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Art. 240 bis — Confisca in casi particolari

Art. 240 bis — Confisca in casi particolari

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La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 1059/1994

Il denunciante che non sia anche persona offesa dal reato non ha diritto di essere informato della richiesta di archiviazione e non è, pertanto, legittimato a proporre ricorso per cassazione nel caso di omesso avviso della richiesta. (Fattispecie in tema di attentato all’integrità dello Stato).

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Cass. pen. n. 1/1970

Il delitto di attentato contro l’integrità dello Stato, enunciato dalla legge nella ipotesi astratta di «un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero» (art. 241 c.p.), si concreta, nelle sue condizioni necessarie e sufficienti, quando il fatto commesso dall’agente, per la sua natura, le sue caratteristiche, la sua sintomaticità, sia espressione di un tale agire (non inidoneo) da potersi considerare, alla stregua dei canoni della logica valutativa delle azioni umane, come iniziazione d’opera ideata, messa in esecuzione di concepito progetto, passaggio dalla fase preparatoria alla fase esecutiva di efficiente programma avente per obiettivo ultimo il risultato della sottoposizione del territorio dello Stato o di una parte di esso alla sovranità di Stato straniero. Il delitto di attentato all’integrità dello Stato (art. 241 c.p.) è un reato di pericolo: più esattamente, in relazione alle esigenze strutturali del medesimo, esso può considerarsi un reato di pericolo con più successive e progressive situazioni di pericolo. La idoneità della condotta con cui si commette tale delitto (in relazione ai caratteri strutturali dello stesso ed in applicazione dei criteri con cui il giudizio di idoneità deve svolgere nei reati di pericolo) sussiste quando sia insorta, dall’azione del reo, quella situazione dalla quale può darsi che, anche col concorso di altri fattori imprevisti ed eventuali ma possibili, si svolga un processo di attività conducente all’evento del danno. Ciò significa che il giudizio di idoneità coincide esattamente con il giudizio di tipicità: il dire che il fatto concreto all’esame del giudice è un attacco incipiente all’integrità dello Stato vale a dire che esso è idoneo e viceversa. Il requisito della idoneità, necessario per ogni reato a norma dell’art. 49 c.p. deve ritenersi realizzato all’esito positivo del giudizio di «non inidoneità» del quod actum, prescindendo dal quesito se il quod actum era per se stesso capace della conseguenza della disintegrazione dello Stato. Non è rilevante, pertanto, per concretare la idoneità dell’azione nel delitto in esame, la questione sulla necessità che il fatto di condotta sia idoneo nel senso della probabilità e la distinzione fra idoneità potenziale ed idoneità attitudinale; ciò che basta è che si tratti di una iniziativa non inidonea (ad es. un’azione priva di precedente preparazione o sconnessa dal programma o sviata o velleitaria o inutile o fallace). In particolare, per assegnare al fatto concreto oggetto del giudizio la qualifica di fatto diretto a sottoporre il territorio», cioè perché nel fatto concreto all’esame del giudice si realizzi il giudizio di tipicità che coincide col giudizio di idoneità di un agire umano a creare una situazione di pericolo per l’integrità dello Stato, l’interprete deve rifarsi alla situazione di pericolo denotata dalle condizioni storiche e ambientali in cui l’iniziativa di attacco si compie.

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