Art. 14 – Codice di procedura penale – Limiti alla connessione nel caso di reati commessi da minorenni
1. La connessione non opera fra procedimenti relativi a imputati [60-61 c.p.p.] che al momento del fatto erano minorenni e procedimenti relativi a imputati maggiorenni.
2. La connessione non opera, altresì, fra procedimenti per reati commessi quando l'imputato era minorenne e procedimenti per reati commessi quando era maggiorenne.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 34999/2024
Il giudice che pronuncia sulla richiesta di oblazione non può ritenere la continuazione tra reati, nel caso in cui questa non sia contestata nell'editto accusatorio. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'applicazione della continuazione, comportando la valutazione dei fatti-reato e la loro riconduzione ad un'unica azione o ad un unico disegno criminoso, postula che il procedimento penale sia portato a compimento e pervenga a un giudizio di responsabilità dell'imputato, che difetta nel caso in cui questo sia definito con oblazione, che incide a monte sui fatti-reato, determinandone l'estinzione e, quindi, l'improcedibilità dell'azione penale).
Cass. civ. n. 22988/2024
In tema di guida in stato di ebbrezza, l'accertamento del tasso alcolemico, effettuato sul prelievo ematico già eseguito dalla struttura ospedaliera, è valido e utilizzabile, se l'avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia, di cui agli artt. 356 cod. proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen., è stato formalizzato prima dello svolgimento delle analisi del sangue, anche se dopo la materiale effettuazione del prelievo, dovendosi considerare atto irripetibile il risultato dell'accertamento e non il prelievo in sé.
Cass. civ. n. 1527/2024
La sopravvenuta assenza per legittimo impedimento dell'imputato alla ripresa del collegamento in videoconferenza, precedentemente interrotto, che non consenta allo stesso di assistere alla lettura del dispositivo, non determina la nullità della sentenza, in quanto la lettura del dispositivo è un'attività processuale che accede alla medesima udienza, la quale prosegue senza soluzione di continuità tra la conclusione della discussione e tale adempimento. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che, in ogni caso, la violazione delle norme sulla pubblicazione della sentenza non è assistita dalla previsione di sanzioni processuali).
Cass. civ. n. 43636/2023
disp. att. cod. proc. pen. - Sussistenza di elementi idonei a far dubitare della volontà di rimettere la querela - Onere del giudice di verificare l'effettiva volontà di remissione - Sussistenza - Fattispecie. In tema di remissione tacita della querela, anche a seguito dell'introduzione della lett. d-bis), comma 3, dell'art. 142 disp. att. cod. proc. pen. ad opera dell'art. 41, comma 1, lett. t), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in forza della quale l'atto di citazione deve contenere l'avvertimento che la mancata comparizione senza giustificato motivo del querelante all'udienza in cui è citato a comparire come testimone integra remissione tacita di querela nei casi in cui essa è consentita, il giudice non è esonerato dal compito di verificare l'effettiva volontà del querelante di rimettere la querela qualora nel procedimento si riscontrino elementi idonei a far dubitare della sussistenza di siffatta volontà. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza del Giudice di pace che aveva dichiarato non doversi procedere per sopravvenuta remissione tacita della querela da parte della persona offesa senza tenere conto della sua costituzione di parte civile).
Cass. civ. n. 7340/2023
In tema di disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da COVID-19, è legittima, nel giudizio cartolare d'appello, la richiesta di partecipazione all'udienza formulata dall'imputato detenuto personalmente e non per il tramite del difensore, non essendo sanzionata con l'inammissibilità o con l'irricevibilità la difformità dal modello legale di cui all'art. 23-bis, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, in legge 18 dicembre 2020, n. 176, sicché il mancato accoglimento della richiesta determina la nullità dell'udienza e della conseguente sentenza per violazione del diritto alla partecipazione, quale garanzia del giusto processo ex artt. 111 Cost. e 6, comma 3, lett. c), d) ed e), Convenzione EDU.
Cass. civ. n. 15773/2018
Non deve essere tradotta nella lingua conosciuta dall'indagato alloglotta né la procura speciale, né l'istanza redatta dal procuratore speciale contenente le condizioni per l'accordo ex art. 444 cod. proc. pen., in quanto l'obbligo di traduzione previsto dall'art. 143 cod. proc. pen. è riferito agli atti compiuti nel processo da parte del p.m. e dal giudice.
Cass. civ. n. 47534/2018
La mancata traduzione della sentenza in una lingua nota all'imputato alloglotta non integra la nullità prevista dll'art. 178, comma primo, lett. c) cod. proc. pen. - sotto il profilo della lesione recata alla effettiva partecipazione al giudizio e alla completa esplicazione del diritto di difesa - qualora sia stata proposta tempestiva impugnazione da parte del difensore e non siano stati allegati elementi specifici in ordine al pregiudizio derivante dalla omessa traduzione.
Cass. civ. n. 48911/2018
Nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni,notificazioni ed istanze mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata. (Fattispecie relativa ad istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata a mezzo PEC dall'imputata poiché detenuta agli arresti domiciliari).
Cass. civ. n. 45384/2018
In tema di notificazione al difensore mediante invio dell'atto tramite posta elettronica certificata, deve considerarsi regolarmente perfezionata la comunicazione o la notificazione mediante deposito in cancelleria, ai sensi dell'art. 16, comma 6, d.l. 16 ottobre 2012, n. 179 nel caso in cui la mancata consegna del messaggio di PEC sia imputabile al destinatario. (Nella fattispecie, il destinatario dell'atto non aveva ricevuto la notifica via PEC per saturazione dello spazio disco della sua casella di posta elettronica certificata, non avendo ottemperato all'obbligo, gravante sul soggetto abilitato, di dotarsi di un servizio automatico di avviso dell'imminente saturazione).
Cass. civ. n. 15237/2018
Il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione va escluso quando il proscioglimento sia intervenuto a seguito della dichiarata illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, che - per l'identità degli effetti e la comune estraneità alla categoria dell'errore giudiziario - è equiparabile all'ipotesi di abrogazione prevista dal quinto comma dell'art. 314 cod. proc. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l'ordinanza di rigetto della richiesta di riparazione per la custodia cautelare subita, per il reato di cessione di sostanze stupefacenti inserite per la prima volta nella tabella I di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con i d.m. 16 giugno 2010 e 11 maggio 2011, caducati in forza della n. 32 del 2014 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito in l. 21 febbraio 2006, n. 49).
Cass. civ. n. 3895/2018
Il giudice del procedimento di riparazione per ingiusta detenzione può rivalutare fatti emersi nel processo penale, ivi accertati e non esclusi dal giudice di merito, ma ciò al solo fine di decidere sulla sussistenza del diritto alla riparazione.(Fattispecie nella quale la Corte di cassazione ha ritenuto immune da vizi l'ordinanza che aveva ritenuto gravemente colposo il comportamento del ricorrente, accertato nel giudizio di merito, che, negando la propria responsabilità, aveva fornito una giustificazione poco credibile circa l'utilizzo da parte sua dell'auto della fidanzata, mezzo impiegato per l'esecuzione del reato).
Cass. civ. n. 46468/2018
In tema di riparazione per ingiusta detenzione, pur essendo onere dell'interessato, secondo i principi civilistici, dimostrare i fatti posti a base della domanda, e cioè la sofferta custodia cautelare e la sopravvenuta assoluzione, deve tuttavia ritenersi, avuto anche riguardo al fondamento solidaristico dell'istituto in questione, che il giudice avvalendosi dei poteri istruttori d'ufficio, abbia il potere-dovere di acquisire i documenti ritenuti necessari ai fini della decisione, sempre che gli stessi siano conosciuti o conoscibili dalle parti. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza con la quale la Corte d'appello aveva dichiarato l'inammissibilità di una richiesta di riparazione per non avere il ricorrente prodotto, nel termine assegnato, copia dei documenti richiesti, consistenti nell'ordinanza cautelare, nella sentenza di proscioglimento e nel verbale di interrogatorio).
Cass. civ. n. 32233/2018
In tema di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini della liquidazione equitativa del relativo indennizzo, il periodo durante il quale l'imputato è sottoposto a misure coercitive diverse dalla custodia detentiva non può essere considerato tra le conseguenze afflittive "indirette" dell'ingiusta detenzione subita in quanto, in tali casi, manca "ab origine" il presupposto giuridico per l'esistenza stessa del diritto alla riparazione. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che aveva escluso il diritto alla riparazione per il periodo in cui l'imputato era stato sottoposto alla misura dell'obbligo di dimora con restrizioni).
Cass. civ. n. 46469/2018
In tema di ingiusta detenzione, nella valutazione del dolo o della colpa grave ostativi al riconoscimento del diritto alla riparazione, il giudice non può attribuire importanza decisiva a condotte escluse o ritenute non sufficientemente provate dal giudice della cognizione. (Fattispecie nella quale la Corte ha censurato l'ordinanza con cui la corte d'appello aveva ritenuto ostativa una condotta nella quale il giudice della cognizione aveva escluso che potesse rinvenirsi non soltanto una precisa responsabilità penale ma finanche un comportamento "anomalo").
Cass. civ. n. 34327/2018
In tema di riparazione dell'ingiusta detenzione, ai fini dell'accertamento della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto all'indennizzo, può rilevare il comportamento dell'imputato che abbia omesso di avvisare il difensore di fiducia dello stato del processo in corso ed abbia scientemente rifiutato di ricevere le notifiche degli atti del giudizio a suo carico. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la ordinanza della Corte d'Appello che aveva respinto l'istanza di riparazione anche in relazione al periodo di detenzione sofferto in eccedenza rispetto alla pena definitivamente irrogata, in quanto l'imputato, avendo nominato un nuovo difensore di fiducia, non lo aveva informato che, a quella data, il processo era già in corso e, successivamente, non aveva curato il ritiro della notifica della sentenza, così privandosi di esercitare tempestivamente i propri diritti, compreso quello di impugnazione).
Cass. civ. n. 48284/2018
In tema di rogatorie internazionali, la sopravvenuta revoca della domanda di estradizione determina la revoca delle misure cautelari reali, con la conseguente restituzione all'avente diritto dei beni sottoposti a sequestro, atteso che, ai sensi dell'art.6, comma secondo, della Convenzione di Strasburgo del 20 aprile 1959, lo Stato richiedente non è legittimato a disporre dei beni ricevuti in esecuzione della commissione rogatoria successivamente rinunciata. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza con la quale la corte d'appello aveva disposto la restituzione dei beni in sequestro, limitatamente a quelli non ancora consegnati all'autorità richiedente).
Cass. civ. n. 21290/2017
Ai fini dell'integrazione del reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, non rientra nel divieto di pubblicazione di cui all'art. 114 cod. proc. pen. una denuncia presentata al P.M. o alla polizia giudiziaria, in quanto non atto di indagine compiuto da costoro.
Cass. civ. n. 11514/2017
In tema di documentazione dell'interrogatorio di indagato in stato di detenzione, il verbale riassuntivo deve essere rappresentativo di tutti i contenuti probatori emersi nel corso dell'atto, mentre la fonoregistrazione è finalizzata a documentare le modalità con cui si è svolto l'interrogatorio, che possano assumere rilievo nella valutazione della attendibilità delle dichiarazioni; ne deriva che la trasmissione al tribunale del riesame del solo verbale riassuntivo legittimamente formato, e non anche della fonoregistrazione, non determina l'inefficacia della misura cautelare, salvo che il ricorrente indichi quali contenuti, di rilievo decisivo, emergerebbero esclusivamente dalle trascrizioni, ovvero deduca che l'interrogatorio è avvenuto con modalità idonea ad inquinare i contenuti documentati nel verbale riassuntivo.
Cass. civ. n. 7913/2017
In tema di traduzione degli atti, l'accertamento di cui all'art. 143 cod. proc. pen., come modificato dal D.Lgs. n. 32 del 2014, circa la conoscenza, da parte dell'imputato, della lingua italiana, non esige che ad effettuarlo sia direttamente l'autorità giudiziaria, né che vi partecipi il difensore, in quanto trattasi di una semplice verifica di qualità e circostanze e non di un atto a valenza difensiva. (Fattispecie in cui l'imputato, nella fase delle indagini, aveva sottoscritto i verbali di arresto e di sequestro e, in dibattimento, dinanzi al giudice di primo grado, aveva dichiarato di comprendere la lingua italiana).
Cass. civ. n. 22261/2017
La mancata traduzione della sentenza in una lingua nota all'imputato alloglotta non integra la nullità prevista dll'art. 178, comma primo, lett. c) cod. proc. pen. - sotto il profilo della lesione recata alla effettiva partecipazione al giudizio e alla completa esplicazione del diritto di difesa - qualora sia stata proposta tempestiva impugnazione da parte del difensore e non siano stati allegati elementi specifici in ordine al pregiudizio derivante dalla omessa traduzione.
Cass. civ. n. 25276/2017
In caso di impugnazione ritualmente proposta dal difensore di fiducia di un imputato alloglotta, avente ad oggetto un provvedimento di cui è stata omessa la traduzione, può configurarsi una lesione del diritto di difesa, correlata all'attivazione personale dell'impugnazione da parte dell'imputato, solo qualora quest'ultimo evidenzi il concreto e reale pregiudizio alle sue prerogative derivante dalla mancata traduzione. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso relativo all'omessa traduzione del provvedimento di fermo del ricorrente, rilevando l'aspecificità della censura, valutata alla luce sia delle modalità di svolgimento dell'udienza di convalida in cui il ricorrente, assistito da un interprete, era stato reso edotto dei fatti contestati e degli elementi di accusa suo carico, sia della successiva traduzione dell'ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal G.i.p.).
Cass. civ. n. 41961/2017
In tema di diritto all'assistenza linguistica, la previsione di cui all'art. 143 cod. proc. pen., nella formulazione introdotta dal d.lgs. 4 marzo 2014, n. 32, non contempla il decreto di sequestro nel novero degli atti di cui l'autorità giudiziaria deve disporre la traduzione scritta in lingua comprensibile all'indagato alloglotta; pertanto, l'omessa traduzione del decreto di sequestro non determina alcuna conseguenza giuridica e non rileva sulla decorrenza del termine per proporre impugnazione al tribunale del riesame.
Cass. civ. n. 32057/2017
Spetta in via esclusiva all'imputato alloglotta, e non al suo difensore, la legittimazione a rilevare la violazione dell'obbligo di traduzione della sentenza, previsto dall'art. 143 cod. proc. pen. al fine di consentire a detto imputato, che non comprenda la lingua italiana, l'esercizio di un autonomo potere di impugnazione ex art. 571 dello stesso codice.
Cass. civ. n. 23347/2017
Non è abnorme l'ordinanza con la quale il Giudice per l'udienza preliminare, rilevata la mancata traduzione dell'avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. all'imputato alloglotta che abbia eletto domicilio presso il difensore, dichiari, fuori udienza e in assenza di contraddittorio, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero, trattandosi di provvedimento che, pur provocando una regressione del procedimento, rientra nell'ambito dei poteri riconosciuti al giudice e che non determina una stasi processuale non altrimenti rimovibile.
Cass. civ. n. 33802/2017
Qualora sia applicata una misura cautelare personale nei confronti di un cittadino straniero che non è in grado di comprendere la lingua italiana, l'omessa traduzione del provvedimento determina la sua nullità (a regime intermedio) solo se la predetta circostanza era già nota al momento dell'emissione del titolo cautelare; laddove invece la mancata conoscenza della lingua italiana emerga nel corso dell'interrogatorio di garanzia, tale situazione va equiparata a quella di assoluto impedimento regolata dall'art. 294, secondo comma, cod. proc. pen., sicché il giudice deve disporre la traduzione del provvedimento coercitivo in un termine congruo, ed il termine per l'interrogatorio decorre nuovamente dalla data di deposito della traduzione, con la conseguente perdita di efficacia della misura in caso di omesso interrogatorio entro il termine predetto, ovvero di traduzione disposta o effettuata in un termine "incongruo".
Cass. civ. n. 23021/2017
In tema di indagini preliminari, può essere nominato ausiliario di polizia giudiziaria per lo svolgimento della funzione di interprete colui che sia stato già sentito come persona informata sui fatti, non essendo prevista dal codice di procedura penale alcuna forma di incompatibilità. (Fattispecie nella quale veniva presentata congiuntamente denuncia da parte di due coniugi, uno dei quali era nominato interprete per l'escussione a sommarie informazioni dell'altro).
Cass. civ. n. 2431/2017
In tema di notificazione al difensore mediante invio dell'atto, tramite posta elettronica certificata (c.d. pec), la semplice verifica dell'accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna, ad una determinata data e ora, dell'allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessità di ulteriori verifiche in ordine alla sua effettiva visualizzazione da parte del destinatario.
Cass. civ. n. 56280/2017
In tema di notificazione tramite posta elettronica certificata (c.d. pec), la specifica procedura del "Sistema di Notificazioni Telematiche" (SNT) per gli atti processuali, che permette di allegare un documento previamente scansionato - non più soggetto a modifiche dopo l'invio - ed il controllo sulla corretta indicazione dell'indirizzo del destinatario, offre adeguate garanzie di affidabilità che non possono essere superate dalla mera, generica, deduzione della incompletezza o non corrispondenza dell'atto ricevuto all'originale scansionato. (Fattispecie in cui uno dei difensori dell'imputato aveva dedotto l'omessa notifica del decreto di citazione a giudizio per l'appello, allegando una stampa dell'archivio della propria posta elettronica e dell'avviso di udienza ad esso allegato, che riportava una data di udienza successiva a quella fissata).
Cass. civ. n. 54141/2017
In tema di notificazione al difensore mediante invio dell'atto tramite posta elettronica certificata (c.d. pec), deve considerarsi regolarmente perfezionata la comunicazione o la notificazione mediante deposito in cancelleria, ai sensi dell'art. 16, comma 6, d.l. 16 ottobre 2012, n. 179 nel caso in cui la mancata consegna del messaggio di PEC sia imputabile al destinatario. (Nella fattispecie il destinatario dell'atto non aveva ricevuto la notifica via PEC per saturazione dello spazio disco non avendo ottemperato a quanto stabilito nel comma 5 dell'art. 20 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 che prevede l'obbligo per il soggetto abilitato esterno di dotarsi di un servizio automatico di avviso dell'imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e di verificare l'effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione).
Cass. civ. n. 3359/2017
In tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito, per stabilire se chi l'ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione "ex ante" - e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito - non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure il provvedimento di diniego della richiesta di indennizzo fondato sull'aver l'istante, pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, tollerato le condotte riconducibili al delitto di concussione poste in essere dal coimputato e collega di pattuglia, omettendo di denunciare plurimi episodi illeciti cui aveva assistito, e, con grave leggerezza e trascuratezza, di verificare il contenuto sostanziale di un ordine di servizio all'atto della apposizione della controfirma).
Cass. civ. n. 17192/2017
In tema di riparazione per ingiusta detenzione, va riconosciuta, sulla base di un'interpretazione sistematica dell'art. 314, comma secondo, cod. proc. pen., l'ingiustizia formale della detenzione patita dal soggetto sottoposto a misura custodiale per un reato per il quale sia stato condannato a pena condizionalmente sospesa, in relazione all'intera durata della misura, se eseguita successivamente alla detta sentenza di condanna, ovvero al periodo di mantenimento in regime custodiale successivo alla sentenza stessa. (Nella fattispecie la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza della corte d'appello che aveva rigettato l'istanza del ricorrente in relazione al periodo di custodia cautelare sofferto successivamente alla condanna irrevocabile a pena sospesa, ed ha affermato che il compito di impedire che la misura custodiale, emessa nel corso del procedimento, venga eseguita o mantenuta successivamente all'emissione di una sentenza di condanna a pena sospesa, in assenza del provvedimento di cui all'art. 300, comma terzo, cod. proc. pen., non può essere posto a carico delle Forze dell'Ordine o dell'Amministrazione Penitenziaria, come, invece, sostenuto dalla corte territoriale, in quanto spetta esclusivamente all'autorità giudiziaria).
Cass. civ. n. 6394/2017
In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, nel liquidare l'indennità per le ulteriori conseguenze personali e familiari derivanti dalla ingiusta privazione della libertà, è necessario che il giudice indichi in maniera puntuale e corretta i parametri specifici di riferimento, la valorizzazione dei quali imponga di rilevare un "surplus" di effetto lesivo derivato dall'applicazione della misura cautelare rispetto alle conseguenze fisiologiche derivanti dalla privazione della libertà. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha annullato con rinvio l'ordinanza della Corte territoriale che, pur riconoscendo ulteriori e specifici profili di pregiudizio per il ricorrente, si era limitata ad operare un aumento forfetario e percentuale sulle misure indennitarie determinate su base aritmetica, omettendo di motivare sui criteri seguiti e di tener conto degli elementi documentali e sanitari forniti dall'interessato).
Cass. civ. n. 4242/2017
In tema di ingiusta detenzione, per la valutazione della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione per la custodia cautelare sofferta, il giudice di merito può valorizzare anche scorretti comportamenti deontologici, quando questi, uniti ad altri elementi, configurino una situazione obiettiva idonea ad evocare, secondo un canone di normalità, una fattispecie di reato. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto integrativa della colpa grave la condotta dell'imputato, pubblico amministratore, che, avendo ricevuto denaro e regalie da imprenditori locali per finalità politiche al di fuori dei canali istituzionali, aveva generato una situazione di ambigua commistione tra amministrazione locale ed imprenditoria).
Cass. civ. n. 57203/2017
In tema di ingiusta detenzione, il diritto alla riparazione è configurabile anche ove l'ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all' esecuzione della pena, purché sussista un errore dell'autorità procedente e non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo dell'interessato che sia stato concausa dell'errore o del ritardo nell'emissione del nuovo ordine di esecuzione recante la corretta data del fine dell'espiazione della pena.
Cass. civ. n. 26261/2017
E configurabile il diritto alla riparazione nel caso di derubricazione del reato contestato, all'esito del giudizio di merito, e applicazione di una pena inferiore alla durata della custodia cautelare sofferta, tuttavia, anche in tale ipotesi rileva, quale condizione ostativa,la circostanza di avere dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per dolo o colpa grave, ma la sua operatività deve essere apprezzata dal giudice della riparazione con logica, congrua e completa motivazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione di merito che aveva riconosciuto il diritto alla riparazione senza chiarire se, dopo l'arresto, fossero sopravvenuti elementi idonei per una riqualificazione del fatto o una diversa valutazione delle circostanze, ovvero se la condotta dell'imputata, valutata "ex ante", avesse determinato o concorso a determinare, con dolo o colpa grave, la custodia cautelare).