Art. 64 – Codice di procedura penale – Regole generali per l’interrogatorio
1. La persona sottoposta alle indagini, anche se in stato di custodia cautelare [284, 285, 286 c.p.p.] o se detenuta per altra causa, interviene libera all'interrogatorio [294, 375, 388, 391 c.p.p.], salve le cautele necessarie per prevenire il pericolo di fuga o di violenze [188, 474 c.p.p., 22 disp. att.].
2. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interrogata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti.
3. Prima che abbia inizio l'interrogatorio, la persona deve essere avvertita che:
a) le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti;
b) salvo quanto disposto dall'articolo 66, comma 1, ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguirà il suo corso;
c) se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l'ufficio di testimone, salve le incompatibilità previste dall'articolo 197 e le garanzie di cui all'articolo 197 bis .
3-bis. L'inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3, lettere a) e b), rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata. In mancanza dell'avvertimento di cui al comma 3, lettera c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la responsabilità di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata non potrà assumere, in ordine a detti fatti, l'ufficio di testimone.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23766/2021
Nel caso in cui un reato autonomamente contestato sia erroneamente ritenuto assorbito in una circostanza aggravante di altro reato contestato (nella specie il delitto di minaccia in quello di danneggiamento commesso con minaccia), in difetto di impugnazione deve ritenersi formato il giudicato sulla non punibilità per il reato ritenuto assorbito, con la conseguenza che il proscioglimento dal reato "complesso", impedisce la automatica sussistenza del reato assorbito, in applicazione del principio del divieto di "reformatio in peius". (In motivazione la Corte precisato che, diversamente, nell'ipotesi di assorbimento conseguente ad una progressione criminosa, che presuppone comunque l'accertamento del reato meno grave della "progressione criminosa", anche in difetto di impugnazione non si verifica la formazione del giudicato sulla non punibilità del reato assorbito). (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO ROMA, 20/09/2018).
Cass. civ. n. 28705/2021
Ai fini dell'applicabilità della causa di improcedibilità derivante dalla pendenza di altro giudizio per il medesimo fatto, pur dovendo il giudice rilevarla d'ufficio nell'ambito della propria competenza funzionale, la parte che eccepisce tale preclusione deve assolvere all'onere della allegazione, onde porre il giudice in condizione di verificare, anche attraverso l'acquisizione d'ufficio della pronuncia su cui si fonda l'eccezione, la sussistenza di tutte le condizioni atte a legittimarne l'accoglimento. (Annulla in parte con rinvio, CORTE APPELLO ROMA, 28/09/2020).
Cass. civ. n. 28048/2021
Il principio del "ne bis in idem" impedisce al giudice di procedere contro la stessa persona per il medesimo fatto su cui si è formato il giudicato, ma non di prendere in esame lo stesso fatto storico e di valutarlo in riferimento a diverso reato, dovendo la vicenda criminosa essere valutata alla luce di tutte le sue implicazioni penali. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO BOLOGNA, 12/03/2019).
Cass. civ. n. 31507/2021
Non sussiste violazione del "ne bis in idem" convenzionale nel caso di applicazione, per il medesimo fatto per il quale vi sia stata condanna a sanzione penale definitiva, di una sanzione formalmente amministrativa, della quale venga riconosciuta la natura sostanzialmente penale ai sensi dell'art. 4, Protocollo n. 7, CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, quando tra il procedimento amministrativo e quello penale sussista una connessione sostanziale e temporale tale che le due sanzioni siano parte di un unico sistema sanzionatorio e vengano salvaguardate le garanzie procedurali dirette ad assicurare la pienezza del contraddittorio. (Fattispecie in tema di abuso di informazioni privilegiate in cui la Corte, in motivazione, ha precisato che la connessione temporale deve essere riferita al momento di avvio dei procedimenti e di svolgimento degli stessi e non ai tempi di definizione, che possono anche non coincidere). (Rigetta, CORTE APPELLO MILANO, 15/01/2019).
Cass. civ. n. 30167/2021
In tema di misure di prevenzione, opera il principio di preclusione e non il divieto di "bis in idem" ove siano emessi più provvedimenti non definitivi dello stesso tipo nei confronti di una medesima persona e sulla base dei medesimi elementi, sicchè il provvedimento emesso successivamente non può essere eseguito, in quando il diritto di azione si è consumato con l'emissione di quello precedente. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO PALERMO, 30/10/2020).
Cass. civ. n. 3423/2020
In caso di annullamento parziale di una sentenza di condanna in relazione ad uno o più capi per i quali sia stata ravvisata la continuazione con quello, o con quelli, che, ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen., hanno acquistato autorità di cosa giudicata, la pena inflitta in relazione al capo, o ai capi, divenuti irrevocabili può essere posta in esecuzione solo a condizione che in esso sia stato irrevocabilmente individuato il reato più grave, anche in relazione alle circostanze, e la pena stessa presenti i caratteri della completezza, essendo insuscettibile di modifiche nel giudizio di rinvio, e della certezza, in quanto individuabile sulla base delle sentenze rese nel giudizio di cognizione e non attraverso ragionamenti ipotetici. (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO LECCE, 16/11/2019).
Cass. civ. n. 6189/2019
Il principio secondo cui la sentenza di condanna per la parte divenuta irrevocabile deve essere posta in esecuzione anche in caso di rinvio parziale disposto dalla Corte di cassazione per ipotesi di reato in continuazione con quelle non attinte dall'annullamento, ricollegabile alla regola della formazione progressiva del giudicato, trova applicazione solo se la pena minima da espiare sia stata indicata in modo specifico dalla sentenza di merito divenuta parzialmente irrevocabile, non essendo sufficiente che detta pena sia solo determinabile, anche mediante ragionamenti logici o normativi che conducono a risultati certi, ed il giudizio di rinvio non possa portare ad uno stravolgimento delle indicazioni di pena in esito ad una rivisitazione della struttura del reato continuato, con diversa qualificazione del reato più grave all'interno della sequela criminosa. (Conf. Sez. 1, n. 6190/2020). (Rigetta, CORTE APPELLO PALERMO, 09/01/2019).
Cass. civ. n. 36370/2019
In tema di impugnazione, la mancata deduzione di motivi sulla ritenuta responsabilità dell'imputato determina una preclusione su tale punto, ma non è idonea a far acquistare alla relativa statuizione l'autorità di cosa giudicata qualora per lo stesso capo d'imputazione siano stati articolati motivi di gravame sulla sussistenza di circostanze o sulla quantificazione della pena.(In motivazione la Corte ha precisato che la nozione di "capo di sentenza" va riferita ad ogni decisione emessa relativamente ad uno dei reati attribuiti all'imputato, mentre il concetto di "punto della decisione" ha una portata più ristretta, in quanto riguarda tutte le statuizioni suscettibili di autonoma considerazione necessarie per ottenere una decisione completa su un capo). (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO NAPOLI, 21/12/2017).
Cass. civ. n. 23700/2018
Sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 464-bis cod. proc. pen., riproposta ai sensi del comma 9 della medesima disposizione dopo che la precedente istanza avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna è stata dichiarata inammissibile dal giudice per le indagini preliminari, è competente a decidere il giudice del dibattimento.
Cass. civ. n. 21315/2018
In tema di prova testimoniale, le dichiarazioni rese dall'imputato a carico di altro imputato nel medesimo procedimento non devono essere precedute dall'avviso ex art. 64, comma 3, lett. c) cod. proc. pen., quando i reati per cui si procede nei confronti del primo non sono connessi ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., o probatoriamente collegati a norma dell'art. 371, comma 2, lett. b) cod. proc. pen. con i reati per cui si procede a carico del secondo.
Cass. civ. n. 847/2018
Ai fini della verifica della tempestività della domanda di riparazione per ingiusta detenzione, il giudice, nel caso in cui la richiesta sia presentata a mezzo del servizio postale, deve fare riferimento alla sua data di spedizione e non a quella della ricezione del plico postale.
Cass. civ. n. 19181/2018
In tema di procedimento per la riparazione per l'ingiusta detenzione, l'omessa notificazione della domanda, a cura della cancelleria, al competente ministero ai fini dell'art. 646, comma 2, cod. proc. pen. determina una nullità generale a regime intermedio a norma dell'art. 180 cod. proc. pen., rilevabile anche di ufficio, che deve essere eccepita prima della conclusione del procedimento in camera di consiglio, se la parte pubblica vi partecipi, ovvero, per la prima volta, mediante ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 49921/2018
In tema di contestazione in forma cosiddetta "aperta", la "identità del fatto", che rileva ai fini dell'operatività del principio del "ne bis in idem", non sussiste qualora, in relazione a periodi diversi, siano contestati all'imputato due diversi reati permanenti nell'ambito della stessa associazione. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la violazione di tale principio nel caso in cui, a fronte dell'accertamento di colpevolezza dell'imputato relativo alla partecipazione a un'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti fino a una certa data, gli si era contestato, in relazione a un periodo successivo, lo svolgimento della diversa condotta di organizzatore nell'ambito della medesima consorteria, che, pur se in continuità successoria con quella oggetto del precedente accertamento, aveva mutato, almeno in parte, compagine e luoghi di commissione dell'attività illecita).
Cass. civ. n. 21324/2017
Sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 464 bis cod. proc. pen., avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, è competente a decidere il giudice per le indagini preliminari e non il giudice del dibattimento.
Cass. civ. n. 53622/2017
Sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 464-bis cod. proc. pen., avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, è competente a decidere il giudice per le indagini preliminari e non il giudice del dibattimento, alla stessa stregua degli altri procedimenti speciali, tra i quali la disciplina della messa alla prova è inserita, con conseguente possibilità per l'interessato di eventualmente chiedere - in via subordinata ovvero in caso di rigetto della richiesta stessa - la definizione mediante riti alternativi rispetto ai quali non siano ancora maturate preclusioni. (In motivazione la Corte ha rilevato che l'attribuzione della competenza al giudice per le indagini preliminari è confermata dal tenore letterale dell'art. 464-sexies cod. proc. pen., la cui previsione intesa ad attribuire al "giudice" poteri istruttori urgenti "con le modalità stabilite per il dibattimento", non avrebbe senso se la competenza fosse sempre riservata al giudice dibattimentale).
Cass. civ. n. 36672/2017
L'istanza di sospensione del procedimento per messa alla prova è incompatibile con la richiesta di giudizio abbreviato, in quanto entrambe le istanze, rimesse alla libera volontà dell'imputato, sono soggette ai medesimi sbarramenti temporali, che, per la messa alla prova, sono indicati dall'art. 464-bis, comma 2, cod. proc. pen. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che il principio affermato trova applicazione anche qualora il giudice di appello abbia riqualificato il fatto in una diversa ipotesi di reato, non avendo questa circostanza l'effetto di "rimettere in termini" il ricorrente in ordine alla richiesta di sospensione del procedimento).
Cass. civ. n. 3315/2017
Ai fini della preclusione connessa al principio del "ne bis in idem", l'identità del fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona.
Cass. civ. n. 7387/2017
Ai fini della quantificazione della somma da attribuire a titolo di equa riparazione per l'ingiusta detenzione, non devono essere corrisposte le competenze economiche non erogate a causa della sospensione dal servizio, che siano state già riconosciute contrattualmente all'interessato, poiché altrimenti si determinerebbe una duplicazione della medesima voce di danno con conseguente indebito arricchimento per l'interessato.
Cass. civ. n. 55474/2017
La preclusione del "ne bis in idem" non opera ove tra i fatti già irrevocabilmente giudicati e quelli ancora da giudicare sia configurabile un'ipotesi di "concorso formale di reati", potendo in tal caso la stessa fattispecie essere riesaminata sotto il profilo di una diversa violazione di legge, fatta salva l'ipotesi in cui nel primo giudizio sia stata dichiarata l'insussistenza del fatto o la mancata commissione di esso da parte dell'imputato, poiché in questo caso l'evento giuridico considerato successivamente si pone in rapporto di inconciliabilità logica con il fatto già giudicato.
Cass. civ. n. 47041/2017
In tema di procedimento di esecuzione, l'omessa valutazione, da parte del giudice, di un elemento decisivo risultante dagli atti sottoposti al suo esame al momento della decisione non costituisce un "novum" suscettibile di determinare il superamento della preclusione derivante dal cd. giudicato esecutivo, ma un errore, di fatto o di diritto, cui deve porsi rimedio con l'impugnazione, in difetto della quale si configura un'ipotesi di acquiescenza alla decisione. (Fattispecie in tema di revoca di indulto).
Cass. civ. n. 31542/2017
In tema di "ne bis in idem", la parte che eccepisce l'improcedibilità dell'azione penale per precedente giudicato ha l'onere di fornire la prova della asserita identità del fatto, al fine di permettere al giudice di verificare la sussistenza delle condizioni necessarie per l'accoglimento dell'eccezione.
Cass. civ. n. 53913/2016
È inammissibile per carenza di interesse il ricorso presentato dall'imputato avverso il provvedimento di revoca del decreto penale di condanna adottato, al di fuori dell'ipotesi prevista dall'art. 460, comma quarto, cod. proc. pen., dallo stesso giudice che lo ha emesso a seguito di opposizione dell'imputato, qualora quest'ultimo, nella successiva fase dibattimentale, abbia rinunciato all'opposizione ed il giudice abbia dichiarato l'inammissibilità della stessa e l'esecutività del decreto penale opposto.
Cass. civ. n. 15785/2016
È legittima la domanda di oblazione proposta nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto penale di condanna, ancorché non contenuta nell'atto di opposizione, in quanto la contestualità di cui all'art. 464, comma secondo, cod. proc. pen. è da intendersi non come contestualità di contenuti dell'atto processuale, ma come contestualità temporale, riferita al termine di decadenza per la ammissibilità dell'opposizione alla condanna per decreto.
Cass. civ. n. 33216/2016
L'ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova non è immediatamente impugnabile, ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell'art. 586 cod. proc. pen., in quanto l'art. 464-quater, comma settimo, cod. proc. pen., nel prevedere il ricorso per cassazione, si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell'imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con la messa alla prova.
Cass. civ. n. 14750/2016
L'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, di cui all'art. 464 quater cod. proc. pen., non determina l'incompatibilità del giudice nel giudizio che prosegua con le forme ordinarie nei confronti di eventuali coimputati, trattandosi di decisione adottata nella medesima fase processuale che non implica una valutazione sul merito dell'accusa ma esclusivamente una delibazione sull'inesistenza di cause di proscioglimento immediato ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. nonché una verifica dell'idoneità del programma di trattamento e una prognosi favorevole di non recidiva; soltanto nell'ipotesi in cui l'ordinanza travalichi tali limiti è possibile sollecitare una verifica in concreto del requisito dell'imparzialità del giudice mediante gli istituti di cui agli artt. 36, comma primo, lett. h) e 37, comma primo lett. b) cod. proc. pen. (Rigetta, App. Bologna, 25/05/2015).
Cass. civ. n. 12955/2016
Il mutamento di giurisprudenza, intervenuto con decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, integra un nuovo elemento di diritto idoneo a legittimare la riproposizione, in sede esecutiva, della richiesta di rideterminazione della pena basata sui medesimi presupposti di fatto, in precedenza rigettata. (Fattispecie relativa alla richiesta di rimodulazione della pena inflitta per violazione dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 riguardante droghe leggere, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014). (Annulla con rinvio, G.i.p. Trib. Pesaro, 09/05/2015).
Cass. civ. n. 47233/2016
Il principio del "ne bis in idem" è applicabile anche nel procedimento di prevenzione, ma la preclusione del giudicato opera "rebus sic stantibus" e, pertanto, non impedisce la rivalutazione della pericolosità ai fini dell'applicazione della misura, precedentemente rigettata, a condizione che si acquisiscano nuovi elementi di fatto, che possono consistere in dati di conoscenza nuovi e sopravvenuti ovvero in risultanze preesistenti al giudicato, ma mai apprezzate nei provvedimenti già emessi. (In applicazione del principio la Corte ha escluso che possa considerarsi elemento nuovo un elaborato peritale contenente una diversa valutazione tecnico-scientifica di dati precedentemente acquisiti e valutati). (Annulla con rinvio, App. Palermo, 20/04/2015).
Cass. civ. n. 12664/2016
È violato il divieto di un secondo giudizio, di cui all'art. 649 cod. proc. pen., nel caso di pluralità di condanne per il delitto di evasione relative a fatti commessi nello stesso arco temporale in cui si è protratto l'allontanamento, in quanto si tratta di un reato istantaneo con effetti permanenti, che si consuma nel momento dell'allontanamento del soggetto agente dal luogo della detenzione, anche domiciliare, mentre l'effetto permanente cessa quando l'evaso torna nel luogo che non avrebbe dovuto lasciare, interrompendo in tal modo l'elusione del controllo da parte dell'autorità vigilante.
Cass. civ. n. 47766/2015
In tema di giudicato formale, dalla lettura coordinata degli artt. 648, comma secondo, e 591, comma secondo, cod. proc. pen. si desume che la presentazione di un impugnativa tardiva non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza, la quale, pertanto, deve essere necessariamente eseguita a cura del pubblico ministero, anche prima della pronuncia dichiarativa dell'inammissibilità dell'impugnazione.
Cass. civ. n. 22104/2015
Nel giudizio di impugnazione davanti alla Corte d'appello o alla Corte di cassazione, l'imputato non può chiedere la sospensione del procedimento con la messa alla prova di cui all'art. 168 bis c.p., né può altrimenti sollecitare l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito, perché il beneficio dell'estinzione del reato, connesso all'esito positivo della prova, presuppone lo svolgimento di un "iter" processuale alternativo alla celebrazione del giudizio. (In motivazione,la Corte ha evidenziato che la mancata applicazione della disciplina della sospensione del procedimento con messa alla prova nei giudizi di impugnazione pendenti alla data della sua entrata in vigore, stante l'assenza di disposizioni transitorie, non determina alcuna lesione del principio di retroattività della "lex mitior").