. pen., che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, pur in presenza della richiesta del pubblico ministero di riqualificare il fatto come "Deturpamento e imbrattamento di cose altrui" previsto dall'art. 639 cod. pen.).
Cass. civ. n. 10542/2017
In tema di patteggiamento, la sentenza con cui il giudice non dispone nè la confisca nè la restituzione del bene sottoposto a sequestro probatorio non può essere impugnata con ricorso per cassazione, dovendo, invece, l'interessato rivolgersi al giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art.263, comma sesto, cod.proc.pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che il ricorso per cassazione è ammissibile esclusivamente avverso l'ordinanza con la quale, ai sensi dell'art.667, comma quarto, cod. proc. pen., è rigettata l'opposizione al diniego di restituzione pronunciata dal giudice dell'esecuzione).
Cass. civ. n. 20936/2017
In tema di dichiarazioni indizianti rilasciate da persona che fin dall'inizio avrebbe dovuto essere sentita in qualità di indagato o imputato, l'inutilizzabilità prevista dall'art. 63 cod. proc. pen. è subordinata alla duplice condizione che il dichiarante sia raggiunto da chiari indizi di reità e che suddetti indizi attengano al medesimo reato ovvero al reato connesso o collegato attribuito al terzo. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto utilizzabili le dichiarazioni rese contro l'imputato del reato di estorsione da parte del soggetto passivo, a fronte della astratta possibilità che quest'ultimo, nel corso di una precedente audizione, avesse reso dichiarazioni non fedeli alla realtà dei fatti, evidenziando come rispetto al delitto da cui era offeso, il dichiarante si trovava comunque in una posizione di estraneità ed assumeva la veste di testimone).
Cass. civ. n. 18889/2017
La questione dell'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese senza le necessarie garanzie difensive da chi sin dall'inizio doveva essere sentito in qualità di imputato o indagato non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità se richiede valutazioni di fatto su cui è necessario il previo vaglio, in contraddittorio, da parte del giudice di merito.
Cass. civ. n. 26209/2017
Sono pienamente utilizzabili, in dibattimento, le dichiarazioni autoaccusatorie spontaneamente rese nell'immediatezza dei fatti dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, se l'atto che le include (nella specie, la comunicazione della notizia di reato) è stato acquisito al fascicolo per il dibattimento su accordo delle parti, senza che queste ultime abbiano formulato espresse limitazioni circa l'utilizzabilità di detto atto soltanto in relazione a specifici contenuti diversi dalle dichiarazioni stesse.
Cass. civ. n. 13930/2017
Ai fini dell'ammissibilità della richiesta di revisione, una diversa valutazione tecnico-scientifica di elementi fattuali già noti può costituire "prova nuova", ai sensi dell'art. 630, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., quando risulti fondata su nuove metodologie, più raffinate ed evolute idonee a cogliere dati obiettivi nuovi, sulla cui base vengano svolte differenti valutazioni tecniche. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da vizi l'ordinanza della Corte di appello che aveva ritenuto inammissibile l'istanza di revisione fondata su una perizia fonica, svolta in un procedimento diverso e parallelo, che aveva escluso la riferibilità di una conversazione al condannato, non avendo l'istante svolto alcuna deduzione in ordine alla novità del metodo osservato in perizia, nè in ordine alla capacità di quest'ultimo di divenire strumento di apprensione di dati nuovi, non ravvisando alcun elemento di novità del metodo tecnico osservato).
Cass. civ. n. 48344/2017
In tema di revisione richiesta ai sensi dell'art. 630, lett. a), cod. proc. pen. il giudice è tenuto a procedere ad una rivalutazione congiunta ed unitaria del materiale probatorio che ha dato luogo alla sentenza di condanna, raffrontandola con i dati fattuali incontrovertibilmente accertati risultanti dalla sentenza che si pone in conflitto e, in caso di conferma della sentenza impugnata, a dare conto, con motivazione rafforzata, delle ragioni per le quali, pur in presenza di fatti oggettivamente inconciliabili, ha ritenuto di dover ribadire la soluzione adottata dalla sentenza attinta dalla istanza di revisione.
Cass. civ. n. 8419/2017
In tema di revisione, il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all'art. 630, comma primo, lett. a), cod. proc. pen., deve essere inteso con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra i fatti storici stabiliti a fondamento delle diverse sentenze, non già alla contraddittorietà logica tra le valutazioni operate nelle due decisioni; ne consegue che gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono essere, a pena di inammissibilità, tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve esser prosciolto e, pertanto, non possono consistere nel mero rilievo di un contrasto di principio tra due sentenze che abbiano a fondamento gli stessi fatti. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso il contrasto di giudicati fra la sentenza di condanna emessa nei confronti di un imputato per il reato di falsità ideologica in atti di P.G. e quella di assoluzione del medesimo dal reato di concorso in falsa testimonianza, rilevando che le due decisioni avevano ad oggetto accertamenti di fatto diversi, fra i quali non era ravvisabile alcun nesso di inconciliabilità ontologica).
Cass. civ. n. 28628/2017
"Prova nuova", rilevante ai fini della revoca "ex tunc" della misura di prevenzione della confisca, ai sensi dell'art. 28, comma primo, lett. a) D.Lgs. 159 del 2011, è solo quella scoperta (anche se preesistente) dopo che la misura è divenuta definitiva, o quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, ma non anche quella deducibile, ma non dedotta, nell'ambito del suddetto procedimento.
Cass. civ. n. 17170/2017
In tema di revisione, rientra nella nozione di "prova nuova" la rilevazione della mancanza della condizione di procedibilità del reato per cui è stata emessa sentenza di condanna, in quanto, ai sensi e per gli effetti dell'art. 630, comma primo, lett. c), cod. proc. pen, devono considerarsi tali sia le prove preesistenti, non acquisite nel precedente giudizio, sia quelle già acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice.
Cass. civ. n. 28627/2017
La nullità della sentenza di condanna pronunciata dal tribunale ordinario nei confronti di un soggetto che, successivamente, è risultato essere minorenne all'epoca dei fatti, non è deducibile nella fase esecutiva, mentre la revisione è ammissibile solo in presenza di nuovi elementi idonei a comprovare che il condannato, al momento dei fatti, fosse un minore infraquattordicenne, perciò non imputabile.
Cass. civ. n. 21635/2017
La c.d. "revisione europea" introdotta dalla Corte Costituzionale con la sentenza additiva n. 113 del 2011, presuppone la necessità di conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte Edu, vincolante ai sensi dell'art. 46 della Convenzione: necessità che ricorre quando la sentenza sia stata resa sulla medesima vicenda oggetto del processo definito con sentenza passata in giudicato, oppure quando abbia natura di "sentenza pilota", riguardante situazione analoga verificatasi per disfunzioni strutturali o sistematiche all'interno del medesimo ordinamento giuridico, ovvero, ancora, quando abbia accertato una violazione di carattere generale, desumibile dal "dictum" della Corte Edu e ricorra una situazione corrispondente che implichi la riapertura del dibattimento.
Cass. civ. n. 39516/2017
In tema di revisione, la declaratoria di inammissibilità della richiesta per essere le "nuove prove" palesemente inidonee ad inficiare l'accertamento dei fatti posti alla base della sentenza di condanna, si sottrae a censure in sede di legittimità allorché sia fondata su una motivazione adeguata ed immune da vizi logici.
Cass. civ. n. 44925/2017
È inammissibile, per manifesta infondatezza, la richiesta di revisione fondata non sull'acquisizione di nuovi elementi di fatto, ma su una diversa valutazione di prove già conosciute ed esaminate nel giudizio, ovvero su prove che, sia pur formalmente nuove, sono inidonee "ictu oculi" a determinare un effetto demolitorio del giudicato.
Cass. civ. n. 16023/2016
Il decreto penale di condanna deve essere notificato al difensore di fiducia, nominato successivamente all'emissione del decreto, ma prima che questo venga inoltrato per le notificazioni ai destinatari indicati dall'art. 463, comma terzo, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 44704/2016
Il provvedimento con il quale il giudice, nel pronunciare sentenza di rigetto della richiesta di revisione, dispone, ai sensi dell'art.637, comma quarto, cod. proc. pen., la ripresa dell'esecuzione della pena, precedentemente sospesa ai sensi dell'art. 635 stesso codice, ha effetto immediato, indipendentemente dall'eventuale impugnazione della suddetta sentenza, in considerazione sia del principio generale dell'immediata eseguibilità dei provvedimenti in materia di libertà (art. 588, comma secondo, cod. proc. pen.), sia del fatto che tanto la sospensione quanto il ripristino dell'esecuzione costituiscono vicende interne ad un unico rapporto esecutivo, avente il suo titolo nella sentenza irrevocabile che ha formato oggetto della richiesta di revisione e non in quella che respinge tale richiesta.
Cass. civ. n. 24300/2015
Il divieto di utilizzazione nei confronti di terzi di dichiarazioni rese da persona che avrebbe dovuto essere sentito in qualità di indagato, non attiene alle dichiarazioni rese al giudice da soggetto che mai abbia assunto la qualità di imputato o di persona sottoposta ad indagini, considerato che, a differenza del P.M., il giudice non può attribuire ad alcuno, di propria iniziativa, la qualità di imputato o di persona sottoposta ad indagini, dovendo solo verificare che essa non sia già stata formalmente assunta, sussistendo in tal caso l'incompatibilità con l'ufficio di testimone; pertanto il riferimento alla posizione sostanziale del dichiarante non esaurisce la verifica dei presupposti di applicabilità dell'art. 63 c.p.p., verifica che si estende alla necessità della successiva formale instaurazione del procedimento a suo carico.
Cass. civ. n. 10676/2015
Nei procedimenti con pluralità di imputati, la competenza del giudice di appello a provvedere "in executivis" va affermata, in forza del principio dell'unitarietà dell'esecuzione, non solo rispetto a coloro per i quali la sentenza di primo grado è stata sostanzialmente riformata, ma anche rispetto a coloro nei cui confronti la decisione sia stata confermata, pure quando la riforma sostanziale consiste nel proscioglimento di una persona diversa dall'istante.
Cass. civ. n. 8358/2015
La nuova ipotesi di revisione, introdotta dalla Corte Costituzionale con la sentenza additiva n. 113 del 2011, presuppone che la decisione della Corte Edu cui sia necessario conformarsi sia stata emessa in un giudizio in cui il soggetto impugnante ex artt. 629 e ss. cod. proc. pen. abbia rivestito la qualità di parte, dovendo escludersi che gli effetti delle cosiddette "sentenze pilota" della Corte di Strasburgo si estendano al di là dei limiti soggettivi dello Stato parte in causa. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile l'istanza di revisione finalizzata ad ottenere la applicazione dei principi affermati dalla Corte Edu nei confronti di uno stato diverso da quello italiano).
Cass. civ. n. 5353/2015
È illegittima la decisione con cui il Gup rigetti, senza motivare sul punto, l'opposizione avverso il provvedimento di diniego di restituzione delle cose sequestrate, con cui l'interessato deduca la sopravvenuta inefficacia del sequestro, operato dalla polizia giudiziaria, in conseguenza della mancata convalida del P.M., in quanto l'opposizione a tal fine è ritualmente proposta ex art. 263, comma quinto, cod. proc. pen., non essendo, invece, ammissibile il riesame.
Cass. civ. n. 3885/2015
È utilizzabile, quale prova a carico dell'imputato, anche la testimonianza indiretta del curatore fallimentare sulle dichiarazioni accusatorie resegli da un coimputato non comparso al dibattimento, e trasfuse dallo stesso curatore nella relazione redatta ai sensi dell'art. 33 l. fall.. Nè sussiste, qualora l'imputato o il suo difensore non abbiano chiesto l'esame del predetto coimputato, la violazione dell'art. 526 cod. proc. pen., in quanto, in tal caso il dichiarante non si è per libera scelta volontariamente sottratto all'esame dell'imputato, stante la ratio dell'art. 526 cod. proc. pen. preordinata ad assicurare la piena esplicazione del principio del contraddittorio che, tuttavia, non ha carattere assoluto ma è rimesso alla discrezionalità della parte, la quale può scegliere liberamente le prove da introdurre e da escutere nel processo, con la conseguenza che non può dolersi della mancata assunzione o escussione di prove non richieste.
Cass. civ. n. 3207/2015
In materia di prove, le dichiarazioni rese da persona nei cui confronti siano emersi, nel corso di attività ispettiva, anche semplici dati indicativi di un fatto apprezzabile come reato sono inutilizzabili nel caso in cui esse siano state assunte in violazione delle norme poste dal codice di rito a garanzia del diritto di difesa. (Fattispecie relativa a dichiarazione resa ad ispettore di istituto previdenziale).
Cass. civ. n. 50333/2015
La confessione della propria compartecipazione al reato da parte di soggetto legittimamente sentito in origine come testimone o come persona informata sui fatti, impone la immediata interruzione dell'esame, con conseguente inutilizzabilità "erga omnes" delle dichiarazioni ad essa successive.
Cass. civ. n. 52965/2014
È inammissibile la richiesta di revisione di sentenza di condanna pronunciata all'esito di processo celebrato durante la vigenza di disciplina successivamente dichiarata incostituzionale anche sulla base del richiamo a principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in un caso solo genericamente assimilabile, in quanto il rimedio impugnatorio introdotto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 2011 presuppone l'accertamento effettivo della violazione dei contenuti dell'art. 6 della Convenzione EDU nel caso specifico oggetto dell'istanza o in un caso definibile come oggettivamente inficiato dal medesimo vizio. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l'ammissibilità della revisione di processo celebrato prima della sentenza della Corte costituzionale n. 143 del 2013, la quale ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 41 bis, comma secondo quater, lett. b), ultimo periodo, legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, in tema di limitazione dei colloqui tra detenuti sottoposti a regime differenziato e loro difensori).
Cass. civ. n. 47259/2014
Nel giudizio di revisione, il parere del pubblico ministero che sia stato, sia pure irritualmente, acquisito ai fini della valutazione sull'ammissibilità della richiesta e che abbia un contenuto argomentativo, deve essere comunicato alla parte richiedente, ma non é necessario che tale comunicazione contenga un invito espresso a interloquire rivolto all'interessato.