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Art. 568 — Regole generali

Art. 568 — Regole generali

1. La legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti a impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati .

2. Sono sempre soggetti a ricorso per cassazione [ 606 ], quando non sono altrimenti impugnabili, i provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze [Cost. 111 2], salvo quelle sulla competenza che possono dare luogo a un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma dell’articolo 28.

3. Il diritto di impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce. Se la legge non distingue tra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse .

4. Per proporre impugnazione è necessario avervi interesse.

4-bis. Il pubblico ministero propone impugnazione diretta a conseguire effetti favorevoli all’imputato solo con ricorso per cassazione.

5. L’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l’ha proposta. Se l’impugnazione è proposta a un giudice incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.

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Massime correlate

Cass. pen. n. 45560/2018

L’imputato che impugni la sentenza abnorme di proscioglimento dal reato per prescrizione [nella specie, erroneamente pronunciata dal giudice in sede di opposizione al decreto di condanna] deve dedurre un interesse concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento impugnato ed alla prosecuzione del processo, indicando gli atti dai quali esso può desumersi.

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Cass. pen. n. 14174/2018

Il pubblico ministero non è legittimato ad impugnare un provvedimento all’esclusivo fine di tutelare gli interessi civili della parte privata, né a surrogarsi all’eventuale inerzia di quest’ultima che rimanga acquiescente alla decisione a sé pregiudizievole, consentendo il formarsi del giudicato sul punto. [Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione del pubblico ministero con riferimento alla revoca delle statuizioni civili di condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile].

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Cass. pen. n. 11834/2018

Nel caso di sentenza di proscioglimento per morte del reo che disponga la confisca di beni di quest’ultimo, l’erede dell’imputato, estraneo al giudizio e, quindi, impossibilitato ad esperire qualunque mezzo di impugnazione avverso la decisione, è legittimato ad agire, mediante incidente di esecuzione, per ottenere la restituzione del bene, ma gli sono precluse valutazioni di merito in ordine al reato contestato.

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Cass. pen. n. 3784/2018

Sussiste l’interesse della parte civile ad impugnare la sentenza di non doversi procedere per particolare tenuità del fatto, pronunciata dal giudice di pace in assenza di attività istruttoria, in quanto il mancato accertamento del fatto, della sua rilevanza penale e della sua attribuibilità all’imputato comporta, ex art. 65-bis cod. proc. pen., che detta pronuncia non abbia efficacia di giudicato nel giudizio civile.

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Cass. pen. n. 30276/2017

È inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso la sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato per prescrizione, ove con esso si denunci l’erroneità del calcolo del tempo necessario al prodursi di tale vicenda, quando il termine di legge, come indicato nell’atto di impugnazione, è comunque spirato in data precedente a quella della decisione della Corte di cassazione.

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Cass. pen. n. 28600/2017

È inammissibile il ricorso per cassazione che tende soltanto al mutamento della qualificazione giuridica del fatto senza incidere sul contesto del dispositivo perché l’interesse alla proposizione della impugnazione deve essere concreto e rilevante, non potendosi lo stesso individuare nella pretesa di una formale applicazione della legge. [Fattispecie relativa a ricorso proposto dall’imputato esclusivamente per la riqualificazione giuridica del fatto nel reato di cui all’art. 495 cod. pen., anzichè in quello di cui all’art. 496 cod. pen., per il quale era stato condannato, peraltro punito meno gravemente del primo].

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Cass. pen. n. 25577/2017

Non è configurabile l’interesse del pubblico ministero ad impugnare la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 95 del d.P.R. n. 115 del 2002, che abbia omesso di dichiarare la falsità della certificazione sostitutiva di atto di notorietà, atteso che tale statuizione non avrebbe comunque rilevanza pratica, avendo l’atto falso esaurito ogni sua efficacia al momento della utilizzazione da parte dell’imputato al fine di ottenere l’ammissione al gratuito patrocinio.

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Cass. pen. n. 16535/2017

È inammissibile la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo che non sia stato ancora eseguito, in quanto, in tale situazione, non è ravvisabile un interesse concreto ed attuale a proporre impugnazione. [In motivazione la Corte ha precisato che, poiché tale mezzo di impugnazione è volto a rimuovere il vincolo reale e ad ottenere la restituzione della cosa sequestrata, deve escludersi la sussistenza dell’interesse ad impugnare allorchè tale strumento sia attivato al mero fine di ottenere una pronuncia di illegittimità di un provvedimento che non ha ancora inciso in alcun modo nella sfera patrimoniale del ricorrente].

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Cass. pen. n. 8825/2017

In tema di impugnazioni, il sindacato del giudice di appello sull’ammissibilità dei motivi proposti non può estendersi – a differenza di quanto accade nel giudizio di legittimità e nell’appello civile – alla valutazione della manifesta infondatezza dei motivi stessi.

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Cass. pen. n. 8763/2017

In tema di impugnazioni, il riconoscimento del diritto al gravame è subordinato alla presenza di un interesse immediato, concreto ed attuale a rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale di cui si contesta la correttezza e a conseguire un’utilità, ossia una decisione dalla quale derivi per il ricorrente un risultato più vantaggioso. [In applicazione del principio la Corte ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso del detenuto avverso il provvedimento adottato due anni prima di trattenimento della corrispondenza indirizzata ad una associazione di volontariato avente ad oggetto iniziative di protesta da assumere in occasione della giornata mondiale contro la tortura, che si celebrava in quel periodo].

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Cass. pen. n. 38086/2016

In tema di impugnazioni è inammissibile, per carenza dell’interesse di cui all’art. 568, comma quarto, cod. proc. pen., il ricorso del Pubblico Ministero avverso la sentenza di condanna che si limiti a denunciare la mancanza grafica della motivazione, senza indicare il concreto vantaggio pratico realizzabile con un nuovo gudizio di merito, a seguito dell’annullamento di una decisione che ha accolto la pretesa punitiva.

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Cass. pen. n. 15680/2015

E inammissibile, per difetto dell’interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di condanna a pena dell’ammenda condizionalmente sospesa “ex officio” e relativa a contravvenzione oblabile ex art. 162-bis cod. pen., nella parte in cui si decide della concessione di ufficio della sospensione condizionale della pena, in quanto l’art. 5, comma secondo, lett. d], d.P.R. 313 del 2002 – a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 287 del 2010, che ha eliminato la preclusione rappresentata dalla concessione dei benefici di cui agli artt. 163 e 175 cod. pen. – prevede l’eliminazione delle iscrizioni relative a tutti i provvedimenti giudiziari di condanna per contravvenzioni per le quali è stata inflitta la pena dell’ammenda, trascorsi dieci anni dal giorno in cui la pena è stata eseguita ovvero si è in altro modo estinta, senza più compiere alcun distinguo.

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Cass. pen. n. 11228/2015

È inammissibile, se carente di elementi indicativi del concreto interesse vantato, il ricorso per cassazione della parte civile avverso la sentenza della corte d’appello di nullità della sentenza di primo grado per diversità del fatto. [Fattispecie in cui la sentenza di primo grado annullata in appello aveva escluso la responsabilità dell’imputato].

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Cass. pen. n. 10173/2015

In tema di impugnazioni è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che risulti ab origine inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio. [Fattispecie, in cui la Corte ha rilevato la manifesta infondatezza della censura relativa alla mancanza di correlazione tra accusa e sentenza, devoluta con l’impugnazione e non esaminata dal giudice di appello].

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Cass. pen. n. 6692/2015

È inammissibile per carenza d’interesse il ricorso dell’imputato avverso la sentenza di assoluzione “perchè il fatto non costituisce reato”, al fine di ottenere la più ampia formula liberatoria “perchè il fatto non sussiste”, ove la sentenza impugnata sia affetta da una palese incoerenza della decisione assolutoria con la motivazione e, pur escludendo la prova dell’elemento oggettivo del reato, assolva ritenendo carente il profilo psicologico, perchè ciò esclude ogni pregiudizio per l’impugnante. [In motivazione la Corte ha precisato che, sebbene gli artt. 652 e 654 cod. proc. pen. attribuiscono efficacia vincolante nel giudizio civile o amministrativo alla sentenza penale, compete sempre al giudice civile il potere di accertare autonomamente con pienezza di cognizione i fatti dedotti in giudizio e di pervenire a soluzioni e qualificazioni non vincolate all’esito del processo penale].

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Cass. pen. n. 3867/2015

In tema di impugnazioni, qualora il giudice di appello abbia omesso di provvedere sulla richiesta di applicazione della continuazione, formulata con specifico motivo di impugnazione, sussiste l’interesse dell’imputato al ricorso per cassazione per la mancata pronuncia sul punto, non potendo il giudice di appello esimersi da tale compito, riservandone la soluzione al giudice dell’esecuzione.

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Cass. pen. n. 3214/2015

È inammissibile, per carenza di interesse, l’impugnazione dell’imputato volta ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante quando la stessa sia stata già ritenuta subvalente rispetto ad attenuanti. [Fattispecie in cui l’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p. era stata dichiarata subvalente rispetto alle attenuanti generiche e alla diminuente della minore gravità della violenza sessuale].

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Cass. pen. n. 3083/2015

Quando il Pubblico Ministero propone ricorso per cassazione, al fine di ottenere l’esatta applicazione della legge, sussiste l’interesse richiesto dall’art. 568, comma quarto, cod.proc.pen., solo se con l’impugnazione possa raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto ma anche praticamente favorevole; ne consegue che tale condizione non sussiste quando la vicenda oggetto della pronuncia sia ormai esaurita, a nulla rilevando l’affermazione in astratto di un principio di diritto da applicare nel futuro.[Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Pubblico Ministero per violazione di legge avverso il provvedimento di autorizzazione al sorvegliato speciale di allontanarsi dal luogo di soggiorno obbligato, del quale era intervenuta esecuzione, non contrastata da una specifica richiesta di sospensione, ai sensi dell’art. 666 comma settimo cod.proc.pen.].

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Cass. pen. n. 35429/2014

Sussiste l’interesse all’impugnazione dell’imputato che propone appello al fine di ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante anche quando con il provvedimento impugnato gli siano state concesse circostanze attenuanti con giudizio di prevalenza su tale aggravante, poichè costituisce suo diritto vedersi riconoscere colpevole di una condotta meno grave di quella contestatagli.

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Cass. pen. n. 4001/2014

Il principio generale posto dall’art. 568, comma quinto cod. proc. pen., che prevede la conversione “ope legis” dell’impugnazione proposta mediante un mezzo diverso da quello prescritto e la trasmissione di ufficio degli atti al giudice competente, si applica anche nel procedimento di prevenzione, per effetto del combinato disposto dell’art. 4, ultimo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, che fa richiamo alla disciplina relativa alle impugnazioni avverso l’applicazione delle misure di sicurezza, e dell’art. 680, comma terzo, cod. proc. pen., che, per queste ultime, rimanda alle “disposizioni generali sulle impugnazioni”. [Fattispecie in cui la Corte ha riqualificato come appello il ricorso per cassazione proposto contro un provvedimento del tribunale di rigetto di istanza afferente l’esecuzione di una misura di prevenzione personale].

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Cass. pen. n. 1557/2014

Non è abnorme l’ordinanza di archiviazione pronunciata sul presupposto erroneo dell’inesistenza della querela poiché si tratta di provvedimento che, seppure errato, costituisce esercizio di un legittimo potere, non determina una stasi processuale e produce conseguenze rimediabili attraverso la richiesta di riapertura delle indagini.

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Cass. pen. n. 41114/2013

In tema di sequestro preventivo, qualora la cosa sequestrata sia stata successivamente restituita a persona diversa da quella che ne aveva la disponibilità al momento dell’esecuzione del sequestro, l’originario possessore, legittimato alla proposizione del riesame, perde interesse all’impugnazione, non potendo conseguire, per effetto dell’eventuale accertamento di illegittimità della misura cautelare, il ripristino nella disponibilità del bene, mentre il distinto provvedimento di restituzione è autonomamente impugnabile con la forma dell’incidente di esecuzione. [Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la declaratoria di inammissibilità da parte del tribunale del riesame, investito a seguito di annullamento con rinvio del precedente decreto confermativo, essendo nelle more il bene stato restituito a soggetto diverso dall’istante].

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Cass. pen. n. 35722/2013

È inammissibile per difetto di interesse il ricorso proposto dal Pubblico Ministero avverso la sentenza di condanna priva di motivazione, in quanto nel nostro ordinamento non sussiste la possibilità di proporre impugnazioni che si risolvano in una mera pretesa teorica preordinata alla astratta osservanza della legge e alla correttezza giuridica della decisione, ma è, invece, sempre necessario che il ricorrente abbia un concreto interesse all’impugnazione, con la conseguenza che deve essere comunque dedotto un pregiudizio concreto e suscettibile di essere eliminato dalla riforma o dall’annullamento della decisione impugnata. [Nella specie il ricorrente P.M. si era limitato a dedurre la nullità della sentenza impugnata – contenente l’intestazione, le generalità degli imputati, le conclusioni delle parti e la fotocopia del dispositivo letto in udienza e depositato in cancelleria – per la mancanza grafica della motivazione].

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Cass. pen. n. 35444/2013

È inammissibile per carenza di interesse il ricorso per cassazione del P.M. con cui si contesta soltanto che la sentenza emessa nei confronti di un minorenne nel giudizio abbreviato instaurato a seguito di giudizio immediato sia stata pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare e non dal giudice delle indagini preliminari. [In motivazione, la Corte ha giustificato l’affermazione evidenziando come nessun risultato favorevole sarebbe derivato al P.M. dall’accoglimento del gravame, tenendo fra l’altro conto che l’organo che ha emesso la sentenza è quello che, per la sua composizione, è il più adatto a garantire le esigenze di tutela del minore].

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Cass. pen. n. 33782/2013

In tema di impugnazioni, allorchè un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonchè l’esistenza di una “voluntas impugnationis” e, quindi, trasmettere gli atti al giudice competente. [Nella specie, la Corte ha annullato il provvedimento con cui il tribunale delle misure di prevenzione, non ritenendo esperibile il rimedio della revocazione di cui all’art. 28 del d.l.vo n. 159 del 2011, aveva dichiarato inammissibile la richiesta, piuttosto che qualificare l’istanza come proposta ai sensi dell’art. 7 della l. n. 1423 del 1956].

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Cass. pen. n. 33007/2013

Il ricorso per cassazione avverso un provvedimento del giudice dell’esecuzione per il quale è prevista l’opposizione come mezzo di impugnazione non deve essere dichiarato inammissibile, ma convertito in opposizione ai sensi dell’art. 568, comma quinto, c.p.p.. [Fattispecie in tema di richiesta di declaratoria di estinzione del reato].

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Cass. pen. n. 23525/2013

La regola generale di non impugnabilità delle sentenze che possono dare luogo ad un conflitto di giurisdizione o di competenza vale anche ove il provvedimento che si vuole contestare sia adottato, con le forme dell’ordinanza, nel procedimento di esecuzione. [Fattispecie nella quale il giudice dell’esecuzione aveva dichiarato la propria incompetenza a decidere sulla richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena, disponendo la trasmissione degli atti ad altro giudice dell’esecuzione].

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Cass. pen. n. 20116/2013

È inammissibile, per difetto dell’interesse richiesto dall’art. 568, comma quarto, c.p.p., l’impugnazione proposta avverso la sola motivazione di un provvedimento del cui dispositivo, invece, si chiede la conferma. [Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza del tribunale del riesame la cui motivazione contrastava in parte con il dispositivo, osservando che la deliberazione cautelare ha efficacia meramente interinale].

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Cass. pen. n. 35599/2012

La parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell’imputato per improcedibilità dell’azione penale dovuta a difetto di querela, trattandosi di pronuncia penale meramente processuale priva di idoneità ad arrecare vantaggio al proponente ai fini dell’azione civilistica.

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Cass. pen. n. 25457/2012

In caso di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il fatto previsto dalla legge come reato, ma solo come illecito amministrativo, il giudice non ha l’obbligo di trasmettere gli atti all’autorità amministrativa competente a sanzionare l’illecito amministrativo qualora la legge di depenalizzazione non preveda norme transitorie analoghe a quelle di cui agli artt. 40 e 41 L. 24 novembre 1981, n. 689, la cui operatività è limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda gli altri casi di depenalizzazione.

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Cass. pen. n. 24357/2012

È inammissibile per carenza di interesse l’impugnazione del pubblico ministero [nella specie, il procuratore generale presso la Corte di appello], che, senza contestare la sussistenza dei presupposti per la concessione del perdono giudiziale, impugni con ricorso per cassazione la sentenza del giudice per l’udienza preliminare di non luogo a procedere applicativa del beneficio previsto dall’art. 32 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, qualora egli si sia limitato a dedurre la lesione del diritto di difesa dell’imputato minorenne rimasto contumace per non essere stato acquisito il suo consenso alla definizione del processo.

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Cass. pen. n. 7395/2012

Sussiste l’interesse del P.M. ad impugnare la pronuncia di concessione del perdono giudiziale al minore che, rimasto contumace, non abbia preventivamente manifestato il suo consenso all’applicazione del beneficio, nè abbia conferito procura speciale al difensore.

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Cass. pen. n. 6624/2012

Nel sistema processuale penale, la nozione di interesse ad impugnare non può essere basata sul concetto di soccombenza – a differenza delle impugnazioni civili che presuppongono un processo di tipo contenzioso, quindi una lite intesa come conflitto di interessi contrapposti – ma va piuttosto individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo.

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Cass. pen. n. 610/2012

È abnorme l’ordinanza con cui il Tribunale – previa declaratoria di nullità di atti concernenti taluni imputati – disponga, per motivi di opportunità connessi alla ritenuta inscindibilità delle posizioni di tutti gli imputati, la restituzione degli atti al P.M. anche per le posizioni soggettive non attinte dalle predette nullità, determinando così un’indebita regressione nel procedimento, non solo nei confronti di questi ultimi – in quanto contrastante con il principio di irretrattabilità dell’azione penale nonché con il principio logico che non consente di ripetere atti già validamente e utilmente compiuti – ma anche nei confronti delle posizioni concernenti le predette nullità trattandosi, nella specie, di attività procedimentali [quali il rinnovo di notifiche ecc.], spettanti al giudice del dibattimento.

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Cass. pen. n. 17108/2011

Il provvedimento che ammette la costituzione di parte civile è inoppugnabile e preclude ogni contestazione in ordine alla “legitimatio ad processum”, restando solo la possibilità di esaminare la “legitimatio ad causam” e, in particolare, la configurabilità e sussistenza del diritto sostanziale azionato dalla parte civile nel giudizio penale.

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Cass. pen. n. 10807/2010

Non è abnorme l’ordinanza con la quale il Tribunale, rilevata l’omessa notificazione al difensore del decreto che dispone il giudizio, disponga che la notificazione stessa sia eseguita dal Pubblico Ministero [La S.C. ha affermato che, nel caso di specie, non si è avuta alcuna dichiarazione di nullità del decreto che dispone il giudizio, né alcuna regressione del procedimento].

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Cass. pen. n. 9005/2010

Non è abnorme, e non è pertanto ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il G.i.p., investito della richiesta di archiviazione per un determinato reato, ravvisi nella fattispecie altri titoli di reato, invitando il P.M. a formulare la relativa imputazione.

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Cass. pen. n. 45498/2008

È inammissibile per carenza d’interesse l’impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento per l’improcedibilità dell’azione penale dovuta a difetto di querela, atteso che la stessa ha natura esclusivamente penale, non è modificabile in assenza di impugnazione del pubblico ministero, non contiene alcuna statuizione sull’azione civile e non può spiegare effetti pregiudizievoli nell’ambito dell’eventuale giudizio civile.

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Cass. pen. n. 38435/2008

È abnorme il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento, davanti al quale si sia instaurato giudizio ordinario a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, dichiari la nullità di quest’ultimo ed ordini la trasmissione degli atti al pubblico ministero.

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Cass. pen. n. 8333/2008

In tema di nullità, deve qualificarsi abnorme l’ordinanza con la quale un giudice onorario, dopo aver rilevato che il processo era stato originariamente assegnato ad un giudice togato, disponga la restituzione degli atti al P.M. previa declaratoria di nullità dell’attività dibattimentale compiuta ma senza rilevare alcuna nullità del decreto di citazione a giudizio, in quanto la restituzione all’ufficio del P.M. provoca un’indebita regressione del processo già pendente in fase dibattimentale.

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Cass. pen. n. 8080/2007

La sentenza n. 26 del 6 febbraio 2007 della Corte Cost. — con la quale è stata dichiarata l’illegittimità dell’art. 1 L. n. 46 del 2006, nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 c.p.p., escludeva che il pubblico ministero potesse proporre appello contro le sentenze di proscioglimento — ha effetto retroattivo e incide sui ricorsi proposti dal pubblico ministero, dopo la entrata in vigore della legge, contro le sentenze di proscioglimento emesse dal giudice di primo grado. Ne consegue che, se il ricorso è stato proposto con censure relative alla valutazione delle prove, esso non può essere deciso a norma dell’art. 569 c.p.p., bensì, qualificato come appello, dev’essere trasmesso alla Corte di appello per il giudizio.

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Cass. pen. n. 8270/2006

In tema di impugnazione di provvedimenti abnormi, vale anche per le ordinanze dibattimentali che determinano la regressione del procedimento, ove ritenute tali, il termine di quindici giorni previsto dall’art. 585 comma primo lett. a] c.p.p. [Fattispecie riguardante il ricorso per cassazione proposto avverso la ordinanza con la quale il giudice di pace aveva disposto la restituzione degli atti al P.M. avendo rilevato una nullità dell’atto di citazione. La Corte, oltre a reputare abnorme tale provvedimento, ha anche osservato che il termine per l’impugnazione decorre dalla lettura in udienza e che non rileva la presenza a tale incombente del solo ufficiale di polizia giudiziaria delegato alle funzioni di P.M., essendo il primo tenuto a dare al P.M. titolare la immediata comunicazione del provvedimento].

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Cass. pen. n. 1018/2006

È abnorme il provvedimento con cui il giudice di pace dispone la rinnovazione dell’atto di citazione per omessa specificazione della data del fatto, indicata con riferimento al termine finale della continuazione, da ritenersi, al contrario, sufficiente ad indicare compiutamente la fattispecie contestata [abbandono continuato di animali nel fondo altrui].

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Cass. pen. n. 45406/2005

È illegittima la decisione con cui il giudice di appello annulli la sentenza del giudice di pace per mancata indicazione nell’atto di citazione delle fonti di prova di cui si chieda l’ammissione [art. 20, comma secondo, D.L.vo n. 274 del 2000], disponendo contestualmente la trasmissione degli atti alla polizia giudiziaria per la rinnovazione dell’atto, considerato che tale omissione concerne esclusivamente il diritto al contraddittorio nel processo ritualmente instaurato e che, comunque, stante il disposto dell’art. 507 c.p.p. — applicabile anche che nel procedimento dinnanzi al giudice di pace per il rinvio contenuto nell’art. 2 del D.L.vo n. 274 del 2000 alle norme del codice di rito — il giudice, ove risulti assolutamente necessario, può disporre l’acquisizione di nuovi o non ritualmente proposti mezzi di prova.

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Cass. pen. n. 36084/2005

In tema di conversione del ricorso per cassazione in appello, il presupposto della conversione è costituito dalla pertinenza dei due mezzi di impugnazione alla «stessa sentenza», da intendersi come unica statuizione del giudice, della stessa natura e sul medesimo oggetto, rispetto alla quale si profili l’eventualità di decisioni incompatibili per il caso di celebrazione dei diversi giudizi di impugnazione. Non è pertanto applicabile la conversione quando ricorso ed appello siano proposti con riferimento ad una decisione unitaria solo dal punto di vista grafico, e perà riguardanti imputati diversi, per taluno dei quali sia stata applicata la pena, in esito al dibattimento e sul presupposto del carattere ingiustificato del dissenso del P.M. o del provvedimento di rigetto della richiesta, mentre per altri sia stata pronunciata condanna.

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Cass. pen. n. 31524/2004

La questione, posta nella fase di cognizione, circa la scadenza dei termini di durata massima della custodia in carcere [nella specie, dapprima in sede di appello cautelare e successivamente in cassazione] perde rilevanza quando diviene irrevocabile la sentenza di condanna a pena detentiva superiore al presofferto perché la definitività dell’accertamento del merito, aprendo la fase esecutiva del processo, esclude la possibilità della rimessione in libertà. Ne consegue che, qualora sia pendente impugnazione cautelare, dovendo persistere l’interesse alla sua definizione fino al momento della decisione, l’impugnazione stessa è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

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Cass. pen. n. 9235/2004

L’opposizione che, ai sensi dell’art. 16, comma sesto, del D.L.vo 25 luglio 1998 n. 286, l’interessato può proporre avverso il provvedimento di espulsione adottato dal magistrato di sorveglianza nei confronti dello straniero come misura alternativa alla detenzione, secondo quanto previsto dal precedente comma quinto dello stesso articolo, è soggetta alle regole generali vigenti in materia di impugnazioni e deve, in particolare, essere corredata, a pena di inammissibilità, dei prescritti motivi.

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Cass. pen. n. 7276/2004

La disposizione contenuta nell’art. 568 comma quinto c.p.p., che in caso di impugnazione proposta a un giudice incompetente consente a quest’ultimo la trasmissione diretta degli atti al giudice competente, trova applicazione esclusivamente nell’ambito del sistema interno della giurisdizione e della competenza penale e non può essere riferita anche al giudice civile dinanzi al quale sia stata proposta una richiesta attinente alla giurisdizione penale. [Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretto il provvedimento del giudice civile che aveva dichiarato la propria incompetenza a decidere sul ricorso proposto da un difensore contro il decreto di liquidazione emesso in un procedimento penale di esecuzione nei confronti di un imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato].

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Cass. pen. n. 48868/2003

È ammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento reso in tema di isolamento continuo dell’indagato detenuto ai sensi dell’art. 33 n. 3 della legge 26 luglio 1975 n. 354 [c.d. ordinamento penitenziario], trattandosi di provvedimento sulla libertà personale della quale determina una restrizione ulteriore rispetto allo stato detentivo in quanto tale. [Nella specie, il Gip, richiesto di revoca dell’isolamento, aveva declinato la propria competenza in favore del P.M., trasmettendogli gli atti sul rilievo che spettasse all’organo inquirente ogni determinazione sulla necessità di protrazione della misura].

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Cass. pen. n. 18079/2003

L’atto abnorme è impugnabile con ricorso per cassazione indipendentemente dall’osservanza dei relativi termini.

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Cass. pen. n. 40575/2002

La regola stabilita dall’art. 568, comma 5, c.p.p., secondo la quale l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione datane dalla parte, trova applicazione anche con riferimento al ricorso per cassazione proposto per saltum per manifesta illogicità della motivazione, sempre che la decisione impugnata rientri tra quelle oggettivamente appellabili.

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Cass. pen. n. 35240/2002

La regola stabilita dall’art. 568, comma 5, c.p.p., secondo la quale l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione datane dalla parte, trova applicazione anche con riferimento al ricorso per cassazione avverso decisione della Corte suprema impropriamente proposto in via ordinaria, il quale va, pertanto, qualificato come ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625 bis stesso codice e deciso.

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Cass. pen. n. 30326/2002

La qualificazione del ricorso per cassazione come appello e la conseguente trasmissione degli atti, a norma dell’art. 568, comma 5, c.p.p., al giudice competente non è impedita dalla sopravvenienza della remissione di querela e della relativa accettazione.
Se un provvedimento giurisdizionale è impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso dal tipo [unico] legislativamente prescritto e/o proposto dinanzi a giudice incompetente, il giudice adito — prescindendo da qualsiasi indagine valutativa in ordine alla indicazione di parte, se frutto, cioè, di errore-ostativo o di scelta deliberata — deve limitarsi semplicemente, a norma della regula iuris dettata dall’art. 568, comma 5, c.p.p., a prendere atto della voluntas impugnationis [elemento minimo questo che dà esistenza giuridica all’atto e lascia impregiudicata la sua validità] e a trasmettere gli atti al giudice competente. Tale fenomeno è dommaticamente inquadrabile nella categoria dell’esatta qualificazione giuridica dell’atto, ed il potere di procedere a tale qualificazione e di accertare l’esistenza dei requisiti di validità dell’atto è riservato in via esclusiva al giudice competente a conoscere, secondo la previsione del sistema delineato dal codice, sia dell’ammissibilità che della fondatezza dell’impugnazione.

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Cass. pen. n. 24705/2001

Deve considerarsi abnorme, perché si colloca del tutto al di fuori dell’ordinamento e determina una stasi processuale non altrimenti rimuovibile se non con l’impugnazione ed il conseguente annullamento, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari rigetta la richiesta di decreto penale di condanna per non essere stata preceduta dall’avviso all’imputato di chiusura delle indagini a norma dell’art. 415 bis c.p.p., giacché tale ultimo adempimento è previsto solo per la richiesta di decreto di citazione a giudizio o per il decreto di citazione a giudizio e, pertanto, la restituzione degli atti al pubblico ministero costituisce una illegittima regressione del procedimento.

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Cass. pen. n. 24081/2001

Dev’essere dichiarato inammissibile il ricorso avanti la Corte di cassazione presentato dalla parte civile avverso la sentenza con cui la corte di appello dichiara la nullità della sentenza di primo grado e individua il diverso giudice competente, atteso che tale decisione non rientra fra quelle per le quali l’art. 576 c.p.p. consente alla parte civile di proporre impugnazione, e che anche in simile ipotesi opera il principio generale, fissato dall’art. 568, comma 3, c.p.p., secondo cui il diritto di impugnazione spetta soltanto alla persona cui la legge espressamente lo conferisce.

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Cass. pen. n. 19128/2001

Deve considerarsi abnorme, perché si colloca del tutto al di fuori dell’ordinamento e determina una stasi processuale non altrimenti rimuovibile se non con l’impugnazione ed il conseguente annullamento, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari – dopo la dichiarazione di nullità del decreto di citazione da parte del giudice del dibattimento – dichiari irricevibile la richiesta del pubblico ministero di archiviazione o di sentenza di estinzione del reato per prescrizione, giacché in tal caso la dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato e grado in cui era stata compiuto l’atto nullo. [In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto che spetta al pubblico ministero valutare se persistano ancora le condizioni richieste per l’esercizio dell’azione penale ovvero per formulare richiesta di archiviazione o di sentenza di non luogo a procedere].

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Cass. pen. n. 17760/2001

La omissione dell’invito a rendere l’interrogatorio di garanzia prima della emissione del decreto a giudizio, in quanto concernente una facoltà di intervento dell’imputato, rientra tra le nullità a regime intermedio, la cui rilevabilità o deducibilità è prescritta fino alla deliberazione della sentenza di primo grado. [In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso proposto da imputato contumace nel giudizio di primo grado e che tale doglianza aveva proposto solo con l’atto di appello].

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Cass. pen. n. 6584/2000

Poiché il principio di tassatività delle impugnazioni ha valenza non solo oggettiva, ma anche soggettiva, legittimato a proporre il ricorso previsto dall’art. 6, comma 4, della L. 30 luglio 1990 n. 217 avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio è soltanto l’interessato e non anche il difensore.

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Cass. pen. n. 6581/1999

Sussiste l’interesse processuale della parte civile ad impugnare la decisione con la quale l’imputato è stato prosciolto con la formula perché il fatto non costituisce reato, anche quando questa manca di inefficacia preclusiva; ciò al fine di ottenere l’affermazione della responsabilità per il fatto illecito. Infatti chi intraprende il giudizio civile dopo avere già ottenuto in sede penale il riconoscimento della responsabilità per fatto illecito della sua controparte si giova di tale posizione.

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Cass. pen. n. 1173/1999

Stante il principio della unicità del diritto di impugnazione, la valida proposizione di impugnazione da parte del difensore dell’imputato contumace produce l’effetto di consumare il diritto dell’imputato a proporre gravame, a nulla rilevando in contrario l’eventuale invalidità della notifica dell’estratto contumaciale.

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Cass. pen. n. 2846/1999

L’istituto della conversione della impugnazione previsto dall’art. 568, comma 5, c.p.p., ispirato al principio di conservazione degli atti, determina unicamente l’automatico trasferimento del procedimento dinanzi al giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme processuali e non comporta una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato. Pertanto, l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta. [Fattispecie nella quale l’impugnazione proposta avverso sentenza inappellabile era stata qualificata come ricorso, a sua volta dichiarato inammissibile perché proposto da difensore non iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione].

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Cass. pen. n. 233/1999

In tema di interesse alla impugnazione, la sopravvenuta estinzione di una misura interdittiva nel corso del procedimento di gravame comporta il venir meno dell’interesse alla decisione sul gravame stesso, in quanto tale interesse, da qualificare ai sensi dell’art. 568, comma 4, c.p.p. solo come collegato agli effetti primari e diretti del provvedimento, una volta venuta meno la misura, può derivare solo dalla perdurante lesione di un diritto soggettivo, quale quello al conseguimento alla riparazione per ingiusta detenzione, ma non dalla incidenza su situazioni di mero interesse, tutelabili nella sede propria. [Fattispecie in tema di sospensione dall’esercizio dell’attività professionale di medico].

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Cass. pen. n. 1419/1998

L’art. 568 comma 5 c.p.p. è finalizzato alla salvezza e non alla modifica della volontà reale dell’interessato, sicché al giudice non è consentito sostituire il mezzo di impugnazione effettivamente voluto e propriamente denominato [ma inammissibilmente proposto dalla parte] con quello, diverso, che sarebbe stato astrattamente ammissibile.

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Cass. pen. n. 2158/1998

Sebbene all’indagato sia in linea di principio da riconoscere la legittimazione a impugnare, con la richiesta di riesame o con il ricorso diretto per cassazione, il provvedimento di sequestro preventivo indipendentemente dalla formale titolarità del bene sottoposto a sequestro, tuttavia, per l’ammissibilità del gravame, deve sussistere l’interesse alla impugnazione, come previsto in via generale dall’art. 568, comma quarto, c.p.p. Occorre cioè che il provvedimento del giudice sia idoneo a produrre una lesione della sfera giuridica dell’impugnante e che la eliminazione o la riforma della decisione gravata renda possibile il conseguimento di un risultato a lui giuridicamente favorevole. [Fattispecie nella quale è stato ritenuto non sussistere l’interesse alla impugnazione in un caso in cui il ricorrente, indagato per concorso nel reato edilizio, essendo solo architetto-progettista dell’opera abusiva, non poteva vantare sulla medesima un diritto di proprietà o altro diritto in forza del quale, ove il vincolo cautelare fosse stato rimosso, avrebbe potuto aspirare alla restituzione della cosa sequestrata].

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Cass. pen. n. 3677/1998

La disposizione dell’art. 568, comma quinto, c.p.p., statuendo che l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione ad essa data dalla parte che l’ha proposta, esclude solo che l’erroneo nomen juris possa pregiudicare l’ammissibilità di quel mezzo di impugnazione del quale l’interessato, ad onta dell’inesatta «etichetta», abbia inteso avvalersi, ma non può consentire che il giudice, modificando la reale volontà dell’interessato, sostituisca il mezzo di impugnazione voluto e inammissibilmente proposto dalla parte con quello che sarebbe astrattamente ammissibile, e però diverso da quello che la parte ha inteso in concreto proporre, dando ad esso consapevolmente la denominazione sua propria. Ed invero, l’impugnazione va dichiarata inammissibile tutte le volte che non sia riscontrabile erroneità alcuna nella denominazione attribuita dalla parte, e risulti inequivocabilmente dal contenuto dell’atto, che la parte abbia voluto utilizzare proprio lo strumento non predisposto dall’ordinamento, perché in quel caso non si tratta di inesatta qualificazione formale, suscettibile di rettifica ope judicis, ma di un’infondata pretesa da sanzionare con l’inammissibilità. [Fattispecie in cui era stato proposto ricorso per cassazione ex art. 311 c.p.p. avverso provvedimento del Gip di reiezione di istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare].

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Cass. pen. n. 402/1998

In base al principio sancito dall’art. 568, comma 2, c.p.p., in virtù del quale, quando le sentenze non siano altrimenti impugnabili sono soggette a ricorso per cassazione, è ammissibile tale ricorso avverso la sentenza del Gip il quale, disattendendo la richiesta di rinvio a giudizio del P.M., abbia pronunciato sentenza de plano di non luogo a procedere, in applicazione dell’art. 129 c.p.p., anziché al termine dell’udienza preliminare.

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Cass. pen. n. 774/1996

Il pubblico ministero è legittimato a proporre ricorso avverso il provvedimento di mancata convalida dell’arresto, sia per far valere l’illegittimità della situazione derivante dall’ordinanza che incide sulla libertà personale dell’indagato, sia per evitare che, in tema di fungibilità della detenzione, possa costituirsi, per eventuali reati precedentemente commessi, un’illegittima riserva di pena conseguente alla privazione della libertà personale senza titolo.

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Cass. pen. n. 2790/1995

La richiesta di restituzione dei beni sottoposti a sequestro conservativo, non essendo prevista dalle norme vigenti, va qualificata come impugnazione del provvedimento applicativo della misura cautelare, ai sensi dell’art. 568, comma 5 c.p.p.

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Cass. pen. n. 9910/1995

In tema di giudizio abbreviato, quando il pubblico ministero può proporre appello per alcuni capi e ricorso per cassazione per altri capi della sentenza, si impone la proposizione del primo mezzo di gravame anche in relazione ai capi suscettibili di ricorso. [Fattispecie nella quale è stato ritenuto che correttamente il pubblico ministero avesse appellato la decisione sia per il proscioglimento da taluni reati, sia per il mancato aumento di pena dovuto alla recidiva contestata per il reato in ordine al quale era stata pronunciata condanna].

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Cass. pen. n. 7209/1995

La circostanza che il reato risulti prescritto all’atto della pronuncia del giudice di legittimità non esclude – qualora si accerti che l’impugnazione esperibile non era il ricorso per cassazione, ma l’appello – l’applicabilità della norma del comma 5 dell’art. 568 c.p.p., restando così rimessa al giudice di merito competente la valutazione dell’eventuale sussistenza di taluna delle ipotesi, prevalenti sull’estinzione del reato, previsto dall’art. 129 stesso codice.

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Cass. pen. n. 4745/1994

La circostanza che sia inammissibile il ricorso per cassazione avverso provvedimento del pubblico ministero emesso in sede esecutiva non può comportare che esso venga qualificato come incidente d’esecuzione, con trasmissione degli atti al giudice dell’esecuzione competente, a norma dell’art. 568, comma quinto, c.p.p., giacché tale regola presuppone che ci si trovi comunque in presenza di un atto qualificabile come impugnazione, mentre l’incidente di esecuzione non ha natura di impugnazione, essendo proponibile senza preclusioni e senza limiti di tempo, alla sola condizione dell’esistenza di un interesse giuridicamente tutelabile legato all’esecuzione di un provvedimento giurisdizionale e irrevocabile, laddove le impugnazioni sono dirette, salvo il caso della revisione, contro provvedimenti, comunque giurisdizionali, non irrevocabili e vanno esperite nei casi e con i mezzi tassativamente previsti dalla legge, con l’osservanza di modalità e termini ben precisi.

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Cass. pen. n. 11186/1994

Il principio della conservazione del mezzo di impugnazione impropriamente proposto può operare soltanto quando abbia tutti i requisiti sostanziali e formali del mezzo che si sarebbe dovuto correttamente proporre. Ne consegue che qualora avverso sentenza di condanna a pena dell’ammenda venga proposto appello con l’esclusiva deduzione di censure di merito, il ricorso per cassazione che si sarebbe dovuto ritualmente proporre in suo luogo va dichiarato inammissibile.

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Cass. pen. n. 9960/1994

Il principio introdotto dall’art. 568 comma quinto c.p.p. secondo il quale la qualificazione data dalla parte all’impugnazione e l’errata individuazione del giudice competente a deciderla non rende la stessa inammissibile, non consente tuttavia di derogare alle norme che formalmente e sostanzialmente regolano i diversi tipi di impugnazione. Poiché l’art. 613 comma primo c.p.p. prevede che il ricorso per cassazione debba essere, se non proposto direttamente dalla parte, sottoscritto da un difensore iscritto all’albo speciale della Corte di cassazione, tale condizione dovrà essere soddisfatta anche nel caso che il ricorso sia stato erroneamente qualificato quale appello, in caso diverso, senza alcun giustificato motivo, verrebbero elusi in favore di chi abbia erroneamente qualificato il ricorso, obblighi sanzionati per chi abbia proposto l’esatto mezzo di impugnazione.

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Cass. pen. n. 4881/1994

Il fatto che il diritto di impugnazione sia attribuito dalla legge a più soggetti [alle parti ed ai rispettivi difensori] comporta che ciascuno di tali soggetti [ed anche ciascun difensore, quando l’interessato ne abbia nominato più di uno] può promuovere il giudizio di appello o quello di cassazione, ma non che possano aver luogo più giudizi di appello o più giudizi di cassazione. Ne consegue che, una volta promosso e instaurato un giudizio di impugnazione, ogni difesa deve essere svolta in quel giudizio, in cui devono essere dedotti tutti gli eventuali motivi di gravame, compresi quelli inerenti a nullità per violazione di norme processuali. [Alla stregua di tale principio la Corte ha confermato la dichiarazione di inammissibilità del gravame, con il quale un difensore deduceva una nullità per non aver ricevuto avviso dell’udienza, proposto dopo che il giudice di appello si era già pronunciato sull’impugnazione presentata avverso il medesimo provvedimento da altro difensore].

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Cass. pen. n. 6203/1993

Nel caso in cui il Gip, richiesto dell’emissione di decreto penale di condanna, proceda invece al proscioglimento dell’imputato ex artt. 129 e 459, comma 3, c.p.p., l’unica impugnazione esperibile avverso la relativa sentenza è il ricorso per cassazione, ai sensi del disposto del comma 2 dell’art. 568 stesso codice.

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Cass. pen. n. 867/1993

Il principio generale dell’art. 568 u.c. nuovo codice di rito, secondo cui in mancanza di sicuri elementi contrari, si deve presumere che la parte abbia inteso utilizzare il mezzo di impugnazione predisposto dalla legge, si applica anche in caso di rimedi non omogenei. [Nella fattispecie, in applicazione del predetto principio, la Corte ha annullato l’ordinanza del giudice di merito con la quale anziché «convertire» l’incidente di esecuzione — il cui giudizio si era svolto ai sensi dell’art. 260 D.L.vo 271/89, secondo le norme del nuovo codice di rito — nel ricorso per cassazione disponendo la trasmissione degli atti a questa Corte per il relativo giudizio, aveva rigettato l’istanza ex art. 665 c.p.p.].

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Cass. pen. n. 4513/1993

Proposta impugnazione [peraltro in termini generici e priva di qualificazione] avverso sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice di appello investito di essa non può dichiararla inammissibile, ma, qualificatala come ricorso, deve trasmetterla alla Corte di cassazione. [Nella specie, la Suprema Corte, adita su ricorso avverso l’irrituale pronuncia, ha annullato senza rinvio la sentenza di appello che irritualmente aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione, contestualmente dichiarando l’inammissibilità del ricorso per genericità].

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Cass. pen. n. 1566/1992

Qualora contro una medesima sentenza siano stati presentati più gravami, uno dei quali comporti la conversione degli altri in appello, un’impugnazione avverso la detta sentenza proposta come appello, ma correttamente qualificabile ricorso per cassazione dal giudice, a norma dell’art. 568, comma quinto, c.p.p., si converte nuovamente, in applicazione del disposto dell’art. 580 c.p.p., proprio nello stesso gravame [appello], erroneamente indicato dal proponente.

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Cass. pen. n. 3218/1991

L’ordinanza che eleva un conflitto di competenza, a prescindere dalla sua ammissibilità, non può assolutamente ritenersi emessa in contrasto con il sistema e, dunque, non può concretizzare l’ipotesi del provvedimento abnorme; al contrario deve ritenersi abnorme il diniego di investire la Corte di cassazione della denuncia di elevazione di un siffatto conflitto. [Fattispecie in cui il G.I.P. presso la pretura aveva elevato conflitto nei confronti del procuratore generale che a sua volta aveva proposto ricorso per cassazione].

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